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Autore: Neverlethimgo    11/05/2014    9 recensioni
Era bastata una notte a far cambiare tutto e tre parole a far nascere decine di domande. Era solo un assassino, o era addirittura pazzo?
Dai capitoli:
Erano passati tre anni dall'ultima volta che misi piede fuori dall'istituto, avevo rimosso ogni cosa del mondo esterno, fatta eccezione per la luce del sole, sebbene la vedessi di rado ultimamente.
Sapevo che avrei dovuto trascorrere soltanto altri due giorni in quella prigione, sapevo che mancava così poco alla fine, eppure non percepivo il desiderio di sentirmi libero. Non ero mai stato libero davvero.

A Jason McCann story.
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jason McCann, Miley Cyrus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11: the experts say I'm delirious.
 

Jason

 

Distolsi lo sguardo dal suo solo quando udii nuovamente un suono di passi. M’irrigidii all’istante ed Ivy si sporse di poco oltre il profilo degli armadietti, ritraendosi quasi immediatamente. “Merda” imprecò sottovoce, “sta venendo qui.
Sbarrai gli occhi e si voltò nuovamente verso di me, ma il suo sguardo non sembrava affatto preoccupato, tanto che qualche istante dopo scoppiò a ridere.
Sto scherzando, era solo il bidello. La via è libera” mi rassicurò subito dopo, mantenendo viva sul volto quell’espressione divertita.
Emisi un sospiro di sollievo e la seguii poi lungo il corridoio.
Comunque non sono sicura del fatto che se ne sia andato. Potrebbe essere ancora fuori da scuola, dovremo correre probabilmente.
Acconsentii, ma rimasi in silenzio. Poco dopo raggiungemmo l’uscita e, esattamente come aveva dubitato lei, a pochi metri da noi, nel bel mezzo del piazzale, vi era un gruppo di ragazzi, intenti a fumare una sigaretta e a parlare tra di loro. Notai Kayden, il quale, non appena si accorse della nostra presenza, sollevò il capo verso la nostra direzione. Ivy, la quale era leggermente più avanti di me, s’irrigidii e Kayden la guardò con un ghigno dipinto sulle labbra. Iniziò a muovere qualche passo verso di noi, ma, prima che potessi pensare sul da farsi, sentii la stretta della sua mano attorno alla mia, seguita da una rapida occhiata da parte sua. Avvertii un brivido lungo il braccio, ma fui costretto ad accantonare quella sensazione quando iniziò a trascinarmi giù per la scalinata, per poi velocizzare sin da subito il passo, sino a che non ci ritrovammo a correre come dei forsennati.
Inquadrai lo sguardo di Kayden non appena lo superammo, era vivo di rabbia e, molto probabilmente, di gelosia. Ivy lo ignorò, preoccupandosi solo di correre.
Non hai la macchina?” domandai speranzoso, cercando di sprecare meno fiato possibile.
No,” ansimò, “dovremo farcela a piedi fino a casa tua.
A casa mia?
Corrugai la fronte e rallentai, lei fece lo stesso e si voltò a guardarmi, ma l’attenzione le cadde oltre la mia figura. Capii di avere qualcuno alle spalle dalla sua espressione leggermente più preoccupaata. Riprese a correre e fui costretto a seguirla, la sua mano era ancora stretta attorno alla mia e, a mia volta, gliela strinsi, aumentando il contatto.
Dobbiamo correre più forte. Lui non sa dove abiti e deve continuare a restarne all’oscuro.
Annuii alle sue parole, sebbene non potesse vedermi, ed aumentammo la velocità.
Ero intenzionato quanto lei – se non di più – a fare in modo che nessun altro sapesse dove abitavo.
 
Non appena mi accorsi di aver superato la casa di Ivy, mi voltai, ma non vidi nessuno alle nostre spalle.
Non ci sta più seguendo” dissi, sperando così di far cessare quella corsa. Ivy rallentò il passo e si voltò, respirando affannosamente.
Invece sì” ribatté qualche secondo dopo, indicando un punto indefinito avanti a sé. Dal fondo della strada comparve una macchina color argento e non esitammo un solo secondo di più prima di riprendere la fuga.
Corremmo a perdifiato per quelle poche centinaia di metri che ci separavano da casa mia, ad ogni passo sentivo le forze venir meno ed il respiro si faceva sempre più pesante, ma entrambi resistemmo.
Estrassi dalla tasca dei jeans le chiavi di casa e, non appena raggiunsi la porta d’ingresso, cercai di aprirla nel minor tempo possibile, ma la mia mano era tutt’altro che ferma.
Dai, veloce!” sbottò lei impaziente, continuando a guardare la strada ed apparendo visibilmente agitata.
Inserii finalmente la chiave giusta nella serratura e spalancai la porta, permettendole di entrare per prima, per poi seguirla e porre di nuovo una barriera tra noi ed il mondo esterno.
Mi appoggiai al dorso della porta, chiusi gli occhi e cercai di riprendere un respiro regolare. Quelle quattro mura si riempirono immediatamente dei nostri respiri spezzati, seguiti da una sua breve risata.
Quando riaprii gli occhi, era a pochi centimetri da me ed inconsciamente sussultai, urtando con il capo il dorso della porta.
Spero solo di non dover passare il resto dell’anno scolastico a scappare da lui, perché probabilmente morirei di crepacuore” commentò ironica. Mi concentrai qualche istante di troppo a guardarla: gli occhi azzurri le brillavano – probabilmente a causa dell’adrenalina che scorreva nelle vene anche a me – le gote erano arrossate e più piene per via del largo sorriso che sembrava non avere alcuna intenzione di abbandonare le sue labbra, la fronte era leggermente imperlata di sudore ed alcune ciocche di capelli erano a stretto contatto con la pelle del suo collo. Poco dopo raccolse i capelli e li spostò da un lato, in modo che ricadessero sulla sua spalla sinistra.
Abbassai lo sguardo, distogliendo la mia attenzione dal suo viso e cercando di scacciare dalla mente le parole che aveva pronunciato poco prima. Mi sembrava assurdo non riuscire ad accettare che avesse associato – per la seconda volta – sé stessa alla morte. Entrambe le volte era stata ironica, ma a me sembrava impossibile ritenere divertente una cosa del genere.
 
“Forse lo ha fatto per vendetta o, molto probabilmente, la sua mente sadica lo ha fatto agire per divertimento.”
 
Ripensai per un attimo alle parole che udii qualche anno fa, prima che venissi rinchiuso in quel manicomio – perché, in fondo, era di questo che si trattava – non sapevo chi aveva pronunciato quelle parole, ma c’era stata serietà nella sua voce e ciò mi fece rabbrividire ancora adesso. A strapparmi dai miei pensieri fu un gesto inaspettato, qualcosa che, mio malgrado, mi fece reagire nel modo sbagliato. Sussultai non appena il dito indice di Ivy mi sfiorò lo zigomo sinistro – più precisamente sul punto che il suo ex ragazzo aveva colpito. Non ebbi quella reazione a causa del dolore, a quello non ci badai, ma perché, ancora una volta, non riuscivo a sopportare che qualcuno mi toccasse, per di più in maniera così inaspettata.
Scusa” mormorò, ritraendo all’istante la mano, “ti fa ancora male?
Scossi il capo e la mia attenzione venne catturata da qualcosa posato sopra al tavolino, davanti al divano. Sbarrai gli occhi non appena notai il mio diario. Quella mattina non mi ero nemmeno preoccupato di chiuderlo e riporlo al suo posto, era rimasto aperto sull’ultima pagina scritta, con la penna posata al centro.
Ingoiai faticosamente il groppo che mi si era formato in gola, ma ciò non servì a dissolvere la mia preoccupazione. Se solo Ivy l’avesse visto, se avesse letto anche solo una frase di quanto avevo scritto, sarebbe scappata a gambe levate.
Che cosa c’è?” domandò, aggrottando le sopracciglia. Dal momento in cui non le risposi, fece per voltarsi a guardare ciò che stavo fissando io, ma non potevo permettermi che lo scoprisse. Così, senza nemmeno pensarci, agii d’istinto, compiendo un’azione di cui probabilmente me ne sarei pentito.
Le presi il viso tra le mani, costringendola a non guardare altro se non me, e mi avvicinai maggiormente a lei. Chiusi gli occhi e premetti le labbra con le sue, senza dischiuderle, senza andare oltre.
Mi allontanai quasi subito, rimanendo forse più stupito di lei di quanto era appena successo. Non si poteva nemmeno definire un bacio, non avrei saputo nemmeno come definirlo. Quando ritornai a guardarla stava sorridendo e colsi una strana felicità nel suo sguardo, qualcosa che sicuramente dal mio non trapelava affatto.
Non disse niente, eppure mi aspettavo che fosse lei a parlare, io non l’avrei fatto.
Detestavo sentirmi così, come se nulla potesse più sconvolgermi o colpirmi, detestavo sentirmi come un pezzo di ghiaccio, immune alle piccole gioie che probabilmente lei provava quotidianamente.
M’incamminai velocemente verso il centro del soggiorno, lasciandola sicuramente perplessa. Non appena raggiunsi il tavolino, afferrai velocemente il diario, chiudendolo e nascondendolo sotto al cuscino del divano, per poi sedermici sopra e fare finta di nulla.
Nell’arco di una manciata di secondi si sedette accanto a me, il sorriso era scomparso dalle sue labbra e con la coda nell’occhio notai uno strano guizzo nel suo sguardo.
Va tutto bene?” domandò, poggiandomi una mano sulla spalla. Nonostante mi fossi imposto di mantenere la calma, non potei fare a meno di sottrarmi al suo tocco. Ero certo che difficilmente mi sarei liberato di quell’ossessione.
Sì, va tutto bene” mormorai con un filo di voce e spostai lo sguardo alla mia sinistra, guardando oltre la finestra.
Onestamente, non ti capisco” disse e mi voltai di scatto verso di lei: aveva sollevato le gambe e le ginocchia erano strette al petto, circondate da entrambe le braccia. Il suo sguardo era posato su di me, la testa leggermente inclinata da un lato e le labbra arricciate.
Non sei la prima che non capisce.
Corrugai la fronte, non sapendo realmente a cosa si riferisse.
Ti comporti in modo strano a volte” continuò, stringendosi nelle spalle, ma senza dar troppo peso alle parole.
A volte?” quella domanda mi sfuggì dalle labbra, ma mi pentii all’istante.
Sì, per esempio ora.
La guardai senza voler capire cos’avesse appena detto, ma mi risultava così difficile restare impassibile alle sue parole. Non volevo fare in modo che m’importasse ciò che pensava, volevo esserle indifferente e una parte di me desiderava farla uscire da casa mia. E tutto questo solo per farla restare all’oscuro di ciò che nascondevo.
Quello che voglio dire” la sua voce mi strappò ancora una volta dai miei pensieri e sussultai appena, affondando lo sguardo nei suoi occhi azzurri, “è che non capisco perché ti sei allontanato da me poco fa. Sei stato tu a baciarmi, qual è il problema?
Non appena rielaborai le sue parole, ritornai con la mente a qualche istante fa, a quando le mie labbra toccarono le sue. Mi sentii avvampare ed abbassai il capo. Non che volessi mantenere il silenzio, ma non sapevo che cosa dire.
Era stato uno sbaglio, non volevo farlo.
Mi strinsi nelle spalle e la sentii sbuffare. Ritornò a sedersi composta e si avvicinò a me, tanto che le nostre gambe si sfiorarono, ma non potei spostarmi. Avevo già raggiunto la fine del divano e a separarmi da una caduta sul pavimento c’era solo il bracciolo contro la quale ero accostato.
Posò il braccio sullo schienale e si voltò quasi completamente verso di me, scrutandomi con quei suoi occhi azzurri, come se avesse voluto scoprire a cosa stavo pensando, ma avrebbe perso solo del gran tempo.
Forse pensi di aver commesso un errore” mormorò e dovetti trattenermi dall’impulso di annuire e dirle che non era stato altro che un malinteso.
Ma io non lo considero un errore,” il suo tono di voce si era abbassato e ora aveva distolto lo sguardo dal mio. Cercai d’incrociare nuovamente i suoi occhi ed abbassai di poco il capo, diminuendo inconsciamente la distanza che separava i nostri volti.
Durante un lasso di tempo che mi parve minimo, sollevò la testa e si sporse quanto bastò per far in modo che potesse posare le labbra sulle mie. Sbarrai gli occhi e lasciai che le sue labbra si muovessero sopra le mie, cercando disperatamente di approfondire quel bacio.
Ero terribilmente combattuto all’idea di scostarmi ed allontanarmi da lei, ma non lo feci. Chiusi gli occhi e l’assecondai in quel bacio, dischiudendo di poco le labbra e facendo in modo che la mia lingua incontrasse la sua.
Non seppi con esattezza quanto tempo durò, ero solo certo del fatto che la mia mente si fosse completamente svuotata e, ancora una volta, mi ritrovai a pensare che fosse merito suo.





 


 

Spazio Autrice

Avrei dovuto aggiornare qualche ora fa, infatti mi scuso per chi su ask mi ha chiesto l'orario in cui postavo e ho miseramente fallito il mio obiettivo di 'aggiornare entro sabato sera.'
By the way, non credo ci sia qualcuno sveglio alle due del mattino, ma volevo comunque postare adesso.

Ebbene sì, Jason ha baciato Ivy e Ivy ha baciato Jason, festeggiamo? 
Io direi non troppo. Dopo tutto Jason l'ha baciata solo per far sì che lei non notasse il suo diario aka contenitore di tutti i suoi pensieri più macabri e reconditi (e nei prossimi capitoli leggerete altre pagine di questo diario.)
Non andate a pensare che dal prossimo capitolo si fidanzeranno allegramente, perché non sarà così.
Vi lascerei uno spoiler, ma sto veramente dormendo in piedi, per cui non credo di avere la testa per pensare a qualcosa di sensato da dirvi.
Ma visto che mi odiate perché praticamente non spoilero mai nulla, mi sento quasi in dovere di dirvi ci sarà uno pseudo momento tenero, ma... 
Sì, c'è un 'ma' e quel 'ma' racchiude il motivo per cui vi ho detto 'non festeggiate troppo.'

D'accordo, me ne vado, rischio di scrivere più in questo spazietto che nell'intero capitolo.

Vi ringrazio davvero moltissimo per le recensioni che mi avete lasciato e spero davvero di leggerne altre sotto a questo capitolo, ci tengo davero :)

Alla prossima!
Much Love,
Giulia


@Belieber4choice
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