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Autore: Laylath    02/05/2014    4 recensioni
Eppure a guardare più da vicino i ragazzi di quella realtà, ci si sarebbe accorti che le loro esistenze non erano così scontate: i piccoli grandi problemi dell’infanzia e dell’adolescenza a volte andavano ad intrecciarsi con situazioni difficili, dove spesso il legame con un amico fidato era la cosa migliore per poter andare avanti.
E spesso le persone più impensabili stringevano un forte legame tra di loro per uno strano susseguirsi di eventi, all’apparenza così normali… anche se poi viverli era tutt’altra cosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo 58. Crisi di coppia.

 

Per quanto Roy dovesse fare i conti con un ego ed un orgoglio sproporzionati rispetto alla sua età, una volta che capitolava era come se decidesse di cancellare tutto e riniziare daccapo. In realtà non era vero: la sua personalità assimilava la nuova esperienza ed in qualche modo diventava più matura e forte, anche se in apparenza era come se niente l’avesse turbato.
Vincent aveva ben colto questa caratteristica del ragazzo e non fu molto sorpreso quando questi riprese a frequentare casa sua come se niente fosse accaduto. E, intuendo l’atteggiamento giusto da tenere, non fece accenno all’avvenuta riappacificazione.
“Oggi niente Risiko?” chiese qualche pomeriggio dopo mentre i due ragazzi stavano al tavolo del salotto in mezzo a quaderni e libri.
“No, oggi compiti – ammise Vato – ma contiamo di finirli in tempo per andare a fare un giro.”
“Dobbiamo ancora trovare il regalo per Heymans – spiegò Roy – il suo compleanno è tra due giorni e siamo ancora in preda ai dubbi.”
“Troverete la soluzione per tempo.” commentò il capitano, felice di poter arruffare contemporaneamente le due chiome sedute vicino.
I ragazzi annuirono e si misero di buona lena a studiare per poi potersi dedicare a risolvere quel dilemma. Era raro che facessero i compiti assieme, ma chiaramente era un modo per consolidare il loro legame dopo il litigio che avevano avuto: nonostante le differenze caratteriali, molto spesso si intendevano meglio del previsto. E se il moro non poteva avere un altro migliore amico al di fuori di Maes, era arrivato a convincersi che Vato era invece un fratello maggiore che aveva adottato assieme alla sua famiglia. Ovviamente non c’era niente di paragonabile a quello che legava Riza ai Fury, ma Roy era felice di aver trovato quel famoso compromesso per evidenziare il suo stretto legame con Vato senza però tradire quello con Maes.
Quel tranquillo pomeriggio di studio venne tuttavia interrotto dieci minuti dopo da un violento bussare alla porta. I ragazzi lasciarono che fosse Vincent ad aprire, ma subito dopo si trovarono un furentissimo Jean davanti a loro.
“Senti un po’ – esclamò il biondo piantando le mani sul tavolo e squadrando Vato – quando Elisa dimostra di essere una stupida, per non dire altro, che cosa fai?”
“Che? – Vato arrossì – Ma quando mai Elisa… che cosa stai dicendo della mia ragazza?”
“Non sto parlando di lei! – Jean batté un pugno sul tavolo con aria esasperata – Devo capire come funziona tra innamorati, anche se per quella stupida di Rebecca in questo momento provo solo disprezzo!”
“Beh, ecco… non mi è mai capitato di pensare che Elisa…”
“Accidenti a te e al tuo rapporto perfetto! Non mi servi a niente!”
“Si può sapere che cosa è successo?” chiese Roy, mentre anche Vincent si avvicinava con curiosità.
“E’ successo che mi sono appena accorto che la mia ragazza presto non sarà più tale.”
I fatti vennero spiegati ed erano molto semplici: Jean era venuto a sapere che Rebecca non sarebbe andata alla festa di Heymans e ovviamente non l’aveva presa bene. Riteneva che il compleanno del suo migliore amico, il primo che veniva festeggiato, fosse un evento a cui nessuno degli invitati dovesse mancare e questo smacco proprio da parte di Rebecca non se lo aspettava.
“Dice che sua madre non glielo permette, tutte storie! Per un evento simile io me ne fregherei di quanto mi dicono i miei genitori e ci andrei, a costo di scappare di casa!” esclamò con orgoglio, mettendosi la mano sul petto per enfatizzare quella dichiarazione.
“Non credi di esagerare? – gli chiese Vincent con aria contrariata – Non penso che lei sia stata molto felice di quanto le ha imposto sua madre.”
“Quella donna! Non la conosco, ma è una di quelle stupide che parlano male della signora Laura! Col cavolo che io resto fidanzato con una che ha una madre simile.”
“Non mi è mai capitato di avere problemi simili con i genitori di Elisa – ammise Vato – e non credo di poterti aiutare. Ma se vuoi un parere, credo sia troppo drastico lasciarla. Insomma, alla fine stai con lei, mica con i suoi genitori, no?”
Tuttavia Jean da quell’orecchio non era in grado di ascoltare: era ormai troppo coinvolto emotivamente anche con la madre di Heymans per non sentire come un insulto personale il rifiuto di Rebecca.
 
“Mi ha detto che sono una pessima persona, te ne rendi conto? – protestò Rebecca, afferrando Riza per il braccio – Stupido testone! Ho provato a spiegargli mille volte che non è colpa mia, ma niente da fare!”
“E’ la prima volta che ti sento così furente con lui – ammise la bionda, mentre passeggiavano per il paese dato che l’amica aveva bisogno di sbollire – in genere passi sopra qualsiasi suo atteggiamento.”
“Non questa volta! E’ uno zuccone! Invece di essere solidale mi ha attaccato.”
“Jean è fatto così: quando si tratta di Heymans diventa molto suscettibile…” cercò di giustificarlo Riza, anche se poteva capire la delusione dell’amica.
Rebecca aveva un rapporto abbastanza conflittuale con sua madre e spesso ci litigava. In parte tali incomprensioni erano dovute ad una precoce ribellione adolescenziale da parte di lei, ma anche la madre ci metteva del suo con un atteggiamento decisamente insofferente. Riza più di una volta l’aveva definita pettegola, ma col passare del tempo si era resa conto che spesso c’era una bella differenza con la figlia.
Il fatto che le avesse proibito di andare alla festa di Heymans era stato un brutto colpo, ma non del tutto inaspettato: non era un mistero che fosse una delle donne schierate contro Laura.
“Sta con me, mica con lui!” mormorò Rebecca.
“Ma che dici? Suvvia… ovvio che sta con te, Heymans è il suo miglior amico. Sono sicura che dovete solo capire come gestire questa situazione e…”
“Se mi devo sentire insultata, allora lo lascio!”
A quelle parole Riza sgranò gli occhi e guardò interdetta l’amica. Le sembrava una soluzione troppo drastica anche perché, nonostante tutto, riteneva che quei due stessero bene insieme. Dopo le iniziali reticenze di Jean si stavano dimostrando una coppia affiatata e divertente, sebbene fossero ancora molto lontani dall’avere il rapporto stretto di Vato ed Elisa.
“Non mi pare il caso di dire così, vedrai che risolvete. Presumo, del resto, che essere una coppia voglia dire affrontare anche simili situazioni.”
“Senti, ieri ho litigato per l’ennesima volta con mia madre, tutto per colpa di quel testone! Ho cercato in tutti i modi di poter andare a quella festa, possibile che non se ne renda conto? Ma lui, assolutamente no! Dice che non ci tengo abbastanza… certo che ci tengo! E’ il suo miglior amico! Dannazione! Jean Havoc… sei il ragazzo più idiota del mondo!”
Manco a farlo apposta, proprio mentre Rebecca esternava a voce volutamente alta quel pensiero, l’interessato usciva da una strada laterale in tempo per sentire tutto.
“Che cosa sarei?” chiese, mettendosi a braccia conserte.
“Uno zuccone! – Rebecca strinse gli occhi e mollando la presa su Riza si portò davanti al ragazzo – Il più stupido e prepotente zuccone del mondo!”
“Benissimo, sei io sono uno zuccone tu sei soltanto una stupida bamboccia!”
“Come osi!”
Mentre quel battibecco proseguiva, Riza rimase interdetta a guardare: se non fosse stato per l’effettiva tensione tra i due, avrebbe sorriso con indulgenza a quello che sembrava uno dei vecchi scontri verbali. Ma si percepiva la reciproca delusione che aleggiava nella coppia e si sentì in dovere di intervenire.
“Ecco – si fece avanti – non mi pare il caso di litigare!”
“Sì che è il caso! – esplose Rebecca – Sono stanca di farmi insultare da questo deficiente!”
“Sei stanca di me? Ottimo lo sai che ti dico?”
“Te lo dico prima io! E’ finita!”
Quella frase praticamente gridata in faccia ebbe il potere di far indietreggiare Jean, il viso che assumeva un’espressione di dolorosa sorpresa. Durò un secondo a dire il vero e solo l’occhio attento di Riza se ne accorse, ma subito il giovane si riprese e assunse un’aria profondamente seccata.
“Benissimo! E’ una vera e propria liberazione!”
“Benissimo lo dico io! – replicò Rebecca assumendo la medesima espressione – Mi sento già meglio. Addio per sempre Jean Havoc!”
E senza attendere una risposta, né aspettare Riza, girò le spalle al suo ex fidanzato e si diresse verso casa.
La bionda, proprio a metà strada tra i due, si girò a guardarla e poi si rivolse di nuovo verso Jean.
“Che aspetti? – gli chiese – Vai a dirle qualcosa!”
E sembrava che lui fosse tentato di fare qualcosa del genere, ma poi i suoi occhi azzurri divennero gelidi e scosse il capo.
“Ci siamo già detti tutto.”
“No dai…” Riza cercò ancora di fermarlo, ma anche il ragazzo si girò e iniziò una corsa sfrenata fuori dal paese, sicuramente diretto verso casa.
Per due amici che si erano ritrovati, una coppia si era appena sciolta.
 
Ovviamente, trattandosi di una questione di coppia, Riza non se la sentì di confidarsi con Roy. C’erano alcune questioni che lei considerava prettamente femminili e quelli d’amore rientravano assolutamente in questa categoria. Considerato inoltre che la sua migliore amica era una delle parti interessate andò a parlare con l’unica altra ragazza con cui aveva notevole confidenza, ossia Elisa.
Era la prima volta che andava a casa sua e quando entrò nella sua stanza non poté fare a meno di lanciare un’esclamazione di sorpresa per quanto era carina. Non che fosse grandissima, tutt’altro, ma era piena di tanti piccoli elementi che la rendevano deliziosa: i vasi di fiori alla finestra, le tendine di mussola, i cuscini ricamati sopra il letto. Era un ambiente così delicato e accogliente che per qualche secondo Riza si dimenticò del problema per cui era venuta.
Elisa sorrise e prese dalla scrivania una scatoletta azzurra e sedendosi sul letto, accanto all’amica, la aprì per offrirle dei biscotti.
“Fatti stamattina – sorrise – ne tengo sempre in camera: ne vado matta.”
“Grazie – esclamò la biondina, prendendone uno – sei bravissima a cucinare.”
“Stavo pensando di farli per la festa di Heymans: non so cosa regalargli e Vato e Roy sono decisi a comprargli uno di quei giochi da tavolo.”
“Uh, davvero? Io pensavo ad un romanzo d’avventura: facciamo società con doppio regalo?”
“Ottima idea, rendiamo pan per focaccia ai maschi.”
“A proposito di maschi: dobbiamo risolvere un problema, possibilmente prima del compleanno di Heymans. Rebecca e Jean si sono appena lasciati.”
E così raccontò la vicenda, senza tralasciare nessun dettaglio del litigio: forse Elisa, dall’alto del suo rapporto con Vato, avrebbe saputo come fare. Ma la faccia perplessa di lei non prometteva una soluzione.
“Sono ben strani come coppia – ammise alla fine – io e Vato non abbiamo mai avuto litigi simili.”
“Onestamente io li vedo bene assieme, Jean dopo un po’ si è abituato a Rebecca e lei ci tiene davvero tanto. Mi dispiace… lei sarebbe la prima a voler andare alla festa di Heymans, ma sua madre non glielo permetterebbe mai: non è colpa sua, Jean dovrebbe capire.”
“Mh, capire… non è un’offesa, ma Jean mi sembra molto testardo su determinate cose.”
“Vero.” Riza sospirò profondamente.
“Però, suvvia non disperiamo – fece l’altra per consolarla – sono sicura che sbolliranno entrambi. E vedrai che per la festa tutto sarà risolto. Ce l’hanno fatta Vato e Roy ed era veramente difficile considerato quanto era successo, per loro sarà più facile, ci scommetto.”
 
“Facilissimo: ho chiuso con lei!”
A quella dichiarazione da parte del figlio, James sgranò gli occhi e poi si portò una mano alla fronte, scuotendo la testa con rassegnazione.
“Figliolo, io credo che tu debba ancora imparare molte cose su come si gestisce un rapporto.”
“Questo rapporto è finito: hai sentito quando ti ho detto di sua madre?”
“Stai con Rebecca, mica con sua madre. Posso capirti: quel tipo di persona non piace nemmeno a me, ma la ragazza mi sembra completamente diversa e con la testa sulle spalle.”
“No – scosse il capo con cocciutaggine il ragazzo – e poi è stata lei a lasciarmi se proprio vogliamo essere sinceri. Quindi che rimanga pure a bollire nel suo brodo, a me va benissimo stare da solo: mi eviterò un sacco di problemi futuri!”
Mentre batteva il pugno sul tavolo, a sottolineare le sue parole, entrò Angela.
“Che facce che avete – commentò – posso sapere che è successo? C’è qualche punizione in arrivo per questo scalmanato?”
“No – sbottò James – anche se un ceffone per mettergli il sale in zucca glielo darei volentieri.”
“Dovresti darmi ragione, invece! Insomma, perché devo stare con una persona che mi pugnala alle spalle in questo modo? Gliel’ho anche detto! Scappa di casa per quel giorno che ti aiuto io, ma niente da fare.”
“Chi dovrebbe scappare di casa con il tuo aiuto?”
“La sua fidanzata.”
“Ex fidanzata, papà.”
“Rebecca? – si sorprese Angela – Vi siete lasciati? Che hai combinato, Jean Havoc?”
“Sempre colpa mia, vero? – si alzò dal tavolo con aria seccata – Scusate tanto se sono l’unico a preoccuparmi di Heymans e di sua madre. Ma tanto io sono quello scemo, vero? Sono sempre io nel torto e chi se ne importa se la madre di Rebecca è una di quelle streghe che parlano male della signora Laura!”
Ignorando le occhiate dei genitori, salì in camera sua e si buttò nel letto.
Circa quattro mesi insieme a Rebecca e ora tutto era finito.
“Del resto da una che ruba il primo bacio in quel modo che mi dovevo aspettare?”
Si girò prono, dando un forte pugno al cuscino e poi affondandovi il viso: gli dava un enorme fastidio sentirsi tradito. Col tempo si era abituato a lei e la considerava una persona su cui fare affidamento.
Ed era carina: quando rideva il viso le si illuminava in una maniera del tutto particolare. Sotto il sole i suoi capelli neri assumevano riflessi rossicci e le guance diventavano piacevolmente rosate. E poi era divertente, ma allo stesso tempo sapeva essere dolce e premurosa.
Peccato che in realtà si sia dimostrata una stupida!
 
Il giorno dopo Heymans, inconsapevole causa di quella rottura così improvvisa, entrò in cucina e oltre alla madre vi trovò Henry che la aiutava a preparare le varie cibarie per la festa di domani.
“Assaggia – fece Laura, porgendo al figlio un cucchiaio – salsina agrodolce per i crostini.”
Senza pensarci due volte Heymans gustò quel sapore così particolare che gli invadeva la bocca e annuì con soddisfazione: sua madre si stava davvero dando da fare e stava preparando roba per un reggimento.
“Accidenti, eppure la festa è domani pomeriggio.”
“Queste sono le cose che devono riposare la notte – spiegò lei – domani verrà anche Ellie ad aiutarmi con i dolci. E’ lei l’esperta: allora confermiamo la torta al cioccolato con doppio strato di crema?”
“Io la confermo più che volentieri!” sorrise Henry, allungando una mano e mettendo un dito nella terrina con la salsa.
“Buono tu! Più che aiutarmi sei qui per assaggiare tutto, vero?”
“Oh dai, mamma. E’ così piacevole vederti cucinare per qualcosa di speciale: non credo di averti mai visto così affaccendata. Al massimo facevi dei biscotti o una torta piccola.”
“Decisamente è più brava come sarta che come cuoca – strizzò l’occhio Heymans, andando accanto ad Henry e spalleggiandolo – la madre di Kain cucina decisamente meglio. E anche quella di Vato, per non parlare di quella di Jean e…”
“Senti un po’, festeggiato – Laura squadrò i figli con aria estremamente offesa – hai ancora intenzione di criticare chi ti sta preparando una festa di tutto rispetto oppure devo smettere di cucinare?”
“Come sei suscettibile, mamma!” ridacchio Henry.
“E tu, signorino, se vuoi che anche per il tuo compleanno ti conceda di fare una festa a casa, cerca di essere meno critico nei confronti di tua madre.”
Heymans scoppiò a ridere, seguito dal fratello, godendosi quei momenti di gioco familiare.
Anche Laura dopo aver tenuto il broncio per qualche secondo sorrise, unendosi all’ilarità.
“Tranquilla, mamma – disse Heymans – anche se sei più brava con ago e filo piuttosto che con pentole e fornelli, per me resti la migliore di tutti.”
“Fidati che domani resterai sorpreso dal banchetto Heymans Breda. Piuttosto, ci saranno tutti?”
“Mi manca solo chiedere a Rebecca, ma per il resto è tutto confermato – annuì lui – anzi, adesso esco e vedo di trovarla: avevo chiesto e Jean di dirglielo, ma non mi ha fatto sapere nulla.”
Con un ultimo assaggio alla salsa, uscì dalla cucina per avviarsi alla porta. Tuttavia si fermò in salotto per osservarlo con attenzione: in occasione della festa del giorno successivo avevano già spostato tavolo e sedie di lato, lo spazio centrale della stanza lasciato libero. Anche il divano era stato girato verso il centro, in modo che tutti potessero sedersi senza dare le spalle agli altri.
C’era un’aria di festa e aspettativa che in quella casa era sempre mancata: non perché ci fossero festoni o altro a decorare la stanza, ma per altri semplici e freschi tocchi quotidiani. La tovaglia piegata sul tavolo sapeva di fresco e pulito, dalle finestre aperte entrava un bellissimo sole, la credenza era spolverata e vi era un bellissimo sottovaso ricamato a farla da padrone sulla superficie di legno.
E’ come se la casa brillasse di più: per la prima volta la vedo accogliente e niente mi sembra più bello che tornarci dopo una giornata passata fuori. E’ cosi che deve essere… con mia madre e mio fratello che non hanno più paura di ridere, di essere felici. Non c’è più la sua ombra a tarpare loro le ali.
La settimana prossima Henry avrebbe reso la sua testimonianza su quanto era successo e le pratiche per la separazione si sarebbero concluse in maniera definitiva, grazie alla firma del capitano Falman e del notaio.
Sarebbe stata sigillata per sempre tutta quella storia e l’ultimo grande peso sarebbe stato levato dai loro cuori.
E’ solo una formalità, ma sarà una liberazione simbolica. Per il resto ce l’abbiamo già fatta.
E con un’ultima occhiata alla stanza uscì di casa e si mise alla ricerca di Rebecca.
Si incamminò per le vie del paese, certo di trovarla in giro: aveva notato che non era molto casalinga e approfittava di ogni momento libero per uscire, soprattutto con Jean.
Dopo attente considerazioni era arrivato alla conclusione che era la ragazza giusta per il suo scalmanato amico: in qualche strano modo lo teneva a bada, eppure lo ricopriva anche di attenzioni. Sulle prime aveva pensato che la persona ideale per il suo miglior amico fosse una come Elisa, decisamente più tranquilla e matura. Tuttavia quella storia iniziata in maniera così forzata si stava sviluppando meglio del previsto.
E chi si aspettava di vedere quel puledro impazzito finalmente domato? Potere dell’amore e…
“Ehi, Rebecca! – sorrise nel vedere l’oggetto delle sue ricerche – Eccoti qua, volevo parlarti.”
Come lo vide la ragazza esitò e sembrò cercare una via di fuga, ma poi rimase ferma e abbassò lo sguardo a terra quando le si avvicinò.
“Non so se Jean te ne ha parlato – iniziò il rosso – ma domani pomeriggio c’è la mia festa di compleanno e ovviamente sei invitata. Mi hanno dato tutti la conferma e manchi solo tu e… uh, ma che è quella faccia?”
“Niente.” scosse il capo lei.
“Ho detto qualcosa che non va?” chiese preoccupato.
“No – scosse il capo la ragazzina – è che non potrò venire.”
“Hai già altri impegni? Beh, non fa niente se non puoi.” tuttavia sentiva che c’era qualcosa che non andava. Se si fosse trattato di Riza non avrebbe avuto problemi a chiederle che cosa stava succedendo, ma aveva scoperto che per la fidanzata di Jean non era così facile.
“Heymans… la verità è che mia madre non vuole assolutamente che io venga a casa tua.”
“Scusa? Eppure non mi sembra che ci siano problemi se parli con me.”
“No – scosse il capo la ragazza, arrossendo – alla fine su di te sono riuscita a convincerla. E poi vedendoci anche a scuola, insomma si è abituata all’idea che noi siamo amici.”
“E’ per mia madre, vero?” capì il ragazzo incupendosi.
“Già. Sai, lei la considera una poco di buono e mi ha detto che se oso disobbedirle finirò in guai seri e non mi permetterà di uscire di casa per il resto dell’estate.”
“Capisco…”
“Scusami – delle lacrime iniziarono a scendere dagli occhi scuri della ragazzina – io non ho niente contro tua madre e so bene tutto quello che vi è successo. E sei il miglior amico di Jean e sarei stata felicissima di venire al tuo compleanno. Ti giuro che ho cercato di parlarne a mia madre, ma…”
“Ehi – Heymans la prese per le braccia e cercò di consolarla – non sono arrabbiato, sul serio. So benissimo che tu non c’entri niente. Non devi farti problemi se non puoi venire, davvero… stai tranquilla. Se Jean me l’avesse detto subito avrei evitato di metterti in difficoltà e…”
“Io e Jean abbiamo rotto.” confessò lei.
“Che? – si sorprese lui, consolidando la presa sulle sue braccia – Ma quando? Non mi ha detto niente e… oh no, Rebecca. Non mi dire che è per questa storia, ti prego!”
“E’ solo uno stupido zuccone! – scoppiò a singhiozzare, nascondendo il viso sulla spalla del ragazzo – Non ha capito niente… non ha voluto fare nemmeno uno sforzo!”
Heymans sospirò e abbracciò con delicatezza quel corpo scosso dal pianto. Si accorse di voler bene a quella ragazzina e vederla soffrire così gli dava estremamente fastidio.
“Andiamo!” le disse dopo qualche secondo, staccandola da sé e prendendola per mano.
“Dove?” chiese lei, asciugandosi le lacrime con la mano libera.
“A trovare quello zuccone del tuo ragazzo.”
“Non lo è più…”
“Sì che lo è, te lo dico io.”
Mentre trascinava la ragazza con se lungo i sentieri di campagna, il rosso iniziava a ribollire di rabbia. Possibile che Jean potesse essere così imbecille?
“Aspetta un momento!” lo bloccò Rebecca ad un certo punto.
“Cosa?” si girò a guardarla e vide che le lacrime erano sparite ed una smorfia era dipinta sul viso.
“Mi ha trattata malissimo! Mi deve come minimo chiedere scusa!”
“Lo farà, fidati.”
“E poi – proseguì lei, facendosi trascinare di malavoglia – a pensarci bene che ci guadagno a stare con uno come lui? Insomma è veramente testardo e prepotente e non è adatto per una brava ragazza come me. Io sono sicura di meritare di meglio e…”
“Sì, sì, continua pure, ma cammina, mi raccomando.” sospirò Heymans.
Aveva la netta impressione che quella fosse solo la prima di innumerevoli volte in cui avrebbe dovuto risolvere queste crisi d’amore tra il suo miglior amico e Rebecca.
Come arrivarono a casa degli Havoc, vide Jean che stava seduto sotto il grande albero del cortile, intento a sonnecchiare beatamente.
“Svegliati, zuccone!” lo chiamò Heymans facendosi avanti.
“Eh? – lui aprì gli occhi, ma subito tornò vigile come vide a chi si accompagnava – E lei che ci fa qui?”
“Tu e la tua ragazza ora risolvete!” il rosso spintonò Rebecca in avanti e Jean fece in tempo a mettersi in piedi per trovarsela contro il suo petto.
“Non c’è niente da risolvere! – esclamò lei, liberandosi da quella posizione imbarazzante – Ti ho lasciato, hai capito?”
“Solo perché sei stata più veloce: ti stavo per lasciare io.”
“Ma non per la mia festa di compleanno, mi sono spiegato? – si intromise Heymans – Jean, non fa niente se sua madre le ha proibito di venire, chiaro?”
“Come puoi dire una cosa sim…”
“La dico e basta, punto! Se proprio dovete litigare, non mettetemi in mezzo. E adesso vedete di fare pace, io torno in paese.” fece per girarsi e lasciare i due piccioncini a chiarire, quando Rebecca lo afferrò per il braccio.
“Aspetta che abbia diciotto anni e vedi come me ne vado di casa! Io e Jean ci sposeremo e finalmente mi libererò del giogo di mia madre! Ma la mia ribellione parte già da adesso!”
“Non credo che…”
“Avanti! – gli puntò il dito sulla pancia – dimmi i tuoi tramezzini preferiti.”
“Pomodoro, uova ed insalata, ma perc…”
“Ti farò avere un vassoio carico di tramezzini per il giorno del tuo compleanno! E ti preparo anche altro! Io non ci sarò, ma il mio cibo sì!”
“Io credo che tu sia fuori di testa –  ridacchiò Heymans, arruffandole la testa – e sei quella giusta per quello zuccone biondo dietro di te. Capito, Jean? Domani non osarti presentare alla festa se non sei di nuovo fidanzato con lei! Buona serata, ragazzi.”
 
Jean e Rebecca fissarono interdetti il loro amico che si allontanava senza nemmeno girarsi. Solo quando la sua figura sparì lungo il sentiero osarono guardarsi in faccia, ma dopo qualche secondo entrambi misero il broncio e si misero a fissare uno il cielo l’altra il terreno.
“E allora?” chiese Jean dopo qualche minuto, sempre a braccia conserte.
“E allora cosa? – fece lei – Mi ha trascinato qui. Io non volevo proprio venirci.”
“Molto bene, allora se vuoi puoi andare…”
“Certo.”
Rimasero ancora fermi per diversi minuti, belle statuine che attendevano che uno facesse il primo passo. Jean avrebbe voluto farlo, davvero, ma la sua testardaggine glielo impediva e lo stesso valeva per Rebecca, forte della consapevolezza di essere stata trattata male ingiustamente.
“Odio tua madre.” dichiarò Jean alla fine.
“Non si è comportata bene, lo so – ammise lei – non ho niente contro la madre di Heymans.”
“Non la vorrò mai conoscere.”
“Non sei obbligato. E tua madre? Mi odia ora che sa che la mia è fatta così?”
“No, perché dovrebbe…” lui si girò a guardarla per la prima volta.
“Chissà.”
“Heymans vuole che mi rimetta assieme a te, altrimenti non mi posso presentare alla festa.” ricordò lui dopo una decina di secondi, passandosi una mano tra i capelli con aria imbarazzata. Ora che la rabbia era sparita si sentiva incredibilmente a disagio… e stupido.
“Sarebbe un peccato – ammise lei – insomma, già non ci posso andare io, se poi non ci vai nemmeno tu…”
“Sono uno zuccone, scusami.”
“Sei uno scemo – sospirò Rebecca, ma gli permise di abbracciarla – possibile che tu… mi faccia stare così male? Mi hai fatto sentire una persona orribile!”
“Scusami, scusami… sono fatto così, Reby – disse serrandola ancora di più e sentendosi enormemente dispiaciuto – ma lo sai che ci tengo a te. Sei la mia fidanzata e mi piace stare con te, te lo giuro. E’ che ci sono cose che mi feriscono profondamente, ma so che tu non c’entri niente con tua madre.”
“Va bene ti scuso – concesse lei, passandogli le braccia attorno al collo – ma voglio un bacio.”
“Si può fare.” annuì lui, leccandosi le labbra.
“Un bacio da grandi…” lo bloccò.
A quella richiesta di andare oltre i baci a stampo a cui erano ormai abituati, Jean si irrigidì. Non aveva la minima idea di come funzionasse: sapeva che c’entrava la lingua, ma a pensarci la cosa gli faceva leggermente schifo.
Non è proprio bello se un cane ti lecca in faccia.
“Dici che possiamo farlo?”
Lei annuì con convinzione.
“Beh, con i baci non ce la caviamo male! Dai, siamo tornati assieme e sono felice: siamo decisamente più maturi e pronti a una simile cosa, ne sono certa!”
“Va bene… e… sai come si fa?”
“Secondo me ci viene naturale: noi partiamo col solito bacio.”
Con qualche perplessità Jean annuì e posò le labbra su quelle della ragazza, cercando rassicurazione in quell’infantile bacio a stampo che aveva imparato a dare decisamente bene. Dopo una decina di secondi provò ad andare oltre schiudendo le labbra e sentiva che anche lei ricambiava…
Tuttavia…
“Ma che schifo! – si staccò dopo cinque eterni secondi di quella nuova esperienza – è una cosa sbavante e umidiccia!”
“Ma che hai mangiato a merenda? La tua lingua sapeva di amaro!”
“Ho mangiato torta salata… puah! Che schifo, devo assolutamente sciacquarmi la bocca!”
Si diresse verso la pompa del cortile, tallonato da Rebecca. Si mise alla leva e le fece cenno di servirsi per prima. Poi si premurò di sputare per tre volte i suoi sorsi d’acqua prima di bere.
“Come diavolo fanno Vato ed Elisa a fare una cosa così schifosa?” chiese, passandosi un braccio per asciugarsi la bocca.
“Non lo so – rabbrividì lei – è stato così strano…”
“Senti, facciamo che restiamo ai baci normali, va bene?”
“Sì, direi proprio che va benissimo.” disse Rebecca, assumendo un’aria desolata per il fallimento della sua iniziativa.
Jean se ne accorse e cercò di rimediare.
“Bene… allora abbiamo risolto, vero? Ti va di entrare a casa e conoscere bene i miei?” propose.
“Ma questo è un passo verso il fidanzamento ufficiale – esclamò lei, illuminandosi in viso e aggrappandosi al suo braccio – certo che lo voglio, tesoruccio!”
“Non chiamarmi così davanti a mia madre, sia ben chiaro.”
 
E così, il giorno dopo, la festa di compleanno fu un vero e proprio successo.
Eccetto Rebecca, da parte di cui Riza e Jean portarono tre pacchi ricolmi di roba da mangiare, c’erano proprio tutti e l’atmosfera era felice e rilassata.
La presenza di Henry non costituì un problema per nessuno: Kain fu il primo a cercare il dialogo con lui e dopo qualche momento di iniziale imbarazzo con Roy, il secondogenito dei Breda fu ammesso a giocare assieme agli altri.
Per Heymans fu un esperienza bellissima, avrebbe sempre ricordato con estremo piacere quel primo compleanno festeggiato a casa. Ogni istante di quella festa rimase per sempre impresso nella sua memoria: i biscotti preparati da Elisa, le pacche che si scambiavano Roy e Vato, Kain ed Henry che insegnavano a Janet a giocare a biglie, Riza che aiutava Ellie a tagliare la torta, il sorriso di sua madre nell’essere circondata da tutti quegli amici.
Il momento più imbarazzante, ovviamente, fu quando Jean lo trascinò in bagno e gli raccontò della strana e schifosa riappacificazione avuta con Rebecca e anche della grande e pericolosa complicità che era sorta tra lei e sua madre.
“Quelle due mi stanno incastrando, me lo sento!”
Ma il rosso non mancò di notare la sua felicità nell’aver risolto quella prima crisi d’amore con Rebecca.
E questo era l’importante.
 
Come quella notte sua madre venne a salutarlo, dopo aver passato l’ultima ora a rimettere a posto tutte le stoviglie ed il salotto, lui stava finendo di abbottonarsi il pigiama.
“E’ forse la parte del tuo compleanno che mi sta piacendo di più.” sorrise Laura, sedendosi sopra il letto.
“Cioè?” fece lui con curiosità.
“Entrare e vederti felice e soddisfatto del tuo compleanno, senza più lacrime.”
“Non mi devi più lasciare un regalino sotto il cuscino – ammise lui, sedendosi accanto – è un bel passo in avanti, non trovi?”
“Già. Ma anche se non lo trovi la mattina dopo sotto il cuscino, un regalo te lo dovevo fare lo stesso.”
“Oh dai – arrossì – dopo questa festa? Non dovevi!”
“C’è anche lo zampino di Andrew, sappilo, dovevo farmi consigliare: diciamo che è da parte di entrambi.”
Dalla tasca del grembiule tirò fuori un piccolo pacchetto e glielo porse.
Heymans lo prese e lo scartò con emozione. La scatolina era di legno e aveva forma allungata: facendo scattare l’apertura il ragazzo trattenne il fiato.
“Cacchio, mamma, ma questa penna è fantastica…”
“Piano con le parole.”
“Scusa. E’ bellissima, sul serio. Non è come quella di Kain, è diversa.”
“Ovvio, non potevo certo regalartela uguale, no? E anche Andrew è stato d’accordissimo.”
“E’ per le cose importanti – dichiarò Heymans, ricordandosi di quanto gli aveva raccontato Kain – come quelle che ho intenzione di fare in futuro.”
“Tipo?” sorrise lei, accarezzandogli i capelli.
“Ancora non lo so – ammise lui, rigirandosi l’oggetto tra le mani – ma lo scoprirò presto e tu sarai la prima a saperlo, promesso. Per ora mi limito a risolvere i litigi tra Jean e Rebecca, ma in futuro ci sarà molto di più.”
“ Ne sono convinta! Buon compleanno, amore mio.” Laura quasi pianse nell’abbracciarlo.
“Grazie, mamma.”
  
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