Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: E m m e _    28/04/2014    3 recensioni
In un mondo dove gli Angeli hanno preso il sopravvento, costringendo il genere umano alla schiavitù, o peggio alla morte, Allison si risveglia all’interno di una delle stanze del Paradisum, unità operativa dei nuovi sovrani del Pianeta Terra, con l’unico ricordo di cadere da un edificio e una voce che la chiama.
Non conosce la sua identità ma sa che, probabilmente, è già morta, caduta vittima degli Angeli.
Ad attenderla al suo risveglio, però, Caliel, un Angelo in attesa che Aniel, la sua compagna di vita, si risvegli dal suo sonno nel corpo mortale di Allison.
Ma ciò non accade.
Lei sa di essere in pericolo, così come ogni essere umano rimasto sul Pianeta, ma non può scappare.
Il suo destino è segnato: diventare una schiava o morire.
E lei non può permetterlo.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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5.
L’isola dei bimbi sperduti
 
 
Dopo una ventina di metri, poco prima che il corridoio svoltasse a sinistra, Caliel lasciò il mio braccio e, passo dopo passo, riuscivo a vedere la sua espressione mutare ancora, come se mille emozioni contrastanti, come mille pittori differenti, disegnassero sulla sua pelle nuovi e contrastanti visi, diversi da quello con cui Caliel si era presentato a me dal primo giorno, cordiale, innamorato, fedele a una persona che forse non avrebbe rivisto mai più.
Non riuscivo a pensare ad altro, fin dal mio Risveglio che sarebbe dovuto toccare, invece, ad Aniel.
L’Aniel che Caliel aveva aspettato per un anno interno o quasi, amandola e avendo fede, attendendo di giorno in giorno che aprisse gli occhi.
E aveva trovato me.
Mi chiesi se non fosse stato un assurdo scherzo del Destino a portarmi lì, anche se avevo scoperto a mie spese che il Destino era solo una burla, che non fosse, allora, una punizione per ciò che avevo, o meglio non avevo fatto?
Perché sì, Caliel poteva essere un Angelo, un nemico, un collaboratore attivo allo sterminio della mia gente, ma, nel profondo di me, sentivo che non potevo odiarlo, non dopo avermi trattato con tanta cura, anche se pensava fossi un’altra.
«Caliel», il mio fu solo un bisbiglio ma mi sentì ugualmente; l’Angelo si voltò, i suoi occhi neri inglobarono la mia immagine, riflettendola fragile e piccola all’interno di quell’oscurità, «C’è qualcosa che non va, vero?», la mia voce tremò, come fermata da un soffio troppo forte del vento.
«Perché continui a chiedermelo Ania?», grugnì, «Forse c’è qualcosa che non dovrebbe andare?», e serrò la mascella, allontanando poi lo sguardo dal mio, lasciandomi interdetta.
«Allora? Devi dirmi qualcosa?», il suo era un ringhio furioso e per un attimo non ebbi dubbi.
Sa tutto, e quel pensiero mi logorava dentro.
Cosa sarebbe successo? Mi avrebbero trattenuta come schiava? Mi avrebbero ucciso?
Sa tutto, ma l’idea di essere stata così attenta mi fece venir voglia di andar via, di allontanarmi da lui il più possibile, ma non per scappare.
Mi sentivo ferita, umiliata e sciocca; come avevo potuto credere che sarebbe stato tanto facile?
Con un gesto rapido feci il primo passo per superarlo, e poi un altro, percorrendo al contrario la strada che ci aveva portato fin lì.
Lo sentii brontolare, e probabilmente aveva roteato gli occhi, ero già troppo lontana per notare anche quel piccolo particolare.
Un gesto così umano.
Roteare gli occhi.
Lo faceva spesso mio padre quando mia madre si metteva a schiamazzare con le sue amiche al telefono, o Chris, il fidanzato di Beatrice, quando, fingendosi arrabbiata, iniziava a nominare tutti i suoi ex fidanzati che avrebbero fatto a gara per tornare da lei.
Così umano.
Mi era quasi impossibile pensare a Caliel e non vedere, in quel sorriso o in quegli occhi così profondi, un qualche accenno di umanità, come se la persona che aveva abitato quel corpo, prima di lui, avesse lasciato delle tracce da seguire, briciole di pane al chiaro di luna, per non perdere del tutto la via.
Umano.
Chissà se sarebbe stato diverso, se la Grande Guerra non si fosse mai abbattuta su di noi.
Chissà se, anche in quel caso, la mia strada e quella di Caliel, o, meglio, del suo vecchio proprietario, si sarebbero mai incontrate, se quegli occhi neri avrebbero mai inghiottito la mia immagine, se quel suo sorriso non fosse diventato, anche solo per un attimo, il mio, o se il suo buon cuore, umano o angelico che sia, si sarebbe mai preoccupato per una come me, o se io gliel’avrei mai fatto fare come lo stavo permettendo a Caliel in quei giorni passati insieme.
Per un momento il ricordo dei giorni felici, ormai lontani dalla mia memoria, come la leggera carezza che mia madre mi regalava prima di andare a dormire, mi fece salire le lacrime agli occhi.
Giorni che non sarebbero tornati mai più, come tutto il resto.
«Aniel!», la sua voce, un grido simile a una richiesta, mi fece sussultare, portandomi a concentrarmi su quelle piccole realtà che calavano dai miei occhi come stelle incendiarie che precipitavano verso terra.
«Ania!», questa volta era più vicino.
No, no, no, con tutte le mie forze tentai di cancellare le lacrime dal viso, ma più il mio tocco le allontanava più, ogni attimo che passava, esse tornavano, più numerose di prima, uno squadrone inarrestabile, sempre più forte di prima, nonostante le cadute ogni volta più dolorose.
«Ehi…», ormai quella parola era un nostro rituale.
Non potei far altro che guardarlo, così bello, così perfetto, come se emanasse luce da quella pelle abbronzata e liscia come seta, nonostante la breve barbetta che gli incorniciava il volto.
Eppure, in quel suo sguardo incerto, vidi in lui una sorta di imperfezione, l’umanità che avevano tentato con tutte le loro forze di cancellare dalla faccia della Terra che una volta, il loro Dio, ci aveva donato, un Paradiso che noi avevamo tramutato in un Inferno.
Con un ultimo, disperato, gesto, allontanai le lacrime dal mio viso e lo guardai, seria.
Se aveva scoperto tutto per me sarebbe stata finita e non potevo permettergli di vedermi in lacrime.
«Ehi», costrinsi la mia voce a non tremare, a rimanere più risoluta possibile.
Era davvero la fine? Sarei morta?
Dopo essere sopravvissuta a un incubo senza mai fine, ai loro occhi che mi studiavano alla ricerca dell’Angelo che lui aveva tanto aspettato, dopo aver finto di essere lei, era davvero quella la fine?
Caliel si fece così vicino da far male, non ero abbastanza alta per guardarlo dritta negli occhi, il suo petto si scontrava contro il mio corpo, riuscivo a sentire il suo cuore battere quasi con furia, con un ritmo incessante, rimbombava così forte da cancellare, per qualche attimo, il mio.
«Ehi…», bisbigliò ancora una volta, sorridendo come un bambino divertito.
Solo dopo un po’ parve accorgersi delle mie lacrime, o dei segni che avevano lasciato sulle mie guance arrossate, e mi guardò attentamente, studiando ogni centimetro del mio volto, come se fosse diverso da tutte le altre volte in cui il suo sguardo aveva accarezzato il mio viso.
Aprì la bocca per dir qualcosa ma un’altra voce, molto diversa dalla sua, scavalcò quel pensiero che stava per tramutarsi in parola, dicendo: «Caliel! Amico, ti stavamo aspettando!», e ci voltammo contemporaneamente, un gesto così rapido che, per un breve secondo, i nostri corpi si scontrarono, ma nessuno lo notò, o, almeno, Caliel non lo notò.
Davanti a noi, a pochi metri di distanza, c’era un altro ragazzo, un Angelo, dai capelli biondi e corti, e dalla pelle pallida come latte.
Con qualche passo ci raggiunse e riuscii a notare delle scaglie di verde nei suoi occhi, e lunghe ciglia nere che rendevano il suo sguardo innocente ma penetrante, come una lama nella carne.
«Jedekiah», la voce di Caliel ferì altrettanto, così sottile da penetrarmi nell’anima, un brivido leggero che cosparse il mio corpo di pelle d’oca, come faceva la brina con un prato.
«E tu devi essere…», Jedekiah mi guardò e sorrise, porgendomi la mano ma non gliela strinsi.
C’era qualcosa in quel ragazzo che non mi piaceva, qualcosa che non mi permetteva di fidarmi di lui come avevo fatto con Caliel.
«Aniel», bisbigliò d’un tratto, lasciandomi di stucco.
Il mio sguardo si rivolse a Caliel, pretendendo spiegazioni, ma il suo sguardo, truce, non si allontanava dall’Angelo che aveva di fronte.
«Beh, di certo hai fatto un’ottima scelta per il suo Ospitante, Caliel!», Jedekiah si lasciò sfuggire una sonora risata ma nessuno rise con lui.
Era certo che tra i due ci fosse rancore, un astio profondo che, per quanto ne sapevo, poteva essere alimentato da secoli e secoli di odio, fin dall’inizio dei tempi.
«Michael ha chiesto di te, di là. Aspettavamo tutti voi.», la sua voce divenne improvvisamente seria, forse era finalmente ora di smettere di giocare.
«Eravamo curiosi di vedere il viso della tanto attesa nuova Aniel.», mi guardò ancora e sorrise beffardamente. Deglutii a malapena.
Non avevo mai visto tanto male in un semplice sguardo, nonostante tentasse di mascherarlo con finto umorismo, lo vedevo, era sempre lì, giaceva silenzioso, aspettava il momento giusto per riaffiorare, come un serpente aspettava il momento più adatto per avvelenare la sua preda.
«Stavamo giusto per arrivare», disse Caliel con un filo di voce, «Ma se vuoi puoi farci strada» e con un gesto della mano l’Angelo al mio fianco mostrò la via da percorrere.
Jedekiah sorrise ancora e accennò a un lieve «Certamente», e cominciò a camminare davanti a noi, senza parlare.
Il mio passo era troppo veloce, nel seguirlo, e Caliel mi frenò con una presa dolce, mettendo qualche metro di distanza tra noi e lui.
«Ma come ha fatto a…?», Caliel m’interruppe, senza guardarmi e, con l’indice, mi fece segno che avremmo parlato dopo, quando il Tour sarebbe finito.
Da lontano sentivamo grida, chi divertite chi terrorizzate, e sentii i capelli rizzarsi sulla nuca.
Jedekiah si voltò verso di noi, sorridendo crudelmente.
«Benvenuta nell’Ala Ovest del Paradisum, Aniel!», e alzò le braccia con finto entusiasmo, «L’Ala della Schiavitù!», e, quando le urla iniziarono a susseguirsi con immagini, con visi e con lacrime non ebbi più dubbi.
Umani.
 
Jedekiah ci condusse nelle viscere dell’Ala Ovest del Paradisum, dove un gruppo di Angeli, una leggera aura dorata che gli ricopriva la maggior parte delle scapole, incrementandosi specialmente sulle scapole, gli differenziava dal resto degli altri, gridava seguito dal suono del metallo pronto a spezzarsi.
Ci facemmo spazio nella folla urlante, arrivando davanti a celle di freddo acciaio che non permettevano la fuga dei piccoli prigionieri che vi si nascondevano all’interno, terrorizzati, e per un millesimo di secondo mi chiesi se quelle sbarre non fossero per mantenere noi fuori.
Piccoli occhietti mi guardavano, stracolmi di lacrime, alcuni riconoscendo il mio viso, alcuni di loro, i più giovani, probabilmente non sapevano neanche parlare.
Bambini.
Era questa l’Ala Ovest del Paradisum.
La mano sinistra di Dio rivolta ai peccatori…
 
Jedekiah si fece spazio nella folla, alzando le braccia e accogliendo tutta l’attenzione su di sé, come una vesta, una nuova pelle.
«Sbruffone», sbottò Caliel al mio fianco, cupo in volto.
Per dei lunghi minuti non ebbi occhi che per lui, nonostante intorno a noi stesse scoppiando il finimondo; aveva la mascella serrata, gli occhi puntati su Jedekiah, le labbra schiuse, il respiro irregolare, come se stesse correndo.
«Caliel», improvvisamente tutte le celle si aprirono contemporaneamente, con un tonfo secco, «Che cosa sta succedendo?», file di bambini più grandi uscirono, mano nella mano, tra cui anche la mia piccola alleata, Annie, e per un attimo il terrore che fosse stata scoperta mi fece tremare dentro.
Quelli più piccoli, terrorizzati, furono trascinati, dalle profondità delle celle, dagli Angeli più vicini, mettendoli accanto agli altri.
Guardai ancora Caliel, le mani che tremavano, confusa, sperando che nessuno si accorgesse della mia agitazione, ormai più evidente.
Aprii e chiusi piano i pugni, ritmicamente, alternandoli ogni tanto a lunghi respiri.
L’Angelo al mio fianco attese il rumore per parlare.
«Qualcuno di loro ha trasgredito alle leggi», disse a bassa voce, «Se non verrà fuori un nome qualcuno verrà ucciso», e chiuse gli occhi per un attimo.
Non potevo crederci, era inconcepibile tutto ciò.
Guardandomi attorno non vedevo più lo sguardo di ragazzi e uomini, né di Angeli che un tempo veneravamo come Protettori, ognuno di loro era un potenziale assassino.
Anche Caliel.
Anch’io.
«Ma è un’assurdità!», esclamai sentendo la rabbia tuonare in me con violenza.
«Sono le regole», la serietà della sua voce mi lasciò senza fiato.
Come poteva dire una cosa del genere? Erano solo dei bambini, che colpa ne avevano loro di tutto questo? Mi ero sbagliata? Era anche lui un mostro come tutti gli altri?
 «Sono bambini!», gridai quasi, sentendo le lacrime tornare nuovamente ai miei occhi, «Sono solo dei bambini.», ero disperata, sapevo di non poter far niente, non contro di lui, non contro le loro leggi.
Era un assassino, uno spietato assassino, così come tutti gli altri.
Eppure nella sua espressione leggevo un lieve dolore, una contraddizione a quelle sue parole, a quei comportamenti studiati, esattamente come i miei, pur di sopravvivere.
Il silenzio parve inghiottirci.
Quelli più vicini si voltarono a guardare, i più lontani aguzzarono l’udito.
Di certo non doveva essere molto comune una voce lontana da quella del gruppo, lo riuscivo a leggere negli occhi di Jedekiah, che guardavano spietatamente i miei, con un sorriso che gli storceva le labbra.
«Aniel!», mi chiamò con crudeltà nella voce, «Vuoi avere l’onore?», e solo allora notai i bambini di fianco a lui, gli occhi spalancati e colmi di lacrime alla ricerca di un qualcosa che gli avrebbe fatta salva la vita.
«Tu…», lo indicai, in un ringhio, e feci per compiere un primo passo, mentre la folla si divideva in due nuove ali, aprendomi il passaggio verso di lui.
«No», quello di Caliel fu un bisbiglio impercettibile, poi il suo corpo superò il mio, sconvolgendomi.
Jedekiah sorrise ancora, arcigno, e lo guardò per un breve secondo, poi si voltò verso i bambini.
«Portamene uno», ringhiò, riferito a un Angelo lì vicino che gli portò di fretta un bambino fin troppo piccolo, tra i quattro e i cinque anni, con gli occhi più azzurri che avessi mai visto in tutta la mia intera vita, nonostante questi fossero interamente offuscate dallo spesso velo di lacrime che li ricopriva.
«Caliel!», chiamai l’Angelo ma lui non si voltò a guadarmi, ormai giù troppo lontano dal punto in cui mi trovavo, «Caliel no!», ma la folla si stava già chiudendo intorno a noi, con una velocità esasperante, nascondendomi per qualche attimo l’immagine dell’Angelo, al fianco di Jedekiah, il bambino, troppo piccolo, completamente scomparso dalla mia visuale.
Sentivo l’agitazione montarmi dentro, cadeva sulla mia pelle sotto-forma di pelle d’oca, mentre il mio stomaco diventava piccolo quanto un chicco di riso, lasciandomi con un solo unico pensiero che rimbombava nella mia pelle a ogni battito cardiaco.
Iniziai a farmi strada, a fatica, nel gruppo di Angeli, fermi come statue aspettando che qualcosa accadesse, di punto in bianco, con il fiato sospeso mentre il resto dei bambini gridava, tentava di liberarsi dalla loro presa, nel panico più totale sapendo che, come quel bambino, anche loro avrebbero potuto percorrere lo stesso destino.
Più andavo avanti più l’immagine diventava nitida.
Jedekiah sorrideva sornione, gli occhi verdi puntati su Caliel, la mano alta reggeva una pistola di metallo scuro, puntata a pochi metri dalla testa del bambino, immobilizzato dalla paura.
«Caliel!», dividendomi dall’ultima fila di Angeli, compresi alcuni bambini, con un balzo superai gli ultimi metri a dividerci, e mi lanciai contro Caliel, distogliendo per qualche istante dal suo obiettivo.
«Che cosa stai facendo?», ringhiò, scostandomi le mie mani dalle sue spalle, guardandomi rude, come se fosse davvero arrabbiato con me.
«Che cosa sto facendo io?», gemetti quasi, inorridita, «Che cosa stai facendo tu!», e gli diedi una piccola spinta, portando le mani sul suo petto.
Caliel non ci fece del tutto caso, mi diede le spalle, come se non esistessi, e di nuovo puntò l’arma contro il bambino, che si stringeva tremante nelle spalle, chiamando invano la sua mamma.
«Non farlo Caliel, lui non ha colpa», dissi, avvicinandomi ulteriormente, «Non farlo, non sei un loro schiavo, puoi ribellarti a questo», e le mie mani sfiorarono le sue spalle larghe ed eccessivamente rigide. Sapevo che non voleva farlo, non lui, non il Caliel che mi aveva trattata come una regina negli ultimi giorni, non con quello sguardo profondo, non con quei sorrisi, non lui.
«Avanti Caliel», Jedekiah s’interpose tra noi due e per un attimo mi chiesi come si potesse odiare così tanto una persona come io stavo facendo con lui, «Fagli vedere chi comanda».
Il dito di Caliel sfiorò il proiettile, poi fece un respiro profondo.
Chiuse gli occhi.
Un colpo secco.
Il silenzio.
 
Ci furono delle grida; vidi Annie ribellarsi, muoversi con violenza, in lacrime, tra le urla, incapace di concepire che un qualcuno di così innocente fosse steso a terra, privo di vita, con i capelli disordinati contro il pavimento freddo, gli occhi più azzurri che avessi mai visto ora chiusi, senza luce. E non potei far altro che capirla, nel profondo, col cuore vuoto di battiti, le labbra prive di respiri, come se la vita avesse abbandonato anche il mio corpo, senza che me ne accorgessi, come se quel proiettile avesse colpito anche me.
Jedekiah rise, schietto, ma nessuno, nuovamente, rise con lui della sua malvagità.
Si avvicinò a Caliel, pronto a mettergli una mano sulla spalla, come per congratularsi, ma l’Angelo si voltò, e nell’aria sentii una sorta di ringhio che probabilmente proveniva proprio da lui.
E poi si girò con gli occhi bassi, le spalle ancora rigide, come poco prima dell’attacco, muovendosi con passi pesanti, fino a superarmi di nuovo.
Non lo vidi neanche respirare, probabilmente stava trattenendo l’aria dentro di sé dal momento in cui il proiettile aveva negato un futuro a quel povero bambino, un innocente steso a terra, silenzioso, che avrebbe potuto finalmente rivedere la sua mamma, che tanto aveva invocato per paura di morire, o, forse, di rimanere solo in quel nuovo viaggio.
Jedekiah parlò ancora, ma né io né Caliel parevamo ascoltarlo, mentre il mio sguardo seguiva il suo cammino, contro gli Angeli che sembravano bloccargli la via.
Non volevo parlargli, non volevo stringerlo, non volevo far nulla per lui.
Per un solo istante pensai che meritasse tutto ciò che gli stesse capitando, anche se faceva male.
E questo pensiero mi uccideva perché non era mio.
Sapevo che non era lui il Caliel che aveva colpito quel bambino, non faceva parte della sua natura, nonostante il resto della sua specie mi avesse portato via tutto, non potevo crederlo di tanta falsità, di tanta malvagità, come quella che avevo visto negli occhi di Jedekiah, pieni di soddisfazione, nel vedere quel giovane corpo cadere a terra per colpa sua.
E sapevo per certo che non avrei potuto lasciarlo andare così, adesso.
Fu come leggere, per un istante, nella sua mente, nel suo cuore.
E c’era dolore, e pentimento, e rabbia.
Emozioni che capivo benissimo.
Con le gambe molli mi spinsi in avanti, muovendomi dolorosamente, quasi, nella folla, cercando l’immagine dell’Angelo che per giorni non mi aveva lasciato altro che il suo buon cuore.
Era il momento di ricambiare il favore.
«Caliel!», gridai e lui si fermò di colpo, divenendo rigido come una statua.
Lo raggiunsi, lo fiancheggiai, ma non riuscii a dire niente se non un semplice «Ehi» e respirai forte al suo fianco, senza muovere un muscolo, senza parlare.
«Non ti avrei permesso di uccidere persone innocenti, Ania. Non ti renderò come tutti gli altri», sussurrò lui, piano, senza però guardarmi davvero.
I suoi occhi erano pieni di dolore, puntati in un punto imprecisato nella stanza.
«Lo so, Caliel, lo so», e respirai ancora, chiudendo gli occhi, sentendo la sua mano, calda, scivolare piano nella mia, e non la lasciai andare.

 
 
Angolo autrice:
Dopo che ho lavorato quasi 3 giorni su questo capitolo, finalmente eccolo qui *__*
Ne sono abbastanza soddisfatta e spero vi sia piaciuto quasi quanto è piaciuto a me scriverlo, ero emozionata anche solo a scrivere ogni lettera, parola o rigo, quindi capitemi! >_<

Ringraziamenti:

MockinGleek_ *-* come sempre grazie a questa bimba stupenda *_* ;
Drachen per esserci sempre a ogni capitolo ^_^ ;
Mani_Tu_52 per aver sempre creduto in me :) 

E grazie a TUTTI quelli che hanno letto, sostenuto, commentato, o che lo faranno in futuro, questa storia!

GRAZIE <3 (O MEGLIO <4 )

-Miri

 
   
 
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