Sei morto per cent’anni. Come quella vecchia fiaba… La tua anima si è congelata, imprigionata e dilaniata dai rovi della disperazione. Non c’era più niente di vivo in te, pensieri e memorie che ti beccavano come corvi nelle ferite aperte del rimorso. E tu, immobile. Perché eri morto.
Soffrono così i morti? Eppure anche il dolore era qualcosa di estraneo, distante e immutabile.
Ora ti sei svegliato. Con la tua spada saluti quella vita che è di nuovo rabbia e speranza, che è di nuovo dolore, ma un dolore lucente, come il primo respiro di un bambino.
Adesso la morte potrà prenderti vivo. Solo per questo sono le tue lacrime.
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NdA: Chi non ha esultato vedendo quel gesto antiquato, preludio di un riscatto lungamente atteso? Comunque l’anima demenziale che convive in me con quella tragica si è immaginata il Capitano versione Bella Addormentata con Yama come principe azzurro che lo sveglia con un fiorellino. Abbiate pietà, è la demenza senile…
Ah, i corvi sono un riferimento a Huginn e Muninn, Pensiero e Memoria e il titolo è ovviamente un richiamo a Qohelet 3, 1-15.