between
the hungry
La Fine e l'Inizio .
«Dov’è
mio
fratello?» chiese Noah,ancora una volta,con nervosismo.
La
ragazza bionda si sedé sul divano e fece un
grande respiro «dovrò
spiegarti alcune cose,come ad esempio chi io sia...»
Puckermann
annuì vivacemente «Sì,ad
esempio» rispose con particolare enfasi.
Era
nervoso ed agitato ; glielo leggevo in viso,così come
leggevo un certo disagio su quello dell’altra ragazza. Noah
la stava mettendo
in difficoltà.
«Perché
non
ti siedi?» le domandò gentilmente la bionda.
«Non
ce n’è
bisogno» rispose l’altro secco.
La ragazza
si morse il labbro superiore e si arrotolò una ciocca di
capelli scompigliata
attorno ad un dito. Più la osservavo,e più
continuavo ad osservarla,incuriosita
dalle sue espressioni o da quello che avrebbe detto. Era
alta,più alta di
me ; forse superava il metro e settanta ed aveva un fisico snello e
slanciato. Il
viso ovale era piuttosto attraente e due occhi a mandorla di un
meraviglioso
azzurro intenso regnavano incontrastati. Il naso era lungo e stretto e
le
labbra sottili e di un rosa chiaro. Era una bella ragazza,possedeva
un’aria dolce ed ingenua,come fosse stata una bambina. Se mi
voltavo dall’altra
parte della stanza,notavo Alex,una bellezza totalmente opposta a quella
della bionda che sino a poco prima avevo osservato. Gli occhi di
Brittany erano
privi di trucco,completamente nudi,mentre quelli scuri
dell’altra erano
abbelliti da un insistente nero,che non faceva altro che darle uno
sguardo
ancora più intenso,quasi da pelle d’oca.
«E va
bene.
Come ho già detto mi chiamo Brittany».
«E
questo
già lo so» la interruppe Puckermann.
«Noah!»
lo
rimproverai,lanciandogli un’occhiataccia.
«Sì,beh…sono
un’amica di Jake,la sua coinquilina per
l’esattezza. Quando mi sono iscritta
alla Columbia per diventare una giornalista,ho avuto problemi con una
ragazza
ai dormitori. Diciamo che c’è mancato poco che ci
cacciassero per uno
spettacolo di wrestling che abbiamo fatto nel bel mezzo di una lezione.
Ho
fatto diverse richieste per cambiare stanza ; ne ho fatte talmente
tante che
speravo sarei stata accontentata per esasperazione,ma niente da fare.
Tuo
fratello ed io avevamo dei corsi in comune,ed aveva assistito a tutto.
In breve
diventammo amici : io lo accompagnavo alle sue lezioni e quando lui
poteva mi
accompagnava alle mie. Quando una delle sue coinquiline ha mollato New
York per
tornarsene nel New Jersey,mi ha subito proposto di andare a vivere
assieme al
suo gruppo. L’affitto era caro anche diviso,certo,ma i miei
non avrebbero
rischiato che fossi cacciata da un college della Ivy League per una
pazza nella
mia stessa stanza,così ho accettato. Poco tempo fa mi ha
confessato di aver
scoperto di avere un fratello : stesso padre,ma madre diversa. Ci
è stato male
per un po’,soprattutto perché la madre
gliel’ha tenuto nascosto per tutti
questi anni,ma poi si è deciso a cercarlo ed ha scoperto che
si trovava in
carcere. Non sapeva che aspetto avesse,non era certo
dell’età,ma era deciso a
riallacciare i rapporti e così gli ha spedito una lettera in
prigione. Gli
aveva scritto tutta la sua storia,anche di quando da bambino chiedeva a
sua
madre un fratellino che gli facesse compagnia,e finiva dicendogli che
lo
avrebbe aspettato a New York in questo appartamento,per un incontro. I
giorni
passarono,ma alla sua lettera non ci fu mai risposta,né vide
mai il fratello
che tanto aspettava. Ci era stato male di nuovo,ma poi se
n’era fatto una
ragione ed era andato avanti,dimenticandosi di lui.» la
ragazza fece una pausa
ed inspirò,spostando gli occhi verso il pavimento
«Quando pochi giorni fa è
scoppiata la fine del mondo,io ero a casa con un brutto
raffreddore,sotto le
coperte. Jake si è alzato,mi ha portato un thé
caldo e … e poi è andato a
lezione,senza fare più ritorno».
La ragazza
si portò entrambe le mani sul viso,sconvolta,e rimase in
silenzio,meditando
sulla perdita di cui forse ancora non aveva totale coscienza.
«Ignorarlo
è
stato lo sbaglio più grande che io abbia mai
fatto…» disse Noah singhiozzando e
passandosi le dita sugli occhi rossi «credevo che non avrebbe
mai voluto
conoscere un tale incapace,un carcerato. E poi ero così
arrabbiato con mio
padre,con mia madre…con tutti!Quando a Lima quelle cose sono
iniziate a
sbucare,facendo una strage,mi sono promesso che se proprio sarei dovuto
morire,prima avrei dovuto conoscere il ragazzo della lettera,mio
fratello.
Avrei voluto parlare con lui di quanto stronzo sia stato nostro
padre,o…o di
ragazze carine,e magari saremmo andati a fare un giro in qualche posto
fico di
New York. Ma avevo troppa paura,ero terrorizzato dall’idea di
trovarmi faccia a
faccia con lui,e così ho deciso di lasciar perdere.
C’ho pensato troppo tardi…»
disse sconsolato,passandosi il polso prima su un occhio e poi
sull’altro «e
adesso è tutto finito».
La ragazza
alzò gli occhi,incrociò quelli rossi di Noah,e
poi gli prese una mano e
sussurrò un semplice «mi dispiace».
Tutti
guardavamo quel ragazzo che non faceva altro che scuotere la testa e
camminare
avanti ed indietro,continuando a piangere,o tenendosi la testa tra le
mani. Era
sconvolto e dovevo fare qualcosa. Ancora non riuscivo a credere a tutto
quel
che avevo sentito,non l’avevo ancora metabolizzato. Noah ci
aveva tenuto
all’oscuro di tutto e i miei sospetti erano stati fondati.
Non capivo perché
avessi la pretesa di conoscere quel ragazzo così bene come
credevo : ci eravamo
rivisti tre giorni prima dopo un anno e al liceo non eravamo mai stati
migliori
amici. Continuava a confermarsi un mio pensiero : quei tre giorni erano
stati
un’altra vita,una vita nuova che aveva spazzato come un
uragano tutto quello
che l’aveva preceduta. Noah faceva parte di quella nuova
vita,e per questo
sentivo la necessità di conoscerlo tanto bene quanto
conoscevo mio fratello.
Mi alzai
dalla sedia e lo raggiunsi con passo svelto e deciso,poi gli posai una
mano
sulla spalla,e fermai quel suo movimento irrazionale.
«Puckermann,guardami.»
gli dissi seria «Jake era senz’alcun dubbio un
bravo ragazzo,e tu saresti stato
un bravo fratello. Sei arrivato fin qui nel bel mezzo di una catastrofe
soltanto per lui,e questo dimostra che cuore hai. Mai guardati
attorno» feci
una pausa,aspettando che obbedisse «questa stanza
è piena di persone,di
sopravvissuti come noi che…»
«E’
stato
tutto inutile» biascicò con un filo di voce
«ho perso tutto. Tutto».
Sospirai,cercando
di restare concentrata su di lui,ma quelle parole facevano male anche a
me e
diverse ferite si riaprivano,bruciando vivacemente.
«E’
vero,hai
perso tanto,ma come tutti noi. Hai ancora qualcosa per cui continuare a
respirare. Hai me,hai te stesso,hai la speranza che un giorno questo
mondo
possa tornare come l’abbiamo vissuto sino a poco
fa».
Lui scosse
la testa,mentre un respiro strozzato lo scuoteva «mia madre
è morta a causa di
questo viaggio. E’ soltanto colpa mia. Se fossi rimasto a
Lima,lei…»
«No!»
lo
interruppi «se fossimo rimasti a Lima,a quest’ora
saremmo tutti morti.
Tutti!Hai capito?E non avremmo trovato queste persone. Raggiungere New
York è
stata la cosa giusta da fare,e in fondo lo sai!»
Non rispose
più. Andò in cucina con lo sguardo basso,prese
una bottiglia d’acqua,e poi
sparì in una camera da letto,richiudendosi la porta alle
spalle.
«Non
so se
siamo degli ospiti graditi qui dentro,ma magari…»
esordii verso la ragazza
bionda che mi guardava con gli occhi tristi.
«Restate
quanto ne avete bisogno!» m’interruppe lei
immediatamente «Fate come se foste a
casa vostra. Immagino che avrete fame o sete,che avrete voglia di farvi
una
doccia. Non dev’essere stato un viaggio facile e sarete
sconvolti.
Davvero,mettetevi a vostro agio. Ho passato tre giorni infernali ed
aver
trovato delle persone con cui poter parlare,mi sembra ancora
incredibile».
«Grazie»
risposi con un sorriso dolce.
La ragazza
ci condusse in cucina e preparò quattro toast,con
delle uova
strapazzate. Tutti noi divorammo all’istante quel cibo,senza
preoccuparci delle
buone maniere,e quando avemmo finito,ci preparò delle pizze
prese dal
congelatore. Non mi sembrava vero che il mio stomaco si fosse azzittito
per un
momento. Le nostre provviste erano andate a farsi benedire con la
macchina all’entrata
dell’Holland Tunnel,ma erano fatte principalmente da
scatolame. Mangiare
uova,aveva riattivato il mio appetito nell’immediato,e
riattivato il senso del
gusto che pensavo avesse smesso di esistere per via della sua
inutilità.
«Siete
fortunati» disse la ragazza,osservandoci «prima di
tutto questo casino avevamo
fatto una bella spesa. In quattro si mangia bene» concluse
con una debole
risata.
Risposi a
quel suono dolce con un sorriso fatto a bocca piena,e lei in tutta
risposta
tornò a ridere più vivacemente di prima.
«Sei
una ragazza
molto gentile. Io e mia sorella ti siamo grati per
l’ospitalità,davvero» affermò
Steven,con quel suo tono serio.
«Ma
figurati. Di dove siete?» chiese lei,mettendosi a sedere
affianco a Lucas.
«Io,mio
fratello e Noah veniamo da Lima. Ohio» spiegai subito dopo.
La ragazza
sgranò gli occhi «dall’Ohio?!Ma quanta
strada avete fatto?!»
Annuii,smettendo
di ingurgitare una fetta di pizza «parecchia,direi».
«E
voi?Non
siete tutti un gruppo?» domandò ad Alex e Steven.
«No,no.
Ci
siamo beccati per strada. Io e Steve stavamo andando via e abbiamo
visto un
ammasso di affamati addosso ad un
ristorante,e così ci siamo detti che dovessero esserci dei
sopravvissuti lì
dentro. Gli abbiamo dato una mano,era giusto farlo.» disse
Alex,osservando me e
mio fratello «Noi due siamo newyorkesi,ma in
realtà siamo arrivati fin qui da
città del Messico».
Spalancai la
bocca così tanto,che mi fece male la mandibola. Brittany si
portò una mano
sulla fronte e mimò un “o mio Dio”.
«Messico?»
chiesi sbalordita.
«Sì»
rispose
il fratello «è una storia un tantino complicata,ma
cercherò di farvela breve.
Io e mia sorella eravamo lì in
“vacanza”,diciamo,e saremmo rimasti lì
se nostra
madre non avesse “preteso” la nostra presenza per
parlarci. Così quattro giorni
fa ci siamo messi in viaggio,in auto. Mia sorella ha la fobia degli
aerei»
spiegò calmo,subito dopo «ma mentre eravamo in
viaggio,nelle città stava
scoppiando un putiferio. Nemmeno ricordo quanti incidenti stradali
terrificanti
abbiamo incontrato,o quanti affamati abbiamo visto divorare intere
famiglie,ma la
situazione non faceva altro che motivarci a raggiungere New York il
prima
possibile. Così arriviamo qui,affrontiamo altri duemila
casini,e andiamo
nell’attico dei signori Monroe,ma non
c’è un’anima. Rigiriamo,decisi ad
andarcene il prima possibile da questo schifo di città,e per
la strada vediamo
questo ammasso di affamati schiacciati contro la vetrata di un
edificio,con voi
dentro. E poi…il resto della storia la conoscete».
Ancora a
bocca aperta,mi limitai ad annuire e ritornai a mangiare la mia pizza.
Erano
forse dei supereroi quei due?Incredibile…incredibile.
«E
dove
andrete una volta lasciata New York?» domandò
Brittany.
«Ancora
non
lo sappiamo» rispose Alex «ma cercheremo un posto
il più lontano possibile
dalla città. Più abitanti = più
affamati».
Aveva senso.
«E
voi?Avete
una qualche idea di dove vi sposterete?» chiese poi la
ragazza a me.
Scossi la
testa,di nuovo con la bocca piena «dovremmo rifletterci su,ma
adesso siamo
stremati e…beh,Noah è sconvolto».
Lei
annuii,ma dalla sua espressione intuii che ci fosse altro che volesse
dire o
chiedere.
«E tu
te ne
starai qui,tutta sola?Non è per niente sicuro…il
cibo prima o poi finirà,questo
lo sai,vero?» chiesi sinceramente interessata alla risposta.
Lei
sospirò,chiudendo gli occhi «lo so,lo so. Ho forse
altra scelta?Non ho più
nessuno…»
Mi morsi un
labbro. Quella ragazza mi faceva tanta tenerezza. Scossi un
po’ la testa e poi
dissi «verrai con noi. Ti va?»
I suoi occhi
si illuminarono all'istante «se non è un
problema,mi farebbe davvero piacere».
«Nessun
problema» risposi sorridendo.
Lucas mi
mimò con le labbra il nome di “Noah”,e
il mio improvviso entusiasmo si spense.
Già,dovevamo ancora farlo presente a Puckermann. Alex
sussurrò qualcosa
all’orecchio del fratello,poi i due si alzarono e
cominciarono a parlottare a
bassa voce in un angoletto.
«Dobbiamo
dirlo a Noah,ma sono certa che non ci sarà alcun
problema» aggiunsi,tornando a
sorridere cordiale.
Lei annuii e
ricambiò il sorriso con un altro ancora più
gentile del mio. Nel frattempo la
ragazza dai capelli neri e la pelle diafana si riavvicinò al
tavolo,si morse un
labbro,sempre guardandoci,e poi venne raggiunta dal fratello.
«Possiamo
unirci tutti. Fare un gruppo» affermò secco il
ragazzo «possiamo studiare un
posto dove andare,e stare lì fino a che qualcosa non cambi.
Saremo sei persone
e insieme potremmo sopravvivere,organizzarci,trovare un modo
per riuscire in tutto
questo. Io sono un ex marine, potrei addestrarvi a sparare,a difendervi
da
quelle cose…insomma,in situazioni come queste serve un aiuto
reciproco,non
siete d’accordo?» chiese infine,guardandoci
speranzoso.
Il mio primo
sguardo corse a Lucas,che con lo stupore stampato sul viso,mi guardava
aspettando che rispondessi a quell’invito. Dovevamo
accettare?Era la cosa
giusta da fare?Diedi un altro occhiata ai due fratelli,e mi venne
naturale
rispondermi con un “sì”.
“L’unione fa la forza”,e in quella
situazione,ne
serviva davvero tanta. Pur essendo favorevole a quella proposta,avrei
dovuto parlare con Noah. In un certo senso era lui che gestiva il
nostro
piccolo gruppo,era una sorta di “caposquadra”.
Annuii
pensierosa,con un mezzo sorriso «ci sto. Devo parlarne con
Puckermann,ma credo
sia un’ottima idea. Insieme possiamo farcela»
affermai poi,sicura.
Guardai
Brittany che giocava con una ciocca di capelli,poi mio fratello che
invece mi
osservava pensieroso,poi il ragazzo nerboruto che con le mani
appoggiate al
tavolo ci guardava felice,e infine la ragazza dai capelli scuri che
già
sorrideva radiosa. Mancava Noah,ma sì,eravamo un gruppo.
Avrei imparato presto
a conoscere quelle facce,a svegliarmi con le loro chiacchere o a stare
di
guardia in compagnia di qualcuno di loro. Avevamo bisogno di
sopravvivere,avevamo bisogno di non sentirci soli,in un mondo ormai
pieno di
creature che si cibavano di quella stessa solitudine.
«Allora
è
fatta!» esclamò Steven euforico «Anche
in mezzo agli affamati,riusciremo a
vivere. A vivere,e ad essere vivi».
Un grosso sorriso mi schiuse le labbra con naturalezza. Ogni volta che li guardavo,mi sentivo un po’ meno sola,un po’ meno sofferente. Perché l’uomo, per quanto se ne illuda , non è in grado di restare solo. Non può camminare da eremita nella nebbia senza rischiare di perdersi. Semplicemente non può. Nasciamo soli e moriamo soli , ma nel mezzo?
Lettori , eccoci alla fine di un altro capitolo. Allora , che ne pensate? Come il titolo suggerisce , questo capitolo porta alla fine di qualcosa , ma anche all'inizio di qualcos'altro. Il viaggio a New York che Noah aveva intrapreso con la speranza di raggiungere il fratello mai conosciuto , non si è concluso come era stato immaginato. In questo caso , la fine fa riferimento alle speranze del povero Noah che nel giro di poche ore ha perso le ultime persone che gli erano rimaste al mondo, e l' inizio invece... beh , secondo voi?
Niente va mai come pensiamo o vorremmo , e questo è un dato di fatto.Sembra che presto conosceremo meglio i due nuovi personaggi , e sono certa che sarete felici di sapere che nei prossimi capitoli avremo uno "scenario" un po' diverso. Basta caos , viaggi estremi in città pieni di pericolosi affamati o folli fughe a dir poco impossibili ; la situazione si stabilizzerà , e , senza svelarvi troppo , questa farà in modo che la psicologia e i rapporti interpersonali tra i personaggi si facciano interessanti (spero). Tenete bene a mente , però , che durante l'apocalisse non esiste la noia , e non si è mai realmente lontani dalla morte . Detto questo , non mi resta che concludere con la solita frase : " alla prossima" ! . Mi raccomando , recensite recensite e recensite!Non aspetto altro che leggere le vostre considerazioni.
Un saluto da writinglove.