Troppi
Infarti per una Notte sola.
Non
era la prima volta che mi ritrovavo a
un passo dalla morte, e vi posso assicurare che non fu nemmeno
l’ultima.
È decisamente una situazione piuttosto comune per un mago
della Casa della
Vita, ma ogni volta mi stupisco di quanto sia difficile abituarsi al
dolore.
Ogni volta è nuovo, più intenso, diverso dal
precedente. Non si ci può abituare
a qualcosa del genere.
E quando l’incantesimo scagliato da Setne mi colpì
in pieno, qualsiasi altra
futile riflessione che fino a quel momento occupasse la mia mente venne
scacciata.
Brucia.
Dolore.
Fuoco.
Sensazioni
che penetravano in ogni angolo
del mio corpo non lasciando spazio a nient’altro.
Sentii una voce familiare che chiamava il mio nome, distorta e
ovattata,
distante come se mi stessi trovando sott’acqua.
Poi dei coltelli che mi trafiggevano ancora più
violentemente il fianco, nel
punto in cui qualcuno mi stava toccando, facendomi scoprire una soglia
di
dolore ancora più spaventosa. Urlai con tutto il fiato che
avevo in gola, mio
malgrado.
Attraverso
le palpebre socchiuse
intravedevo una sagoma dai contorni confusi, a tratti ombrosa e a
tratti troppo
luminosa per poterla cogliere realmente.
Era Alex, ed era preoccupato.
Per me.
Forse avrei dovuto esserne lusingata, ma in quel momento decisamente
non era a
quello che pensavo.
“Aspetta…
ho quello che ci vuole” disse
cercando di essere rassicurante.
Guardò il mio fianco, il punto in cui
l’incantesimo aveva bruciato brutalmente
la mia pelle (e la mia giacca nuova!), poi ripescò dal suo
zaino una boccetta
piena di liquido violaceo.
Se fossi stata sicura che dischiudendo le labbra non avrei cacciato un
altro
urlo l’avrei ringraziato, o più probabilmente (e
in modo decisamente
imbarazzante) avrei iniziato a sproloquiare in preda ai deliri su quale
fosse
il prodotto per capelli che usava per averli così ricci e
luminosi e a
lamentarmi dei fastidiosi maghi morti che si ostinavano a tornare
dall’Oltretomba.
Quando il fluido toccò la mia ferita quella tornò
a bruciare.
“Ahi!
Ahi, fa male!” mi lamentai cercando di
allontanare la sua mano dal mio fianco come meglio potevo, ammaccata
com’ero.
“Come
tutte le medicine… stai calma e il
dolore passerà… insieme alla
bruciatura.”
Serrai
gli occhi e mi irrigidì, ma dopo
appena qualche attimo non potei che riconoscere che aveva ragione.
Pian piano mi rilassai, notando finalmente e con piacere che
nell’altra parte
della stanza c’era Setne che lottava decisamente arrabbiato
contro i corvi. Gli
davano filo da torcere, anche se non dubitavo che se ne sarebbe
liberato
presto.
“Cavolo…
grazie, credo che mi hai appena
salvato.” Dissi riconoscente ad Alex, cercando di non
arrossire a vederlo così
vicino.
Gli sorrisi grata, anche se un po’ confusa, e lui rispose,
felice di costatarmi
viva.
“Estrarrò
il tuo sangue dal tuo cadavere!”
ed ecco che Setne rovinava un bel momento!
Questa
capacità dei cattivi è una di quelle
che ho sempre detestato di più, oltre al fatto che sono
cattivi e che hanno la
propensione a distruggere il mondo.
Alex lo guardò e il sorriso che mi aveva rivolto
sfumò per trasformarsi in un
linea dura.
Il
mago lanciò un fulmine, ma Alex non si
fece prendere di sorpresa.
“Lo
vedremo.” Disse sicuro di sé mettendosi
in piedi e creando uno scudo magico.
Sarei volentieri rimasta sul pavimento, per quanto non fosse
esattamente definibile
come comodo, ma c’era il fantasma di un mago morto deciso a
rovinarmi la vita
che non era della mia stessa opinione, quindi mi tirai su e mi
rassegnai
all’idea di dover rendermi utile per quanto mi fosse
possibile.
“Prepariamoci,
questa volta non sarà così
facile.” Sbuffai afferrando il bastone e la bacchetta che
erano scivolate poco
lontane dal luogo della mia caduta.
“Trova
la gleipnir nel mio zaino… e usala.”
Disse Alex rivolgendosi nuovamente a me mentre intorno alla sua figura
iniziavano a formarsi rune a me incomprensibili “Io lo
trattengo.”
Annuii
per fargli capire che avevo capito.
Stavo per augurargli buona fortuna, ma prima che potessi pronunciare
una sola
parola lui si lanciò contro Setne impugnando saldamente la
spada e voltandomi
le spalle.
Feci come mi aveva detto.
Il suo zaino era a nemmeno un metro da me, ma io mi avvicinai,
portandolo con
me, nell’angolo in cui erano svenute le mie due migliori
amiche, con
l’intenzione di proteggerle se fosse partito un incantesimo
sfuggito al controllo
dei due combattenti.
Frugai nello zaino alla ricerca di gleipnir . Non sapevo nemmeno
com’era fatta,
ma dubitavo che Alex si portasse dietro più di una corda
magica.
Era pieno di ogni stravaganza che potesse essere utile in battaglia, ma
non
trovavo l’unica che in quel momento mi sarebbe potuta essere
davvero di aiuto.
Quando
aprii una delle tasche laterali,
finalmente trovai qualcosa. E, no, non si trattava della corda, ma la
mia
curiosità ebbe la meglio, come sempre.
Era
un foto.
C’era Alex.
E c’era
anche una morettina che gli
stava avvinghiata addosso.
Beh, forse avrei dovuto aspettarmelo, in fondo non potevo certo pensare
che uno
come lui se ne andasse in giro aspettando la prima quindicenne (ok,
quattordicenne, ma c’ero quasi!) che sbavava per lui anche
essendo felicemente
fidanzata.
Non fraintendete, nella mia testa stavo insultando con tutti gli
epiteti che
avevo imparato nella mia breve quanto colorita vita quella tizia, ma
non credo
sia il momento giusto per ripeterli (né tantomeno il posto
più adatto).
Così, lanciando l’ultima maledizione a quella
vacca di Hathor (non in senso
figurato, ma questa è un’altra storia) ad
Afrodite, Cupido e a chiunque fosse
la divinità dell’amore norrena, ripresi a cercare
gleipnir nello zaino magico
di Alex.
E
la trovai. Forse perché quel deficiente
del destino aveva deciso di aver già dato troppo fastidio, e
per un attimo
credetti di essermi sbagliata, ma non poteva che essere quella la
famosa corda.
Era
sottilissima, dall’aria tanto fragile
che sembrava mi si potesse spezzare fra le dita al minimo sforzo, ma se
Alex
aveva detto che poteva imprigionare anche le divinità
più forti, io gli
credevo. Di stranezze nella mia vita ne avevo viste tante, e quella non
era la
più particolare o la più incredibile.
Mi
voltai giusto in tempo per vedere il
ragazzo che cadeva a terra disarmato. Aveva gli occhi chiusi, ma non
era morto.
Non ancora, perlomeno.
La spada scivolò con un clangore metallico troppo lontano
perché potesse
recuperarla, mentre Setne gli puntava una delle sue falcette alla gola,
tanto
vicina che avevo paura che se Alex avesse deglutito l’avrebbe
trapassato, l’altra
sguainata verso di me.
Un
avviso.
“Eh,
Sadie? Siamo al capolinea. Dammi
quella corda, aiutami a fare l’incantesimo” il suo
tono accondiscendente, magnetico,
e soprattutto la lama puntata alla gola del mio amico, mi fecero
desistere
dall’essere troppo arrogante.
“Altrimenti?”
beh, sapevo cosa c’era
altrimenti, non mi piaceva e sicuramente non l’avrei voluto
prima dei miei
quindici anni (o degli ottanta) ma dovevo guadagnare tempo. E farlo
parlare era
il metodo migliore, collaudato anche nei cartoni animati.
Il
ghigno di Setne mi fece capire che, sì,
spiegarmi il suo piano malvagio lo riempiva di orgoglio.
“Altrimenti? Altrimenti potrei spingere, solo un pochino, e
far morire questo
bell’imbusto in pochi attimi.
Poi potrei uccidere le tue amiche. Sai, non ci metterei più
di due secondi. E
morirebbero sul colpo. E a quel punto, tu, che cosa potresti fare da
sola?
Leggeresti per me, alla fine, o, nella peggiore delle ipotesi, dovrei
attirare
un altro mago particolarmente potente. Come il tuo fratellino, oppure
quel bel
ragazzone, come si chiamava… Walt, si lui. Funzioneresti a
meraviglia come
ricatto, credimi” il suo detestabile sorrisetto rimaneva
lì, arrogante e
spavaldo. Aveva vinto, mio malgrado dovevo ammettere che le
possibilità di
salvezza mia o degli altri erano spaventosamente basse.
Lui
dovette aver intuito dalla mia
espressione che ero indecisa, superò il corpo riverso a
terra di Alex,
spostandolo indietro con un calcio e allungò una mano verso
di me.
“Dammi
la corda, Sadie. Puoi salvare la tua
vita e quella delle tue amiche, non sprecare così
un’opportunità” sorrideva
tranquillo.
Aveva
ragione.
Stavo
per dargliela, ammaliata.
E
poi vidi la situazione capovolgersi, per
l’ennesima volta.
Alex
si alzò con uno scatto allungando la
mano verso la spada e con il manico colpì la nuca del mago.
Dovevo ammettere
che quel ragazzo era bravo a fingersi morto.
Un
talento naturale.
E
mi accorsi che quella canaglia schifosa
di Setne stava usando i suoi poteri per influenzarmi.
E,
credetemi, nessuno può controllare Sadie
Kane e rimanere impunito, tantomeno un mago morto da strapazzo.
Legai
gleipnir come un lazo improvvisato,
roteandolo in aria come mi avevano insegnato i vecchissimi film western
in
bianco e nero che guardava mio nonno quando in televisione non
c’erano più
partite di baseball.
Il momento epico venne rovinato dal mio impigliarmi con la corda, ma
recuperai
camminando con passo deciso fino alle spalle di Setne, che aveva
ripreso il
combattimento con Alex, questa volta confuso dal colpo in testa appena
ricevuto.
Glielo
infilai per la testa e strinsi.
Mi sarebbe andato bene farlo soffocare e vederlo diventare cianotico,
ma la
corda si fasciò magicamente attorno al suo corpo,
avvolgendolo stretto ma non
fino a quel punto, e Alex sigillò il tutto con delle rune.
Ora,
se fossimo stati delle persone normali
(o, non essendo troppo schizzinosi, una maga egizia e un semidio
nordico
vagamente normali) avremmo rispedito Setne
nell’aldilà e saremmo stati felici e
contenti, finché un altro fantasma esaltato non avesse
infranto la nostra
tranquillità con la puntualità di un orologio
svizzero.
Ma,
ormai è risaputo, io non sono
esattamente normale, e credo di poter dire lo stesso di Alex.
Quindi,
con un ammirevolmente forte attacco
di sfiga cronica, mancammo di tempismo di nemmeno mezzo secondo, dando
a Setne
la possibilità di lanciare un ultimo attacco.
Magari,
se ci fosse rimasto un briciolo di
fortuna, l’avremmo deviato, o comunque schivato, creando
qualche altro danno
irreversibile alla struttura, ma rimanendo felicemente vivi e vegeti.
Ma credo
che ormai sia risaputo che non è così, vero?
Setne
lanciò un lampo dall’aria letale che
prese in pieno Alex, che cadde a terra. Non lo vidi a rallentamento,
come
succede nei film, ma troppo veloce, un susseguirsi di scene che capivo
in
ritardo: il fulmine che attraversava l’aria, che colpiva Alex
in pieno petto,
lui che cadeva.
Il
fantasma avrebbe voluto cantare
vittoria, ma non poteva, stretto fra le corde. Rideva isterico,
guardandomi
quantomeno spaventato dal pericolo che stavo velocemente per diventare.
Perché, se c’era una cosa che potevo sopportare
ancora meno di essere
controllata, era che quei dannatissimi cattivi stile fumetto desiderosi
di
controllare o distruggere il mondo, presi dalla loro mania, toccassero
chi mi
stava a cuore. E, sì, non potevo combattere con una persona,
affidare anche a
lui la salvezza mia, sua e di gran parte
dell’umanità, senza che automaticamente
mi diventasse cara.
Avanzai
velocemente verso il fantasma del
mago e mi tolsi lo sfizio di tirargli un calcio (fu mooolto
soddisfacente), poi
mi diressi verso Alex, morto o quasi, accertandomi delle sue condizioni.
Respirava.
In modo flebile e irregolare, ma la certezza che fosse ancora vivo mi
diede un
po’ di speranza.
Illusione velocemente fugata dalla vista delle sue ferite.
I vestiti bruciacchianti rivelavano velocemente la ferita profonda, la
carne
viva intrisa di sangue che riempiva l’aria di un vomitevole
odore di ferro, la
pelle tumefatta che lambiva la circonferenza storta e che si rialzava
sul punto
esatto in cui l’incantesimo aveva colpito, più
potente e più disperato del mio,
più pericoloso.
Sgorgava di sangue, e io non avevo mai avuto l’indole da
crocerossina.
Sopportavo la vista del sangue, ne avevo visto in abbondanza, ma una
ferita del
genere… probabilmente se ci fosse stata Jaz avrebbe saputo
dove mettere le
mani, ma io, che a malapena riuscivo a fare pozioni di guarigione
decenti,
avrei disastrato quel corpo più di quanto non lo fosse
già.
“Sadie
Kane, lasciati aiutare, slegami e io
guarirò il tuo amico” la voce viscida di Setne
cercava di riempire quelle
parole con quanto più potere avesse a disposizione, ma non
sortiva il minimo
effetto.
“Se
non chiudi all’istante quella boccaccia
schifosa vedrò di scoprire come si uccide un
fantasma” non mi girai, ma Setne
doveva essere giunto alla conclusione che non stavo affatto scherzando,
perché
rimase in silenzio.
Intanto
io facevo del mio meglio per
fermare l’infezione e la perdita di sangue: avevo ripescato
dallo zaino di Alex
quello stesso liquido violaceo che lui aveva utilizzato su di me un
tempo che
mi sembrava infinito prima, anche se non doveva essere passato
più di qualche
disastroso minuto, ma non sembrava fare molto effetto.
Non
abbastanza, se volevo che rimanesse
vivo.
E,
no, non avevo alternative. Doveva
rimanere vivo.
Aveva
una ragazza a casa che lo stava
aspettando, degli amici, che avrebbero sofferto la sua morte.
Mi tremavano le mani, mentre mi chiedevo cosa potessi fare, e mi
pungevano gli
occhi dalle lacrime che minacciavano di uscire, mentre passavo in
rassegna ogni
idea che mi passava per la mente e la bocciavo.
Quando
strappai la maglia ad Alex per
evitare di fargli più male del necessario, la trovai
impregnata di sangue.
Provai
a tamponare la ferita con la stoffa
appallottolata ma,anche se nel suo stato di incoscienza Alex non
sentiva nulla,
ero convinta che i miei goffi gesti non fossero affatto
d’aiuto.
Mi
sentivo così… impotente!
Mi
girai verso la mia borsa. C’era una
pozione, ne ero assolutamente certa.
Non sapevo che effetto potesse avere, ma sicuramente non mi poteva
andare
peggio di così.
O almeno speravo.
Quando tolsi in tappo, ne uscì un odore molto poco
invitante, ma speravo che
non fosse indice di una probabile esplosione se Alex l’avesse
ingerito.
Gli appoggiai la bottiglia alle labbra socchiuse, mentre la sostanza
viscosa
gli scivolava in gola.
Lo vidi deglutire debolmente, un riflesso incondizionato.
E…
non successe nulla. Per un terribile
istante pensai che non avesse fatto effetto o peggio, che avesse
completato
l’opera di Setne.
Poi
lo vidi tossire.
Dal
sollievo quasi provai l’impulso di
abbracciarlo, ma non mi sembrava proprio il caso.
Nel dubbio gli sbattei la mano ritmicamente sulla schiena, cercando di
fargli
ingoiare bene la pozione.
“Che
cos’era?” disse con voce strozzata.
“Una
pozione di guarigione egizia” risposi
imbarazzata quanto telegrafica mentre cercavo di farlo stendere. I
bordi
arrossati e gonfi della ferita tornavano velocemente alla condizione
normale e,
anche se non si cicatrizzò del tutto, prese un aspetto meno
spaventoso. Mi
sembrò di vedere che anche il colorito di Alex andasse
meglio.
Emise
un singulto soffocato mentre cercava
di rialzarsi contro le mie proteste.
“Dov’è
Setne?” domandò preoccupato cercando
di vedere oltre me.
“Non
preoccuparti, è…” mi bloccai nel bel
mezzo della frase e mi alzai velocemente e scandalizzata.
No
no no! Non dopo tutti gli sforzi che
avevamo fatto per prenderlo, non poteva!
Setne mi salutò con la mano prima di andarsene,
rigorosamente libero, con un
uomo dal sorriso furbo che fece l’occhiolino ad Alex.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
[Angolo dell’autore sclerato e dell’autrice
più normale di lui]
Allora,
vi piace il capitolo? Spero che lo visitiate in tanto,
perché all’autrice e a me farebbe molto piacere. E
spero che vi piaccia, anche,
dato che ci abbiamo messo impegno. Soprattutto lei, vero?
_Lilium_:
Già, questo capitolo mi è piaciuto e poi, come si
fa a non
adorare Alex a prima vista?
Già,
lui è un figo. Il prossimo sarà
l’ultimo capitolo, così sarete
contenti. Viva Venti del Nord!
AxXx
e _Lilium_
PS:
Recensite, mi raccomando ;)