Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran
Segui la storia  |       
Autore: madelifje    03/05/2014    2 recensioni
A dodici anni ho avuto l’idea di salire sul tetto.
Lo spettacolo da lassù è bellissimo: si vedono le ultime luci ancora accese delle case, i lampioni che illuminano le strade deserte e, alla mia destra, i campi.
Mi sdraio sul plaid cercando di trovare la stella polare. Poi controllo di avere montato l’obbiettivo giusto sulla mia Canon, metto a fuoco e scatto la foto.
Giselle diceva che un giorno Alianna Crawford sarebbe diventata qualcuno.
Oggi è il 7 settembre 2012 e sono le ventitré e quindici minuti.
Alianna Crawford è ancora la ragazza invisibile.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Nothing left to say.
 



Non lo direste mai, ma Willow è una persona mattiniera. Di solito anche io, tuttavia le medicine mi provocano una certa sonnolenza, per cui alzarsi all’alba anche in vacanza non mi sembra un’idea accettabile.
Perciò, quando il giorno dopo mi sveglio, sono completamente sola.
-Non farti strane idee –dico ad un assonnato Ed Sheeran, dopo che questi è venuto ad aprirmi. –Su MTV danno Giovani Sposi e quella puntata la so a memoria. Il wi-fi dell’albergo è lento da far schifo. Il mio stomaco reclama cibo. Devo fare la ricarica al cellulare. E Willow non c’è. Sono venuta da te semplicemente perché non ho alternative.
-Davvero? –grugnisce, stropicciandosi gli occhi.
-No.
Sorride e si fa da parte per farmi passare. Indossa una maglia deformata verde scuro, dei pantaloncini grigi e i calzini. Potrei ricattarlo a vita per questa mise.
Come previsto, la stanza di Ed Sheeran è un disastro. Ci sono vestiti e fogli sparsi ovunque, bicchieri di caffè vuoti e la televisione accesa senza audio.
Mi lascio cadere sul letto sfatto mentre lui si infila dei vestiti a casaccio, scartando solo quelli troppo stropicciati per essere indossati.
Ci incamminiamo verso lo Starbucks più vicino parlando del tempo, scommettendo sul perché quella vecchia laggiù abbia così tanta fretta e commentando la ridicola suoneria del telefono di un uomo d’affari.
-Quella era la canzone preferita di Giselle –dico di punto in bianco.
-Farò di te un uomo, di Mulan? –chiede Ed, incredulo.
-Già. Quando era piccola vedeva sempre quel film con sua nonna.
-Doveva volerle molto bene.
Annuisco. Non sai quanto. Parlava sempre male di lei, perché era sorda, testarda, impicciona e imbrogliava sempre a monopoli; ma le voleva molto bene, si vedeva. Era praticamente una madre per lei. Quando aveva iniziato a stare male, Gis la andava a trovare tutti i giorni e si precipitava da lei ogni volta che la chiamava. Su una cosa Nathan ha ragione: quando era morta sua nonna, Giselle semplicemente era crollata.
-Tutto bene?
Sbatto le palpebre e metto a fuoco un preoccupato Ed. Sorrido per rassicurarlo.
-Benissimo. Stamattina ho preso le medicine, non ti preoccupare.
Sembra più rilassato mentre mi passa un braccio intorno alle spalle, anche se so che quella non è la risposta che voleva sentire. In ogni caso Ed Sheera è sempre Ed Sheeran.
-E sarai veloce come è veloce il vento. E sarai un uomo vero senza timore.
Scoppio a ridere –E sarai potente come un vulcano attivo.
-Quell’uomo sarai, che adesso non sei tuuu –terminiamo all’unisono.
-Gran bel film, Mulan. –lo bacio delicatamente sulle labbra e quasi quasi mi dispiace essere già arrivata da Starbucks.
Quelli isolati in un paese in cui non succede mai nulla di nuovo non sono Starbucks normali. Lo dimostra la pila di giochi di società che si intravede da dietro il bancone. E quella è una cosa troppo squallida perché Ed Sheeran se la possa far scappare.
-Ho visto una scatola di Risiko.
-Per l’amor di Dio, Ed.
Ma tanto so che vincerà lui. Vince sempre lui.
 
-Voi due siete patetici. –la voce acuta risuona nel bar praticamente vuoto.
-‘Giorno anche a te, Will.
-Molto patetici.
-Almeno io evito di imitare gli ACDC quando sono sotto la doccia, soprattutto negli hotel con i muri così sottili.
-Uh, colpo basso!
-Fanculo, Ali.
-Dov’eri? –chiede Ed, che non sa dei rituali mattutini della mia amica.
Willow sposta una sedia da un tavolo vicino e ci si siede sopra, le gambe aperte e la pancia contro lo schienale in legno. Sbircia le carte che ho in mano. Questa è forse la partita a Macchiavelli peggiore della mia vita. Non chiuderò mai.
-Siete così squallidi che, quando ho chiesto alla tizia della reception che fine avessero fatto i miei amici e lei mi ha detto che eravate usciti, vi ho trovati al primo tentativo. -Non ha risposto alla domanda. Perché? Ed però non ha detto nulla... Devo essere io che sto diventando paranoica. Sì, sicuramente.
-Wow, avrai dei poteri magici. –Non voglio ridere ad una battuta del genere, eppure non posso farne a meno.
-No, sono Saw l’enigmista. Tra un po’ la polizia mi troverà, mi chiuderà in un manicomio e… oh –finalmente realizza quello che sta blaterando e tronca la frase a metà.
Quello che è successo ieri ci crolla improvvisamente addosso. Cala un silenzio imbarazzante che dura circa tre minuti, poi la bionda si schiarisce la gola.
-Ali ha qualcosa da dirci –annuncia Will.
-Davvero?
Gli altri due annuiscono. E ovviamente hanno ragione. Un po’ li capisco: non sanno niente del rullino o di Miguel. Per loro il fatto che Nathan sia tornato a Maple’s Hill è solo una buona occasione per parlargli e scoprire cosa sia veramente successo prima della morte di Giselle.
-Una settimana prima di morire Giselle mi ha dato un rullino ancora da sviluppare, di cui io mi sono completamente dimenticata fino a un paio di mesi fa.
-E l’hai portato da un fotografo? –domanda Ed.
Annuisco. Racconto delle foto, di quelle ombre terrificanti, di Miguel che viene picchiato, di Nathan e di Andrew. Alla fine cala un silenzio imbarazzante.
-Cazzo –commenta Willow.
-Questo spiega la vostra conversazione prima dell’incidente –dice Ed lentamente. –Ho sempre avuto paura di… sai, tirare fuori l’argomento.
Giusto. La telefonata. -Volevo che qualcuno ascoltasse nel caso fosse successo qualcosa a me. E deve essere anche quello che ha pensato Giselle prima di affidarmi il rullino con le foto. Voglio dire, con le macchine analogiche non puoi sapere con certezza cosa hai fotografato –spiego.
-E perché non ci hai mai detto niente?
Willow non sembra incazzata. Nemmeno delusa. La sua è una semplicissima domanda, eppure nel rispondere mi si annoda la gola.
-Io… non sono stata molto bene. –non gliela dirò mai, la verità. Non ne ho il coraggio. Da sotto il tavolo le dita calde di Ed si intrecciano alle mie. È chiaro che nessuno dei due stia più pensando alla partita. “Va tutto bene” mi dice con lo sguardo. Sorrido.
Willow si schiarisce la gola.
-Ok, ricapitolando. Sono in un locale. Miguel è un cliente di Nathan. Quella sera gli chiede più roba del solito. Molto probabilmente non ha i soldi, viene picchiato e, stando a quello che dice Nate, prende una botta in testa e muore. Nessuno dei presenti vuole finire in prigione, perciò ovviamente decidono di non dire niente a nessuno.
-Giselle invece si ribella, Nathan la droga e lei, già depressa per quello che è successo alla nonna, si suicida –termino con un filo di voce.
Per un attimo nessuno parla. Ha tutto un senso, adesso.
Ed impreca a voce alta e  -Non abbiamo nemmeno uno straccio di prova! –urla.
Willow mi guarda. Sospira, caccia una mano in tasca e appoggia sul tavolo una cartelletta.
Avevamo ragione: nell’archivio sul computer di Maple’s Hill il fascicolo di Nathan c’era ancora. Attualmente cercava di superare un problema con la droga, ma quella non era la ragione del suo primo ricovero.
-Dovete assolutamente leggere qui… -mormora Will.
Un pensiero strano inizia a formarsi nella mia mente: se Willow è andata a correre, perché portarsi dietro…?
-“I genitori dichiarano di aver ricevuto una segnalazione da parte di un’amica di Nathan.” –legge Ed. –“Sosteneva che il ragazzo fosse stato coinvolto in un tragico incidente e che avesse bisogno di aiuto”. Oh mio Dio.
 
 
 
Decidiamo di tornare a casa questa sera stessa, fanculo alla scusa dello stage di fotografia. Spiegherò tutto ai miei genitori quando questa storia sarà finita.  Durante il viaggio in macchina non parla nessuno, almeno fino a quando non veniamo sorpresi da una pioggia fortissima che ci costringe a fermarci in un motel a un’ora e mezza da casa. È un posto semi-sperduto, gestito da una coppia di anziani, che probabilmente non vedono clienti dagli anni Novanta (prostitute e clienti annessi a parte). Ci accolgono con fin troppo calore e ci vengono assegnate due camere umide e adiacenti al secondo piano.
C’è puzza i vecchio e l’idea di dormire tra quelle lenzuola è nauseante, ma sono troppo stanca per protestare e mi addormento quasi subito. Per fortuna.
 
La stanza è stretta. È troppo buio perché io riesca a vedere qualcosa, ma mi basta aprire le braccia per toccare i muri. E, con orrore, mi rendo conto che si stanno restringendo.  Urlo. Qualcuno mi sentirà. Qualcuno deve sentirmi.
Sono sull’orlo di un attacco di panico. Forse, se aspetto che i muri siano abbastanza vicini, riuscirò ad arrampicarmi. Perché dall’alto proviene una luce debolissima che decisamente non è artificiale, e se non è artificiale significa che c’è una finestra. Poi però sento quel rumore. Acqua. In una manciata di secondi mi arriva alle caviglie, poi alle ginocchia, e sale, sale, continua ininterrottamente a salire.
Aiuto! Qualcuno mi aiuti!
«È brutto, vero?»
«Gi-Giselle?» non la vedo ma so che è lei.
«Ali, adesso capisci quanto è brutto? Quando ti serve aiuto ma sei completamente sola?»
«Tu non eri affatto sola, Gis» singhiozzo.
«Certo, tu hai fatto così tanto per aiutarmi.»
Piango. E non per l’acqua che ormai mi arriva alla vita, e nemmeno per l’aria soffocante e la luce sopra di me che inizia a sparire. Piango perché so che Giselle ha ragione.
«Ti prego, aiutami. Non lasciarmi morire.»
«Altrimenti tu cosa fai?»
L’acqua raggiunge le mie spalle. Poi il mento, e i muri sono troppo vicini. Provo a nuotare, ma non ci riesco. Provo a trattenere il fiato, ma ho paura di affogare.
Sto morendo.
Cerco di chiamare ancora Giselle, ma le parole vengono soffocate dall’acqua.
 
Mi sveglio tossendo. Raggiungo il bagno giusto un attimo prima di vomitare anche l’anima. Grazie a Dio Willow non c’è.
La ceramica bianca del lavandino è piacevolmente fresca rispetto alla mia pelle bollente e sudata. C’è silenzio. Un silenzio soffocante, come i muri del mio sogno. Non voglio questo silenzio.
È notte, è buio, sto male, sto andando a fuoco, non riesco a respirare. Se chiamo aiuto non mi sentirà nessuno.
E poi, chi accidenti dovrei chiamare? Willow non c’è.
Sono le tre del mattino e Willow non c’è.
Se non fosse giovedì, probabilmente non mi preoccuperei. Ma Willow è convinta che andare a ballare il giovedì sera sia da sfigati, così non mette mai il naso fuori di casa. Lei non è esattamente un tipo da bowling o pub nascosti.
Dio, che nottata di merda.
Mi sciacquo la bocca, poi la faccia, i polsi e gli avambracci, fino a quando non riesco di nuovo a respirare regolarmente. Il rumore dell’acqua che scorre è quasi assordante in questo silenzio e non fa che ricordarmi del sogno.
Le medicine. Prendi le medicine.
Obbedisco a quella che credo sia la mia coscienza.
 
Busso forte sulla porta verde scuro per la settima volta. Se non fossimo gli unici ospiti, a quest’ora avrei già svegliato tutti.
-Chi è? –grugnisce una voce dall’interno.
-Chi vuoi che sia?
E allora si sentono dei lamenti e dei passi, poi la porta si apre e scopro che Ed Sheeran dorme con dei boxer di Superman.
-Sexy.
-La prossima volta piomberò io in camera tua nel bel mezzo della notte.
-Non mi coglierai impreparata. –Ed esce in corridoio per potermi guardare meglio. C’è odore di deodorante per ambienti e dai caloriferi proviene un fastidioso ronzio. Le luci un po’ fioche del corridoio ci donano un’aria spettrale degna di un film dell’orrore. Come si chiamava quello di Hitchcock ambientato in un hotel?
Ovviamente in giro non c’è anima viva.
-Stai bene? –chiede Ed. Devo avere un aspetto a dir poco pietoso.
-Il solito –rispondo. –Ma c’è un problema…
 
-Non può essere andata… non lo so… in discoteca?
-No. Lei non va mai a ballare di giovedì. È convinta che porti sfiga.
Ed evita di commentare le assurde fissazioni della nostra amica.
-Hai provato a chiamarla al cellulare? –e sì, ci ho provato già cinque volte, e per cinque volte ho mandato a quel paese la voce metallica della segreteria.
-Non è normale, Ed –dico infine. Uscire adesso è assolutamente da pazzi, soprattutto perché tra meno di tre ore dovrebbe sorgere il sole. Una parte di me spera di veder comparire Willow ubriaca alle sei, in modo da potermi incazzare come si deve e farle la predica. Ma in questa situazione c’è qualcosa di strano e, me lo sento, non ha niente a che fare con la discoteca.
Finiamo così per continuare la nostra partita a Macchiavelli con delle vecchie carte che Ed ha trovato nel cassetto del suo comodino. Sono conciate male, un pezzo di scotch contraddistingue l’asso di picche e non riusciamo a trovare la seconda donna di cuori da nessuna parte. Però ci accontentiamo. A nessuno dei due importa così tanto del gioco.
Non so bene a che punto della serata mi sia addormentata, ma quando riapro gli occhi sono le dieci e mezza, dalla bocca di Ed cola della saliva e Willow non mi ha ancora richiamato.
C’è qualcosa che non va.

 


Ta da da daaaan!
Siamo troppo vicini alla fine. Troppo troppo. Cavolo, non credo di potercela fare.
Ricapitolando, abbiamo degli strani viaggi mattutini di Willow, un po' di Aled (grazie Als) - che non fa mai male - e il fascicolo di Nathan. Poi, quando tutto sembrava quasi risolto, Willow sparisce. 
Il prossimo capitolo è IL capitolo. All'inizio avevo riempito otto pagine e mezza di word, poi mi sono accorta di non aver approfondito abbastanza delle parti, così ho preso l'intelligente decisione di dividerlo in due. 
Questo significa che dovrete sopportare Invisible per una settimana in più.
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!
Oggi ho creato un account di Ask.fmera ora ahaha
Se a qualcuno di voi piace Hunger Games, non è che fareste un saltino QUI? Si tratta di una one shot che ho scritto in uno dei miei momenti da persona non sana di mente e, visto che è un esperimento, mi farebbe davvero piacere un vostro parere :)
Grazie a tutte per i feedback,
Gaia ♥
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran / Vai alla pagina dell'autore: madelifje