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Autore: Inathia Len    16/05/2014    1 recensioni
Celia Stebbins è una ragazza qualsiasi, ma nasconde un segreto.
Celia sogna.
Celia ricorda.
Di un tempo in cui un uomo che viaggia in una cabina blu più grande all'interni rispetto all'esterno l'ha salvata dalla morte, quando era solo una bambina. Ma Celia non sa la verità, non sa che la donna che chiama madre non lo è davvero, non sa chi lei sia.
Quando i sogni si colorano di rosso e Celia ricorda di un pianeta andato distrutto, sa che deve scoprire la verità. E sa anche che c'è un solo uomo che la può aiutare: Sherlock Holmes.
Primo cross-over tra Doctor Who e Sherlock, ambientato tra la seconda e la terza stagione del primo e dopo la terza del secondo. Fatemi sapere che ne pensate :-)
Genere: Angst, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Where is home?

 

 

 

La voce di Roona al citofono sembrava quella di una donna sul punto di scoppiare in lacrime e Celia si sentì in colpa, per un attimo. Sua madre era sempre stata iper protettiva con lei, soprattutto quando era più piccola, e un comportamento del genere, in circostante normali, le avrebbe fatto passare grossi guai.

-Sono io- rispose, cercando di mantenere un tono di voce saldo. John le strinse la spalla in segno di solidarietà e accennò un sorriso.

-Celia?!- gridò Roona, aprendo il portone automatico dall’appartamento.

I tre si infilarono nell’androne ed entrarono in ascensore. Salirono fino al quarto piano.

Quando le porte si aprirono, Celia venne soffocata dall’abbraccio di Roona che non aveva ancora messo piede sul pianerottolo.

-Ma dove eri finita? Ho chiamato anche la polizia, ma mi hanno detto che non potevano farci nulla, che per loro devono passare un tot di ore prima di considerare scomparsa una persona… e poi tu sei maggiorenne … Ma avresti potuto dire qualcosa…- la sgridò, le lacrime agli occhi. Ma Celia, per nulla commossa, la allontanò poco gentilmente.

-Siamo qui per i disegni- disse gelida, senza guardarla negli occhi.

Roona guardò confusa John e Sherlock, soprattutto il primo.

-Ah, scusi ma non mi sono presentato. Dottor John Watson, piacere- disse John, allungando la mano a Roona, che la strinse come inebetita. –Possiamo entrare?-

Lei annuì e si fece da parte, cercando di afferrare la mano di Celia mentre i tre sfilavano dentro casa.

-Vuoi spiegarmi cos’è questa storia?- sbottò, mentre Sherlock, in piedi accanto al divano, scannerizzava la casa ad occhi socchiusi. –Di che disegni parli?-

-Di quelli di quando Celia era bambina, ovviamente- rispose Sherlock, mentre Celia guardava fissa il pavimento, tormentandosi la lunga frangia.

-Ma sono sul frigorifero, li avete già visti… Celia, quando la smetterai con questa buffonata e tornerai a casa?-

-E dove sarebbe, esattamente, la mia casa, mamma?- chiese Celia, sarcastica e pungente. –Perché non è qui, né tanto meno a Londra- aggiunse, mentre la voce saliva di tono e sfiorava l’isteria. Stava per piangere, lo sapeva. Mannaggia a lei e alle sue lacrime facili. Ancora una volta, la mano di John trovò la sua spalla e lei si sentì rassicurare.

-Celia, di cosa stai parlando?- boccheggiò Roona, crollando sul divano accanto a lei, ma Celia si spostò più lontana.

-Quelli non sono i soli disegni che io abbia mai fatto, ne sono certa. Quale bambina si limiterebbe a dieci fogli?-

-Cosa ti fa credere che io li abbia conservati? Magari li ho buttati anni fa…- tentò di bluffare Roona.

-Signora Stebbins, ci servono quei disegni. Ora, possiamo fare un due modi: o ce li da ora, una cosa rapida e indolore, oppure sarò io stesso ad andarli a prendere- disse Sherlock, smettendo per un attimo di analizzare l’ambiente intorno a lui e concentrandosi su Roona. –A lei la scelta.-

Per un attimo lei rimase immobile, gli occhi fissi in quelli di Sherlock in uno sguardo di sfida e puro odio insieme, poi Roona si alzò, sparendo in camera da letto.

Quando ricomparve, qualche minuto dopo, tra le mani teneva una vecchia scatola di biscotti decorata con l’immagine di Harrods davanti. Era di un bel verde scuro, tutt’intorno, con i bordini dorati.

-Ingegnoso- ammise Sherlock- Anche se con lei devo essere sincero, signora, era piuttosto ovvio che fossero lì dentro.-

-Stia zitto e prenda questa scatola, prima che cambi idea- lo fulminò Roona, sedendosi accanto a Celia che, come prima si spostò lontano da lei.

John aprì delicatamente il coperchio, appoggiandolo sul divano, e poi cominciò a scorrere i disegni, passandone alcuni a Sherlock e a Celia. I soggetti erano diversi rispetto a quelli esposti sul frigorifero. Se i primi erano un inno alla gioia e alla normalità, tutti fiori, principesse e Soli sorridenti, i secondi facevano rabbrividire. Gli scenari raffigurati erano inquietanti, scuri e polverosi. Le poche figure rappresentate, solo lontanamente umane, avevano i volti sfigurati dall’angoscia e dalla paura e sembravano pregare lo spettatore in cerca di aiuto. Si trattava di figure lunghe e sottili, dalla pelle diafana e quasi trasparente, dipinti con straordinaria abilità per una bambina di circa otto anni. I loro visi, deformati dal terrore, erano leggermente allungati e gli occhi grandi come quelli di un gatto e privi di pupilla. I capelli si agitavano come mossi da un vento che spirava solo per loro. E protendevano le mani verso l’osservatore, mentre dietro di loro delle rovine fumanti bruciavano nel crepuscolo.

-Mio Dio…- fu l’unica cosa che riuscì a dire John, restituendo la sua parte di disegni a Sherlock.

-Questo lo riconosci?- chiese Sherlock, porgendone uno a Celia. C’era l’uomo dei suoi sogni, raffigurato come sulla soglia della cabina blu, che tendeva la mano a chi guardava il disegno. Stessa giacca nera, stessi occhi chiari, stessi capelli corti… persino stesse grandi orecchie. Sembrava una fotografia, sembrava quasi che potesse cominciare a muoversi da un momento all’altro. Dietro di lui, faceva capolino la ragazza bionda, l’angoscia dipinta sul volto.

-È lui, l’uomo che continuo a sognare! E lei è Rose. Sì, sono loro!- esclamò felice Celia, prendendo in mano il disegno e passando le dita sulle linee di colore, come accarezzando una persona cara perduta da tempo. –Adesso la possiamo trovare… li possiamo trovare!-

-In questo disegno c’è solo Rose- si fece avanti John, mostrando loro il disegno che aveva in mano. Questa volta si trattava solo della ragazza, rappresentata di tre quarti, gli occhi scuri che guardavano lontano. Era bella, la bocca grande e leggermente piegata all’insù, i capelli biondi raccolti in alto…

-Questo- disse Sherlock, facendo una foto al disegno, -lo mandiamo subito a Lestrade, sperando che almeno questa volta si renda utile.-

-Ho scritto qualcosa dietro- mormorò Celia, girando il foglio e notando la sua grafia da bimba. –Rose Tyler.-

-Rose Tyler?-ripeté John, guardando attentamente il volto della ragazza. –Rose Tyler… Perché mi suona famigliare?-

-Perché è il nome della ragazza che scomparve per dodici mesi circa cinque anni fa, per poi rispuntare dal nulla, sana come un pesce. Venne sospettato il fidanzato, pensavano l’avesse uccisa, ma lo rilasciarono per mancanza di prove. Quando tornò a casa, la madre ritirò la denuncia di scomparsa e fu come se non fosse mai successo nulla. Ecco perché te ne ricordi, è stata in prima pagina sui giornali per un bel po’- spiegò Sherlock. –Ora, la domanda è la seguente. Quest’uomo, può avere avuto anche a che fare con la sua scomparsa? Il mistero si infittisce.-

-È un bene?- chiese Celia, non riuscendo ad interpretare l’espressione che stava nascendo sul viso di Sherlock.

-Oh, è meraviglioso!- tuonò lui, piroettando su se stesso e trascinando John con sé. -È Natale! Mi manca solo un triplice omicidio e poi sono in paradiso!-

 

  
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