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Autore: Dracaryser    17/05/2014    3 recensioni
Un incontro con una donna dai capelli rossi che toglie il fiato e allo stesso tempo potrebbe essere l'unica in grado di aiutare la protagonista a respirare di nuovo.
Crossover tra Grey's Anatomy e Scandal, telefilm targati Shondaland. Il titolo di ogni capitolo è anche il titolo della canzone che consiglio di ascoltare durante la lettura dello stesso.
Dal testo:
"Decisi di abbracciarla e lei si fece piccola piccola.
Le asciugai le lacrime, lei chiuse gli occhi e il viso le si fece più sereno. Passarono i minuti e lei smise di piangere, ma nessuna delle due aveva intenzione di rompere il silenzio. Guardai i suoi capelli, le sue guance, le sue caviglie e una cosa mi fu chiara: sarei andata all'inferno per proteggerla."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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La sveglia puntata alle cinque e cinquanta del mattino destò il sonno tormentato e mi ricordò che avrei dovuto essere in ospedale per le sette.

Erano passate tre settimane dall'incontro con la donna della libreria e il mese di Novembre aveva portato con sé le sue tipiche tonalità cromatiche che variavano dall'arancione al castano e ovviamente anche i preparativi per l'imminente festa del Ringraziamento.

Continuavano a ripetersi nella mia mente quelle poche scene svoltesi nel negozio drappeggiato con tendine blu. Non era la prima volta che incontravo una persona che con un solo sguardo risvegliava in me sensazioni latenti come un herpes.
Ero solita infatti cercare sguardi di gente sconosciuta e produrre dei film mentali su ipotetici appuntamenti e relazioni per poi dopo un po' dimenticarmene totalmente.

 

Ma al solo pensiero di quei capelli sentivo la pelle sotto i vestiti bruciare e un senso di turbamento si impadroniva di me.

Mi preparai con tutta la calma possibile mentre il canale musciale trasmetteva la classifica della settimana. Quando fu sul punto di trasmettere le tre canzoni sul podio spensi il televisore. Scesi le scale e dopo essere salita in auto guidai, senza nemmeno guardare la strada, verso l'ospedale continuando a rivedere le sequenze di quell'incontro cercando di capire da dove derivasse il mio malessere.

Giunsi al Seattle Grace Mercy West per le sei e quarantacinque. Infilai il mio camice bianco e sfruttai il mio quarto d'ora di anticipo per fare colazione con l'unica pietanza commestibile che si poteva trovare nella mensa dell'ospedale: torta ai frutti di bosco.
Non so ben dire se era la pasta particolarmente morbida o i pezzetti di more e lamponi freschi a renderla estremamente irresistibile ed affascinante, ma quella torta mi aveva stregato quasi quanto gli occhi della donna con il cappotto bianco.
Alle sette iniziai il mio turno e dopo sei ore trascorse tra il pronto soccorso e l'ambulatorio mi diressi nella stanza del medico di guardia per riposare in attesa di un nuovo intervento.
Attraversai velocemente il reparto di pediatria per evitare di imbattermi in Arizona Robbins, una collega logorroica e dai modi eccessivamente zuccherati, ma mentre camminavo a passo spedito mi sentii chiamare dal primario di chirurgia. Non ascoltai attentamente i primi due minuti del suo sproloquio sui tagli al budget e iniziai a prestare attenzione solo quando iniziò a parlarmi di Teodore Buckland.
Ted infatti, l'avvocato che si occupava delle cause e delle questioni giuridiche e legali dell'ospedale, aveva fatto fortuna con la sua band a cappella ed era partito per Los Angeles.

Owen Hunt sembrava estremamente divertito dalla notizia e così ero io. La nostra ilarità si manifestò con una sonora risata che venne interrotta da un "Eccomi" alle mi spalle.
"Ti presento il nostro nuovo avvocato, Abby Whelan." Disse Owen mentre mi voltavo a conoscere il nuovo avvocato.

Pochi attimi dopo mi trovai faccia a faccia con la donna della libreria. Abby Whelan.

Feci tutto ciò che era in mio potere per evitare di inebetirmi davanti a quello che non mi sembrava altro che il ritratto della perfezione.
Un tailleur di gonna e giacca color tortora e una camicietta turchese coprivano la pelle color latte che mi era parso profumasse di lavanda.

Continuai a guardarla mentre Hunt mi presentava a lei e notai, con delusione, che non mostrava alcun segno di perplessità. Come se non avesse l'impressione di avermi già vista.

Mi congendai da loro con una scusa e continuai a camminare verso la mia meta: la stanza del medico di guardia.
Mi sdraiai ma non riuscivo nemmeno a chiudere gli occhi per paura che fosse un sogno e che questa volta non l'avrei mai più rivista. Mi convinsi che i capelli legati, il camice e l'assenza di make-up potevano rendere difficile riconoscere una persona vista per pochi minuti.
Mi alzai e andai nella stanza degli strutturati per prendere un caffè.
Aprii la porta sbadigliando e mentre mi coprivo la bocca con la mano e la mia faccia si contorceva in un'orribile epressione rividi la cascata di capelli rossi. Aspettò che riassumessi sembianze umane e -" Aveva ragione"- mi disse -" E' una meraviglia."


Restai immobile per alcuni secondi, chiedendomi perchè non mi avesse detto prima che mi aveva rinosciuta.

"Pensavo non fosse per lei" le risposi.

"Sì il libro non era per me, ma sono tornata il giorno dopo e l'ho comprato. E speravo a dire il vero di incontrarla e ringraziarla."

Mi spostai dalla porta e mi avvicinai all'ebollitore per preparare il caffè.

"Ne vuole?" Le chiesi, mostrandole l'ebollitore.

"Sì perfavore." Mi rispose con fare molto più gentile rispetto alla libreria.

Quando il caffè fu pronto presi due tazze dal mobile sopra il lavello e lo versai. Le porsi la sua tazza e mi sedetti al tavolo, di fronte a lei. Avevo notato che il suo accento era diverso da quello dei miei colleghi.

"Non è di Seattle, o sbaglio?" Le chiesi, immergendo il mio labbro superiore nel caffè bollente.

"Non sbaglia. Sono originaria di Sitka, Alaska, ed ho studiato e lavorato fino a poco tempo fa a Washington D.C. E lei?"

"Io vengo da un po' più lontano: Italia. Vivo a Seattle da 5 anni. Come si è trovata fino ad ora?"

"Non saprei ben dire. Ma per il momento qualunque posto è meglio di Washington per me."

Volevo saperne di più. Volevo assolutamente sapere perchè aveva lasciato la Città del Presidente, ma non feci in tempo a finire il mio caffè che il cercapersone suonò.

"Incidente d'auto. Devo scappare. E' stato un piacere, a presto." Dissi, cercando di mascherare la mia incontenibile gioia.

"Anche per me." Rispose lei accennando un mezzo sorriso.

Il paziente dell'incidente d'auto morì sul tavolo operatorio dopo ore di montagne russe. Esausta e anche avvilita dichiarai l'ora del decesso, lasciai la sala operatoria e tornai a casa.
Pigiai più volte il pulsante dell'ascensore che tardava ad arrivare e che probabilmente si era bloccato. Salii le scale velocemente e arrivai alla porta del 122c, il mio appartamento.
Realizzai che non avevo cenato ed andai a consultare il frigo. Al suo interno trovai il gateau della sera precedente. Ne divorai due porzioni abbondanti e mi fiondai a letto.

Mentre cercavo di abbandonarmi tra le braccia di Morfeo il display del mio cellulare si illuminò.
Sullo sfondo apparì l'icona dei messaggi in arrivo. Mi chiesi chi potesse essere e se fosse il caso di controllare. Presi il cellulare dal comodino che adesso ospitava un libro di Charles Dickens e sfiorai lo schermo.

Messaggio da Cleo.

"Oggi una cliente ha ordinato una composizione di Tulipani e Ranuncolo. Mi ha ricordato te."

"Io avrei preso la Viola del pensiero al posto del Ranuncolo."
Cancellai.

"I fiori non mi sembrano un gran pretesto per scrivermi."
Cancellai.

"Hai avuto l'occasione di scegliere ed hai sbagliato. Non scrivermi più."
Cancellai e non risposi. Rimasi a fissare il messaggio e a rileggerlo finchè non mi addormentai.

Mi svegliai di malumore, con un mal di testa e un mal di denti atroci. A causa del messaggio avevo digrignato i denti per tutta la notte. Aprii la finestra per controllare il tempo. Il cielo era grigio e faceva presumere che sarebbe piovuto di lì a poco. Mi preparai in fretta per evitare di guidare sotto la pioggia. Amavo la pioggia e tutto ciò che essa concerne ma guidare sull'asfalto bagnato mi faceva stare terribilmente in ansia.

Cominciò a piovere quando io mi trovavo all'ingresso del parcheggio dell'ospedale e mi sentii piuttosto soddisfatta, anche se ancora turbata. Percorsi il tragitto di venti metri che separava il parcheggio dall'ingresso dell'ospedale senza ombrello e mi bagnai dalla testa ai piedi.

Adesso alla mia angoscia per il messaggio di Cleo si aggiungeva il disagio per gli indumenti ed i capelli fradici.

Entrai nell'ascensore per giungere al piano degli spogliatoi e quando le porte si aprirono vidi Abby.
La carne sotto gli abiti zuppi divampò tanto che mi sembrò di essermi asciugata.

  
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