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Autore: GabrielleWinchester    10/05/2014    1 recensioni
Una calda giornata d'estate è la storia di due amiche, di cui una gravemente malata, che decidono di farsi una passeggiata nel parco, totalmente indifferenti agli sguardi della gente...Una storia per riflettere sull'amicizia e sul legame che lega due ragazze anche quando la malattia si fa strada. Perchè l'amicizia o l'amore sono cose di cui andare fieri. Liberamente tratto da un ricordo d'infanzia dell'autrice, un ricordo a cui l'autrice ci tiene come non mai. Buona lettura.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Buon pomeriggio a tutti,
ecco a voi "Una calda giornata d'estate", la storia di due amiche Lily e Martina, una delle quali è gravemente malata, due amiche che sono rimaste accanto nonostante lo scorrere della malattia, nonostante chi dica malignità sul loro conto...Questo racconto è liberamente ispirato a un fatto realmente accaduto all'autrice durante l'infanzia, un ricordo dolceamaro al contempo, un momento che viene anche descritto all'interno del racconto. Un racconto quindi nato dal cuore e dalle esperienze della vita vissuta. Dedico questo racconto a un angelo, un piccolo angelo che ogni giorno è nel mio cuore e nella mia anima, un angelo che spero sia felice lassù. Mi manchi -.- Ringrazio di cuore tutti coloro che la vorranno leggere e la leggeranno, tutti coloro che la vorranno recensire e la recensiranno, tutti coloro che la metteranno nelle storie seguite/ricordate/preferite e da recensire e tutti coloro che mi hanno messo e mi metteranno come propria autrice preferita :-) Preparatevi i fazzoletti...Buona lettura.
Ps: All'inizio del racconto c'è un pezzo della canzone "Broken Wings" di Anastacia.

 
Una calda giornata d’estate

“Even with broken wings,
i can do anything,
I found a strength,
I never knew I had in me,
With these broken wings.
È una giornata calda, il meteorologo afferma che oggi sarà la giornata più calda degli ultimi secoli, ma a te sembra quasi non importare. Nella radio viene trasmessa Broken Wings di Anastacia ed io la traduco dentro di me, per trovare quella forza che non ho mai saputo di avere e che forse non avrò mai. Ti fisso, incapace di dire alcunché, se non urlare al destino crudele. Ormai non ti puoi muovere, vieni alimentata da un sondino alimentare e i tuoi splendidi capelli biondi sono un pallido ricordo. Io che sono l’esatto opposto di te. Io che ho gli occhi castano scuro, occhi da Inferno, e tu che hai occhi azzurri, occhi da Paradiso.
Io che non appena ti ho visto, ti ho soprannominato come l’amica di Heidi.
Peccato che hai le ali rovinate dalla malattia. Io che nella mia vita ho fatto la parte del demone e tu hai fatto la parte della forte, dell’angelo salvatore a cui la vita aveva regalato solo merda. Cioè dico, una si spacca di fatica e fa la gentile, per poi ricevere solo calci e schiaffi. La giustizia non era uguale per tutti. Era una balla colossale, un modo per dire siamo tutti uguali a parole ma non a fatti.
“Che giorno è oggi?” mi domandi con voce flebile.
“Il ventuno giugno Martina” rispondo io sorridendole “Oggi è il solstizio d’estate”
Tu mi guardi, quasi come se non ci credessi alle mie parole, e dopo annuisci con lentezza. I tuoi movimenti sono diventati radi e non passerà molto alla tua morte. Sono ritornata ora dal tuo medico e il suo responso è stato più duro di una coltellata in pieno petto. Hai solo tre settimane da vivere e io non ci voglio credere. Non so neanche pronunciare la tua malattia, ho perso i miei con questa malattia e, vaffanculo al destino, non voglio che anche tu muoia. Scosto la tenda della finestra e mi sorprendo a guardare con invidia due bambine che stanno giocando a campana. E pensare che al tg dicevano che questo gioco era superato dalle innovazioni tecnologiche. I bambini sono meno prevedibili di quanto si pensi. E io vorrei che noi due fossimo quelle bambine. Vorrei, dannazione, vorrei che tu ti alzassi da quella sedia, vorrei che tu rida, vorrei molte cose ma so che non si avverranno mai.
“Fa caldo?”
“Fa molto caldo” dichiaro  “Hai presente la pubblicità quando la ragazza dice “Antò fa caldo?” Ecco la stessa cosa!”
“Voglio fare una passeggiata Lily. Fammi respirare l’ultimo soffio di una calda giornata d’estate”
Io annuisco e preparo tutto l’occorrente. Ti prendo in braccio e ti adagio delicatamente sulla tua sedia a rotelle. La malattia ti ha logorato il corpo e allo specchio vedo solo la pallida ombra della ragazza a cui mi sono affezionata e ho dedicato tutta la mia vita. Ho lasciato un lavoro stabile, un matrimonio in grande stile, solo perché tu mi hai telefonato, solo perché la morte ha deciso di farti visita. Ed ancora ho nelle orecchie la risata di scherno del mio ex sposo, il quale non aveva fatto altro che sputtanarmi in giro, dicendo che ero lesbica. Che lo pensasse pure, non me ne importava, io ero una tipa che accorreva in aiuto degli altri, sempre e comunque.
 “Faccio schifo così” esclami e il mio cuore perde un colpo, riportandomi di nuovo nella dura realtà “Faccio schifo, sono un mostro!”
“No ma cosa dici?” ribatto allegra mentre ti metto un capellino rosa “Guardati, sei molto fashion. Sono convinta che se ti vede un ragazzo ti fischia per l’ammirazione”
“Sei una splendida bugiarda” mi sorridi e dopo batti un piede per terra “ Andiamo”
Con lentezza spingo la sedia a rotelle e usciamo dall’appartamento dove abitiamo. La vecchia signora Genoveffi mi guarda con fare scandalizzato ma né io né Martina ci badiamo molto.  Ha un vecchio modo di pensare, è una signora che crede che se due uomini o due donne vanno a vivere insieme, bè sono dei deviati o delle deviate. E che diamine, mica facciamo un Sabba un giorno  sì e un giorno no.  Meno male che, a differenza sua, il mondo è sviluppato.
“Andate a fare una passeggiata?” ci schernisce puntando il dito adunco contro “Le due fidanzatine”
Digrigno i denti, pensando che il dolore dovrebbe migliorare le persone e non peggiorarle. Lei non ci perde di vista, mentre con fare seccato schiaccio il tasto rosso dell’ascensore e lo faccio salire. La vecchia mi prende un polso e mi sussurra maligna “Andrai all’inferno per questo”
“Allora le farò da usciere” ribatto io sarcastica, spingendo la sedia a rotella dentro l’ascensore “Buona giornata signora Genoveffi”
Non aspettandosi che le rispondessi, la signora comincia a lanciare improperi contro di me, ma io me ne strafotto allegramente. Può pensare quello che vuole, ho già Martina che sta male e non posso perdere tempo con una vecchia rincoglionita.
“Sei stata una grande” mi dici e io scoppio a ridere.
“Se lo merita la vecchiaccia” ribatto fiera di me “Qualche volta le faccio un esorcismo stile Supernatural” e imito Sam con la mano alzata e l’espressione concentrata
Tu annuisci ma non dici nulla. Andiamo in un parco, laddove la primavera ha fatto un ballo, una pennellata di petali di fiori e calura che è sopportabile. Ti adagio su una panchina e ti guardo, incerta cosa fare. Mi prendi le mani e me le baci, in un gesto di affetto che mi commuove.
“Vattene”
“No” ribatto io combattiva “Io starò con te fino alla fine”
“Ti rendi conto che non ho molto da vivere?” mi dici nell’intenzione di farmi desistere “Tu hai una tua vita da vivere, io sono solo un peso morto”
Mi inginocchio di fronte a lei, ignorando le persone che mi puntano il dito, forse stupite o forse scandalizzate e ti rispondo “Non pensarlo neanche un secondo. Tu non sei un peso, ho fatto la mia decisione tanto tempo fa e non la rinnego. Insultami se vuoi”
Mi guardi e con lentezza mi abbracci. Non hai forza fisica ma posso sentire il tuo cuore battere a un ritmo forsennato. Poi decidiamo di andarcene via e ci fermiamo davanti a una caserma dei carabinieri. Un militare in divisa che stava fumando una sigaretta ci guarda e ci rivolge il saluto militare. Noi ricambiamo il saluto, sentendoci più leggere. Essendo una figlia di militare, ho una certa affinità con loro.
“Buonasera signorine”
“Buonasera maresciallo” rispondiamo in coro “Fa caldo?”
“Già già” ribatte lui con aria annoiata “State attente quando attraversate la strada”
                                                                              *
La mattina dopo, ci arriva il responso dall’ospedale. Strappo la carta nervosa e i miei occhi saettano da una parte all’altra del foglio, troppi termini tecnici, non adatti a una persona con solo un’infarinatura medica come la mia, ma la risposta era positiva. Una casa farmaceutica aveva trovato un vaccino per la tua malattia, i controlli erano andati bene, non c’erano controindicazioni, e quindi il vaccino aveva possibilità di essere introdotto nel mercato.  C’era una possibilità per te. Volevo urlare di gioia.  Potevi essere guarita, potevi restare con me.
“Martinaaaaa, è arrivato il responso dall’ospedale. Hanno trovato una cura per te”
Corro verso il salone e il mio cuore si ferma.  Tu non mi rispondi più, i tuoi occhi sono fissi nel vuoto e io so che sei morta. Un braccio è inerme lungo il fianco, la flebo con il liquido a terra, formando una macchia che si allarga a vista d’occhio nel tappeto. Suonano il campanello ma io non vado ad aprire. È solo una calda giornata d’estate.
                                                                                                                       Fine

 
  
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