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Autore: Magali_1982    16/05/2014    6 recensioni
"Per questo correva sempre così tanto, così veloce. Per rendere indefiniti i contorni di una realtà aliena, dove non aveva punti saldi di riferimento. Per questo annotava tutto ciò che valeva la pena di apprendere, sentire, vedere, assaggiare, leggere. Per trovare il vero significato da dare alla sua seconda possibilità." Mai come dopo una distruzione totale servono punti di riferimento. Persino a un uomo definito "Leggenda Vivente". Steve e Captain America ora sono due entità divise, in conflitto. Sole. Alla ricerca di un modo per convivere e di un nome creduto perso in una tormenta di neve. A volte, l'unico modo per andare avanti è tornare indietro, a casa e scoprire di non essere stati i soli a farlo perché esiste un altro Soldato dilaniato tra due nomi. La loro guerra è la stessa e ciascuno cerca di punti fermi per non precipitare; un viaggio lungo e allo stesso tempo brevissimo, scandito da una lista.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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1.


Quando Steve Rogers lo aveva contattato per sapere se poteva passare un periodo a New York e rivedersi, Tony Stark aveva pensato a uno scherzo.
Un secondo dopo, si era ricordato che il prode Eroe della Nazione non aveva alcun senso dell’umorismo, quindi doveva essere tutto vero. Quando Pepper gli aveva fatto gentilmente notare come il suo invece fosse assai opinabile, il milionario si era dileguato dal loro attico sulla sommità della Stark Tower dicendole che non aveva tempo da perdere in congetture, dal momento che doveva far preparare le stanze per una leggenda vivente.
Il motivo per cui Pepper Potts, l’unica donna capace di amare e sopportare Tony Stark e il suo ego in perenne sovra stimolazione, non aveva trovato altro da dire era che quello non era stato un banale diversivo; esistevano effettivamente, quelle camere. Erano state inserite, insieme ad altre cinque, nel nuovo progetto della Stark Tower: spazi privati indipendenti, dislocati su sei piani collegati da una rete di ascensori, con aree in comune decisamente peculiari. Erano destinate a diventare il nuovo, vero cuore della struttura e la loro importanza era tale da far pensare al loro ideatore di cambiare nome all’imponente edificio, una volta fosse stato ultimato. L’unico, serio problema era: un’insegna grande il doppio di quella prevista in origine, non sarebbe stata troppo persino per lui?
  Erano trascorsi due anni dall’ invasione dell’ isola di Manhattan da parte dei Chitauri e New York stava dimostrando, dopo le Torri Gemelle, di possedere ancora gli anticorpi giusti per cominciare la cicatrizzazione di ferite ritenute troppo devastanti per venir riassorbite.
Prima di ogni cosa era stato necessario ricostruire il tessuto dei trasporti; quindi il Grand Central Terminal, snodo principale di tutta la rete ferroviaria che serviva la metropoli, era stata la prima opera messa in cantiere; l’atrio era stato sventrato da uno dei colossali leviatani vermiformi corazzati degli alieni trasportati sulla Terra da Loki e varie esplosioni avevano danneggiato il primo piano che ospitava quarantuno binari.
La città si era trovata praticamente isolata alla fine dei combattimenti, dal momento che anche le strade limitrofe erano ricoperte dalle carcasse divelte di mezzi rimasti coinvolti nella battaglia, vetri e rottami di vario genere piovuti dall’alto a causa degli edifici danneggiati; le vie di accesso furono ripristinate come logica conseguenza del ritorno in attività dei treni.
 Era stata poi la volta della metropolitana, degli incroci e via a salire. Gli abitanti si erano dati da fare subito dopo la vittoria dei Vendicatori: l’opinione pubblica poteva ancora essere divisa su di loro ma lì, tra SoHo e Hoboken, chiunque avesse parlato male di Iron Man o di Captain America si sarebbe trovato sotto lo sguardo freddo e perplesso di chi aveva visto la morte in faccia ed era stato salvato da uno scudo in Vibranio con incisa sopra una stella argentata.
Si dava il caso che ora il suo proprietario fosse tornato nella Grande Mela, quando i bene inseriti nell’ambiente dell’ Intelligence davano per certo il suo trasferimento definitivo a Washington. La comparsa di Steve nella splendente, nuova Hall della Stark Tower aveva dimostrato una volta di più che il nome Intelligence era stato appioppato ai servizi segreti da qualcuno dotato di  notevole autoironia. Non erano riusciti a monitorare gli spostamenti del Capitano e nemmeno a sapere con certezza dove fosse il suo ultimo alleato, Sam Wilson.
A Tony era  parso chiaro che il suo attempato ragazzone fosse molto meno facile da controllare che in passato e pronto a prendersi tutte le libertà di cui aveva bisogno, come un viaggio di quel genere;sicuramente i fatti di cui era stato debitamente informato avevano portato a galla conflitti interiori mai sopiti e rimorsi impossibili da dimenticare.
Quando aveva saputo che lo SHIELD era stato oggetto di pesanti infiltrazioni da parte dell’ HIDRA, che il sottosegretario Alexander Pierce ne era un esponente operativo e che il suo coinvolgimento in un piano folle di punizione preventiva di chi poteva, un giorno, divenire un nemico e oppositore al sogno di dominio mondiale fondato dal Teschio Rosso, aveva comportato la distruzione dell’ intero quartier generale dell’ organizzazione, non era riuscito a fare la sua solita sequela di battute di spirito. Anche lui era stato ospite di quella base. Anche lui, tenuto all’oscuro dei veri obiettivi del progetto Insight,aveva ideato e costruito i nuovi propulsori dei tre Helicarrier ora finiti sul fondo del bacino artificiale in cui una volta si specchiava il Triskelion.
Rogers era stato molto preciso nel suo racconto e lo aveva concluso rivelandogli il motivo per cui aveva voluto vederlo.
No, non aveva avuto un’acuta, lancinante mancanza del genio, miliardario, playboy, filantropo.
Sicuro Stevie?, gli aveva chiesto sbattendo malinconicamente le ciglia. Sicuro, gli era stato graniticamente ribattuto.
Ci sarebbe voluto comunque del tempo per trovare le informazioni, tutte le informazioni possibili, sul Soldato d’ Inverno. Ora lo SHIELD non esisteva più; persino Fury aveva adottato una nuova identità per poter raggiungere l’ Europa e organizzare le giuste contromosse per tentare di decapitare ogni testa che l’ HIDRA poteva rigenerare; Wilson aveva preso dei contatti in segreto con lui per aiutarlo, rimanendo di fatto a Washington in incognito per fornirgli notizie e gli appoggi giusti presso la rete dei veterani di guerra europei conosciuti in Iraq.
Quanto a Captain America, sentiva di essersi meritato un lungo congedo: doveva ritrovare un amico creduto morto  che per poco non lo aveva ucciso e risposte a troppe domande, anche se avesse significato dover ridisegnare la propria esistenza. L’eventualità non lo entusiasmava. Volendo essere onesto, Steve non sapeva che sapore potesse avere la parola stessa.
 Entusiasmo.
Il significato era andato perduto molto tempo prima del Progetto Avengers, prima della guerra contro Loki. Si era dissolto in una tempesta di neve, portato via dal vento, in un giorno terribile del 1944.
Peggy. Questa è la mia scelta.
Aveva pensato che quella sarebbe stata l’ultima da compiere in tutta la sua vita. Non era stato così. Dopo quella aveva dovuto prenderne molte altre e ben poche gli avevano lasciato ricordi per cui sorridere. Qualcuno avrebbe potuto dirgli che doveva ritenersi fortunato per quei momenti felici; forse sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe creduto al conforto che solo le frasi fatte sapevano dare ma adesso poteva solo fare i conti con l’ultima compiuta, quella di non rivelare a Stark l’esistenza di un dossier sul Soldato d’ Inverno. Prima di rivelargli la verità sulla morte dei suoi genitori e affrontare le conseguenze, Steve aveva bisogno di un terreno stabile sotto i piedi, dove poter cadere se tutto fosse precipitato di nuovo, con la certezza che non sarebbe sprofondato.
Per questo non aveva voluto saperne di approfittare dell’ospitalità offertagli subito ma Pepper aveva talmente insistito che alla fine aveva accettato, trovandosi a sua disposizione un appartamento grande abbastanza per ospitare senza impiccio due famiglie numerose, collocato proprio sotto l’attico del padrone di casa e totalmente indipendente dal resto del grattacielo. Lui era il primo Vendicatore a sperimentare le nuove comodità della Stark Tower rinata.
“Così ci eviterai l’imbarazzo di vedere la processione di donne che ti porterai ogni notte!”
Tony lanciava le sue provocazioni con la perizia di chi sa di andare a segno; aveva gongolato nel vedere l’espressione scandalizzata del Capitano, così scopertamente imbarazzata e sdegnosa da destare tenerezza. In realtà, aveva scoperto che per quanto si sforzasse, il figlio di un’altra epoca non riusciva a integrarsi nel mondo che lo aveva accolto al suo risveglio. Sicuramente era troppo teso, quel benedetto figliolo, troppo ingessato. Doveva assolutamente lasciarsi andare, oppure qualsiasi contrattempo sarebbe diventato grosso e invalicabile. Come quello che stavano affrontando proprio in quegli istanti.
“Non capisco perché tanta agitazione.”
Steve, mani sui fianchi e cipiglio marziale, fissò l’ami- il colle- il compa- Tony come se non facesse alcuno sforzo per comprendere il suo dramma. Cosa tra l’altro verissima.
“Ci tenevo particolarmente, tutto qui”, borbottò per poi prendere a passeggiare nell’attico come un leone in gabbia.
“Non è che oggi hai rimediato il numero di qualche runner da schianto, lo hai perso insieme alla tua agenda e ora sei lì a piangere sull’occasione persa?”
“Questa è fiacca persino per te!”
“Questo è il primo segno che dai di un barlume di spirito ironico, vecchia roccia. Sono fiero di te.”
In effetti, Steve si rendeva conto che si stava imputando come un bambino su una futilità ma quella piccola Moleskine lo seguiva da quando la prima missione degli Avengers era conclusa.
Era stata Natasha a cominciare, il giorno in cui si erano rivisti dopo la fondazione ed entrata in azione della squadra STRIKE, con il suggerimento di cercare tutto il materiale possibile sul primo viaggio dell’Uomo sulla Luna, il trionfo incarnato di un’ intera Nazione che premiava anni di sfide coraggiose e traguardi sempre più impossibili. Aveva detto gli sarebbe piaciuto. In fila erano venuti altri suggerimenti e uno proveniva proprio da Tony stesso.
“Non ho ancora provato la cucina thailandese…” ammise con profonda contrizione, fissando le luci di Manhattan, insolitamente limpide in quella notte di freddo autunnale. Aveva cercato il suo quadernino ovunque, lungo tutto il tragitto della Park Ride, interrompendo la sua corsa quotidiana. Niente.
“A questo si può rimediare” rispose pratico il padrone di casa. Si sfregò le mani. “Stasera t’inizierò alle delizie del servizio da asporto.”
Si allontanò dal bancone da bar, chiedendo a Jarvis di comporre il numero del ristorante Thay più popolare del quartiere e dopo fissò per un istante l’alta figura che ora gli dava le spalle. Avrebbe ucciso Pepper se un giorno gli avesse rivelato quanto fosse preoccupato per lui; insomma, Tony sarebbe stato ben lieto se Captain America avesse lasciato perdere il peso del suo ruolo per comportarsi con più disinvoltura. A volte aveva la sensazione che i doveri di cui era stato investito come Primo Vendicatore fossero una sorta di coperta di Linus, capace di riparare il suo padrone da un mondo che lo terrorizzava.
Se Tony si fosse degnato di chiedergli cosa lo turbava tanto invece di indagare con impudenza sulla sua vita privata e sessuale, Steve gli avrebbe volentieri risposto che non era il mondo a fargli paura ma chi lo abitava. La società si era complicata, stratificata e ramificata in un modo tale da toglierli tutti gli appoggi basilari su cui era cresciuto; va bene, erano una serie di codici morali, di comportamenti ma non riconoscendoli più nella loro evoluzione, il coraggioso soldato che aveva salvato il mondo già due volte si sentiva solo, indifeso e debole. Come il ragazzino ammalato d’ asma che veniva sempre picchiato dai bulli perché incapace di non reagire davanti a un sopruso. Questa volta  lo sbruffone non aveva un volto ma migliaia di volti e cercare di fronteggiarlo era una lotta impari, per quanto non l’avrebbe abbandonata nemmeno a costo della vita. Se si scappava una volta, dopo era impossibile fermarsi.
Per questo correva sempre così tanto, così veloce. Per rendere indefiniti i contorni di una realtà aliena, dove non aveva punti saldi di riferimento. Per questo annotava tutto ciò che valeva la pena di apprendere, sentire, vedere, assaggiare, leggere. Per trovare il vero significato da dare alla sua seconda possibilità.



Angolo (tetro e buio) dell' autrice: ho dovuto apportare delle modifiche (avevo clamorosamente sbagliato una data e con l' HTML devo decisamente recuperare la mano...) ma eccolo qua; capitolo primo. In realtà non ho molto da dire ma una cosa non posso dimenticarla: un grazie enorme come l’ego di Tony a chi ha cominciato a leggere The List e mi ha lasciato la sua opinione, a chi ha letto e basta e alle ragazze di un gruppo Face Book le cui dissertazioni mi fanno sempre morire dal ridere e lasciano ottimi spunti. La scorta mensile di Fruttolo va ad Alkimia EFP, lei sa perché. A venerdì prossimo!
Maddalena.

  
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