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Autore: Aurelianus    20/05/2014    1 recensioni
Storia scritta per il contest "Sette Vizi Capitali" indetto dal gruppo Facebook "Crème de la crème di EFP".
Antica Roma, terzo secolo dopo Cristo. Cosa accadrebbe se un ufficiale al comando di una colonna militare Romana fosse preda delle sue passioni sino al punto di esserne completamente controllato... e forse divorato? Cosa accadrebbe se questa colonna fosse al centro esatto dei territori contesi con la Persia?
Due mondi che si scontrano, un semplice capitolo che sarebbe potuto accadere, nell'eterno conflitto fra l'Impero Remano e i suoi nemici orientali.
(Si tratta di un unico racconto, non di una raccolta di One-Shot)
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Marcus Aurelius Scaurus affondò il gladium nello stomaco del fante nemico; il blu della sua veste si tinse di rosso, mentre l’uomo scivolava a terra ad un passo, per metà già compiuto, dall’essere privo di vita.
-Centurione!- lo chiamò uno dei suoi uomini, -ripiegano, gli occhi da capra ripiegano!-
Era vero, il contrattacco combinato dell’insuperabile fanteria Romana e della cavalleria pesante Palmirena aveva spezzato le reni allo schieramento Sassanide, costringendolo in rotta.
Era proprio il caso di dire “finalmente”: quei dannati bastardi erano apparsi tre giorni prima, in forze come non capitava da almeno un mese. Cinquemila pessimi uomini a piedi e cinquemila, malauguratamente non altrettanto pessimi, cavalieri; avevano assaltato la loro unità, che integrata degli ausiliari Siriani, raggiungeva a mala pena le ottocento unità.
Grazie al Dio Sol, le altre colonne sparse nella zona erano sopraggiunte al momento opportuno e ribaltato le sorti dello scontro, salvandoli, ma sopra ogni cosa, salvando lui. Non sarebbe mai riuscito a condurre alla vittoria gli uomini di fronte a quel contingente.
Sollevò i piedi dal terreno, zuppo di sangue.
Si osservò attorno: corpi amici e nemici ovunque; frecce infisse nella sabbia, lance e scudi spezzati; cavalli trafitti dai pila; gli uccelli mangia carogne che già sopraggiungevano, pregustandosi un lauto banchetto a base di esotiche carni orientali, di quelle occidentali ne avevano fatto incetta sino all’anno precedente, desideravano cambiare anche loro di tanto in tanto; e gli unici superstiti, tutti Romani, che vagavano come anime perse sul campo di battaglia, esaminando i corpi dei nobili nemici e spogliandoli delle ricchezze a loro non più necessarie.
Che maledetta carneficina.
Certo avevano vinto, ma il primo giorno, quando ancora i rinforzi non si erano fatti vedere, il tributo esatto aveva raggiunto le duecento vite.
Maledettamente troppe. Ma non importava più oramai, la vittoria era stata loro. Ciò che lo rendeva furioso era un’altra cosa: gli avvenimenti avrebbero seguito un corso meno pesante per loro se non fosse stato per il Tribuno. La sua smania di partire per chissà quale motivo ed abbandonarli nel mezzo di territori non ancora del tutto pacificati, aveva condotto a tutto questo.
-Dove cazzo sarà finito quell’Imbecille “so tutto io”? Bah,- sbuffò, -tanto meglio, intascheremo ancora noi il denaro per la vendita degli schiavi.-
Si volse ad osservare il tramonto.
Il cielo era velato di un leggero strato di nubi, che il Sole imporporava dando vita ad uno spettacolo splendido.
Da qualche parte aveva sentito dire che un tramonto del genere significava una cosa sola: era stato versato molto sangue durante il giorno.
Aveva sempre pensato che nella leggenda si nascondesse un fondo di verità, ora ne era certo.
Quel che non riusciva a comprendere era il perché ci fossero alcune macchie dorate fra le nubi.
Cosa avrebbe mai potuto significare?   
 
 
Note:
Brevissimo riassunto del conflitto citato durante la One-Shot:
Siamo in un’epoca molto travagliata, la crisi del III secolo infuria nel suo feroce apice; Roma è attaccata ad Oriente dai Sassanidi, a Settentrione dai Caledoni (in Britannia); per tutto il corso del Reno dagli Alemanni e dai Franchi; sul Danubio da una miriade di popolazioni germaniche; i Goti imperversano nel Mediterraneo esibendosi in crudeli atti di pirateria; infine, l’Impero è dilaniato dalle innumerevoli guerre civili succedutesi senza sosta in questo periodo (in due casi sfociate in vere e proprie secessioni. Due rivolte sedate solo fra il 272 e il 274 d.C. grazie all’intervento dell’Imperatore Lucio Domizio Aureliano, che riporterà l’ordine nell’Impero sconfiggendo anche le innumerevoli popolazioni barbariche che minacciavano Roma, guadagnandosi così il titolo di Restitutor Orbis: Restauratore del Mondo).
Nel 255-256 Shapur attaccò nuovamente l’Impero (dopo averlo fatto anche nel 253) assediando la città frontaliera di Dura-Europos (l’associazione dei due nomi è moderna) sull’Eufrate e, nonostante l’accanita resistenza Romana e le migliaia di perdite fra le sue fila, radendola al suolo. La prima fase del conflitto continuò con un trionfo Romano poche decine di miglia più a nord, a Circesio, nel 257 o 259 (le fonti sono discordanti), per poi culminare nella grande vittoria Persiana ad Edessa del 260 d.C. dove lo stesso Imperatore Valeriano venne fatto prigioniero. Dopo questa tremenda disfatta, l’invasione orientale divenne inarrestabile e dozzine di città furono espugnate, tra le quali la stessa Capitale di Provincia, Antiochia. La seconda fase del conflitto si aprì con le truppe Persiane che imperversavano nella penisola Anatolica, tuttavia la controffensiva Romana non si fece attendere: nel 261 il Prefetto del Pretorio Balista (o Callisto secondo alcune fonti) vinse Shapur a Pompeiopoli e il corso degli eventi seguì come è stato riportato nel racconto, con una seconda vittoria Romana in Cilicia e una terza sull’Eufrate.   


Questo, qui riportato, è l’impero Persiano Sasanide (o Sassanide, a seconda delle fonti) nella massima estensione raggiunta durante il III secolo, proprio nel 260 d.C. sotto il Gran Re Sapore I (Shapur, in lingua originale), a seguito della vittoria ottenuta ad Edessa (Siria) sull’Imperatore Valeriano. La zona contrassegnata come Cappadocia, la zona a settentrione del lago Van, gran parte del Caucaso e dell’Iberia, i territori attorno a Carrhae e Nisibis  (Carre e Nibisi in italiano) sono stati già rioccupati dall’Impero Romano, proprio durante la controffensiva del 261 d.C. citata nel racconto e avvenuta ad opera di una collaborazione tra forze Palmirene e Romane (Palmira, situata a Nord di Damasco, era una città Stato sottoposta all’autorità Romana, nonostante godesse di una certa autonomia) guidata da Lucio Settimio Odenato, generale Romano e Re di Palmira (era di origine Siriana).
Carre e Nibisi: sono due importanti roccaforti militari e snodi commerciali (Via della Seta) nell’alta Mesopotamia, situate nel centro dei territori contesi fra i due Imperi. Per tutta la seconda metà del II sec., per la maggior parte del III, IV, V e nella prima metà del VII saranno stabilmente presidiate dai Romani (Romani d’Oriente, dal V secolo in poi) che le perderanno definitivamente solo con l’avvento dell’Islam.  
La Cilicia è situata poco a Sud della scritta “Cappadocia” (è una regione che si affaccia al Mediterraneo). Pompeiopoli (anche conosciuta come Soli) è una città in Cilicia e luogo ove i Romani hanno riportato la vittoria che ha ribaltato le sorti di questa guerra (261 d.C. è una delle due battaglie a cui il Tribuno fa riferimento nelle sue considerazioni, tentando di capire perché soldati Persiani si trovassero a Ovest del fiume Tigri).
Le regione appena localizzate si trovano nella carta tematica successiva:

 
 
 

Tipico aspetto delle truppe Romane in quest’epoca (l’aspetto tradizionale del legionario Romano che domina l’immaginario collettivo è caratteristico del I-II secolo d.C., ovvero circa cinquanta/sessanta anni prima gli eventi narrati).
Testudo: testuggine;
Scutum: il tradizionale scudo semicilindrico o dalla forma ovale, onnipresente nella dotazione di un legionario;
Pila (Pilum al singolare): giavellotto impiegato dalle legioni, molto efficace e ingegnoso (il soldato nell’immagine lo impugna con la mano destra);
Gladium: gladio, spada corta usata dai legionari, quasi del tutto sostituita dalla spatha in questo periodo;  
Caligae: calzatura indossata dai legionari;
Cohors: coorte, sotto unità di una legione, composta da 480 soldati se ordinaria, da 960 se miliaria (come lo era sempre la prima delle dieci che componevano una legione). Poteva capitare che questi contingenti operassero distaccati dall’unità madre per qualche tempo, in azioni di polizia  o di pattuglia.
Persiani: La religione diffusa in Persia a quel tempo, era lo Zoroastrismo, per il quale il fuoco era sacro.
 
 
    
Un ringraziamento particolare ad Emide per l'ausilio nella scelta del titolo.
  
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