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Autore: j3nnif3r    31/07/2008    2 recensioni
Una yuffientine un po' particolare, ambientata subito dopo gli eventi di "Dirge of Cerberus". Le acque si sono ancora una volta calmate, il gruppo si è ancora una volta diviso, ma riuscirà Vincent ad allontanarsi da Shelke?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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15 – Una bambina

“Apri la bocca... così, brava...”

Il dottore aveva le mani troppo calde.

“Vediamo un po’ la temperatura...”
Shelke lo fissava, ne studiava i movimenti, mentre in canottiera e mutande sedeva su quel tavolino di metallo. Quando lui si allontanava per prendere un nuovo strumento per misurarla, faceva dondolare le gambe avanti e indietro con un movimento lento e ripetitivo, fissando il pavimento. Le avevano legato i capelli sulla nuca, qualche ciocca era sfuggita all’elastico e le dava un’aria da casalinga sciatta. Odiava sentirsi così, nuda di fronte ad uno sconosciuto, disordinata, all’oscuro di cosa le stesse facendo. Tifa, per consolarla, le aveva prestato un lucidalabbra, ma quello strano liquido appiccicoso era andato via subito lasciandole le labbra secche.

Il dottore le sfilò il termometro da sotto il braccio. “Bene, temperatura normale.”

Aveva accettato di sottoporsi a quelle cure, forse, per chiedere scusa. Più che altro a Tifa, che l’aveva tenuta stretta tutto il tempo in cui le lacrime non si potevano fermare, l’aveva trattenuta fra i singhiozzi ed era rimasta nel letto con lei finchè non si era addormentata. Sapeva di aver esagerato, riusciva a capire che gli sguardi sorpresi avevano ragione. Adesso, calma e arrendevole, non capiva come mai avesse provato a fare una cosa così assurda.

Sulla porta, Tifa le sorrideva e agitava la mano ogni volta che la guardava. Cloud si guardava intorno, doveva essere nervoso ed annoiato, infastidito. Erano così ridicoli, pensò Shelke. Giocavano a fare i genitori con lei. Nessuno sembrava ricordare che, nonostante il suo corpo ed i suoi istinti, non era affatto una bambina.

Eppure il loro calore le piaceva.

“Abbiamo finito.” disse il dottore prendendole la mano. “Adesso dovremo aspettare i risultati delle analisi, e poi vedremo come aiutarti, va bene?”
”Sì.”
La aiutò a scendere e le porse i vestiti, che Shelke infilò lì senza tanti complimenti.

“Sei stata bravissima!” disse Tifa venendole incontro.

“Posso parlarvi?” chiese il dottore, facendo un cenno verso Shelke.

“Vorrei sentire anch’io, se non le dispiace.” disse lei, e Tifa annuì.

“Oh, d’accordo. Lo sviluppo è normale, sta procedendo veloce. Il corpo tenta di adattarsi alla situazione, ma dobbiamo ricordare che gli effetti dell’intossicazione non sono prevedibili. La salute è stabile, sta bene, ma potrebbe avere altre crisi proprio a causa della crescita improvvisa. Non è naturale.”
”Ma si normalizzerà? Arriverà ad avere l’aspetto dell’età che ha e passerà tutto?”
”E’ difficile dirlo.”
”Posso avere dei figli?” chiese Shelke. Ogni volta che prendeva la parola tutti la guardavano come se fosse un’aliena. Come se dovesse tacere, ascoltare senza capire.

Il dottore si schiarì la voce. “Di solito, chi subisce un’intossicazione da Mako perde questa possibilità, ma non c’è nulla di sicuro.”

Cloud fece un sospiro profondo e uscì dalla stanza.

“Va bene, allora aspettiamo i risultati. Grazie, dottore.” disse Tifa, prendendo Shelke per mano. “Arrivederci.”
Mentre uscivamo, Shelke si fermò e alzò lo sguardo verso Tifa. “Anche Cloud è stato a contatto con il Mako, vero?”

“Sì, è successo, ma in un modo diverso dal tuo.”
”Nemmeno lui potrà avere figli.”

“Può darsi, ma non è una cosa poi così importante. Dai, andiamo.”
”Dovresti dirglielo, che non è importante.”

“Ma lui lo sa.”
Shelke fece spallucce, e riprese a camminare. Forse c’erano cose che Tifa non poteva capire.

 

Vincent si era svegliato da solo, quella mattina. Non per la luce, che nello stanzino non entrava, ma per il rumore della porta d’ingresso che si chiudeva. Si era trascinato in bagno, aveva fatto una lunga doccia e, visto che in casa non c’era nessuno, aveva preso qualcosa a casaccio dal frigo e aveva mangiato. Il suo corpo si era stretto intorno a quel cibo, ne aveva avvertito il piacere, la soddisfazione di pienezza. Yuffie aveva ragione, doveva riprendere l’abitudine di mangiare normalmente. Era bello.

C’erano tante cose belle che si stava perdendo.

Aveva rigirato fra le mani il cornetto al cioccolato, vecchio di un giorno e un po’ secco, osservandolo.

La gente, semplicemente, si costruisce intorno il proprio mondo rassicurante. Ha i propri cari che ne fanno parte, le abitudini, il lavoro, una casa, un posto fisso in cui tornare. A pensarci bene, lui non l’aveva mai fatto. Il suo mondo era sempre stato instabile, ed era spesso crollato per un soffio di vento. Il suo mondo era un castello di carte, fragile. E ora che l’idea di rimanere lì, sempre, fra amici, con una donna, di trovare un lavoro normale, di andare avanti giorno per giorno come facevano tutti diventava possibile, gli dava la nausea. Era forse giusto cercare di coinvolgere altre persone in quel suo castello di carte?

Yuffie era diversa da lui. E questo era chiaro. Molto diversa. Yuffie era capace di sorridere per un nonnulla, di scoppiare in risate fragorose, di correre e saltare senza motivo. Il suo corpo era sempre in movimento, il suo gesticolare quando parlava la faceva sembrare una ragazzina nervosa.

Yuffie era limpida, diceva ciò che pensava, era capace di parlare come lui non aveva mai saputo fare.

Yuffie sarebbe rimasta travolta dal crollo continuo del suo mondo fragile, ne sarebbe rimasta ferita. E non era ciò che voleva. Lui avrebbe desiderato vederla sorridere, ogni giorno, ma sapeva di essere incapace di far felice qualcuno.

In fondo, era stato incapace di far felice lei.

Quando le si era avvicinata e gli si era consegnata fra le braccia, non sapeva di poterle fare male.

Quando ne aveva desiderato il sorriso, non poteva immaginare cosa sarebbe successo.

Ed ora poteva? Sarebbe andata di nuovo così, e avrebbe dovuto vedere Yuffie spegnersi ed allontanarsi?

Girandosi verso la finestra, la vide tornare. Aveva fatto la spesa, ecco perchè era uscita così presto. Sembrava che se ne fregasse di fare l’eterno ospite in casa di Cloud e Tifa, invece si dava da fare. Camminava a piccoli passi svelti, con le braccia tese nel reggere le buste, un’espressione vaga guardando avanti.

Era una ragazza, normale, allegra, bella.

Per aprire la porta, Yuffie girò la maniglia con un mignolo e la spinse con un calcio. Posò le buste sul tavolo e la richiuse con una spinta brusca.

“Ah, ciao!” gli disse. “Oh, sapessi che cose buone ho comprato! Guarda!” Iniziò a tirar fuori biscotti, dolci, bustine di cibo precotto.

Vincent aggrottò la fronte scorrendo con gli occhi tutta quella roba forse buona, ma fondamentalmente inutile.

“Stamattina non potrai fare a meno di far colazione!” squillò Yuffie sollevando una confezione di tiramisù.

“Veramente ho già mangiato.”
”Ah, e cosa?”
”Un... cornetto, credo.”
”Quello di ieri? Ma che schifo, era vecchio!”
”Non era male.”
Yuffie, con un broncio esagerato, iniziò a mettere tutto nel frigo. “Avevo comprato queste cose per te... Volevo farti mangiare qualcosa di buono...”

Vincent sfiorò con le dita la busta dei biscotti, troppo colorata. “Potrei mangiare un paio di questi, magari.”

Yuffie prese la bustina, la aprì e si sedette di fronte a lui. “Ok, ne prendo un po’ anch’io.”

La bustina faceva un rumore di carta spessa, ogni volta che ci tuffavano le mani. Le dita si sfioravano, imbarazzate, si ritraevano senza un suono e si rituffavano nella confezione.

“Grazie.” disse Vincent. Il sole inondava la stanza.

 

Il seno stava crescendo. Guardandosi di profilo nello specchio, Shelke sorrise. Era bello, il suo seno. Morbido, chiaro. E nessuno l’aveva mai sfiorato, se non il dottore. Ma lui non contava, era anche brutto. Aveva convinto Tifa a comprarle altra biancheria, più carina, e la indossò facendo confusione per agganciare il reggiseno.

Poteva essere una dolce adolescente tutta rosa e merletti, con il mento sollevato e gli occhi socchiusi.

Poteva essere una misteriosa fanciulla in boccio con biancheria nera e seriosa, o innocente in bianco.

Poteva increspare le labbra in un bacio all’aria, o stringere le spalle per guadagnare una taglia.

Poteva essere bella. Era un potere su cui non aveva mai riflettuto, in fondo. Erano le ossa a crescere, ne era convinta. Le sue ossa si allungavano ad ogni minuto, le sembrava di sentire la pelle tirare, di vedere il mondo da qualche centimetro in più ad ogni ora.

Poteva essere, allora, una donna.

Shelke raccolse la roba lasciata sul pavimento, perchè le donne dovrebbero essere ordinate, e la ripose nell’armadio. Il completino rosa era il suo preferito, e l’avrebbe tenuto indosso. Sarebbe stato lì, sotto la gonnellina a pieghe e la maglietta. Un piccolo nucleo di potere nascosto.

Era così per Tifa? Se l’era chiesta facendo capolino nel corriodio, mentre Cloud usciva dal bagno in accappatoio ed entrava in camera. Era così che gli si avvicinava, usando i colori e le forme, usando il suo sguardo per sentirsi viva?

Era così che Yuffie si era avvicinata a Vincent?

Il suo seno, pensò Shelke abbassando lo sguardo, era più grande di quello di Yuffie. Lei era proprio piatta, non avrebbe attratto nessuno solo con quello. O forse cambiava in base all’uomo da sedurre? Forse Vincent preferiva quelle piatte?

Cloud aveva lasciato la porta aperta, appena accostata. Shelke si avvicinò senza far rumore, e si accovacciò per spiare.

Sotto i vestiti, il corpo di Cloud le era sempre sembrato troppo compatto. Non era alto come Vincent, ed era meno sottile. Quando l’accappatoio scivolò, e con un gesto lui lo gettò sul letto, quel corpo le sembrò bello.

Molto bello.

Forse per la sorpresa di quelle strane sensazioni, Shelke si mosse e fece cigolare la porta. Cloud si voltò di scatto, la vide.

Per un attimo si fissarono, sgomenti.

Cloud prese in fretta l’accappatoio e lo rimise. Si avvicinò alla porta, ci appoggiò una mano sopra. “Beh?”

“...Scusa. Passavo.”

Le chiuse la porta in faccia, lasciandola lì con le guance rosse e tanta voglia di ridere.

 

“Com’è andata dal dottore?”
”Bene. Ha detto che sto benissimo e che sto crescendo.”
”Ti ha dato qualcosa da prendere?”
”Non ancora, dobbiamo aspettare i risultati.”
”Ah.”
”Vincent?”
”Mh?”
”Posso dormire con te?”
”Che c’è che non va nella tua camera?”
”Non ci sei tu.”
Vincent si mosse sulla sedia. “Sarebbe meglio se dormissi da sola.”
”Perchè?”
”Devi abituarti.”
”E perchè devo abituarmi?”
”Se stai crescendo, non puoi dormire sempre con me. Lo fanno solo le bambine.”
”Ah.”
”...”
”Ma tu hai dormito con Yuffie, però.”
”Quello è diverso.”
”Perchè?”
”Sai che anche chiedere sempre il perchè delle cose è da bambine?”

“Ma alle bambine rispondono, a me non risponde mai nessuno... Quindi come faccio a capire?”

“Beh... è diverso perchè io e Yuffie siamo adulti.”
”Ma io ho la stessa età di Yuffie!”
”...”
”Vincent?”
”Mh?”
”Te ne andrai, non è vero?”
”Che vuoi dire?”
”E’ per questo che devo abituarmi a dormire da sola. Sceglierai lei.”
”...dai, vai in camera. E’ tardi.”

“Vuoi vedere la mia biancheria?”

“Eh??”

   
 
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