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Autore: j3nnif3r    30/07/2008    0 recensioni
Una yuffientine un po' particolare, ambientata subito dopo gli eventi di "Dirge of Cerberus". Le acque si sono ancora una volta calmate, il gruppo si è ancora una volta diviso, ma riuscirà Vincent ad allontanarsi da Shelke?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13 - Vivere

La casa si svegliò come aveva fatto per anni. Come se non fosse successa una cosa straordinaria, come se lei non avesse passato le ultime ore a fissare il soffitto riflettendo. In effetti, pensava Yuffie, è ingiusto. I piccoli uomini si danno così tanto da fare, eppure il mondo va avanti sempre allo stesso modo. Come se nulla fosse. Come se non avesse importanza.

"Sarà il caso di vestirsi, invece che pensare a queste stronzate..." disse a se stessa, a bassa voce. Il letto (un futon improvvisato) era un disastro. Lei era un disastro. Tutto era un disastro e ricadde fra le coperte con uno sbuffo rassegnato.

Poteva dormire ancora un po', in fondo.

Poteva evitare le conseguenze della cosa ancora per un po'.

Poteva nascondere la testa sotto il cuscino e fingere di essere morta, magari. O morire sul serio. Giusto per evitare di doverlo vedere e dover chiedere che cazzo gli era successo.

Perchè ovviamente non era possibile una cosa del genere.

Ovviamente Vincent non poteva desiderare lei, c'era qualcosa di profondamente sbagliato in una cosa così, forse aveva bevuto ed era ubriaco fradicio o voleva dimostrare a se stesso di non essere gay, anche perchè un po' si era sempre chiesta se non lo fosse... Troppo bello per essere etero, eh sì. Eppure faceva sesso da etero, e ommiodio l'aveva fatto con lei. E beh, sì, era etero. Decisamente. Allora forse era solo un'abitudine degli emo, quella di fare sesso casuale con chiunque capiti a tiro. Insomma, non poteva averla scelta. Si sarebbe infilato nel letto di Tifa, piuttosto. Tifa e Vincent? Naaaa... Impossibile. Proprio impossibile. Ma, Vincent e lei? Le scappò una risata che trattenne con una mano. Che assurdità. Si decise a sollevarsi, indossò in fretta il sopra del pigiama e andò in bagno.

Era tempo di svegliarsi.

 

Quando Shelke aprì gli occhi, c'era lui.

Era diventata una costante averlo davanti dopo essere stata male. Si sarebbe stupita del contrario.

In fondo, se ne era dipendente, era colpa di Vincent.

"Ciao." gli disse, con un sorriso appena accennato, strofinandosi gli occhi.

"Come ti senti?" La luce entrava ancora timida dalla finestra, e lui sembrava uno spettro.

"Bene. E' passato."
"Che è successo?"

"Non lo so, come al solito mi sono sentita male all'improvviso."

"Era da un po' che non succedeva."
"Già."

"Tifa dice che dovresti vedere dei medici più spesso."

Shelke si imbronciò. "Non è necessario. Sto bene."
"Potresti stare peggio di così. Potresti morire, non sappiamo cosa potrebbe succedere."

E anche se fosse?

Shelke sapeva che erano parole brutte, quelle. Tutti avevano il terrore della morte. Anche lei, soffocando, l'aveva provato. Ma ora, calma e calda nel suo letto, le sembrava ridicolo.

"Tu non vuoi che io muoia?" gli chiese.

"No, non voglio."
"E perchè?"

"Mi dispiacerebbe."
"Quindi non vuoi che io muoia perchè non vuoi sentirti dispiaciuto. Per te, non per me."

"Anche per te. Non c'è motivo per cui dovrei lasciarti morire."

"Non capisco." Shelke si guardò le mani, cercando di trovare le parole giuste. "Ci sono così tante cose che non capisco..."

"Lo so."
"Allora spiegamele!"
"A volte non le capisco nemmeno io..." Vincent sorrise, poi iniziò a ridere.

Shelke lo fissava.

Gli esseri umani, pensò, sono assurdi. Perchè per quel sorriso, per quella risata, sentì che avrebbe voluto vivere ancora.

 

Aprendo la porta della stanza centrale, Yuffie rimase un attimo interdetta.

Cavolo. C'era lui. Cavolocavolocavolo.

Ovviamente bloccarsi in quel modo non era d'aiuto per mascherare l'imbarazzo, così camminò verso il frigo e prese uno yogurt. Vincent era seduto sulla panca, ad occhi bassi, e non si mosse.

Funzionava così, eh? E ora? Non si sarebbero più parlati?

"Buongiorno." disse Yuffie, in tono un po' seccato. Perchè, beh, era proprio uno stronzo a non tentare nemmeno di aiutarla. Vincent continuò a non dire nulla, e lei si avvicinò. "Ho detto buongiorno."

Si sentiva sempre più arrabbiata.

Vincent alzò lo sguardo e annuì, come a ricambiare.

Che idiota.

"Potresti rispondere, almeno!" esclamò Yuffie agitando il vasetto di yogurt e facendone cadere un po'. Sul pavimento si aprì una macchia scura.

"Scusa."

"Oh, certo. Ovvio."

Vincent aggrottò la fronte. Ma non diceva nulla, dannazione, era impossibile comunicare, come poteva fargli le domande che voleva fargli, come poteva capire? Era solo uno scemo incapace, ecco cos'era! E lei si era lasciata toccare da un uomo che, l'indomani mattina, invece di portarle la colazione a letto dimenticava di salutarla.

Di fronte a questa consapevolezza, Yuffie sbuffò e si sedette sulla panca accanto a lui a mangiare la colazione.

Era lei ad averlo permesso.

Era lei ad aver sospirato.

Era lei ad essersi lasciata intrappolare, ad avegli detto di poter chiedere aiuto.

"Non fai colazione?" gli chiese.

"No. Non ho fame."
"Vuoi uno yogurt?"
"Non ho fame."
"Ah. Ok."

"Grazie, comunque."
"Prego. Se vuoi c'è del latte..."
"No."
"Dovresti proprio prendere qualcosa."
"Non ho fame."
"L'ho capito... ma dovresti."
"Sto bene così."
"E' una bella giornata, vero?"
"..."
"Perchè sei venuto a letto con me?"
L'aveva chiesto continuando a fissare lo yogurt che si scioglieva sul cucchiaino.

"...Yuffie..."
"No, scusa, ma vorrei saperlo."

"Preferirei che non ne parlassi agli altri."
"Ne sto parlando con te, non con gli altri."
"Sì, ma..."
"E poi che significa, è un segreto?"

"Vorrei che lo fosse. Se non ti dispiace."

"E perchè?"

Vincent sospirò. Oh certo, povero. Lo irritava dover dare tutte quelle spiegazioni. Doveva proprio essere stancante!

"Non volevo confonderti." disse dopo un minuto buono di silenzio.

"E che volevi farmi?" Yuffie si voltò a guardarlo, e lui abbassò gli occhi. "Non ti capisco, Vin. Davvero. E mi dispiace."

"Dispiace anche a me."
"Ok." Yuffie posò con forza il cucchiaino sul tavolo. "Mi è passata la fame." Si alzò e uscì, sbattendo la porta.

Vincent rimase a fissarla, come se così, chiusa, significasse qualcosa.

 

Shelke si era alzata a fatica, ancora debole. Tutti, quando si sentivano ancora addormentati, prendevano il caffè. A lei l'avevano vietato, erano proprio convinti che avesse quattro anni, evidentemente. Poteva farselo da sola. Da dietro la porta del corridoio sentì che qualcuno stava parlando, e si fermò ad ascoltare.

"No, non ho fame." aveva detto Vincent.

"Vuoi uno yogurt?"
Shelke pensava che la voce di Yuffie fosse sgradevole. Troppo acuta. E poi che scema, non capiva che Vin non amava mangiare? Non lo conosceva?

"Non ho fame." ripetè Vincent, e Shelke soffocò una risata. Era così carino, nella sua compostezza assurda.

"Dovresti proprio prendere qualcosa." Yuffie non avrebbe mai capito. Mai.

"E' una bella giornata, vero?" Oh certo. Ora tentava pure di fare conversazione. Che stupida. Shelke strinse le labbra in una smorfia di disgusto.

"Perchè sei venuto a letto con me?"

Dopo quelle parole, Shelke non sentì più niente.

   
 
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