Tra l’erba del maggese
"Quando la luna entrerà nella settima casa
e Giove si allineerà con
Marte,
sarà la pace a guidare i pianeti
e sarà l’amore a dirigere le stelle.
da Hair
Musical
Era uno dei tanti, lunghi, estivi pomeriggi
assolati. Il ronzio delle cicale sottolineava il silenzio di tutto il resto.
I braccianti
riposavano all’ombra di un grosso albero, aspettando che la calura scemasse un po’
prima di riprendere il lavoro.
Tommy, il bastardino color miele, era sdraiato
sotto la veranda in cerca di un po’ di frescura, e ogni tanto apriva gli occhi
e alzava il musetto per scacciare una mosca fastidiosa che disturbava il suo
sonnellino.
Quella era la parte della giornata che preferivo. Il mondo attorno
a me si fermava, e io potevo restarmene tranquilla ad osservare tutto ciò che
mi circondava, nascosta fra l’erba alta del campo a maggese sulla collina.
Era l’estate
dei miei sedici anni, l’estate che sarebbe rimasta nella storia come quella nella
quale migliaia di giovani si sarebbero riuniti a Woodstock per celebrare con la
musica tre giorni di pace, amore e libertà.
I cambiamenti epocali che stavano
avvenendo nel mondo mi giungevano ovattati, attutiti dalla monotonia della vita
che si svolgeva in campagna, e le poche notizie che mi giungevano delle varie
rivoluzioni fiorite che stavano abbassando ovunque barriere esistenti da sempre
mi rendevano più curiosa che mai, e desiderosa di poter far parte anch’io di
quel mondo fatto di fiori nei capelli, canzoni e begli ideali.
Tra l’erba alta
del maggese, mentre tutto attorno a me riposava, ero libera di sognare, con un
papavero tra i capelli, le braccia allargate a terra e gli occhi fissi al
cielo, guardando ogni tanto la strada che scorreva dall’altro lato della
collina, la strada che per me era simbolo di evasione, e di libertà.
I miei
sogni e il frinire delle cicale vennero distratti dal rombo di un motore,
alquanto strano per il luogo e l’ora. Mi girai sulla pancia in modo da vedere
la curva che faceva la strada, e vidi un vecchio autobus, di quelli piccoli,
rosso con dei fiori dipinti nei colori più sgargianti, che rallentava e si
fermava proprio ai piedi della mia collina.
Ne scesero due ragazze e tre
ragazzi. Lunghi capelli e pantaloni a zampa, chitarra a spalla e simbolo della
pace al collo. Con aria allegra e spensierata si misero a correre verso il mio
maggese, tra l’erba alta della mia collina, gettandosi a terra e rotolando
verso valle, ridendo felici di quella libertà che scorreva loro tra i capelli
insieme al vento.
Io strisciai un po’ più avanti per riuscire a vedere meglio i loro movimenti
senza essere vista. Inutile dire che ne ero estremamente affascinata,
ammaliata.
Dopo aver ripetuto due o tre volte quel gioco, due dei ragazzi si
avvicinarono a cercare le bocche delle ragazze che erano rimaste distese a
terra, con le guance ancora arrossate dalla corsa, mentre l’altro ragazzo,
accesa una sigaretta, aspirava ed esalava nuvolette di fumo.
Era la prima volta
che assistevo così da vicino a un vero bacio, anzi a due, e nonostante la
curiosità, il sapere di essere nascosta a guardare mi mise in imbarazzo e
rivolsi la mia attenzione al ragazzo che continuava a fumare.
Per quello che
potevo vedere dalla mia posizione era un bel ragazzo, aveva capelli ricci e
scuri, di quel riccio morbido, e lunghi sulle spalle. Era alto, e il fisico
asciutto e muscoloso non lo faceva sembrare troppo magro. Aveva un modo
attraente di tenere la sigaretta tra le mani e portarla alla bocca, e il modo
in cui tirava in dentro le guance mentre aspirava, e poi come arricciava le
labbra mentre gettava fuori il fumo, unito alla scena dei due baci che si
svolgeva poco lontano, e considerato che io sognavo da sempre di essere
baciata, mi fecero desiderare che fosse lui a baciarmi, come stava baciando la
sua sigaretta.
Non so se io avessi causato qualche rumore, o se lui si fosse
semplicemente stufato di stare là disteso, fatto sta che si alzò e sedere e si
guardò intorno. Io cercai di tirarmi indietro in modo da non farmi vedere, perché
nonostante avessi appena desiderato di essere baciata da lui, e nonostante i
miei sogni di libertà,amore e indipendenza, ero pur sempre una sedicenne che
aveva vissuto tutta la vita in un paese di campagna, e diciamola tutta, un po’ di
paura l’avevo.
Forse proprio per questo non fui abbastanza veloce a farmi
indietro, e lui mi vide.
Mi sorrise, un sorriso molto tranquillo, e si alzò per
raggiungermi.
Vedendo che io continuavo ad indietreggiare, mi disse –Aspetta,
non scappare- accompagnando le parole con un gesto della mano.
Io mi tirai
sulle ginocchia, ma rimasi ad aspettarlo. Si sedette vicino a me.
Aveva gli
occhi verdi, un verde profondo come l’acqua del lago.
Con un gesto automatico
mi sedetti anch’io vicino a lui, continuando a fissarlo in silenzio.
– Io sono
Michele, e tu?-
- E .. Emma – balbettai.
– Come sei carina, Emma – mi sorrise e
fece un ultimo tiro dalla sigaretta ormai arrivata al filtro.
Spense il mozzicone
sul terreno e con un gesto preciso lo lanciò addosso ad una delle due coppie
che continuavano a baciarsi. I due che erano stati presi di mira si girarono a
guardare verso di noi, e vedendo che il loro amico aveva trovato compagnia, ne
informarono anche l’altra coppia, che guardò anch’essa verso di noi,
lanciandoci un sorriso e riprendendo il bacio dove lo avevano lasciato, come
del resto gli altri due.
– Certe volte mi danno proprio fastidio – rise Michele
fissandomi negli occhi.
–Perché?- non potei fare a meno di chiedere.
– Perché mi
lasciano sempre solo! – aveva un modo accattivante di pronunciare le parole
– Meno
male che sono riuscito a fermarti prima che scappassi, così mi fai un po’ di
compagnia tu! –
Mi limitai a sorridergli, mentre mi chiedevo cos’avrebbe detto
nonna se avesse saputo che stavo tenendo compagnia a uno di quegli scostumati
che lei raccomandava al Signore ogni volta che in televisione si parlava degli
Hippy, i Figli dei Fiori.
– Abiti qui vicino? – continuò a chiedere Michele.
–
Si, in quella cascina laggiù.-
- E che ci facevi qui tutta sola con questo
caldo? -
- Mi piace stare qui a osservare il mondo dalla collina del maggese,
con l’erba alta che mi nasconde e il cielo solo sopra di me, mi fa sentire
libera, e protetta –
Mi sorrise, e allungò la mano sul mio viso, per spostare
una ciocca di capelli dietro il mio orecchio.
Un po’ intimorita da quel gesto
staccai gli occhi da lui e mi distesi nuovamente sull’erba, a guardare il
cielo, cercando di far calmare il mio cuore che batteva, batteva, batteva.
Anche lui si distese su un fianco, rivolto verso di me, con un gomito
puntellato a terra e la mano che gli reggeva la testa. Mi guardava, anche se io
non lo stavo guardando sentivo che mi osservava, e mentalmente speravo che ciò
che vedeva gli stesse piacendo.
Si avvicinò un po’ di più e mi prese la mano. Mi
volsi a guardarlo, e mi specchiai in quegli occhi profondi, ridenti, liberi da
limiti dettati dalle convenienze, e mi persi nel suo sguardo.
Stava per
baciarmi, sapevo che sarebbe accaduto già quando mi aveva chiesto di non
scappare, era qualcosa di inevitabile.
Le sue labbra si avvicinarono
lentamente, pericolosamente, alle mie.
Il contatto fu dolce e deciso insieme,
umido, strano. Non sapevo cosa fare, ma non mi sentivo a disagio. La sua lingua
si intrufolò piano tra le mie labbra, e io sorpresa le schiusi, e ricevetti
quella nuova presenza.
Mi piaceva, era proprio un bel bacio.
Quando si staccò
da me mi sorrise e mi ripeté – Sei proprio carina, Emma –
Si stava avvicinando
a baciarmi di nuovo, quando la voce di mia madre che mi cercava ci raggiunse.
Improvvisamente
spaventata per ciò che avevo fatto, o meglio, spaventata che mia madre
scoprisse cos’avevo fatto, mi misi a sedere e gli dissi – Devo andare, mi cercano
-
- Ok –
Non c’era bisogno di spiegazioni, per lui era tutto così semplice. Mi
aveva baciata perché ero carina, e perché ne aveva voglia, e questo gli
permetteva già di volermi bene, così senza legami.
Stavo per andare via, quando
mi trattenne per il polso. Mi tirò a sé, mi baciò di nuovo sulle labbra e prese
il papavero che avevo ancora tra i capelli.
– Ogni volta che vedrò un papavero
in un campo di grano penserò alla piccola Emma e ai suoi capelli biondi – mi disse
sorridendo.
Gli sorrisi anch’io e corsi via.
Solo prima di cena mamma mi lasciò
libera dai vari incarichi che mi aveva affidato, e così scappai verso la
collina del maggese.
Arrivata in cima vidi che il loro autobus colorato non c’era
più.
Erano ripartiti. In fondo me lo aspettavo.
Ma tra l’erba alta del maggese
è rimasto per sempre il ricordo di quel pomeriggio e del mio primo bacio, segno di pace, amore e
libertà.