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Autore: Megs Sully    15/05/2014    7 recensioni
Strawberry Hill è una graziosa cittadina inglese, un luogo come tanti apparentemente. Ma in esso si muovono le creature più disparate, alcune tentando di celare o reprimere la loro vera natura, altre non ancora consapevoli di chi siano in realtà e quale sia il loro ruolo nel grande disegno tracciato da qualcuno in un'epoca remota. Incontri, scontri, inganni, antichi rancori si alternano alla nascita di nuove alleanze, amicizie, amori. E nel frattempo qualcuno, nell’ombra, continua a tramare…
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4


 
Era consapevole del ritardo ma non aveva nessuna voglia di muoversi da lì. Le occhiate furiose di Jenevieve forse avrebbero potuto convincerla, se solo lei ci avesse fatto caso. Invece Maggie Pennington le ignorava e sorrideva beatamente alle righe stampate che scorrevano sotto i suoi occhi.
Finché il gatto magro e smunto dal pelo bianco e rosso poco curato nel dormiveglia agitò la coda contro il suo polpaccio.
“Ehi?” Maggie inclinò la testa di lato e lo vide “Ci rivediamo a quanto pare! Quel cattivaccio di Nathan non ti ha fatto male vero, gattino?” lo scrutò per qualche istante attendendosi quasi una conferma “Beato te che puoi dormire… io invece fra un po’ dovrò andare… scuola, lavoro, niente cioccolata buona, quasi quasi la prossima volta rinasco gatto! Tu che ne dici?”
I passi strascicati di Jenevieve la raggiunsero all’istante.
“Qui dentro gli animali non sono assolutamente ammessi!”
A Maggie parve che la voce di Jenevieve avesse caricato a tal punto quell’”assolutamente ammessi” che ebbe la sensazione che quelle due parole contenessero decine si esse pronte come archi a scagliare frecce contro di lei. Mosse leggermente la testa a destra e poi a sinistra come per evitarle e non replicò.
“Cosa ci fa quel gatto qui dentro?” insistette Jenevieve, perentoria.
Maggie si inclinò di lato e vide il gatto magro e smunto dal pelo bianco e rosso poco curato che continuava a dormire sotto la sua sedia, questa volta del tutto incurante della presenza di Jenevieve.
“Dorme, io direi…” rispose Maggie stringendosi nelle spalle. Cosa che vorrei fare anche io se potessi, pensò.
“Perché lo hai portato qui dentro, insomma?” dalle narici di Jenevieve sembrava uscire fumo, a Maggie ricordò per un attimo i personaggi infuriati nei cartoni animati.
“Non l’ho portato qui dentro io, ci è venuto da solo sulle sue gambe… mmh… zampe!” Maggie osservò l’espressione di Jenevieve ed ebbe l’impressione di peggiorare la situazione a ogni parola che pronunciava.
“E allora perché se ne sta a dormire sotto la tua sedia?” la rimbeccò l’altra.
“Perché…” Maggie si sforzò di pensare a una risposta che non la facesse infuriare ulteriormente. Rivelare che lei e il gatto magro e smunto dal pelo bianco e rosso poco curato si erano già incontrati fugacemente quella mattina stessa nel giardino del suo vicino di casa Nathan Castle, non le parve un’idea eccellente.
“Perché?”
“Perché oggi è giovedì!” Maggie doveva ammetterlo con se stessa, nemmeno lei sapeva con esattezza cosa le passasse nella mente. In quel momento e il più delle volte.
“E con questo?” dall’espressione sempre più accigliata di Jenevieve, Maggie capì che forse avrebbe fatto meglio a dire la verità lasciando velatamente ricadere la colpa su quel cattivaccio di Nathan Castle, persecutore dei gatti randagi del quartiere.
“Perché… ho dato da mangiare ai gatti randagi una volta il giovedì, quindi da quel giorno… i gatti mi…” Maggie avrebbe voluto scomparire, letteralmente. Lo sguardo di Jenevieve esprimeva disprezzo allo stato puro, più per lei ormai che per il gatto magro e smunto dal pelo bianco e rosso poco curato “mi… seguono il giovedì!” concluse, giusto per non lasciare la frase a metà. Le avevano insegnato che era maleducazione lasciare le frasi a metà.
Jenevieve a questo punto si allontanò senza dire una parola. Maggie sospirò di sollievo e tornò al suo libro, che nel frattempo si era chiuso. Non fece in tempo a recuperare la pagina dove era arrivata a leggere, che Jenevieve si ripresentò munita di scopa. Maggie temette per un istante che fosse destinata a lei, invece la cameriera furiosa si accanì contro il povero gatto magro e smunto dal pelo bianco e rosso poco curato, che come una saetta sfrecciò verso la porta d’ingresso dello Strawberry Dream, passando tra le gambe di Bliss Sanders che stava entrando in strepitoso ritardo proprio in quel momento.
“Ah, finalmente!” la aggredì Jenevieve con un’occhiata furente, andando a riporre la scopa nel retro.
“Buongiorno Jen!” sorrise Bliss richiudendo la porta tranquillamente e salutando Maggie con un gesto della mano.
Maggie rispose al cenno di saluto e sorrise, lanciando un’occhiata significativa verso il retro, dove Jenevieve era andata a rifugiarsi e a riporre la scopa.
“Che è successo?” Bliss si avvicinò a Maggie, scostandosi una ciocca di capelli ramati dalla fronte “È in modalità strega questa mattina, con quella scopa in mano?”
“Temo sia colpa mia questa volta” Maggie si mordicchiò un’unghia e sospirò profondamente dispiaciuta.
“Non ti preoccupare, niente di diverso dal solito. È sempre arrabbiata perché cercano tutti me” Bliss le strizzò l’occhio sorridendo. “Cioccolata alla Bliss?”
“Certo!” annuì Maggie soddisfatta “È proprio quello che aspettavo!”
“Te la preparo subito” Bliss si voltò verso il bancone per un attimo, poi tornò a guardare Maggie che teneva la mano ferma sul libro per non perdere la pagina. “Che stai leggendo questa volta?”
“Jane Eyre” Maggie sollevò il libro mostrando a Bliss la copertina. “Devo preparare una tesina sulle sorelle Brontë.”
“Ma che brava, io non ci riuscirei mai a leggere e studiare tanto!” Bliss si voltò di nuovo e si accorse che Jenevieve stava rientrando dalla sua pausa “Meglio che vada o quella chi la sente! La tua cioccolata arriva subito, aspettami qui…”
“Certo, io e Jane ti aspettiamo qui” Maggie annuì e sorrise mentre Bliss si allontanava. Tamburellò le dita sul tavolo chiedendosi se fosse il caso di chiedere una doppia cioccolata nel caso Jane avesse gradito, con tutti i drammi che stava vivendo.
 
 
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Lo trovò di spalle, intento a posizionare chissà quali intrugli su una mensola, mentre un libro all’apparenza antico era aperto sul grande tavolo di legno che occupava il centro dell’antro. Anche senza guardarlo direttamente in faccia la sua figura scura e imponente poteva mettere soggezione pure a chi aveva a che fare con lui quotidianamente.
Ryan si schiarì la voce solo per attirare la sua attenzione. Sapeva che l’alchimista era consapevole della sua presenza. Probabilmente aveva udito i suoi passi da quando era entrato. La sua distrazione era quindi del tutto intenzionale, come se volesse prendere tempo prima di affrontare un discorso spinoso.
Jean Claude von Klausen si voltò e per un istante rimase serio a guardarlo. Il suo volto era imperturbabile, come scolpito, gli occhi scuri e penetranti come quelli di un’aquila pronta a lanciarsi sulla preda. Poi mosse qualche passo verso di lui e le sue labbra sottili si piegarono in un sorriso forzato.
“Ryan Norwest” chiuse il libro che si trovò di fronte, distogliendo lo sguardo. “Bentornato nella mia umile dimora. E bentornato in città, soprattutto.”
Mentiva. Nessuno meglio di Ryan Norwest sapeva che l’alchimista von Klausen in quel momento stava mentendo spudoratamente. Non gli faceva piacere che lui fosse tornato in città e tantomeno nella sua “umile dimora”. Ma Ryan e tutto ciò che comportava la sua presenza e i suoi continui ritorni a Strawberry Hill gli erano stati imposti, come un male necessario. Averne a che fare era un dovere da cui nemmeno l’alchimista poteva esimersi.
“Grazie” anche Ryan accennò un sorriso di circostanza. Era incredibile il fatto che entrambi avessero accumulato tanto potere in tutto quel tempo, ma nessuno dei due fosse davvero libero di agire o di esprimersi come meglio credeva.
Il potere alla fine era una prigionia, meditò Ryan. Forse avrebbe dovuto rendersene conto prima, tanto tempo prima. La voce gutturale dell’alchimista richiamò la sua attenzione.
“Pronto per tornare all’opera?” Jean Claude fissò nuovamente lo sguardo su di lui, perentorio. Attendendosi ovviamente una conferma da parte sua.
“Come sempre” annuì Ryan incrociando le braccia sul petto. “Attendo come sempre di sapere tutto ciò che potrà essermi utile per… agire nel migliore dei modi.”
Non lo espresse chiaramente, ma lasciò volutamente cadere l’allusione sulle due donne con cui si era incontrato e scontrato poco prima. Nessuno mai, di norma, agiva in modo tanto nervoso e irascibile alla presenza dell’alchimista von Klausen. Era probabile che quella Faith, che senza ritegno aveva spinto anche lui in un angolo per farsi strada, non sapesse esattamente con chi aveva a che fare. I discepoli dell’alchimista lo consideravano per lo più un maestro, un vate e lo veneravano incondizionatamente.
“Come sempre” replicò Jean Claude scrollando le ampie spalle.
Ryan comprese che l’alchimista non gli avrebbe rivelato nulla di sua iniziativa. Toccava a lui chiedere spiegazioni. E forse era proprio ciò che von Klausen si aspettava. Che lui chiedesse. Per dimostrargli che se voleva poteva anche negargli una risposta. Ryan sospirò e strinse un pugno. Questi giochi di potere lo irritavano.
“Ho incontrato due donne, mentre aspettavo di entrare” dichiarò in tono neutro, senza aggiungere altro.
“Davvero?” Jean Claude sollevò solo un angolo della bocca in un sorriso appena accennato “Curiose creature, le donne.”
“Decisamente” annuì Ryan con convinzione “soprattutto quando sono così irascibili. Diventano inaffidabili a quel punto, oltre che curiose.”
“Preoccuparti di quelle due donne non è un problema tuo, Norwest” lo sguardo dell’alchimista divenne cupo e una ruga marcata gli attraversò la fronte.
“Lo diventa se quelle due donne fanno parte delle creature di Strawberry Hill” Ryan increspò le labbra lanciandogli un’occhiata di sfida. “Io conosco i miei doveri… a differenza di altri…”
Le ultime parole probabilmente avrebbe potuto e dovuto risparmiarsele. Sfidare l’alchimista così apertamente non si era mai dimostrata una buona idea, le esperienze passate avrebbero dovuto essergli di monito. Ma Ryan Norwest, cedendo per un attimo a un istinto irrefrenabile e ribelle, non era riuscito a trattenersi.
“Davvero?” Jean Claude si mosse nella sua direzione, mantenendo lo sguardo cupo fisso su di lui “Perché se non ricordo male tu hai una sorellina altrettanto… come dicevi? Irascibile e inaffidabile, oltre che curiosa? La piccola cara Amelie, è ancora con te?”
“Amelie è totalmente sotto il mio controllo” annuì Ryan.
Jean Claude sapeva ancora come colpirlo nei suoi punti deboli. Il suo legame con Amelie non era mai stato solido o collaborativo. E l’alchimista lo sapeva da sempre. Nonostante tutto Ryan confidava ancora che la situazione con la sorella potesse cambiare e migliorare prima o poi.
“Lo spero, lo spero” annuì l’alchimista con aria condiscendente “Le altre volte non è stato un soggetto facile con cui avere a che fare. Ma del resto nella vita si cresce… si cambia!”
Ryan Norwest ne era certo ormai. Von Klausen lo stava apertamente sfidando. Un’altra certezza si fece strada in lui, sempre di più. Era chiaro che quelle due donne nascondevano qualcosa. Qualcosa di cui l’alchimista non voleva che lui venisse a conoscenza. Qualcosa su cui invece avrebbe indagato al più presto.
 
 
                                                                       ********************
 
 
James Foster aprì la porta dello Strawberry Dream e si guardò intorno, sforzandosi di mantenere la calma. La ragazzina con le calzine bianche con i risvolti rosa era ancora seduta allo stesso tavolino e leggeva lo stesso libro tenendo la sedia in bilico.
Nemmeno si accorse di lui mentre si avviava nella sua direzione e prendeva posto al tavolino dietro al suo. James si sedette in modo tale da essere con le spalle quasi appoggiate a quelle della ragazza.
Maggie Pennington sollevò solo un occhiò dal libro, fugacemente, mentre l’altro era ancora impegnato nella lettura. Qualcuno si era seduto dietro di lei. Decise di tornare a sedersi composta sulla sedia e di smettere di dondolarsi, ma involontariamente la testa le ricadde all’indietro e andò a sbattere contro quella di James.
“Scusi, scusi…” mormorò e si aggrappò con entrambe le mani al tavolino, massaggiandosi poi la nuca.
“Non importa” rispose James schiarendosi la gola. Erano le prime parole che pronunciava dopo tanto tempo, a qualcuno che non fosse Andres Flick. E aveva detto “non importa” a una ragazza che si trovava di spalle contro di lui. Una ragazza che non staccava quasi mai gli occhi dal libro che stava leggendo e che aveva la testa dura. Anche James si massaggiò la nuca.
 “Ecco la tua super cioccolata Maggie” Bliss arrivò tenendo in bilico il vassoio su una mano e depositò la sua specialità sul tavolino di Maggie che sollevando gli occhi dal libro sorrise felice.
“Grazie, Bliss! E ci sono anche i pasticcini e la torta al limone! Non sai quanto bisogno ne ho!” sospirò con aria rassegnata “Per Jane la situazione non si sta mettendo bene, sai?”
“Ah davvero? Che le succede?” Bliss inclinò il viso e la guardò preoccupata.
“Una strana creatura vicino a lei, la minaccia” Maggie strinse gli occhi e corrugò la fronte. “Potrebbe farle veramente tanto male.”
Bliss strinse il vassoio tra le mani, fece cenno a Maggie di aspettare e rivolse la sua attenzione a James, che le sorrise cercando di essere il più naturale possibile.
“Un caffè, per favore” chiese semplicemente.
“Subito” annuì Bliss con un sorrsiso, allontanandosi verso il bancone.
Qualche minuto dopo Bliss era di ritorno con il caffè per James. Lo servì e si sedette al tavolino con Maggie che ora era immersa, oltre che nella lettura, anche nella cioccolata e nella torta al limone.
“Che mattinata!” Maggie accantonò il libro e la guardò, giocherellando con una ciocca castana “Sono dovuta scappare via dalla Perfida Sventura che gridava, mi urlava dietro come una pazza furiosa. Dovrei riuscire a organizzarmi per uscire dalla finestra, almeno evito di incontrarla ogni mattina.”
“E come pensi di fare Maggie, per sfuggire alla matrigna cattiva?” Bliss la scrutò massaggiandosi una spalla “Se fossi una farfalla potresti volare via…”
“Per quello mi basterebbe essere una mosca o un moscerino, così sarei ancora più piccola! No aspetta!” sollevò una mano, terrorizzata “Se poi incontro un gatto e mi mangia? A proposito di gatti… Nathan sta diventando sempre più sadico e crudele, dobbiamo intervenire!”
La straordinaria abilità e rapidità di Maggie di passare da un argomento all’altro ormai non sorprendeva più Bliss. Anzi, probabilmente non l’aveva mai sorpresa, la conosceva da quando avevano entrambe pochi anni di vita.
“Nathan Castle è diventato un gatto?” scherzò Bliss, sicura che Maggie l’avrebbe presa sul serio “Che novità è mai questa?”
“No, no…” Maggie scosse la testa sgranando gli occhi azzurri “Nathan è stato sadico e perverso con un gatto bianco e rosso! In realtà lo è con tutti i gatti, ma con uno in particolare questa mattina. Dopo che sono corsa via dalla Perfida Sventura per venire qui prima di andare in università, ho visto Nathan che studiava nel suo giardino. Non so come faccia a studiare in giardino, io non ci riuscirei mai. In giardino mi guarderei intorno, non studierei affatto. A meno che stia leggendo un libro interessante, allora leggerei e non mi guarderei intorno. Ma studiare biologia molecolare, chimica organica o cardiologia vascolare, non se ne parla proprio. In quel caso io mi guarderei proprio intorno, in giardino!”
“Ma Maggie… tu non studi biologia molecolare e tutte quelle cose… insomma, tu sei iscritta a letteratura!” la interruppe Bliss.
“Vero!” Maggie sorrise sollevata “Ah, che fortuna!”
James sorseggiò il suo caffè e appoggiò cautamente la tazzina sul piattino, mentre si sforzava di non scoppiare a ridere.
“Comunque…” Maggie si incupì e aggrottò la fronte nello sforzo di recuperare il filo del discorso “Ha preso il gatto e lo ha lanciato via! Nathan intendo! E io gli ho detto che non si trattano così i gatti! Fossi stata io quel gatto gli avrei graffiato il naso, ecco!”
“E lui?” Bliss seguiva le sue parole, concentrata.
“L’ho incontrato qui, poco fa! Pensa che combinazione!” Maggie incrociò le dita e appoggiò i gomiti sul tavolino.
“Ma chi, Nathan?”
“No no, il gatto!”
“Il gatto è venuto qui?”
“Sì, qui proprio sotto la mia sedia… il gatto bianco e rosso! Ma Jenevieve lo ha visto e lo ha cacciato via. Per quello aveva in mano la scopa, per cacciare il gatto bianco e rosso da sotto la mia sedia!” Maggie Pennington sospirò prendendosi il viso tra le mani.
“Ho capito, ora è tutto chiaro!” annuì Bliss legandosi meglio il grembiulino intorno alla vita.
“Dobbiamo fermare Nathan, usando tutti i mezzi” lo sguardo di Maggie si fece cupo, come pronto a una battaglia.
“Possiamo aizzare tutti i gatti del quartiere contro di lui” rise Bliss divertita. “Lo vorrei proprio vedere come corre!”
“Una squadra d’assalto!” Maggie rise ancora più forte “Se li sognerà anche di notte e poi li adorerà. Magari la prossima volta che andiamo da lui gli facciamo vedere “Gli Aristogatti”, sono così teneri!”
“Li adorerà solo per farti piacere, Maggie!” Bliss si alzò, vedendo che Jenevieve stava guardando insistentemente nella loro direzione “Nathan fa tante storie, ma in fondo farebbe qualsiasi cosa per te!”
“Allora dovrà essere carino con il gatto bianco e rosso e lasciargli del latte ogni mattina” annuì Maggie riprendendo “Jane Eyre” tra le mani, mentre Bliss tornava al suo lavoro.
James Foster si voltò a guardare la ragazza. Poteva vedere solo la sua nuca, i capelli castani che ricadevano su una spalla da un lato, il collo sottile dall’altro. Il suo odore era fresco e leggero. Si chiamava Maggie. Starle intorno gli faceva dimenticare chi era e cosa poteva diventare.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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