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Autore: AriaChan    28/04/2014    2 recensioni
- Piccola Mezzosangue, attenta il tempo scorre, il destino ti aspetta, la storia si ripete, con piccole differenze, tutti voi siete destinati a morire, gli Dei cadranno e io sorgerò- disse questa voce, non sapevo da dove provenisse, ero in mezzo al nulla e le sue parole non aiutavano.
Sono Alison Green, non sono sicura del perché sono qui, so solo che io non ho paura.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8.



Ero troppo stanca per andare al falò e non avevo neanche voglia di stare in mezzo a così tante persone con tutti quei pensieri che mi affollavano la testa. Tra il fischio misterioso, Nico che mi aveva detto che mi amava, il problema di Will e Bonnie e l’Antico, comunemente detto Urano, che mi tormentava, la mia testa stava per  esplodere.
Feci in tempo a sedermi che bussarono alla porta, non avrei potuto immaginare chi fosse, quando andai ad aprire vidi Bonnie in lacrime. La feci entrare senza fare domande, avrei aspettato che fosse stata lei la prima a parlare. Dopo 10 minuti di singhiozzi e lacrime a non finire, si calmò e iniziò a parlare.
-Io ci tenevo tanto… E pensavo che lui…- disse con un filo di voce.
-Spiegati meglio- non riuscivo a capire di che cosa stesse parlando.
-Will- mi guardò dritta negli occhi, nel suo sguardo vidi rabbia e disperazione.
-Che cos’ha detto? Quando era venuto da me continuava a farmi domande su di te- non potevo capire cos’avesse in mente Will.
-Se non fosse che mi cercava solo per chiedermi di Cristal…- ora cominciai a capire.
-Ma chi è Cristal?- era la prima volta che la sentivo nominare.
-È la capogruppo della casa di Afrodite. Will era venuto a parlarmi di lei, solo e solamente di lei, proprio oggi, il giorno in cui volevo dirgli quello che provo per lui- non sapevo che fare e nemmeno cosa dire, era la prima volta che consolavo qualcuno, quindi mi limitai ad abbracciarla. Non so come, ma quell’abbraccio sembrava averla rassicurata.
-Ma tu hai detto a Will che lo ami, vero?- la guardai dubbiosa.
-Glielo stavo dicendo, però è arrivata Cristal a rovinare tutto, come al solito. Dopo essere arrivata Will non aveva occhi che per lei. Era già suonato il corno e allora decisi di andare a cena anche se non riuscii a mandare giù niente.- sembrava assurdo che ad una figlia della dea dell’Amore fosse stato spezzato il cuore, di solito è il contrario, ma  a quanto pare Bonnie era l’eccezione alla regola.
 Arrivò l’ora del coprifuoco e Bonnie dovette andare e mi disse solamente: - È bello avere un’amica che non sia tua sorella e che non si metta al centro del mondo- e con questo chiuse la porta alle sue spalle.
Non mi sentivo molto bene, avevo la coscienza sporca, lei si era aperta subito con me, io invece tenevo tutto per me, non avevo raccontato a nessuno al di fuori di Nico quello che era successo nel pomeriggio. Forse perché non ero abituata ad avere un’amica a cui confidare i miei segreti, le mie sensazioni e forse anche perché anch’io stavo cercando di capire bene la situazione.
Mi buttai letteralmente sul letto e iniziai a fissare il soffitto e notai che stava subentrando una fitta nebbia, come quella che avvolgeva la mia mente.
Nonostante fossi esausta riuscii a trovare la forza per aprire il libro che mi aveva dato mia nonna dopo la mia ultima visita. Volevo scoprire qualcosa in più sull’Antico così iniziai a sfogliare pagina per pagina, memorizzando tutte le informazioni riguardanti Urano. Scoprii subito che nella mitologia greca Urano era una delle divinità più antiche, la personificazione del cielo. Unendosi a Gea, generò i dodici titani, i tre centimani e i tre ciclopi. Temendo che un giorno i suoi figli l’avrebbero spodestato egli li gettò al centro della terra. Gea decise di complottare con i figli chiedendogli di ribellarsi al padre, solo Crono ebbe il coraggio di affrontare il padre, si nascose e aspettò l’arrivo del padre. Appena arrivò Crono gli amputò il genitale. Però Urano non morì, ma riuscì a scappare e il regno fu governato da Crono.
Quindi avevo ragione, è tutto vero, non è morto, si sta nascondendo.
Non sapevo se essere felice o triste, l’indomani avrei incontrato mio padre, quel padre mai presente, quello che neanche dopo la morte di mia madre si è fatto vivo. Non sapevo cos’avrei fatto, non sapevo cos’avrei detto, insomma non sapevo tante cose, avrei seguito il mio istinto, un po’ come sempre, anche se questo, di solito, mi porta sempre e solo guai. Non riuscivo a dormire, chiudevo gli occhi e vedevo solo la scena dell’indomani, io sull’Olimpo, imbarazzata, arrabbiata e incredula, davanti agli Dei.
Piano piano il sonno prese il sopravvento su di me e mi arresi. Purtroppo non fu uno dei miei sogni migliori, infatti continuai a sentire le stesse parole, pronunciata dalla stessa voce:
-Figlia della Folgore, attenta a ciò che riveli e presta attenzione alle tue azioni, poiché io posso punirti ovunque tu sia, nessuno può proteggerti.- mi svegliai in preda al panico, avevo la sensazione di essere più stanca della sera prima, come se non avessi chiuso occhio. Alzai lo sguardo e per poco non mi venne un colpo al cuore, c’erano due occhi scuri che mi scrutavano nel buio. Mi alzai e subito sguainai la mia spada, e fu allora che Nico alzò le mani e disse:
- CALMATI! NON C’E’ BISOGNO DI UCCIDERMI! NON PREOCCUPARTI, SONO IO-
 -NON DEVO PREOCCUPARMI? SUL SERIO? MI PRENDI IN GIRO? TU. SEI QUI. NELLA MIA STANZA. A FISSARMI MENTRE DORMO-rise divertito- E IO NON DOVREI PREOCCUPARMI? DAVVERO?-
-Non vedo quale sia il problema, piccola-rise ancora, lo guardai infuriata e incredula nello stesso tempo. Non risposi –prendo il tuo silenzio come un “non c’è nessun problema” va bene piccola?- arrossii come mai probabilmente, Nico accese la luce, e in quel momento mi sentii davvero in imbarazzo. Ero in piedi sul letto con la spada sguainata, in pantaloncini corti e maglione, insomma, non ero il massimo.
-Non chiamarmi più piccola.- distolsi lo sguardo.
-Comunque sono venuto a dirti che non partiamo più all’alba, partiamo a mezzogiorno-.
-Perché?-.
-Decisione di Chirone- disse alzando le spalle, passarono alcuni secondi e sbottai dicendo:
-Non potevi dirmelo a colazione?- lo fulminai con lo sguardo.
-Volevo avvertirti subito, non volevo farti svegliare all’alba inutilmente- lo guardai sbigottita.
-Ma lo sai che adesso è l’alba, vero?!- indicai la finestra con la spada. Nico arrossì e io mi misi a ridere- Ormai mi hai svegliata, quindi tanto vale che mi cambi-.
-Va bene- annuì e si sedette sul letto.
-Devo cacciarti via o te ne vai da solo?- feci roteare la spada per intimorirlo. Non fece una piega, anzi, si avvicinò. Incrociai il suo sguardo. Certo che è davvero carino… No Alison, COSA? Non posso credere di averlo pensato. Scossi la testa per scacciare quel pensiero. Gli puntai la spada a qualche centimetro dalla gola.
-Va bene, va bene, ho capito, me ne vado- abbassai la spada, si alzò e si avvicinò al mio viso… e mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò dicendo:- A dopo piccola-.
Rimasi a fissare la porta chiusa per cinque minuti buoni, aspettando, quasi sperando che rientrasse. Scesi dal letto e presi la spada, che ormai era diventata un anello, lo infilai al dito e mi cambiai.
Uscii prendendo il minimo indispensabile: le mie sigarette (lo so, lo avevo promesso a Nico, ma era più forte di me) e l’accendino.
Andai verso il bosco, volevo trovare un posto tranquillo per riordinare le idee. Continuai a camminare finché non raggiunsi la spiaggia, mi sedetti vicino alla riva e, guardando le onde che si infrangevano sulla neve, notai come il calore dell’acqua man mano la scioglieva. Misi le mani in tasca e tirai fuori le sigarette, cercai l’accendino e con lui trovai foglio piegato in quattro. Non avevo idea cosa fosse, poteva essere un insulso foglio bianco, ma qualcosa che mi diceva che non era così.
Accesi una sigaretta e piano piano aprii il foglio. Meravigliata scoprii che era una foto, una delle foto più belle che mi fossero rimaste. Eravamo io, mia mamma e mia zia, avrò avuto all’incirca sei anni, mi ricordo benissimo quel giorno. Eravamo andate a casa della nonna, mi ricordo ancora la neve che cadeva e il camino che scoppiettava, l’odore della sua marmellata, quella che facevamo insieme ogni anno per il giorno del mio compleanno. Quello era sempre il giorno più bello dell’anno, o almeno così è stato fino al giorno del mio settimo compleanno. Ero felice, eravamo felici… Io l’avevo lasciata sotto il cuscino della mia stanza a New York. Forse quando erano andati a prendere le mie cose, l’avevano messa nella mia borsa, senza che me ne accorgessi. Ma come era finita nella tasca della mia giacca? Come ho fatto a non accorgermene prima? Non feci in tempo a rispondermi che sentii suonare il corno, era ora di colazione. Mi incamminai verso la mensa, stavo per scoppiare in lacrime, ma resistetti e continuai a camminare imperterrita, uscendo dalla foresta a testa alta. Appena entrai nella mensa il mio sguardo incrociò quello di Bonnie, sorrideva, ma non era il suo solito sorriso, era triste, glielo leggevo negli occhi. Decisi che le avrei parlato dopo colazione. Non riuscii a mangiare molto, avevo molti pensieri per la testa, davvero troppi. Dopo dieci minuti avevo già finito la colazione, la mia misera colazione, una sola tazza di caffè. Bonnie non era ancora uscita, così decisi di aspettarla seduta per terra sotto il padiglione.
Ad un certo punto sentii una voce dietro di me:
-Sei preoccupata?- mi voltai di scatto, era Xavier.
-Ma avete vi siete messi tutti d’accordo oggi?-“oggi è la giornata mondiale del prendiamo Alison di soppiatto e spaventiamola”, Xavier rise, probabilmente sapeva già della scenetta di stamattina, dannazione.
-A me non sembravi spaventata- rise ancora, e io diventai un peperone con le gambe- tranquilla non voglio i dettagli- e continuò a ridere, ma poi si fece serio - Davvero, perché sei preoccupata?-
-Sono preoccupata per Bonnie…- sorrise.
-Puoi stare tranquilla, si sistemerà tutto- mi fece l’occhiolino, lo guardai perplessa, feci un smorfia distogliendo lo sguardo, quando mi rigirai non c’era già più.
Fissai quel punto vuoto per qualche minuto, fino a quando una voce irritante non mi riportò alla realtà. Mi girai a guardare chi era, quando lo capii, tornai a guardare il punto vuoto. Era Nico.
Dopo quello che era successo stamattina non riuscivo più a guardarlo in faccia.
-Però stai bene con i pantaloncini- stavo per rispondere, quando vidi Bonnie, le corsi subito in contro. Mi voltai e c’era Nico che mimava con le labbra “ne parliamo dopo” annuì leggermente con il capo. Appena raggiunsi Bonnie le chiesi:
-Va tutto bene?- le sorrisi
-Secondo te?-
-So che non passa tutto in un giorno, ma pensavo andasse meglio-.
-Lo speravo anch’io, ma purtroppo non è così- disse in un soffio.
-Andiamo a fare una passeggiata, ti va?- Annuì. Ci incamminammo verso il bosco, finché non raggiungemmo il Pugno di Zeus. Era un posto sicuro, nessuno ci andava mai, restammo in silenzio per qualche minuto. Alla fine non resistetti più e chiesi:
-Come fai ad essere sicura di non piacere a Will?-.
-Dovevi vedere come guardava Cristal…- sospirò e spostò lo sguardo verso il cielo.
-Non è forse l’effetto che fanno sempre te le figlie di Afrodite?- sorrisi.
-Quasi tutte…- mormorò Bonnie.
-Perché tu sei diversa, tu sei migliore- lei sorrise, e ci abbracciammo.
Ritornammo al campo, gli allenamenti erano già cominciati. Mi avviai verso l’arena, stringendo forte kataighida(la mia spada).
Mi tolsi la giacca e rimasi in maniche corte. Stavo letteralmente congelando, ma non potevo allenarmi con la giacca che mi impediva i movimenti. Cominciai a colpire, senza sosta, il manichino fino a tagliargli la testa.
-Vacci piano con quel manichino, piccola, non ti ha fatto niente di male- a differenza tua… mi girai lentamente.
-Vuoi prendere il suo posto?- sorrisi compiaciuta.
-Declino l’offerta, mi piace la mia testa- Ricambiò il sorriso… però ha un bel sorriso… No, non di nuovo, Alison basta, no.
-Cosa? Hai paura?- sguainò la spada.
-Fatti sotto figlia di Zeus- un fulmine squarciò il cielo.
Conoscevo le sue mosse, avevo già vinto contro di lui, non sarebbe stato difficile batterlo ancora.
Attaccai per prima, menai un fendente che fu subito parato, avanzai di qualche passo e lui arretrò. Continuammo ad attaccarci, menando fendenti e affondi che andavano tutti a vuoto.
-Stanca piccola?- sorrise e  io ricambiai.
-Non chiamarmi piccola- approfittai di quel momento per menare una stoccata che lo fece cadere a terra.
-Io no, tu?- dissi in tono sarcastico.
-Va bene, va bene, mi arrendo… Ma dove sono i pantaloncini?- abbassai la spada e alzai gli occhi al cielo esasperata. Senza dire niente, gli tesi la mano per aiutarlo ad alzarsi. Lo stavo aiutando quando lui mi tirò a se e io gli caddi addosso, ma non finì lì, infatti Nico ruotò verso destra, così che invertimmo i ruoli.
-Credo che tu debba stare più attenta, piccola- i nostri visi erano vicini. Troppo vicini.
-Va bene, hai vinto tu, contento?- sorrise, ma non voleva muoversi da lì. Oh miei dei, ci mancava solo questa, dopo la scena di stamattina, tutto ciò divenne ancora più imbarazzante.
-Si, molto contento- dicendo questo si alzò, mi aiutò ad alzarmi, e rendendomi conto che era quasi mezzogiorno mi avviai alla mia cabina. Mi feci una doccia calda e arrivò quasi subito mezzogiorno. Appena mi vestii andai alla casa di Afrodite per vedere se c’era Bonnie. Bussai alla porta, mi aprii una ragazza sui sedici anni, era alta, bionda, e aveva gli occhi verdi, era bellissima, difronte a lei mi sentivo un vermiciattolo insignificante.
-Sai dov’è Bonnie?- le chiesi gentilmente.
-è andata alla Casa Grande- sorrise, la ringraziai e me ne andai. Appena arrivai alla Casa Grande vidi che c’erano tutti, aspettavano solo me. Andammo in cima alla collina e vidi un furgone, sul fianco c’erano disegnate delle fragole.
-Così questo è il nostro trasporto per New York?-  chiesi studiando il veicolo.
-Esatto Alisia, qualche problema?- vidi un uomo vestito con una camicia hawaiana e un paio di bermuda.
-Signor D. giusto?- chiesi con riluttanza.
-Esatto, ma allora sei anche sveglia! Su! Toglietevi dai piedi che mi devo preparare-.
Decidemmo di salire sul retro del furgone per non perdere tempo. Il viaggio durò un paio d’ore, con Nico che mi lanciava strani sorrisetti, io continuavo a fissare Bonnie, che sembrava persa nei suoi pensieri. Notai che Percy guardava Nico con un sorriso complice, e Annabeth era intenta a leggere un libro. Il furgone si fermò davanti all’entrata dell’Empire State Building.
-Chi è pratico di queste cose? – spostai il mio sguardo su ognuno.
-IO- risposero all’unisono Annabeth e Percy, si guardarono e scoppiarono in una risata.
Entrammo nell’edificio, Percy tirò fuori una dracma e la porse al portinaio dicendo:
-Seicentesimo piano per favore- il portinaio annuì e salimmo sull’ascensore.
Dopo cinque minuti aspettati ad ascoltare un orribile musichetta da ascensore, arrivammo sull’Olimpo.
Sembrava impossibile, ma era là, io ero là. Ero sull’Olimpo, un’enorme montagna posta sopra New York. Era impossibile che nessuno si fosse mai accorto della sua esistenza. Come in una grande festa, le divinità si divertivano, ballavano e suonavano. Era uno spettacolo meraviglioso e strabiliante. Passando per la strada principale, entrammo in un gigantesco palazzo, che scintillava d’argento e bianco, superato il cortile interno arrivammo alla sala del trono. Era enorme, ma la cosa che mi colpii di più furono i troni alti minimo tre metri, uno diverso dall’altro, ognuno rispettava le caratteristiche della divinità che ospitavano. E poi li vidi, gli dei. Avanzammo fino al centro della sala, mi sentivo una formica in confronto al loro.
Studiai ogni singolo volto, passando lo sguardo da uno all’altro, fino ad arrivare all’ultimo, mio padre, distolsi subito lo sguardo quando iniziò a parlare.
-Finalmente siete arrivati, Chirone ci ha informati di tutto-.
-Chirone ha informato solo te, come al solito- questa era la voce di Ares, riconobbi il suo giubbotto di pelle e gli occhiali da sole che impedivano di incrociare il suo sguardo.
-E’ per questo che convochiamo il consiglio degli dei quattro volte l’anno. Sono venuti apposta per farci ascoltare la storia dal loro punto di vista- si levarono altre due voci.
-E mia figlia cosa centra con questa storia?-  gridarono all’unisono Atena e Afrodite.
-E mio figlio?!- tuonarono Ade e Poseidone.
-Sono stata io a chiedere loro di accompagnarmi- sentii tutti gli occhi degli dei puntati su di me – sono io l’unica che sa tutta la storia- iniziai a raccontare tutto quello che mi era successo, i miei sogni, la voce, fino ad arrivare all’incubo della sera precedente. La testa iniziò a pulsarmi, misi le mani sulle tempie e caddi sulle ginocchia, sentì la sua voce, la voce di colui che mi tormentava:
-Figlia della Folgore, ti avevo avvertito, di non rivelare più del dovuto. Ora ti punirò, come promesso- sentì come se mi avessero appena accoltellato allo stomaco, mi portai la mano sul punto dolente, lo sentì umido, guardai e vidi del liquido rosso e denso, sangue, il mio sangue. Caddi a terra senza forze, e l’ultima cosa che vidi fu l’espressione di puro terrore di Nico, mentre urlava il mio nome.





Angolo Autrice: 
Finalmente sono tornata con un nuovo capitolo! 
Mi scuso tantissimo per il ritardo, ma sono impegnatissima con la scuola.
Ho notato anche che nello scorso capitolo mi sono dimenticata l'angolo autrice ahaha
In questo capitolo ho voluto mettere un sacco di cose insieme,
semplicemente perchè volevo farvi soffrire un po' <3

P.S.: ringrazio gea__ per la collaborazione in questo capitolo <3

Baci Aria.
   
 
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