Ventidue maggio: gelsomini.
L’odore dei gelsomini intacca la delicata pelle
candida, leggermente arrossata dalla brezza
irriverente, fa fremere le narici sensibili;
stuzzica le labbra a partorire parole acerbe – ancora mute;
permette anche ai pensieri di librarsi leggeri.
Sottili filamenti perlacei, curiosi di divagare, di errare lontano,
s’increspano in piccole onde voluttuose e cerebrali:
echeggiano molli e gorgheggianti, accarezzando
le fronti soffici ed indomite; arrestandoti poi solerti
innanzi alle tremule fronde dei salici, dei cipressi, dei pini.
E lì, immobili e catartici, prestano ascolto alla voce delle
timide e pacate ninfe: esse cantano di amori perduti, di famiglie divise,
di pregiudizi, di leggende urbane, di amicizie preziose.
L’odore dei gelsomini è zuccherino contro il palato e
le corde vocali vibrano d’implicite melodie universali.
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