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Autore: Elenwen    07/05/2014    11 recensioni
Poco dopo la morte di mio padre, ferito gravemente in guerra, trovai tra i suoi oggetti personali una piccola scatola color arancione che conteneva le cose a lui più care. Un pacchetto di sigarette... Wow stranamente era pieno! Questa era una delle sue idee: smettere di fumare; un vecchio orologio da taschino appartenente a mio nonno, un portafoglio in cuoio e delle vecchie fotografie di famiglia. Tra queste foto solo una mi lasciò perplessa: ritraeva mio padre e un suo caro amico. Non ho mai visto quella persona, dietro la fotografia trovai scritto :
"Londra – Io e John Hamish Watson"
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I can't believe it



Jenna alzò immediatamente lo sguardo verso ovest, le sue orecchie non potevano credere di aver udito quel nome: "Ti prego di che ti chiami Jason, Jack, Joseph o come vuoi... Questo è solo un sogno della mia fantasia... Non può essere vero!" Vide un signore voltarsi, era biondo con un taglio di cappelli molto corto e con sè portava un bastone.

"Si, si scusami! Ciao Mike!" disse il signore avvicinandosi al suo amico

"Si, lo so... Sono ingrassato, ahimè! Ho saputo che ti sei fatto sparare, che è successo?" domandò l'amico.

Mi hanno sparato, si beh..." rispose John.

La ragazza non riusciva a credere ai suoi occhi, quello era l'uomo della foto, era John Watson! Preda ad un attacco di panico misto eccitazione prese il cellulare dalla borsa e finse di chiamare qualcuno, il suo finto fidanzato così da poter controllare il suo obiettivo senza dare troppo nell'occhio.
Non poteva certo piombargli addosso con le sue mille domande, non lo conosceva affatto! La chiaccherata tra i due amici durò quasi 40 minuti. Rimasero a parlare del più e del meno sorseggiando anche loro un caffè quando insieme si avviarono al St Bart's Hospital. Sarebbe stato un grosso errore lasciar andare John Watson senza nemmeno riuscire a parlargli un momento, così la ragazza decise di inseguirlo fino a casa non appena fosse uscito da quell'edificio. Jenna si appostò nel parcheggio attendendo John all'uscita dell'ospedale, ma un'altra persona sbucò fuori furtivamente. Era un ragazzo alto, con i capelli scuri e ricci e la carnagione chiaria. Fissò il moro per qualche istante tanto che lui si sentì osservato e si voltò nervosamente col suo cappotto lungo fino ai piedi e una sciarpa grigia per coprirsi la gola. La giovane ragazza fece in tempo a cambiare la sua posizione e sembrare una passante poco prima che il ragazzo guardò nella sua direzione e alzando il braccio destro urlò "Taxi!" Jenna si sentiva affascinata da quello sconosciuto, la sua bellezza era come un fiore e forse aveva l'aria di una di quelle persone che l'avrebbe presa sul serio. Il taxi accostò vicino al marciapiede facendo salire il bel moro. Lei guardò il taxi andarsene sussurrando "Beh... Benvenuta a Londra Jenna!" sorridendo.
Attese altre tre ore prima che John Watson e "Mike" uscissero, nel frattempo pensò accuratamente alla parole da dirgli davanti a John: per lei non era affatto facile, sicuramente si sarebbe fatta prendere dall'agitazione: "Salve signor Watson, guardi questa foto.. Le dice niente?” pensò. “Ohhh avanti Jenna non fare la stupida!" si disse fra sè la ragazza. "Signor Watson, salve sono la figlia del suo caro amico Rise ucciso in Afghanistan, le vorr..."
In quell'istante i due uscirono dall'ospedale, si salutarono e si diressero ognuno per la propria strada.
Jenna seguì John molto lentamente senza farsi cogliere di sorpresa, lo teneva d'occhio dall'altro lato della strada.. John zoppiacava, probabilmente una ferita di guerra causata da uno sparo come aveva detto prima Mike, la sua espressione era malinconica, seria, agitata e aveva uno strano tic nervoso quando muoveva le dita della mano sinistra.
Jenna passò quasi tutta la giornata fuori, ormai sistava facendo sera, il cielo stellato brillava sulla città e la luna illuminava il maestoso Big Ben. John Watson fece ritorno al suo appartamento in Macklin Street, una via buia fiancheggiata da due file di alberi e illuminata solo dalle luci proveniente dalle abitazioni. La ragazza tirò un grande respiro, felicissima di aver trovato la persona che stava cercando da settimane e che finalmente era a pochi metri da lei. "E' stato un colpo di fortuna trovarti Mr. Watson!" disse Jenna guardando la finestra dell'appartamento di John.
Per un istante scordò di essere sotto a quella finestra, sbatte i suoi occhi marroni scostando la testa: "Sarà meglio tornare a Piccadilly, ormai è tardi" indietreggiò e corse verso Shorts Gardens, la via accanto, giundengo poi alla Shaftesbury Avenue. Arrivata in piazza Piccadilly, si sedette sui gradini della fontana centrale, la Shaftesbury Memorial Fountain per riprendere fiato. La piazza era ancora affollata di gente, i colori dei led e i pullman a due piani rossi le ricordavano le bellissime giornate passate con suo padre proprio lì qualche anno prima.
Il tempo passò velocemente, erano le otto di sera passate e Jenna s'incamminò verso la via di casa ma una voce maschile dietro di lei la fece paralizzare: "Perchè avete seguito quell'uomo?" le domandò.
La ragazza si voltò per guardare la persona che aveva formulato quella domanda: "Mi scusi? Cosa sta dicendo?" rispose, mentre i suoi occhi guardavano quell'uomo. Era il ragazzo di prima, quello che aveva visto uscire dall'ospedale poco dopo che John vi era entrato. Il bel londinese si avvicinò a Jenna con aria molto sospetta "Beh allora se quella persona che ha seguito non aveva niente di particolare significa che lei è semplicemente pazza!" esclamò lui. Jenna perplessa rispose negandondo tutto quanto: "Io non stavo proprio seguendo nessuno..." e il ragazzo ribattè: "Dal suo viso e dai suoi occhi si denota stress accumulato durante la giornata e sudore, quindi ha corso, corso dietro quell'uomo. Deve volere qualcosa da lui, risposte presumo. Uh è vero... Noi ci siamo già incrociati al St. Bart's Hospotal!"
Jenna si innervosì e gli rispose in malo modo: "Mi scusi ma lei chi è? Non può sapere cosa ho fatto, poco dopo lei ha preso un taxi!"
Il ragazzo dalla carnagione chiara guardò la ragazza dritto nei suo occhi parlandole senza prendere fiato: “Io so perfettamente chi è lei, riconosco una persona disperata quando mi si para davanti, disperata e in cerca di risposte... Molto probabilmente per un qualcosa di affettivo, relativo a un parente o a un genitore. E' nuova qui a Londra, ma conosce benissimo tutte le strade, quindi significa che vi è già stata in passato, vi è cresciuta qui molti anni fa. I suoi lineamenti non sono perfettamente londinesi, ad un primo sguardo direi italiani e nella tasca destra della giacca tiene qualcosa di molto prezioso, non fa altro che aprire e chiudere la cerniera per controllarne il contenuto, qualcosa che ha a che fare con quell'uomo. Si considera una persona incapace e triste dico bene? Ora sono le 20.30 e lei si sente stanca, si è alzata molto presto questa mattina, presumibilmente alle 6 e domani farà altrettanto perchè non vede l'ora di pedinare di nuovo quell'uomo per riuscire ad estorcergli quante più informazioni possibili su suo padre! Ho sbagliato qualcosa forse?"
Jenna rimase stupita e sbalordita dalla descrizione del ragazzo londinese, non aveva mai sentito, trovato o conosciuto qualcuno così perspicace, rimase in silenzio per un paio di secondi poi disse: "E' stato straordinario..." "Mmm strano, non me lo dice mai nessuno..." rispose il ragazzo. "Perchè di solito cosa dicono?" disse Jenna e il londinese ribattè senza pensarci "L'espressione più cortese è fuori dai piedi!"
La ragazza sorrise davanti al bel londinese dalla carnagione chiara " Ehm, mi scusi non ci siamo presentati... Jenna Rice" disse sorridendo..." Il mio nome è Sherlock Holmes" rispose stringendo la mano di lei. C'era qualcosa di molto famigliare in quello Sherlock Holmes, Jenna non si fidava mai delle persone, restava sempre per conto suo, ma avvertiva in lui qualcosa di speciale, entrambi sorrisero e il ragazzo londinese accompagnò la ragazza in taxi fino alla porta di casa in Wyndham Street. Sherlock pagò il taxista offrendole il passaggio, si voltò guardandola insospettito "Non hai parlato neanche un secondo di te Helena." disse, "Mi chiamo Jenna" rispose la ragazza ammonendolo - "E non parlo molto di me perchè non c'è nulla in me che valga la pena dire." Il giovane Holmes tirò un grande respiro e unì le mani appoggiando le dita dell'indice e medio sotto la punta del naso e quelle del pollice sotto il suo sottile mento "E' molto interessante ciò che hai appena detto.. Mi è tutto chiaro ora!" Jenna confusa inclinò la testa verso sinistra: "Come scusa?" domandò. Sherlock furtivamente rispose colpendo nel vivo la ragazza "Come il rumore di uno sparo la tua mente viaggerà nella rabbia". Jenna spalancò gli occhi "Che cosa hai detto? Come fai a sapere... Devo andare. E' stato un piacere conoscerti Mr. Holmes e grazie per il taxi!"
Il ragazzo guardò Jenna attentamente, sicuramente nascondeva molte cose ma in quel momento decise di lasciarla andare e non indagare ulteriormente: "Ci rivedremo presto...221b di Baker Street."

   
 
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