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Autore: Laylath    28/04/2014    3 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 57. Come recuperare un’amicizia. Seconda parte: il vero problema.

 

Il giorno successivo Vato si decise finalmente ad uscire di casa.
Aveva detto ai suoi genitori che andava a fare una passeggiata, ma in realtà la spinta maggiore gliel’aveva data il fatto che il suo antagonista stava chiuso in camera sua, nel locale della zia, e sembrava aver intenzione di restarci a tempo indeterminato.
Senza la paura di incontrarlo per strada Vato si sentiva più sicuro e propenso a vedere il resto dei ragazzi: la visita di Kain e Riza l’aveva in parte rassicurato e confidava che anche le altre amicizie si potessero definire solide. Probabilmente era stato troppo pessimista facendo un unico fascio d’erba anche con chi nel litigio non era stato coinvolto. Di conseguenza, quando vide Heymans che usciva da una strada laterale fece un cenno di saluto e sorrise quando gli si avvicinò.
“Ehilà, ragazzo di pensiero – lo prese in giro il rosso con un sogghigno – siamo finalmente usciti dalla tana.”
“Preferirei non essere più chiamato in quel modo – sorrise Vato in tono contrito – non è molto di pensiero avere gli ultimi residui di un occhio nero, ti pare?”
“Ah, fidati di me, in due giorni non ne rimane traccia. E te lo dice uno che di queste cose è abbastanza esperto. Tutto bene?”
“Sì, diciamo che va discretamente bene.”
I due si guardarono con quello che si poteva definire imbarazzo: era come se la presenza di Roy si facesse sentire prepotentemente sopra le loro teste. A quel pensiero il ragazzo dai capelli bicolore scosse la testa con violenza.
I nostri rapporti devono essere per forza condizionati da lui?
Era vero, aveva considerato Roy il suo miglior amico e la loro avventura, forse, si era conclusa nel modo peggiore, ma c’erano anche gli altri e lui ci teneva. Non era giusto dover rinunciare pure a loro e, alla luce di questo, decise di fare un tentativo, mettendo da parte tutti i suoi timori.
“Lo so che probabilmente mi considerate una persona pessima per quanto è successo…”
“Smettila, non dire cose simili – scosse il capo Heymans – non è vero che sei pessimo.”
“Presumo che tu e Jean capiate Roy meglio del previsto.”
“In parte sì, ma questo non ti rende pessimo.”
“Siamo ancora amici?”
“Certo, per quale motivo non dovremmo esserlo?”
“Non lo so… è che ho avuto la sensazione che dopo questo litigio tutti voi sareste stati chiamati a scegliere tra me e Roy. E la scelta mi pare scontata.”
“Lo sai? Hai proprio ragione: ragazzo di pensiero non ti sta bene come termine. Paranoico è molto più adatto a te.” Heymans lo squadrò con occhi attenti.
“Dalla padella alla brace, insomma.”
“Tranquillo, paranoico, noi siamo sempre amici e da quello che so anche Riza e Kain la pensano come me. E pure Jean, fidati. Senti, ci vieni al mio compleanno? E’ tra una settimana e faccio una festa a casa: mi farebbe piacere se tu ed i tuoi genitori veniste.”
“Davvero? – a quelle parole Vato si illuminò in viso e arrossì – Farebbe enormemente piacere anche a me esserci e sono sicuro che lo stesso sarà per i miei. Solo che…”
“Sì, lo chiederò anche a lui.” annuì Heymans, seguendo il filo dei suoi pensieri
“Non verrà se ci sono pure io, questo è poco ma sicuro.”
“E se venisse?”
“E’ la tua festa di compleanno, non potrei mai rovinarla. Se viene cercherò di stare a distanza da lui, così non creerò problemi.”
“Sei paranoico, ma sei un bravo ragazzo – Heymans gli diede delle pacche sul braccio – dovresti smetterla di farti tutti questi complessi. E ti confesso una cosa: capisco Roy, ma capisco anche te e sono sicuro che in qualche modo chiarirete.”
“Lo spero proprio. E’… è stato difficile per me: Roy non mi ha trattato molto bene in presenza di Maes – confessò – mi ha appena presentato e poi era come se fossi un estraneo, mentre con voi ha avuto un atteggiamento completamente diverso.”
“E’ vero, c’è stata una disparità di trattamenti.” ammise il rosso.
“A Riza l’ha presentata il giorno dopo e presumo che anche se ci fosse stato Kain avrebbe fatto lo stesso con lui. Il mio non è essere vittima, sto facendo una considerazione che non potrai che confermare.”
Ebbe la soddisfazione di vedere Heymans mettersi a braccia conserte e fissare la strada con aria assorta: quello che aveva appena detto non era sbagliato, non poteva essere rimasto accecato dalla gelosia fino a quel punto.
“Io – commentò l’altro dopo una decina di secondi – sto iniziando a pensare che Roy abbia fatto dei ragionamenti davvero strani. In ogni caso il mio invito per il compleanno resta e vorrei che ovviamente venisse pure Elisa: appena la vedo la invito, ma se la incontri prima di me diglielo pure.”
“Non mancherò: sto giusto andando a casa sua. L’ho trascurata così tanto e non se lo meritava affatto.”
“Corri dalla tua fidanzatina, Vato Falman e stai sereno: i tuoi amici sono sempre gli stessi, fidati di me.”
Furono parole dette in tono scherzoso, ma ebbero il potere di risollevare ampiamente il morale del ragazzo più grande: la consapevolezza di non aver perso tutto era davvero confortante. Tanto che si arrischiò ad essere ottimista anche su Roy.
Forse a questo giro tocca a me rimediare.
Pensieri poco consoni per un ragazzo di pensiero e paranoico, ma era come se il sole di luglio stesse dando nuova forza a Vato Falman e non solo fisica.
 
Roy invece evitava la luce del sole tenendo le tende tirate, come se l’oscurità potesse dargli maggiore sicurezza e sigillarlo maggiormente nella sua stanza. Non si era aspettato che il suo malumore si riscatenasse in maniera così violenta, ma sentire la preoccupazione nella voce di Kain gli aveva dato più fastidio del previsto.
Non aveva voluto aprire la porta a nessuno, nemmeno a sua zia.
Aveva preso il vassoio con la cena che gli avevano lasciato fuori dall’uscio ed era andato in bagno quando non c’era nessuno in vista. Almeno, al contrario del capitano Falman, le ragazze del locale sembravano assecondare questa sua voglia di solitudine: avevano ben altro a cui pensare rispetto ai capricci di un adolescente.
Il suo stomaco brontolò, segno che tra poco sarebbe stata ora di pranzo. Sperava che nel vassoio ci fosse qualcosa di sostanzioso perché, al contrario di quanto si poteva pensare, stare fermi a rimuginare consumava più energie del previsto. Specie se si trattava di brutti pensieri, come quello di sentirsi in qualche modo tradito… da Kain.
Perché doveva mostrarsi così preoccupato per lui?
Razionalmente sapeva di essere in torto: Kain non conosceva le vicende ed era normale che mostrasse preoccupazione per Vato. Ed inoltre il bambino era così ingenuo che anche a fatti conosciuti non avrebbe mai potuto mostrare astio per una persona, non l’aveva fatto nemmeno con Jean.
Ma era come se fosse la palla di neve che cade dalla montagna: dopo di lui anche gli altri si sarebbero schierati con Vato, mostrandogli simpatia? L’idea non gli andava giù: voleva che tutti gli fossero ostili, rendendo palese il suo errore.
“Ha sbagliato! – sbottò, sdraiandosi sul letto – Lui non è il mio miglior amico!”
Annuì con convinzione, ricacciando indietro la prima piccola briciola di dubbio che aveva intaccato il suo cuore.
 
Per Vato baciarsi con Elisa era la cosa più bella del mondo: poterla stringere a sé lo faceva sentire bene come non mai e, in un lontano angolo della sua mente, si chiedeva come aveva fatto a non capire che lei, come sempre, era la medicina migliore contro tutti i suoi mali.
“Mi puoi perdonare per averti trascurata così?” le chiese tra un bacio e l’altro, mentre il sole illuminava il campo di erba alta dove erano andati per ottenere l’intimità desiderata.
“Sarei tentata di tenere il broncio – ammise lei, baciandogli il mento, mentre si sdraiava e lo incitava a fare altrettanto – ma poi mi perderei tutte queste coccole e decisamente non mi va.”
“Sei tutta mia Elisa Meril – sussurrò lui, abbracciandola – di nessun altro, giuramelo.”
“E tu sei solo mio – le mani scesero alla maglietta e si insinuarono sotto di essa – per sempre, Vato Falman.”
Le dita di lei erano bollenti e lasciavano scie di fuoco sulla pelle fresca. Lui iniziò a ricambiare con la stessa moneta, sbottonandole la parte superiore del vestito di lino. Perché era meraviglioso sentirsi così vivi e amati con il sole a baciare entrambi e a rendere perfetti quei momenti.
Il pensiero di Roy era ormai lontano, nascosto da colei che era una certezza insostituibile nella sua vita.
Amica, compagna, amore della mia vita… non potrei mai rinunciare a te.
“Piano – mormorò lei mentre la baciava sul collo e le sue mani scendevano al seno – piano, ti prego.”
“Presto o tardi io e te faremo l’amore – riuscì a dire, sollevandosi a guardarla, perdendosi nei suoi occhi verdi. La sua destra automaticamente superò la parte più stretta del vestito, andando a sfiorare la biancheria della ragazza – lo sai, vero?”
“Sì, ma per favore, non adesso.” si irrigidì lei
La supplica nella voce, l’espressione impaurita, fecero ridestare Vato dal mondo di luce dove era finito. Le sue mani uscirono dal vestito e andarono ad abbracciarla con tenerezza, facendola posare contro il proprio petto. L’odore dei suoi capelli gli penetrava nelle narici, come una droga, ma riuscì a controllarsi e ad emettere alcuni profondi sospiri, anche se il suo corpo stava impazzendo di desiderio.
“Scusami, – mormorò lei accorgendosene – lo volevi fare?”
“Non potrei mai se tu non vuoi, Eli.”
“E’ che ho paura e poi… potrei restare incinta. E allora come faremo?”
“Ci sposiamo, ovvio. Del resto prima o poi… tu vorrai sposarmi, vero?”
“Ovviamente – e si capiva che era sollevata che il momento di passione tra di loro fosse naturalmente scemato, ma era altrettanto convinta di voler stare con lui per sempre – certo che lo voglio.”
“E’ fantastico…” ammise con un sorriso, seguendo il contorno degli zigomi di lei con un dito.
“Cosa?”
“Avere questa certezza. Insomma, non credo nel destino o in cose simili, eppure sono sicuro che noi ci sposeremo davvero. Ed è una sensazione bellissima sapere che ti avrò sempre nella mia vita.”
Lei ridacchiò soddisfatta e si sciolse dal suo abbraccio per girarsi completamente supina, allargando le braccia come una bambina.
“A settembre inizieremo l’ultimo anno di liceo – dichiarò – poi voglio continuare a studiare e diventare una dottoressa. Potrò aiutare le persone e se mai dovesse succedere qualcosa di brutto come quello che è accaduto a Kain, saprò cosa fare. E nel frattempo mi sposerò con te.”
“Io invece voglio… non lo so.” ci fu una sfumatura di sorpresa in quella dichiarazione.
“Non volevi fare il poliziotto come tuo padre?” chiese lei, girandosi a guardarlo.
“Ad essere sinceri ora non ne sono tanto sicuro. Continuo a credere che quello che faccia mio padre sia fantastico, come quando è intervenuto per aiutare Heymans e sua madre, però… i miei libri…”
“E’ difficile prendere delle decisioni, vero?”
“Già, credo che quest’anno dovrò schiarirmi bene le idee.”
“Che ci sposiamo consideralo una certezza, mi raccomando. Per il resto conviene procedere a piccoli passi, chissà, magari viene l’ispirazione quando meno te lo aspetti.”
“Chissà. E nel frattempo – si sollevò a sedere – faccio progetti a breve termine. Stasera voglio provare a parlare con Roy.”
“Gli vuoi rinfacciare quello che provi?”
“No, rinfacciare non è il termine giusto…ma alla fine gli dirò che per me è un amico insostituibile e che se vuole io ci sarò sempre. Sai, parlando con Heymans, stamane, mi sono reso conto dell’importanza dei legami che ho stretto con loro.”
“La verità è che vorresti non creare problemi per la sua festa, vero?”
“Anche questo, lo ammetto. Chissà, io e Roy l’altra volta ci siamo riappacificati in occasione del mio compleanno… magari quello di Heymans ci porterà bene.”
“Lo spero proprio. E dunque questo pomeriggio vuoi affrontare Roy, eh? – sorrise maliziosa – Allora devi essere in forma: avanti alleniamo la respirazione con un bacio.”
E si rituffarono senza indugi nel vortice dell’amore.
 
Quando quel pomeriggio, armato dei migliori propositi, si presentò al locale di Madame Christmas e si diresse alla camera di Roy, Vato rimpianse quei momenti spensierati passati assieme alla sua fidanzata.
Quanto stava per fare non era per niente facile: lui non aveva il carisma di Roy, la sua fantasia nell’organizzare una recita per riappacificarsi. L’unica cosa che poteva fare era parlare con lui sperando di venir ascoltato.
Come allungò la mano per bussare trasse un profondo respiro: aveva pensato tutto quel tempo alle parole da dire, ma aveva cambiato idea così tante volte che ora si trovava in uno stato di confusione totale. Per cui, un raro evento, fu costretto all’improvvisazione.
“Roy – bussò discretamente – sono io.”
Sinceramente non sapeva cosa aspettarsi: mutismo o una nuova aggressione? Nella più ottimistica delle ipotesi una risposta, ma dopo qualche minuto capì che stava pretendendo troppo.
Tuttavia mi deve ascoltare.
Serrò i pugni e si fece forza.
“Capisco che tu non mi voglia aprire – iniziò, sentendosi veramente un’idiota a parlare ad una porta, ma c’era la concreta possibilità che lui stesse ascoltando – però vorrei che sentissi quello che ho da dire. Mi dispiace per come ti ho provocato quella volta, non era assolutamente mia intenzione ferirti in quel modo. E capisco benissimo che tu ci sia rimasto male per la partenza di Maes.”
Nessuna risposta.
Dovette fare un altro profondo respiro perché era giusto dirgli quello che pensava.
“Roy… io non ho mai avuto amici, eccetto Elisa. Non mi interessava, tutto qui: mi bastavano i libri, la mia famiglia, non sentivo la necessità di altri legami e anche quando è arrivato Kain… insomma è fantastico, ma è piccolo, lo sai…”
Era incredibilmente difficile dare voce ai suoi pensieri: gli sembrava di esporsi in una maniera del tutto nuova e violenta. Non era come parlare con Elisa, avere la certezza di essere capiti… qui non c’era nessuna garanzia che Roy avrebbe ricambiato la sua amicizia. E davanti a questa possibilità ripercorrere la loro storia faceva davvero male.
“… e poi all’improvviso mi avete messo in mezzo alle vostre dispute e, senza nemmeno capire come, mi sono ritrovato in camera tua con te che mi dicevi che io ero il primo del tuo gruppo fondato sull’amicizia… diamine, mi sembra passato un secolo da quel giorno.”
Sorrise, ricordandosi di quel pomeriggio così surreale in cui era entrato con timore in quel locale.
“La mia vita era così diversa prima che arrivassi tu. Mi hai spronato con Elisa, mi hai fatto compiere delle follie come la caccia al fantasma… credo di aver ricevuto più punizioni in questi mesi che negli ultimi dieci anni…”
E se tutto quello non bastava c’era anche un’altra questione che per Vato era importantissima.
“Sai, sono anche convinto che i miei genitori… inizino a pensare a te come un secondo figlio. Una cosa del genere dovrebbe dare fastidio, ma io non sono geloso all’idea. So che è improbabile pensarci come membri della stessa famiglia considerate le nostre diversità, però…”
Il fatto di non aver ricevuto ancora nessuna risposta lo fece esitare. Possibile che nemmeno dicendo quelle cose così personali si smuovesse qualcosa? Era dunque così poco che contavano i suoi sentimenti?
Ma devo arrivare sino in fondo… forza Vato.
“E’ che per me sei importante e mi ha dato così fastidio quando c’era Maes e mi hai poco più che presentato. Con tutti gli altri è stato diverso, sembrava che di me ti vergognassi…”
Posò la testa contro la porta, non riuscendo a capire come interpretare quel silenzio.
“Non credi che meriti almeno una risposta?” chiese con esasperazione.
Niente.
Non gli restava che aspettare.
 
Nel medesimo momento, Andrew si passava una mano tra i capelli castani e arrossiva lievemente all’idea di mettere piede in quel locale: gli sembrava in qualche modo di mancare di rispetto ad Ellie anche se, ne era quasi certo, a quell’ora non c’erano avventori e le ragazze non lavoravano.
Ma si era convinto che era il momento giusto per parlare con Roy: Vincent gli aveva raccontato di quel tentativo andato a male e aveva la netta impressione che lui fosse l’unico a poter espugnare la roccaforte di quel ragazzino.
“Vai e torna vincitore, mio prode cavaliere. La tua dama ti aspetta qui nel castello!”
Ellie l’aveva preso leggermente in giro mentre usciva di casa ed effettivamente gli sembrava quasi di andare ad affrontare un drago di cui tutti hanno paura.
Tuttavia questi pensieri eroici finirono come entrò e lanciò una discreta occhiata in giro, nel timore di vedere qualcosa di non previsto.
“Madame Christmas?” chiamò facendosi avanti.
“Guardi che siamo chiusi e la signora non c’è in questo momento – fece una ragazza scendendo dalle scale con una provocante veste che le arrivava appena a metà coscia – la posso aiutare? Non mi pare di averla mai vista qui da noi…”
“Ecco – arrossì Andrew, levando subito lo sguardo da quelle gambe e portandolo sul viso di lei – io sarei qui per vedere…”
“Aspetti, lei è il padre di Kain!”
La ragazza, estremamente giovane, si fece avanti e gli prese le mani con un gran sorriso. Aveva una folta treccia castana che le cadeva sulle spalle ed un viso tenero ed incantevole: assomigliava in modo incredibile ad Ellie. E questo ebbe il potere di spiazzare Andrew per qualche istante, prima che la vocina di Kain, nella sua mente, gli ricordasse un nome.
“Lei è la signorina Lola, vero?”
“Zuccherino le ha parlato di me? Oh, chiamo così suo figlio, è talmente dolce: non si preoccupi, quando è stato qui l’abbiamo trattato benissimo.”
“Non avevo dubbi.”
“Come sta? Povero caro, abbiamo saputo del suo incidente e ogni giorno chiedevo a Roy delle notizie, ma ultimamente quello scorbutico è davvero a corto di parole.”
C’era una sincera preoccupazione negli occhi castani della ragazza e Andrew si trovò a ricambiare quella stretta. Ricordava a sommi capi quello che aveva detto Kain a proposito di un fidanzato che non l’aveva trattata bene e questo gli fece provare immediata simpatia per lei.
Poteva esserci Laura al posto di questa ragazza…
“Sta bene, stia tranquilla – sorrise – Presto guarirà del tutto.”
“Meno male, sono davvero felice. E’ un bambino così speciale, ma vedendo suo padre posso immaginare da chi abbia preso. Sua moglie è davvero fortunata, signore.”
Andrew arrossì davanti a tutti quei complimenti da parte di una prostituta.
“Ecco, sono sicuro che Kain sarà felice di sapere che ha chiesto di lui. Però io sarei venuto qui per parlare con Roy, sarebbe possibile?”
“Il signorino è chiuso in camera sua da ieri e non vuole uscirne... credo che ci stia provando ancora il ragazzo dai capelli bicolore. Ma conoscendo quell’ostinato sta solo sprecando fiato.”
“Vato è qui?” si sorprese l’uomo.
“Sì, è arrivato poco fa, ma come le ho detto probabilmente non otterrà nulla. Vuole salire anche lei?”
Andrew annuì e si fece guidare su per le scale, ignorando volutamente che in quel piano c’erano anche le camere dove quelle donne ricevevano i clienti. Fu quasi con sollievo che capì la funzione del piccolo andito di disimpegno e venne condotto dove stavano le stanze private di Roy e sua zia.
Lola gli fece cenno di proseguire per il corridoio e Andrew capì che doveva andare da solo ad affrontare il leone. Riflettendo ancora sull’età del suo avversario gli venne da sorridere, ma poi sentì la voce di Vato.
“Va bene – stava dicendo – non vuoi rispondermi. Però… fra una settimana c’è il compleanno di Heymans e ovviamente inviterà anche te. Senti, non roviniamogli la festa: io me ne sto da parte, non ti rivolgo la parola e non ti do fastidio, d’accordo? Allora… adesso vado, eh?”
Andrew sospirò nel vedere l’aria desolata del ragazzo nel non ricevere alcuna risposta.
Gli mise una mano sulla spalla, facendogli contemporaneamente cenno di tacere.
Vato scosse il capo, come ad ammettere la pesante sconfitta che aveva appena subito e l’uomo gli arruffò i capelli con gentilezza, facendogli cenno di andare. Come si fu assicurato di essere solo, fece un rapido respiro.
“Ehi, Roy – bussò – come andiamo?”
“Signor Fury? – la voce del ragazzo era sorpresa – Che cosa ci fa lei in questo posto?”
“C’è venuto Kain – alzò le spalle lui con un sorriso – perché non dovrei farlo io? Hai intenzione di aprirmi?”
“No – quasi si immaginò di vedere il viso di Roy che, ripresosi dalla sorpresa, tornava ad essere impassibile – ed è meglio che lei se ne vada, tanto non apro fino a quando non sono sicuro di essere solo. E poi sua moglie si preoccuperà tantissimo per la sua virtù.”
“Oh dai, la signorina Lola non sembrava avere intenzioni particolari con me.”
“Le è andata bene. Comunque se le va di fare la muffa qui fuori faccia pure.”
“Tranquillo, mi metto comodo sul pavimento.” si sedette per terra, posando la schiena contro la porta.
“Può farsi preparare una coperta allora. Beh, io me ne torno a letto.”
“Come si chiama?”
“Chi?” la voce di Roy era ancora vicina, segno che, tutto sommato, era disposto a parlare.
“Il tuo amico che è partito – Andrew usò un tono volutamente noncurante – non ho avuto occasione di conoscerlo, mi dispiace.”
Ci furono diversi secondi di silenzio, tanto che l’uomo si chiese se il pesce avesse abboccato all’amo.
“Maes Hughes.” fu quasi un sussurrò ed Andrew percepì un lieve rumore sul legno della porta.
Si è seduto anche lui…
“Henry Hevans.” mormorò.
“Cosa?”
“Henry Hevans, il nome del mio miglior amico.”
“Lo zio di Heymans?”
“Sì: a settembre sono quindici anni che la guerra l’avrà portato via.”
“Brutta storia, vero?”
“Già, più brutta di quanto tu pensi. Però è stata dura anche prima: quando è andato in Accademia non l’ho quasi visto per due anni e anche dopo andava e tornava con irregolarità. E poi sono partito io per l’Università: un vero e proprio disastro di organizzazione, vero?”
“Immagino…”
“Certo Central è lontana… sapete già quando vi rivedrete?”
Il sospiro fu fin troppo udibile: no, chiaramente non lo sapevano. Erano comunque dei ragazzi legati alla loro famiglia, almeno nel caso di Maes, e alla loro giovane età.
“Sai, Henry era per me un fratello maggiore: quando andò in Accademia io avevo quattordici anni e fu veramente dura. Passare dall’essere inseparabili a non vedersi per mesi è qualcosa che all’inizio ti appare inconcepibile… è come se ti strappassero via un pezzo della tua vita. Guardi il calendario in attesa del suo ritorno e ti accorgi che spesso il tempo sembra tornare indietro invece di andare avanti.”
“Ma poi lui è tornato, dopo l’Accademia intendo.”
“Sì, ammetto che sotto questo punto di vista le nostre storie sono differenti.”
“E’ vero…”
“Che cosa?” chiese Andrew con un sorriso.
“E’ come se ti venisse strappato via un pezzo di vita e ti chiedi come si fa ad andare avanti. Ti dici che è ingiusto, ma allo stesso tempo non ci puoi fare niente e piano piano ti rassegni.”
“Ti rassegni? A me sembra che tu sia andato avanti.”
“Dice?”
“Tu hai stretto delle nuove amicizie, Roy. Questo si chiama andare avanti, no?”
“Ma loro non sono come lui.”
“No, e come potrebbero? Il miglior amico è un qualcuno che resta unico per sempre. Anche ora che Henry non c’è più non potrà mai essere sostituito: il tempo e le esperienze vissute insieme sono uniche anche a distanza di quindici anni.”
“Le è mai sembrato di tradirlo?” la domanda fu lieve, ma ormai Andrew aveva l’orecchio teso.
“Ci ho pensato, ti dirò la verità, ma poi mi sono accorto che lui vorrebbe che io andassi avanti con la mia vita. E scommetto che anche il tuo amico lo desidera, proprio come tu vuoi che lui vada avanti con la sua. Riza, Kain… ti sembra di tradirlo con loro?”
“No, assolutamente.”
“E con Jean ed Heymans?”
“No…”
“Sei intelligente e capisci dove sto arrivando vero? Il problema non sono quelli che ho appena nominato, vero?”
“Ha sentito quello che mi ha detto?”
“Solo l’ultima frase a proposito del compleanno di Heymans e questo dimostra quanto tenga a tutti voi – Andrew si passò una mano tra i capelli – ma ho sentito qualche resoconto della vicenda da parte di Heymans e Riza e ammetterai che sono abbastanza imparziali come osservatori.”
“Mi ha chiesto scusa.” la voce di Roy era tornata lievemente dura.
“Ha fatto il primo passo, eh? E’ strano pensarlo per uno come Vato che in genere deve essere spronato.”
“Devo fargli un applauso? Concedergli il mio perdono solo perché ha preso l’iniziativa? Lui non…”
“Roy, perché l’hai escluso di proposito quando è arrivato Maes?”
Domanda a bruciapelo, quasi a prenderlo in trappola, ma era necessario non farlo sviare dal succo del discorso: doveva rendersi conto dell’errore che aveva commesso lui e del motivo. Il silenzio si fece pesante, ma Andrew era sicuro che Roy era ancora posato alla porta.
“Sai – continuò – ho provato a mettermi nei tuoi panni. Ho immaginato di avere di nuovo quindici anni e di non vedere Henry per tanto tempo… e mi sono immaginato di incontrare, durante quella separazione, James e Vincent. Ora, razionalmente mi sono detto che come tornava Henry li avrei presentati entrambi, ma credo che con Vincent mi sarei comportato diversamente, sai perché?”
“Non può essere il mio miglior amico! – un rumore indicò che Roy si era alzato – E’ Maes il mio miglior amico, capisce?”
“Andiamo Roy, perché non apri questa porta e me lo dici in faccia dove sta il problema? Del resto l’abbiamo capito entrambi, no?”
Con soddisfazione sentì la chiave che girava nella serratura e si alzò in piedi in tempo per vedere il ragazzino pallido, con i capelli arruffati e con maglietta e pantaloncini sbrindellati.
“Accidenti, vieni direttamente dal mondo degli spiriti?”
“Me lo dica lei il problema – sibilò il ragazzo con aria tesa – dato che ha capito tutto.”
“Va bene – annuì Andrew con calma e con la coda dell’occhio notò un movimento dove il corridoio curvava – il problema è che quando hai fatto amicizia con Vato ti ci sei trovato davvero bene, nonostante tutte le vostre differenze. Non può certo arrivare a livello di Maes, ma è la persona con cui hai instaurato un legame più forte, vero? E non mettere in mezzo Riza, sappiamo che è molto diverso.”
“Non poteva pretendere che io diventassi il suo miglior amico.”
“Roy, lui l’ha creduto perché vi siete comportati in maniera molto simile a due migliori amici… l’hai tenuto di poco conto davanti a Maes perché avevi paura che vedesse il nuovo legame che avevi instaurato. Perché un conto è parlare con Jean ed Heymans che, si sa, sono inseparabili e non costituiscono un pericolo per te e Maes, no?”
“Sono totalmente diversi… Vato non è come Maes.” Roy si poggiò alla porta con aria stanca.
“E per questo non vado nemmeno considerato?”
Vato comparve nel corridoio, la faccia profondamente delusa. A quella visione Roy si indurì in volto, ma solo per qualche secondo: la differenza di comportamento c’era stata, era innegabile.
“Scusa – mormorò – in fondo è stata in parte colpa mia. E’ vero non ti ho considerato quando c’era Maes, mi vergognavo…”
“Grazie tante.”
“… mi vergognavo di aver instaurato un legame così forte con te. E non volevo che lui lo capisse perché ci sarebbe potuto restare male… e io mi sarei sentito un traditore. Sei contento adesso, Vato Falman? – si girò a guardarlo con aria profondamente seccata – Se non ci fosse lui saresti tu il mio miglior amico, complimenti.”
“Interessante dichiarazione, Roy – sorrise Andrew, facendo cenno a Vato di avvicinarsi – la domanda è la seguente: ora che sappiamo quello che è successo, vale davvero la pena rompere quest’amicizia?”
Roy squadrò Vato che si era portato davanti a lui: aveva un’espressione così commossa, ma allo stesso tempo timorosa. Era come se avesse di nuovo iniziato, anzi osato sperare. E per far arrivare a simili dimostrazioni di sentimenti uno chiuso come Vato Falman ci voleva un motivo davvero speciale.
E alla luce di questo il moro si pentì.
Sì, il ragionamento che aveva proposto il padre di Kain era corretto: non aveva voluto che Maes si accorgesse di quella forma di tradimento, non voleva che fosse palese il legame che aveva con Vato.
Lanciò una penetrante occhiata all’uomo che aveva passato il braccio attorno alle spalle dell’altro; gli stava sorridendo, come ad incoraggiarlo a fare un passo in avanti.
Dannazione, ma perché tutti quanti non mi lasciano in pace? Mi costringono a vivere la mia vita e mi impediscono di stare da solo con il mio dolore… a volte sarebbe più facile non avere amici.
Ma questi amici c’erano e non poteva rinnegarli, specie quello che stava davanti a lui.
“Non posso essere il tuo miglior amico, scusa.” mise in chiaro.
“Mi accontento del secondo posto, ti va bene? – l’altro sospirò e tese la mano – Sei importante per me, Roy e non importa se hai già un miglior amico.”
“Dannazione a te, Vato. Mi metti sempre in difficoltà.” sbottò, distogliendo lo sguardo, ma accettando quella stretta di mano.
“Vieni a casa?” chiese speranzoso l’altro.
E Roy si accorse che l’idea non gli dispiaceva affatto.
“Tuo padre di che umore è?”
“Ieri era abbastanza nero per colpa tua, ma credo che quando ti vedrà gli passerà tutto.”
Roy annuì e rispose al sorriso.
“Vado a lavarmi che faccio schifo.”
Senza attendere risposta uscì nel corridoio e si avviò verso il bagno.
Come scomparve alla loro vista, Vato fece un enorme sospiro di sollievo e si posò pesantemente contro Andrew. Non gli sembrava vero: in qualche modo aveva recuperato la sua amicizia con Roy.
“Mi scusi se sono rimasto ad ascoltare – mormorò rivolgendosi all’uomo – non è stato bello, ma…”
“E’ stata la cosa migliore che potessi fare – lo consolò lui – sono sicuro che il mio intervento ha solo accelerato il vostro chiarimento.”
“Dice?”
“E’ testardo, certamente, ma sa riconoscere l’importanza dei suoi legami. Quando viene a patti con il suo orgoglio, Roy è uno che ci tiene alle sue amicizie, specie a quella tua.”
“Non mi importa se sono al secondo posto, va bene così.”
“Non parlare di classifiche, non è bello – gli consigliò Andrew – direi che tu sei il suo fratello maggiore acquisito. Magari non è proprio da dirglielo in faccia, ma ho il vago sentore che la realtà sia questa.”
“Se avessi un fratello come Roy a mio padre verrebbero dieci infarti in una volta.”
Andrew scoppiò a ridere e anche Vato si unì a quell’ilarità.
Però iniziava a pensare che le cose fossero davvero in questo modo.

 

 
  
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