"No"
Quel rifiuto mi rimbombò nelle orecchie più e più volte.
"No...no!"
Provai ad insistere, guidato come da una forza esterna al mio essere, ma mano a
mano cominciavo a rendermi conto.
Lasciai
che il mio cervello, a malavoglia, si liberasse dal delizioso intorpidimento che
porta l'eccitazione e tornai in me dopo l'ennesimo "no" secco.
"S..Scusa..." riuscii a biascicare cominciando a sentire il peso della
vergogna gravarmi sul petto.
Mi allontanai, senza neanche sentire cosa mi diceva.
Lasciai immediatamente la stanza, dopo essermi scusato nuovamente, ed aver
raccolto parte dei residui della cena.
Di certo ora lei stava male, di certo le avevo rovinato il compleanno.
Qualcuno potrà pensare che Hermione aveva mantenuto una mentalità ancora
bigotta ed arretrata e che per questo aveva rifiutato di venire con me. Nulla di
più sbagliato.
A farle urlare quella parolina di due lettere tanto odiosa non era stata
immaturità sessuale o eccessivo moralismo. Il motivo era ben più profondo e
radicato nella sua anima. Scemo io che avevo pensato di poterlo far sparire
senza darmi da fare più di tanto.
Mi sedetti sul divano, come se fossi sotto ipnotismo. Automaticamente lanciai a
Grattastinchi, che mi osservava come al solito, i resti del pollo e
dell'insalata. L'odioso gatto non si scompose neppure, viziato del cazzo che
era, manco se li avessi avvelenati.
La porta della stanza degli ospiti si aprì lentamente, me ne accorsi dal lieve
cigolio che proveniva da quella direzione.
Dopo qualche secondo mi sentii una mano poggiata sulla spalla, senza girarmi,
rimasi in silenzio. Non avevo nulla da dirle, le scuse le avevo esaurite tutte ormai.
Anzi, non ero neanche tanto convinto di essere in torto.
"Non sei tu a doverti scusare..." mormorò lei con un tono che mi
raddolcì all'istante l'animo "...davvero Ron. Scusami. Sei arrabiato,
vero?"
"No" mentii. In realtà ero arrabbiatissimo, ma non con lei.
Ero
furioso con tutti quelli che l'avevano ridotta così.
Le strinsi la mano facendole posto accanto a me, per permetterle di sedersi. Tremava
percettibilmente, anche se, sono certo, voleva nasconderlo a tutti i costi.
Da quando si era creata quella distanza tra noi due?
Da quel giorno. Da quando
la Hermione che riportammo indietro non era la stessa che ci avevano rubato.
Ricordo ancora l'interminabile attesa a Grimmauld Place, mentre lei veniva
interrogata.
Ritennero opportuno, quelli dell'Ordine, l'utilizzo del Veritaserum. Non perchè non si fidassero di
lei, anzi, lo fecero semplicemente per riuscirle a strappare qualcosa del periodo in cui era
stata sotto Imperio, del quale consciamente non ricordava nulla.
Nè io, nè Harry avemmo il permesso di essere presenti. Volevano
evitarci sofferenze, ne sono certo, ma non reputai per nulla giusto quel gesto.
Insomma, se non fosse stato per me, manco l'avremmo saputo che era viva.
Avevo rischiato la pelle senza pensarci due volte, anche se da sciocco,
e manco potevo sapere cosa avevano combinato per sconvolgerla a quel modo? Era
ingiusto, anche a ripensarci ora.
So soltanto che quando sguciò fuori da quella stanza piangeva a dirotto e che si chiuse
in camera per una settimana.
Quando uscì sorrideva a tutti e per tutto. Un
sorriso carico di magistrale interpretazione, ogni cellula dei suoi lineamenti
gridava "Sto fingendo! Sono brava? Sto fingendo!".
Nessuno riprese in mano l'argomento, da quel giorno. Tutti ci eravamo abituati a
quel sorriso così finto e così carico di tristezza.
Ci addormentammo così, sul divano, seduti. Le mani intrecciate tra loro.
L'eco del mio "no" ancora aleggiava nel salotto, come se cercasse una
via d'uscita, che non trovò.
Il giorno dopo mi ero accordato con Harry per vederci e pattuire alcune cose
riguardo il lavoro. Era una scusa per fargli incontrare Hermione.
Ma quando mi svegliai lei non c'era. Al posto suo trovai un nuovo bigliettino che
portava la scritta "Faccio una scappata dai miei, non li vedo da una vita!
Non preoccuparti sto bene, grazie per esserti preso cura di me. Quell'infuso è
stato miracoloso, non ho neanche il minimo sintomo influenzale, ora. Ti ho
preparato la colazione per ringraziarti, spero di tornare entro stasera. Saluta
tanto Harry da parte mia"
Rimasi piuttosto male nel ricevere la notizia della sua partenza, anche se
breve. Insomma, Harry era stracontento di poterci vedere entrambi, e già
immaginavo la faccia che avrebbe fatto nel vedermi arrivare da solo.
Svogliatamente mi alzai, stringendo il bigliettino tra le dita, e presi a
vestirmi con lentezza disumana.
Quando raggiunsi il luogo dell'appuntamento, una trattoria piccola ed
accogliente, in un vicolo isolato di Diagon Alley, Harry mi aspettava con un
sorriso amaro, come per dire "lo immaginavo".
"Mi spiace, stamattina mi sono svegliato e lei non c'era"
"Mhhh..." sapevo che non voleva mostrarsi scortese, ma c'era rimasto
davvero male.
"Siete i miei migliori amici...è mai possibile che anche prendendo
appuntamento con largo anticipo manco riesco a beccarvi insieme?".
Scoppiammo a ridere entrambi. Non perchè ci fosse qualcosa di comico nella
domanda, semplicemente perchè io e Harry quando ci vedevamo dovevamo ridere,
era più forte di noi.
Quella risata mi aveva aiutato anche nei momenti peggiori.
Quando, nello stesso locale, ci arrivavo con l'animo talmente inquieto da non
avere neanche la forza di camminare. Ci guardavamo, ridevamo, e tutto sembrava
andar meglio.
"Come sta mia sorella?" chiesi tanto per dire qualcosa. Avevo ricevuto
un gufo di mia madre proprio quella mattina, dove mi rassicurava sulla salute di
tutta la famiglia.
"Starebbe meglio se dovesse lavorare di meno"
Ginny lavorava come guaritrice da un paio d'anni ormai. Una volta superata una
certa età ti rendi conto che le chiacchierate che fai con le stesse persone di
un tempo vergono sempre sugli stessi argomenti.
Nel caso mio e di Harry, qualunque cosa dicessimo, arrivavamo a parlare di lavoro,
aneddoti divertenti su persone che non vediamo spesso e sesso.
Dato che era nel menu del giorno, mi arrischiai. Raccontai al mio amico quale
gesto *ignobile* mi fossi permesso di compiere la sera prima.
Lui scosse la testa, con aria grave. "Mi rendo conto che sia difficile, ma
cerca di capirla. Non sappiamo con precisione cosa le sia successo, ma possiamo
immaginarlo, no?"
La frase di Harry mi aveva aperto la mente. Insomma, quando mi chiedevo
"Cosa diavolo le avranno fatto mai?" non mi davo risposta. O perlomeno
mi rispondevo semplicemente "Non lo so, non me l'hanno detto"
Fuggivo dalla mia immaginazione.
Hermione fu tenuta sotto Imperio per una settimana, prima di essere sbattuta
nelle carceri, insieme a me. Per quanto ne sapevamo potevano averle fatto di
tutto, padroni com'erano del suo corpo e della sua mente.
L'avevano di certo picchiata, lo notai dagli evidenti lividi presenti sul suo
corpo. Magari le avevano prestato anche altra violenza.
No...no...era a questo che non volevo arrivare a pensare. Inevitabilmente,
guardai Harry e cercai una conferma "Secondo te l'hanno violentata? E'
possibile?"
Lui fece un movimento impercettibile con le sopracciglia. Non rispose per un
buon minuto, segno che stava riflettendo sulla cosa.
"E' molto probabile" rispose infine, senza alcuna espressione nel
viso.
Se non fossero già tutti morti o quasi, correrei di nuovo lì a rivendicare la
mia sete di vendetta.
Ad Hermione avrei dovuto chiederlo? No. Magari non lo ricordava neppure.
Ma ne portava il
segno nel subconscio. La cosa cominciò a sembrarmi talmente palese che mi
rimproverai di non essermene accorto prima.
Il suo atteggiamento ferito, le percosse sul suo corpo. Quegli schifosi pezzi di
merda chissà quante gliene avevano fatte. Li avrei ridotti in pezzetti
microscopici se solo li avessi avuti davanti.
Pagammo il conto e ci avviamo verso casa, senza proferir parola. Il sapere le
cose a metà è peggio del saperle per intere, se son brutte.
Quando tornai la casa era deserta. Non c'era neppure Grattastinchi.
La cosa mi intristì non poco. Certo ero abituatissimo a vivere solo e a
quell'atmosfera depressiva che mi attendeva nei ritorni a casa, ma avevo fin
troppo gradito la compagnia di quei giorni, tanto da non riuscire più a
staccarmene.
Controllai con un filo di speranza in tutte le stanze con la coscienza che
macinava illazioni su illazioni.
L'hanno violentata.
Le hanno fatto del male.
Ha sofferto per questo.
Per questo mi ha rifiutato, non c'è dubbio.
Vorrei poterli uccidere per la seconda volta.
Le hanno fatto del male.
Parole su parole che mi affollavano la mente.
Non riuscivo più a stare in piedi. Gli occhi mi si chiudevano da soli. Ebbi
appena la facoltà di controllare l'orario e si stendermi sul letto. Mi
addormentai all'istante.
Erano le otto di sera, lei ancora doveva tornare ed io ero talmente stanco
mentalmente che non avevo neppure la forza di preoccuparmi. Che schifo mi
faccio.
Non sognai nulla. Fu un sonno pesante. Di quelli che ti stordiscono appena ti
svegli, come se qualcuno ti avesse spiaccicato una padella in faccia con forza.
Ma per me non fu così.
Una voce sottile e ovattata mi si insinuò nel cervello. Tutto sembrava
null'altro che un sogno.
"Ron...ehi...svegliati...Ron..."
No. Non volevo svegliarmi. E poi era solo un sogno. La voce smise quasi subito
di chiamarmi, dopo qualche altro tentativo più forte.
Non riuscivo ad identificarla, anche perchè la mia testa era talmente
intorpidita da farmi perdere il senso della realtà, come se non dovessi
svegliarmi mai più in vita mia.
Poi due sottili dita mi sfiorarono leggermente la guancia. Sentivo chiaramente
la sensazione, ma non riuscivo ad aprire gli occhi.
Tanto era un sogno, che senso aveva? Un sogno ben riuscito, oserei aggiungere.
Poi ancora...un'altra carezza...un corpo schiacciato contro il mio. Un sussurro
all'orecchio.
"Svegliati"
Aprii gli occhi immeddiatamente. Era fin troppo realistico.
Hermione era stesa accanto a me, un maglioncino leggero che usava a mò di
giacca, ancora addosso, affanno e capelli scompigliati, tipici di qualcuno
che ha corso per arrivare presto.
Ci misi qualche minuto per riprendermi da quel sonno assurdamente fitto, lei
continuava il suo movimento con le dita.
"Sei tornata tardi" riuscii a dire con la bocca impastata dai postumi
della dormita.
Osservai i suoi occhi, erano sereni, limpidi. Sembravano innaffiati di
freschezza e aria pura.
"Mia madre voleva che restassi a dormire ma dovevo tornare
assolutamente" mi disse con un tono tranquillo, per nulla turbato,
nonostante la nostra innaturale vicinanza. Feci per dire qualcosa ma lei mi
zittì all'istante, posandomi un dito sulle labbra.
"Me lo hai detto tu. Di ricominciare da dove avevo lasciato..."
Quelle parole mi suonarono familiari ma in quel momento non riuscivo a ricordare
di averle dette io, si e no ventiquattro ore prima.
Tacqui. Lei sorrise appena, un sorriso sincero.
Le facoltà mentali tornavano poco a poco, sentivo l'umido calore del suo dito
premermi sul labbro.
"Chiudi gli occhi..." mi disse a mò di ordine.
"...e sarai felice" scherzai spostandole il dito sulla mia guancia e
chiudendo a poco a poco le palpebre.
"Scemo" mormorò un attimo prima di avvicinarsi al mio viso.
Sentivo i suoi capelli solleticarmi il collo.
Quelle poche parole, dette senza neanche pensarci su, mi avevano comunicato il
suo stato d'animo.
Sentii che stavolta potevo azzardare.
E, anche se ero io quello ad essere turbato, volli azzardare.
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CONTINUA
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I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
Non sono felicissima, anzi sono molto tristola, e giuro che partorire questo
capitolo è stato più difficile di quanto pensassi ;_; ma sentivo di doverlo
fare *_* ho anche io la vocina che mi da indicazioni *^^*.
Questo è il penultimo capitolo ((effinalmente!)) il prossimo spero di
pubblicarlo a santo stefano, dato che mi arrovellerò in pigiama tutto il giorno
senza dover far nulla ((è stupendo avere tre giorni di ferie uno dopo
l'altro!))
Vado a rimpizzarmi di gioie natalizie ((vedi: torroncini al cioccolato,
mostaccioli e pandoro con nutella caldo)) intanto vi auguro Buon Natale a tutti!
E grazie mille per gli auguri!! ^*^
Per Cho89: ma certo che ti perdono! Figurati! Grazie mille per gli auguri sei
sempre carinissima, bacio bacio :*