BETWEEN THE HUNGRY
Vermont .
Steven ci
guardò seri. «Vermont»
annunciò poi secco.
Io e Noah ci
guardammo. Lui strizzò gli occhi,giocò con le
pellicine di un dito,poi alzò la
testa e incrociò lo sguardo del ragazzo.
«Quanto
dista?» chiese pensieroso.
«Cinque
ore.
Possiamo trovare un posto in periferia,lontano dalla
città,ma non troppo.
Avremo bisogno di viveri,e per quei viveri serviranno dei
negozi».
Annuii,ripetendo
a me stessa che avesse ragione. Era un tipo piuttosto pratico ed
intelligente
Steven,mi piaceva. Con la sua aria da bravo soldato dedito al dovere e
quel suo
atteggiamento protettivo,mi ispirava quasi un senso di sicurezza. Una
cosa
però era certa : non me lo sarei mai voluto ritrovare contro.
«E
dove
dormiremo,o mangeremo o…o faremo qualsiasi cosa?»
chiese Brittany,torturandosi
le mani.
Steven
inclinò un poco la testa,si avvicinò con il
busto,e rispose «mai sentito
parlare di tende?» .
Storsi la bocca al suono dell’ultima parola. Tende. Era così che avrei definito la mia casa da adesso in poi : con la parola "tenda".
«Lo so
quello che state pensando» intervenne Alex,portandosi una
sigaretta tra le
labbra «tende?Ma saranno scomode,ma farà freddo e
bla bla bla…gente,vi ricordo
che siamo in una situazione davvero pericolosa. Siamo già
fortunati di poter
respirare e non mi sembra il caso di metterci a lagnare per la
questione degli
alloggi. Attrezzeremo un bel campo,contateci. Già immagino
la nostra vita per
le fredde colline del Vermont,tagliando alberi con delle camicie di
flanella ed
un’accetta improvvisata,o uccidendo scoiattoli e litigare per
averne la parte
più gustosa : gli occhi».
Tutti gli
sguardi finirono sulla ragazza. Lei scosse la testa sghignazzando,e si
accese
la sigaretta.
«Ma
che stai
blaterando?» domandò la bionda con un sopracciglio
sollevato.
Alex la
guardò per qualche secondo,si alzò dalla sua
sedia,e disse «sto solo
scherzando,biondina»,mentre una nuvoletta di fumo invadeva il
viso dell’altra
ragazza.
Al pensiero
di quel suo strambo discorso,trattenni a stento l’impulso di
ridere. Quella
ragazza sembrava fuori di testa,ma era buffa nelle sue uscite senza
senso e il
tono della sua voce era così caldo e suadente,che le sarebbe
bastato pronunciare anche
solo una parolaccia,e tutti si sarebbero comunque voltati nella sua
direzione. Sembrava una ribelle non solo per l’aspetto,ma
anche per il suo modo di comportarsi. Una ribelle,una provocatrice,era
così che
nella mia testa l’avevo etichettata da qualche ora.
Brittany
tossi un po’e scacciò la nuvoletta facendo vento
con la mano «avevo capito che
stessi scherzando!» controbatté l’altra
con un accenno di broncio «Ma qui
stiamo parlando di una questione seria,se ancora non ti è
chiaro».
Alex fece un
altro tiro di sigaretta,poi sputacchiò il fumo con calma
dalla bocca e dal
naso,e disse «mi è chiaro». Chiuse gli
occhi,fece un altro tiro e,forse,con
consapevolezza,rispedì il fumo in direzione della bionda,che
sbuffò,agitandosi.
«Posso
chiederti una sigaretta?» le domandai.
Lucas mi
lanciò un’occhiataccia e lei annuì
vivacemente,facendo svolazzare la cenere su e giù per via
del movimento della testa. Si alzò
dalla sedia sulla quale si era riaccomodata,prese svogliatamente uno
zainetto
poggiato sul divano,poi lo lanciò vicino il tavolo,e
tornò a sedersi.
«Prendi
tutte quelle che ti servono» mi disse,facendo un cenno con la
testa allo zaino
di pezza che avevo vicino la gamba.
Lo aprii,e
immediatamente sgranai gli occhi. Dentro c'erano forse trenta
pacchetti da venti di Marlboro rosse,poi c’era una bottiglia
di vodka,una
decina di scatole di munizioni,e due pistole perfettamente identiche.
Afferrai
il pacchetto scartato e mi misi in bocca la sigaretta tirata fuori. La
ragazza
si sporse dalla sedia e,tempestivamente, l’accese.
«Grazie!»
esclamai sorpresa da tutta quella cordialità.
«Beni
primari» bofonchiò lei,ridacchiando.
Steven si
schiarì la voce,ed inspirò profondamente
«siete tutti d’accordo?Andremo in
Vermont?»
«Facciamo
a
votazioni!» esclamò la sorella.
Tempo tre
secondi,e le mani di tutti si sollevarono,senza esitazioni.
«E che
Vermont sia!» annunciò entusiasta il ragazzo.
Una
settimana
dopo…
Un brivido
mi scosse tutta : avevo i piedi scoperti. Diedi un calcio ad un lembo
della
coperta e quell’improvviso freddo fastidioso
sparì. Inspirai a fondo,sempre con
gli occhi chiusi,nel vano tentativo di riaddormentarmi. Un gomito mi
colpì in
pieno viso e mi lamentai,strofinandomi lo zigomo con la mano.
«Oi!»
esclamai,continuando a sfregare il punto dolorante.
Una chioma
bionda spuntò fuori dalla coperta,e due occhietti si
aprirono,mostrando il loro azzurro intenso,ancora assonnati e
socchiusi. La
ragazza si passò una mano sul viso,si strofinò il
naso con il polso,e poi mi
guardò confusa.
«C-che
succe…che succede?» chiese spaesata,con un filo di
voce.
Io risi
«mi
hai dato una gomitata in faccia!» risposi,ancora ridacchiando.
Lei
alzò
entrambe le sopracciglia,sollevò gli angoli della bocca,e
richiuse gli occhi.
«Scusa»
biascicò,rituffandosi sul cuscino.
La guardai
per qualche secondo,sempre con la testa sollevata,poi sorrisi di
nuovo,e mi
stesi a pancia in giù. Un brivido mi percorse la schiena,un
altro le gambe e un
altro le braccia. L’aria del Vermont pizzicava un
po’,soprattutto di prima
mattina.
«Dormi?»
chiesi,dando un colpetto sulla spalla della ragazza.
«Mmmh…»
mugolò lei.
Sbuffai.
Fuori era ancora buio,ma i primi raggi del mattino cominciavano a
rischiarare
il cielo,rendendolo di quel colore stupendo che tanto amavo. Avevo
perso sonno
ormai,e Brittany sembrava non aver voglia di ascoltarmi. Mi
scoprii,scesi dal
materasso,e quando stavo per infilarmi una felpa sopra la
canottiera,qualcuno
tirò giù la zip della tenda. Mi voltai di scatto.
«Ma
che..?»
«Ehi,sceme!»
esclamò Alex con aria pimpante «Mio fratello mi
manda a svegliarvi. Aveva paura
che foste nude,a dirla tutta…e quindi non si fidava ad
andare lui stesso.
Comunque,dice che oggi inizia l’addestramento e che dovremmo
fare le votazioni
per il capogruppo,per cui smettetela di poltrire e venite
fuori».
«Votazioni?»
chiesi confusa.
«Cara,abituati
all’idea che non berrai più
caffè,quindi sveglia!» disse ridacchiando
«Serve
qualcuno che ci guidi,e faremo delle votazioni. Ah,a
proposito!» continuò
poi,con quel suo tono vivace «Vi avviso : mio fratello
è uno stronzo e vi
massacrerà. Spero che nella vostra vita abbiate praticato
almeno un minimo di
sport,altrimenti siete fottute…» poi,con
nonchalance,richiuse la tenda e se ne
andò.
Aveva
parlato così velocemente e di così tante cose,che
continuavo a fissare la porta
della tenda,con una manica della felpa ciondolante,e lo sguardo perso.
Che aveva
detto?Non poteva sparare a raffica a quell’ora del
mattino!Non ero concentrata…
Mi finii di
infilare la felpa,mi misi i soliti pantaloni neri e sporchi di una tuta
raccattata qualche giorno prima,e poi gli stivaletti marroni,ugualmente
raccattati. Mi avvicinai a quel groviglio di coperte,e mi piegai sulle
ginocchia,osservando quella figura nascosta dalla stoffa. Una cosa
però dovevo
ammetterla : Brittany era una piacevole compagna di tenda.
All’inizio si erano
create delle discussioni perché non eravamo riusciti a
trovare un accordo per
la notte. Alex aveva insistito per dormire con suo fratello,e Lucas era
stato
costretto a dormire con Noah,che di certo non avrebbe potuto dormire
con
Brittany. C’erano tre tende abbastanza spaziose,ed un gazebo
con un tavolino,provviste,e
tutto l’occorrente per sopravvivere. Sì : avevamo
svaligiato un negozio di
articoli sportivi. Avevamo piantato le tende in un enorme campo verde
sperduto,lontano dalla civiltà,ma allo stesso tempo
sufficientemente vicino per rifornirci del necessario. Avevamo fatto
diverse spedizioni quella settimana,tutte abbastanza stancanti.
Dovevamo
attrezzarci con tutto l’occorrente,ma recuperarlo non era
stato facile e c’era
stato bisogno che tutte le braccia del gruppo collaborassero.
Comunque,ce
l’avevamo fatta e alla fine di tutte quelle stressanti
operazioni,ci eravamo
gonfiati di un gran senso di soddisfazione,che per un istante ci aveva
resi felici.
«Brittany…»
sussurrai dolcemente,piegata sulla sua figura «odio essere
rompipalle e lo so
che sei stanca,ma devi alzarti. Oggi inizia
“l’addestramento”».
Lei si
rigirò nelle coperte «ammazza quel pazzo,per
favore!» mi supplicò in un
lamento.
Scossi la
testa ridendo.
«Eddai,magari
potrebbe essere divertente. Che senso ha starsene tutto il giorno a
letto?»
«Ha il
senso
del riposo» mi rispose lei,scoprendosi il viso dalla coperta
«conosci questa
strana parola? R i p o s o» ripeté,scandendo
lettera per lettera.
Risi ancora.
Quanto era buffa!
«Fa’
come
vuoi!» esclamai arresa «Io voglio imparare a
sparare».
«Mmmh…»
La guardai
un’ultima volta,e poi uscii dalla tenda. Avevo imparato tre
cose di Brittany in
quella settimana : la prima,era che aveva tatuato un colibrì
poco più sopra
dell’inguine. Me ne ero accorta perché le mutande
lasciavano scoperte un paio
di ali,e allora incuriosita avevo iniziato a fare domande. La
seconda,era che
era una tipa particolarmente goffa. Quando stavamo montando le tende,si
era
data un paio di volte il martello sull’indice,finendo poi per
piagnucolare. La
terza,era che quando aveva sonno,aveva sonno e basta.
Appena
uscita,sentii l’aria pizzicarmi sulla pelle,e mi tirai su il
cappuccio. Misi
una mano nella tasca della tuta,tirai fuori un pacchetto di Marlboro,e
m’infilai una sigaretta tra le labbra. Erano quasi tutti
fuori dalle proprie
tende. Mio fratello si toccava i capelli e sfregava le mani sugli occhi
stanchi,sbadigliando. Alex era già piena di energia e fumava
una sigaretta
saltellando incontrollatamente,e il fratello era nel gazebo,che
disponeva le
armi sul tavolino. C’eravamo tutti,tutti tranne Noah e
Brittany. Mentre la
ragazza era solo molto stanca,per Puckermann la questione era un
tantino
differente. Da dopo il viaggio a New York,il suo atteggiamento era
notevolmente
cambiato : non era più lo stesso. Mangiava il minimo
indispensabile,spesso
regalando le sue razioni a mio fratello e trascorreva la maggior parte
del
tempo chiuso in tenda,oppure con la scusa di una passeggiata,se ne
stava le ore
in giro per quell’immenso campo,tenendoci tutti con il fiato
sospeso. Non aveva
voglia di parlare,di fare niente…era apatico,e mio fratello
mi aveva riferito
che la situazione era,in realtà,più preoccupante
di quanto sembrasse. Non
sapevo più come comportarmi con lui. Avevo provato a
parlargli,ma con la scusa
di essere stanco mi aveva allontanata. Avevo davvero paura che si
sarebbe
abbandonato al dolore e sapevo che,se l’avesse fatto,in
qualche modo ne sarebbe
rimasto ucciso.
«Siamo
solo
noi?» chiese Steven,guardandosi attorno.
«Sì!»
rispose la sorella «La bionda non vuole alzarsi,e
l’altro…beh,lo sai»
concluse,facendo spallucce.
«E va
bene,per oggi passa. Dunque,cominceremo facendo un po’ di
stretching,poi ci
concentreremo su addominali e flessioni».
Storsi la
bocca. Non facevo più attività fisica
da…da quando ero stata una cheerleader al
McKinley. Il ricordo di Sue Sylvester che urlava con il suo
megafono,ancora mi
terrorizzava.
«Non
si
spara,oggi?» chiese mio fratello,stendendo la gamba destra.
Steven
scosse la testa «una cosa alla volta. So quanto sia urgente
imparare a
maneggiare un’arma,ma per oggi credo che dovremmo
concentrarci su una
preparazione un po’ più generica».
Storsi la
bocca,di nuovo.
La mattinata
trascorse poi velocemente. Facemmo la bellezza di cento addominali e
quaranta
flessioni. Mi sentivo la pancia completamente dolorante,e le braccia
prive di
forza,deboli come se non avessero avuto delle ossa a sostenerle. Ma non
era
finita qui. Steven aveva poi preteso che allenassimo anche i muscoli
delle
gambe e così avevamo corso per mezz’ora,senza mai
fermarci,avanti e indietro
per quel campo dalla terra irregolare e distruttiva. Quando sua
sorella,che
si era accesa quattro sigarette durante la corsa,aveva invocato
pietà,quasi strisciando
per terra,il grande “capo” aveva ceduto. Era ora di
pranzare,ma di Noah e
Brittany ancora non vi era traccia.
«San»
mi
chiamò mio fratello,tutto sudato «potresti andare
a dire a Noah che esca a
mangiare?»
Sospirai,guardando
verso il basso «certo» risposi,con dello sconforto
nella voce.
Mi avviai
alla tenda ancora chiusa,e diedi alcuni colpi alla tela. Nessuna
risposta.
«Puckermann,è
ora di pranzo. Perché non esci e non vieni a mangiare con
noi altri?»
«Non
ne ho
voglia» rispose una voce spenta,appena percettibile.
Scossi la
testa «vuoi che ti porti la tua razione?»
Silenzio per
alcuni secondi.
«Dalla
a chi
ha più fame. Prendila tu,se vuoi…»
Sbuffai,stremata.
Non ce la faceva a vederlo e sentirlo in quel modo,era una cosa che mi
distruggeva. Mi aveva salvato la vita,gli volevo bene…ma lui
era rimasto
devastato dalla serie di cose che gli erano accadute. Se non fosse
stato per la
storia di suo fratello,ero sicura che avrebbe digerito senza troppi
problemi la
fine della madre. Era il rimpianto a devastarlo,il rimpianto di aver
avuto
paura e di non esser mai riuscito ad incontrare il ragazzo della
lettera. Era
da capirlo. Se avessi vissuto quello che aveva vissuto lui,forse sarei
stata
anche io male in quel modo. In fin dei conti,però,stavamo
tutti male,bastava
solo non darlo a vedere.
Mi
allontanai dalla tenda e mi avviai alla mia,poi aprii la zip che la
teneva chiusa. Lei era ancora lì,sotto le coperte,nel bel
mezzo di un sonno
profondo.
«Ma
quanto
dormi?!Forza,è ora di mangiare!»
«Mmmh..?»
Sbuffai,ed
entrai. Afferrai saldamente un lembo della coperta e la tirai via in
uno scatto
violento. La ragazza si lamentò,sempre tenendo gli occhi
chiusi.
«Ma ti
svegli?!Nemmeno a dire che sei stata di guardia…Alex si
è fatta tutta la
nottata!»
«E
quindi?Falle un applauso da parte mia» rispose secca.
Le diedi uno
scossone.
«Mettiamola
così : se non esci adesso,la tua razione va a farsi
benedire».
I suoi occhi
si spalancarono all’improvviso e,senza emettere un altro
suono,si alzò dal
materasso e cominciò a frugare nel mucchietto di panni
disposti all’angolo
della tenda. Se ne stava in mutande,con una t-shirt nera a guardarmi
con quella
sua aria da sopravvissuta ad una sbornia epica,chiedendosi
chissà che cosa.
«Ma
non vai
a mangiare?» mi chiese un po’ sorpresa
«Che fai,mi aspetti?».
Io rimasi
interdetta. Non mi ero accorta che fossi rimasta a guardarla come
un’idiota.
Forse avrei dovuto cominciare ad avviarmi al gazebo.
«S-Sì,certo!Volevo
solo assicurarmi che non ti rimettessi sotto le coperte»
risposi un po’
incerta.
Lei mi
guardò e sorrise «sei molto premurosa Santana,ma
non sono una bambina» concluse
facendomi l’occhiolino.
Abbassai
immediatamente gli occhi e bofonchiai un «giusto».
Uscii dalla
tenda senza neppure richiuderla,e m’incamminai verso il
gazebo da cui già
s’intravedevano delle porzioni di riso fumanti,che
aspettavano solo di essere
divorate da degli stomaci affamati. Steven mi fece un sorriso e poi
cominciò ad
ingurgitare il riso.
«Davvero
una
genialata prendere un tavolo e non delle sedie»
affermai,affondando il
cucchiaio in quell’ammasso colloso di cibo.
Alex e Lucas si misero a ridere.
«Sì,beh,diciamo
che non ci avevo pensato…» si
giustificò il ragazzo.
Quando anche
Brittany ci raggiunse,Steven si schiarì la voce e capii da
subito che volesse
dire qualcosa di particolarmente serio.
«Sentite,»
esordì con quel suo tono di voce importante
«più tardi voglio fare delle votazioni per
eleggere un capogruppo. Voi siete favorevoli a quest'idea?Io penso
che debba esserci qualcuno che sia in grado di guidarci e di fare delle
scelte…capite cosa intendo?»
Io e
Brittany ci guardammo a vicenda.
«Dillo
e
basta che vuoi essere capogruppo!» esclamò la
sorella.
«Alex»
la
richiamò lui.
«Per
me va
bene» disse Brittany.
«Anche
per
me» dichiarò Lucas.
«Sì,credo
sia giusto» aggiunsi io.
Steven
annuì
ed accennò un sorriso «bene!Quando sarà
il momento,se sarete nelle tende,vi
verrò a chiamare!»
Mi misi a
sedere sul materasso. Ero stanca,ma sapevo che se avessi provato a
dormire,non
ci sarei comunque riuscita. Brittany mi fece un sorrisetto simpatico,da
seduta
anche lei,e poi sbuffai. La cosa che mi dava più fastidio in
quella tenda e,in
generale,della vita all’accampamento,era l’aver
spesso troppo tempo per
pensare. Quando te ne stavi in silenzio,a girarti i pollici,allora i
ricordi,le
voci,le immagini e tutto quel che portavano con
sé,cominciavano a tormentarti.
«Sei
passata
da Noah?» mi chiese Brittany «Sta sempre
uguale?»
Annuii
rattristata «non c’è verso di farlo
uscire dalla tenda. Deve ancora metabolizzare
il tutto. E' distrutto».
La bionda
annuì e si morse un labbro «volevo davvero tanto
bene a suo fratello. Era una
di quelle persone che sanno farti spuntare il sorriso quando sei
triste,che si
fanno in quattro per te e che ti danno tutto il loro cuore. Mi manca un
sacco...»
affermò scuotendo la testa,con gli occhi lucidi.
«Un
po’ come
il fratello».
«Voi
come vi
siete conosciuti?» mi chiese lei,improvvisamente curiosa.
«Andavamo
allo stesso liceo. Lui un giocatore di football un po’
stronzo,ed io una
cheerleader pettegola e cattiva» risposi,accusando
immediatamente una fitta
piena di malinconia.
Lei sorrise
«tu eri una cheerleader?»
«Assolutamente
sì!» risposi ridacchiando «E non una
delle cheerleader qualsiasi,ma “capo
cheerleader”. Avevo una coach che non riusciresti nemmeno ad
immaginare».
«Perché?»
«Ti
giuro
che è stata la persona più folle che io abbia mai
conosciuto. E’ sempre stata
incredibilmente spietata e rigida con noi,ma tutte sapevamo quanto bene
ci
volesse in realtà. Quando ha saputo che non sarei andata al
college,ha fatto di
tutto per cercare di aiutarmi,ma in quel momento non potevo davvero
allontanarmi da casa».
La ragazza
smise di fissare un punto della tenda,e puntò gli occhi sul
mio viso «niente
college,eh?I miei mi hanno praticamente costretta ad iscrivermi alla
Columbia»
disse con un'ironia un po' amara.
«Ah,sì?»
«Ma
scherzi?!Un newyorkese che non va ad un college di prestigio,che razza
di
newyorkese è?Sarebbe un “colpo basso”
fatto da una ragazzina che avrebbe voglia
di inseguire dei sogni irraggiungibili,che porterebbero ad un
fallimento e ad
una cattiva immagine per l’intera famiglia».
«Wow!»
esclamai esterrefatta «Ragionavano così i
tuoi?»
Si morse un
labbro ed annuii.
«E
quale
sarebbero stati i sogni irraggiungibili di quella ragazzina?»
chiesi curiosa.
Lei
sorrise,ma i suoi occhi divennero improvvisamente tristi
«ballare. Ho sempre
amato la danza. Ho passato la mia intera vita a ballare,credendo un
giorno di
poter fare la ballerina,e poi semplicemente hanno distrutto tutto,come
se
avessero soffiato su un castello di carte».
Abbozzai un
sorriso per cercare di rassicurarla,ma quello che sentivo era solo una
grande
tristezza. Avvertivo la sua stessa tristezza,gliela leggevo negli
occhi. Non
riuscivo a smettere di pensare che eravamo entrambe vittime della vita
; io
perché non avevo avuto la possibilità di
realizzare i miei sogni,e lei perché
invece le erano stati distrutti dalle figure che avrebbero dovuto
incoraggiarla
a seguirli.
«Beh,non
pensarci…i ricordi sono armi pericolose»
affermai,con amarezza.
«Già»
rispose lei,annuendo.
La osservai
per un po’,mentre era sovrappensiero. Sempre con quella sua
aria triste,con
quell’ingenuità che si mischiava
all’azzurro dei suoi occhi,e quelle labbra screpolate e
mangiucchiate per il nervosismo. Aveva un viso
dolce,sì…era bella. Per
un attimo me la immaginai ballare. Vidi nella mia testa quel corpo
slanciato
muoversi,girare,e i lunghi capelli biondi assecondare quegli stessi
movimenti.
Chissà come era graziosa mentre ballava,chissà se
quella sua goffaggine che mi
faceva tanto ridere,svaniva e si abbandonava alle note della melodia
che
avrebbero smosso il suo corpo. Mentre studiavo il profilo del suo collo
chiaro,lei si girò.
«C’è
una
cosa che devo dirti» ammise seria,sguardo nello sguardo.
«Cosa?»
«Sono
contenta di averti come compagna di stanza».
Continuai a
guardarla,non potevo cedere.
«Anch’io.
Sei una ragazza interessante Brittany Pierce,e mi divertirò
a scoprire ogni tua
sfaccettatura».
Lei sorrise
e si morse un labbro,con aria timida «allora buona fortuna
Santana Lopez.
Sarebbe più facile uccidere ogni singolo affamato su questo
pianeta,ma se
proprio ci tieni,provaci…»
Sorrisi ed
annuii «Non solo ci proverò,ma ci
riuscirò!»
Lei scosse la testa ridendo e poi si stese,avvolgendosi nella coperta. In quel momento,non so perché,avrei voluto stringerla o essere stretta. Ancora mi risuonava l’eccitazione di quella sfida lanciata implicitamente,e ancora rivedevo il suo sguardo timido, provocarmi. Mi stesi anch’io,nella sua stessa direzione,con la testa di fronte alla sua nuca e le gambe quasi a sfiorare le sue. Sorrisi ripensando alle sue parole e chiusi gli occhi,rivedendo ancora la sua pelle. Avevo sempre avuto un problema ed era forse per quello che la coach Sylvester mi aveva sempre adorata : le sfide erano state da sempre la mia passione. Buona fortuna Santana Lopez,riascoltai nella mia mente. Sì,buona fortuna.
Salve gente!
Comincio con il dirvi che ahimé in questi giorni sono particolarmente impegnata,e che lo sarò probabilmente per un bel periodo. Questa vita è piena di "casini" e a volte avrei voglia di vivere perennemente estraniata dal resto del mondo,scrivendo e non avendo nient'altro da fare. Beh,tralasciando le fantasie,mi viene spontaneo chiedervi che cosa ve ne pare di questo nuovo capitolo,che segna l'inizio di un'evoluzione all'interno della storia. Insomma,questo Vermont vi piace oppure no?
Dai,dai...senza che mi dilunghi troppo,annoiandovi,aspetto con ansia di leggere i vostri pareri nelle recensioni!
Alla prossima!E state pronti...