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Autore: cheekbones    05/05/2014    7 recensioni
"Bene, un altro giorno alla base di San Francisco dell'FBI. Cosa ci toccherà stamattina?" cantilenò Stiles, simulando un tono allegro da manuale.
"Rapimento, Stilinski" Stiles sobbalzò sulla sedia e si voltò verso l'ingresso dell'open space, così come gli altri tre.
Un giovane uomo in giacca e cravatta, capelli scuri, occhi verdi straordinariamente familiari, stava ritto in piedi con un'espressione infastidita. Aveva con sè un borsone e uno scatolone, mentre analizzava le quattro scrivanie, l'una di fronte all'altra. Si soffermò su quella vuota e la raggiunse a passo di marcia. Poggiò per terra le sue cose e si sedette. Non spostò il bicchiere di caffè, ma Stiles notò che l'aveva visto ancora prima di muoversi.
"Scusi, quella scrivania non è disponibile" Lydia stava per alzarsi, furente.
"Credo proprio che sia la mia, invece. Agente speciale Derek Hale. Sono il vostro nuovo capo"
-
[Sterek!AU]
Genere: Drammatico, Fluff, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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IL CANTO DEL CIGNO





3. We (maybe) are a team


"E' rimasto" Scott tirò su col naso e si voltò verso Lydia. "E' rimasto qui. Intendeva lavorare sul caso tutta la notte, da solo"
"Sbaglio o sento ammirazione in quel tono?" la donna nascose un sorriso dietro allo schermo del computer. 
"Non sbagli" Scott la guardò male. "Non è da tutti, no?"
Lydia non rispose, ma continuò a tenere alto il suo sorriso enigmatico. Improvvisamente si alzò e prese il suo cappotto. "Esco per qualche minuto. Se tornano prima i nostri eroi con le pizze, dì che sono corsa a comprare assorbenti di emergenza. Intesi?"
Non si preoccupò della risposta - Scott e Stiles l'avevano sempre coperta, anche senza fare domande. Indossato il cappotto firmato, Lydia prese l'ascensore e prese un respiro profondo, solo quando le porte si chiusero davanti a lei. Era importante mantenersi fredda e salda nella sua posizione, perchè lavorava in un branco di lupi. Ci aveva messo un po' ad abituarsi al gioco di squadra, visto che aveva lavorato sempre da sola nel suo ufficio. Lydia Martin era una solista, la sua voce non era mai stata coperta dal coro, nemmeno per una volta e il Bureau era quanto di più lontano aveva mai sperimentato in vita sua.
Lasciare la CIA, a differenza di quanto pensavano i suoi colleghi, non era stato semplice: ci lavorava da anni, era ancora al college quando era stata reclutata, e lì aveva conosciuto Jackson. Il ricordo faceva ancora male e Lydia si lasciò distrarre dall'interfono dell'ascensore, che la avvisò di essere al piano terra. Salutò velocemente le guardie all'ingresso e uscì dall'edificio.
Jackson era morto e lei non aveva più alcun interesse a rimanere nell'agenzia che l'aveva ucciso.
Tre isolati le erano sembrati abbastanza, così si sedette su una panchina di un anonimo parco cittadino e aspettò il suo contatto. Era arrabbiata a morte con la CIA, ma non era così stupida da aver completamente tagliato i ponti con chi ci lavorava.
L'ora di cena, passata da un bel pezzo, rendeva quel parco tristemente vuoto e Lydia si ritrovò a tremare per il freddo e a contare i minuti col tacco degli stivali. Ad un certo punto, una donna le si sedette accanto.
"Che ore sono, scusi?"
"Le tre e un quarto" Lydia arricciò le labbra, trattenendo una risata. Anche l'altra non resistette e si gettò su di lei per stringerla forte.
"Allison!" le si inumidirono gli occhi. Allison Argent era l'unica che l'aveva vista davvero piangere, in tutta la sua vita, dopo la morte di Jackson.
"Come sta la mia donna preferita?"
"Mi sto federalizzando" ridacchiò. "E tu che mi racconti? Aspettavo una tua mail"
Allison sorrise e si sistemò un ciuffo di capelli ribelle dietro l'orecchio. "Ero in Serbia. Non posso dirti perchè"
"So già perchè" sbuffò ridendo Lydia. "Cosa credi? Rimango l'analista migliore. Insomma, hai quello che ti ho chiesto?"
Allison annuì e si guardò in giro titubante. "Posso chiederti perchè Derek Hale?"
"E' il mio nuovo capo" si schiarì la gola. "Hai qualcosa?"
"Sì, anche se non ho potuto prelevare il fascicolo. Derek Hale è un ex Navy Seal*. Ha anche lavorato per noi. E' entrato nei federali dopo una missione quasi suicida in Iraq, dove ha riportato una grave ferita all'addome. Ma c'è una cosa interessante, nella sua biografia: qualcuno gli ha fatto saltare in aria l'intera famiglia, tranne Peter Hale, suo zio, e Cora Hale, sua sorella. Attualmente insegnante di arti marziali a Philadelphia"
"Aspetta, che hai detto? Gli hanno fatto saltare in aria cosa?" si voltò di scatto.
"L'intera famiglia, Lydia" sospirò. "Ufficialmente non è mai stato trovato il colpevole. Ufficiosamente, la CIA incolpa Katarina Mertova"
"Kate?" domandò silenziosamente l'altra. "La killer professionista?"
Allison annuì. "Pare che sia stato Derek Hale a sbatterla in prigione, grazie ad una missione sotto copertura durata circa quattordici mesi. Ma sappiamo bene che Kate ne sa una più del diavolo. Ha mandato i suoi uomini e distrutto tutto ciò che Derek amava... se ci pensi, perfettamente nel suo stile. Non sono mai state trovate le prove, ovviamente"
"Cazzo" Lydia frugò nella borsa e si accese velocemente una sigaretta. Ignorò volutamente lo sguardo di disapprovazione di Allison. "Agente Argent, lavoro con due drogati di caffè e fumo. Devo pur sopravvivere in qualche modo. Sai dirmi altro?"
"No. Solo che è stato premiato con una medaglia, dopo l'Iraq. E' un eroe di guerra e ha delle ferite molto profonde. Non fisicamente, intendo"
"Ne abbiamo tutti" mormorò Lydia, osservando la sigaretta accesa.
"A proposito" Allison le poggiò una mano sul ginocchio. "Parlami, Rossa. Come stai? Davvero, intendo"
Fece spallucce. "Bene. Io... la morte di Dunn mi ha colta impreparata" deglutì. "Non pensavo che dopo Jackson mi sarebbe importato di qualcun altro, ma di loro mi importa. Sono come una famiglia adottiva - non dirlo in giro" ridacchiò. "Non ci farei una bella figura"
"Sono contenta che ti trovi bene" le tirò una gomitata. "Però mi sei mancata in Serbia! Nessuno sa fare la prostituta come te"
"Doveva essere un complimento?!"
Scoppiarono a ridere, come se non si fossero mai lasciate. "Ehi, Argent. Che ne dici di venire ad una festa, lunedì prossimo?"

-

"Quindi..."
"Stilinski"
"Niente conversazione? Niente?"
"No"
"Proprio zero?"
"Stilinski"
"Ci viene alla festa di Lydia per la nuova casa? E' lunedì prossimo. Sono sicuro che è stato invitato, anche se farà finta di non aver ricevuto l'invito. L'agente Martin mi ha detto di ricordarglielo almeno due volte al giorno. In realtà mi ha minacciato. Ha delle mie foto compromettenti"
"Stilinski"
"Capo, ha un cane? No perchè sa ringhiare proprio..."
"Stilinski"
"Scusi, Capo. Mi tappo la bocca, Capo"
Derek accennò un sorriso. Stiles Stilinski lo divertiva e si sentiva estremamente protettivo anche verso il resto della squadra. Forse, pensò, era un meccanismo mentale umano: un minimo errore e tre vite gli sarebbero ricadute sulla coscienza (come se ne avesse poche, da contare). E, a dirla tutta, quei tre non erano proprio malaccio, ne aveva sentite di peggiori. Gli davano ascolto e non facevano troppo di testa loro. Questo tipo di sentimento l'aveva sepolto da tempo e lo rispolverava solo nelle riunioni di famiglia con Cora, la sua piccola sorellina pestifera - poco importava che fosse una cintura nera in almeno tre discipline di combattimento. Ci avevano messo un po', ma l'aria in ufficio era molto più rilassata.
"Capo?" si voltò verso di lui e quasi lo beccò ad osservarlo.
"Cosa c'è?"
"Devo dirle una cosa. Io penso di aver quasi crackato il suo file per scoprire qualcosa in più sul suo conto. Non l'ho fatto, ma avrei potuto. Mi dispiace"
Derek alzò un sopracciglio, stupito. "Avresti potuto?"
"Sono bravo in queste cose" ridacchiò Stiles. "Sa, se si cresce con un padre sceriffo e una vita sociale al liceo pari a zero, qualcosa si deve pur fare. Ero un recluso di prima categoria e i ragazzi manco mi guardavano. Ci può mai credere?" si sistemò la cravatta. "Che si sono persi. E perse. Non ero proprio gay, allora"
Stiles Stilinski era furbo, riflettè Derek. Era riuscito a dirgli di quel piccolo particolare come se niente fosse, buttandola lì senza pensarci. Ma ci aveva pensato bene: da quanto voleva dirglielo?
"Hai avuto fortuna, almeno con le ragazze?" abbozzò un sorriso.
"Uhm, non esattamente, no" rise. "Ero troppo... nerd e strano per avere una vita sessuale decente. Ma mi sono rifatto al college" arrossì, dopo qualche secondo. "Cioè non... Capo, può dimenticare l'ultima parte del mio discorso. Non sto dicendo che sono diventato una specie di battona. E' che, una volta presa la strada dell'accademia, mi sono venuti i muscoli e questo corpo da favola che può attualmente ammirare. La pistola e le manette nemmeno guastano e... ommioddio, devo davvero stare zitto"
Derek stava ridacchiando senza ritegno, mentre Stiles diventava di un potente color porpora.
"Sa che ha un bel sorriso, Capo? Perchè sorride poco? ... Ahia. Non è illegale sbattermi la testa sul cruscotto?"
Derek gli lanciò un'occhiata in tralice, ordinandogli di scendere dall'auto per andare a parlare con Bethany Stuart. Era bravo, con gli interrogatori, forse anche più di lui; in quel caso, si trattava di una ragazzina che aveva saputo del suo fidanzato morto. Non ci voleva una cima per capire che ci voleva tatto e pazienza - non esattamente due delle caratteristiche di Derek Hale. Stiles era semplicemente perfetto, con quell'aria gentile e gli occhioni buoni.
E, Dio, se ne era consapevole.
Negli ultimi giorni, Derek si era ritrovato ad osservarlo, visto che era l'unico della squadra che ancora non aveva inquadrato bene. Stiles Stilinski era un agente preciso, non frettoloso come la sua parlatina, ma analitico e riflessivo. E rispondeva agli sguardi di Derek, a volte con un sorriso, altre con una buffa imitazione della sua espressione corrucciata.
Bethany Stuart l'avrebbe adorato. Sicuro.

Così fu. Bethany, dopo cinque minuti, si era lanciata addosso a Stiles in lacrime.
"Amavo Rami. Lo amavo, capisce? Come hanno potuto, come!"
Derek alzò un sopracciglio, mentre Stiles gli faceva segno di smetterla, perchè era irrispettoso. Lui alzò gli occhi al cielo e decise che avrebbe accettato la tazza di thè offerta dalla signora Stuart. Lasciò gli altri due nella stanza della ragazza, ancora in lacrime, e si avviò verso la cucina.
"Oh, agente Hale" lo salutò la donna, mentre versava la bevanda in due tazze. "Zucchero?"
"Senza, grazie" afferrò la tazza che gli veniva offerta. "Signora, cosa ne pensava della relazione di sua figlia con Rami?"
"Bè, non ero proprio al settimo cielo" fece spallucce. "Preferivo che mia figlia stesse con un giocatore di football, o qualcosa del genere. Non il figlio dell'ambasciatore pakistano. A quanto pare avevo ragione, chissà in cosa sono immischiati"
"Non abbiamo ancora accertato nulla, signora Stuart. Per quanto mi riguarda, potrebbe essere stata la gang di un quartiere qualsiasi di bianchi" la redarguì Derek.
"Sappiamo tutti e due che è difficile" La donna fece una risatina e prese un sorso di thè.
"Io so qualcosa, signora, perchè sono un agente. Le lasci fare a me certe supposizioni"
Joan Stuart spalancò la bocca, irritata dal comportamento dal federale, ma venne interrotta da Stiles che entrò in cucina seguito da Bethany.
"Capo, mi ha chiamato Scott. Ci sono delle novità, sarebbe meglio tornare in ufficio"
I due agenti uscirono da casa Stuart velocemente e con dei saluti di circostanza. Derek sapeva che Stiles aveva qualcosa da dirgli, perchè se Scott avesse avuto delle nuove informazioni avrebbe chiamato lui (o no? Non ne poteva essere sicuro); dal canto suo, Stiles era entrato in auto in un silenzio preoccupante.
"Mi è piaciuto. Quello che ha detto alla signora Stuart" cominciò.
Derek lo ignorò. "Che hai scoperto?" 
"Beh, una cosa decisamente strana" si grattò la nuca. "Mentre chiacchieravamo, Bethany mi ha chiesto perchè i rapitori gli avrebbero dovuto togliere il microchip"
"Cosa?" grugnì. "Che microchip? Perchè non ne so niente?"
"La ragazza mi ha spiegato che molti genitori della loro scuola, quelli ricchi sfondati, fanno impientare dei micro-GPS nei loro figli. A loro insaputa - lei sospetta di averlo dopo un'operazione dal dentista, ma non penso sia importante. Rami aveva scoperto che suo padre lo controllava e aveva... " ridacchiò. "... ingoiato letteralmente il GPS per protesta"
"Ecco perchè l'hanno sventrato, non era un corriere dei cartelli di droga" riflettè Derek. "Non volevano che suo padre lo trovasse"
"Sì, ma perchè ucciderlo e lasciarlo sulle scale? Se posso fare un'ipotesi, capo, a me sembra uno schiaffo morale. 'Noi ti uccidiamo il ragazzo, lo apriamo in due come un pesce per farti vedere che non hai tutto sotto controllo e te lo lasciamo sulla porta'. Di cattivo gusto, ma deve ammettere che è molto efficace"
"Sai dirmi anche chi può essere stato, Stilinski?"
"E' l'ambasciata pakistatana, capo. Avranno nemici in abbondanza"
Il ragionamento di Stiles filava, pensò: certo, non rispondeva all'eterna domanda del colpevole. Qualcuno aveva voluto punire l'ambasciatore? Improvvisamente, Derek premette il piede sull'acceleratore, facendo balzare Stiles in avanti. "Oh, oh! Che diavolo?"
"Se l'ambasciatore aveva impiantato un GPS nel figlio, vuol dire che aveva un dispositivo per trovarlo" si voltò verso il suo agente. "Tu che sei bravo in queste cose, Stilinski, è possibile, anche se il GPS è stato distrutto, tracciare il percorso fatt in precedenza?"
"Beh. Ci sono tante variabili che..." Derek lo guardò male e Stiles alzò gli occhi al cielo. "Okay, sì. Si può fare"
"Chiama Scott. Digli di prendere Lydia e andare all'ambasciata pakistana per interrogare i genitori di Rami e prendere i dati che ci servono"

-

Stiles Stilinski non era un dormiglione, non lo era stato nemmeno durante gli anni della sua adolescenza. Era sempre stato un ragazzo iperattivo e aveva sviluppato questa strana teoria che, di notte, invece di dormire, poteva fare tante altre cose utili. Come leggere o guardare una nuova seria tv.
Da quando era entrato in accademia, però, Stiles si era reso conto che quelle quattro o cinque ore di sonno avrebbero potuto anche salvargli la vita - negli ultimi due anni erano diventate minimo sette ore di sonno, il che significava che stava abbondantemente riscuotendo le sue notti adolescenziali. Derek Hale lo trovò così addormentato in un angolo del laboratorio di Isaac Lahey, rannicchiato in una coperta rossa. Lo stesso Isaac dormiva con la guancia poggiata alla scrivania, sbavando copiosamente sulla tastiera del computer.
Derek abbozzò un sorriso e decise che poteva anche lasciar dormire Lahey. In fondo, era il sistema federale che doveva fare tutto il lavoro. Ma Stilinski!, Stilinski doveva proprio svegliarsi. Non poteva dormire, non con McCall e Martin che lavoravano ancora alle loro scrivanie.
"Stilinski" gli toccò la testa con un dito, come un bambino. "Stiles" stavolta gli strinse una spalla.
L'agente si svegliò di soprassalto e quasi cadde con la fronte per terra, prima che Derek lo afferrasse per tirarlo su con poco sforzo; gli indicò Isaac e, poggiando il dito sulle labbra, lo invitò al silenzio. Stiles annuì e si massaggiò gli occhi, scatenando nel suo capo una pericolosa ondata di dolcezza.
"Sono sveglio, sono sveglio" cantilenò Stiles in ascensore, mentre piegava la coperta. "Sono sveglio, sono sveglio"
"Quando hai dormito, negli ultimi due giorni?"
"Non lo so. Forse... cinque o sei ore"
Derek strizzò gli occhi e lo guardò in malo modo. "Non puoi lavorare così. Vi avevo chiesto di fare i turni e..."
"Nessuno andrà a casa, Derek. Non quando due genitori non sanno chi ha ucciso il loro bambino" replicò.
Derek tirò su le spalle e lo guardò incuriosito. "Siamo passati ai nomi di battesimo, adesso?"
"Oh. Ooh" Stiles arrossì. "Mi-mi dispiace, pensavo che, sai, sa, passiamo proprio un sacco di tempo insieme e..."
L'ascensore si aprì e i due si trovarono davanti uno Scott McCall decisamente su di giri. "Capo, abbiamo delle novità!"
"Dimmi tutto" Derek accelerò il passo per seguirlo in ufficio. Lì, Lydia Martin stava sbagliando alla grossa, mentre leggeva velocemente dei documenti; vedendoli arrivare, si alzò e accese il display con il telecomando. Le foto della scena del crimine fecero deglutire Stiles.
"Allora" sospirò Lydia. "Quando siamo andati all'ambasciata pakistana, gli agenti ci hanno dato tutti i dati raccolti su Rami degli ultimi due mesi. Ho cominciato dai nuovi, mentre Scott dai vecchi. Circa a metà lavoro ci siamo confrontati e ci siamo resi conto che sono esattamente identici"
Derek incrociò le braccia. "E allora? Insomma, era il figlio di un ambasciatore. Suppongo facesse sempre le stesse cose"
Lydia sorrise vittoriosa e andò a recuperare un referto medico. "4 Febbraio. Rami, durante una partita di baseball a scuola, si è procurato una lussazione alla spalla destra. Guarda caso, nel percorso del 4 febbraio, non ci risulta nessuno ospedale"
Stiles trattenne il respiro. "Qualcuno ha falsificato i dati per non farci scoprire dove l'hanno portato"
"Quindi è ufficiale: puntavano al GPS. Ma perchè?" mugugnò Scott. "A cosa gli serve un localizzatore?"
La domanda rimase sospesa in ufficio, finchè Derek non riscosse tutti. "Ok. Abbiamo fatto passi avanti. Ci penseremo domani mattina"
Gli agenti annuirono e presero a raccogliere le loro cose - Lydia non mancò di sottolineare della sua festa di inaugurazione lunedì sera.
"Stilinski, tu rimani un attimo" borbottò Derek.























[To be continued]

























L'angolo di quella cosa che dovrebbe essere un'autrice:


*Navy Seal


SCUSATE PER IL RITARDO >.< Sono sotto esami e tipo non so dove mettere le mani. Questo capitolo è noioso, lo so, ma mi servivano le basi per il prossimo T_T Credo che tra un paio di capitoli (se non già il prossimo) il caso verrà risolto e ci sarà finally spazio per i nostri poveri sentimenti Sterek.
Fatemi sapere <3

A.

  
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