A dinner with my collegue
-Non riesco a capire perché ti interessi a questo... bè, caso, anche se non sono bene sicuro che lo sia.-
Erano di nuovo al parco, di nuovo si mangiava cinese su una panchina perché Angelo aveva messo la candela al tavolo e aveva fatto loro l'occhiolino. E di nuovo John si era alzato e se n'era andato, rincorso da Sherlock, ed erano finiti al parco.
-Voglio capire- spiegò Sherlock che, come suo solito, non aveva ancora toccato cibo.
-E se avessimo a che fare con una mitomane, con una pazza?- chiese John, partendo all'attacco del suo involtino vietnamita. -Oppure ha visto un cartone animato troppo violento quando era bambina e questo l'ha portata a fare quei disegni...-
-Ed è andata avanti a sognarlo per tutta la vita? No, non ha senso.-
-Forse questa cosa un senso non ce l'ha. Io dico che dovremmo consultare un esperto, solo per essere sicuri che non stiamo perdendo tempo.-
Sherlock scosse la testa, portando le lunghe gambe al petto e circondandole con le braccia.
-Io non consulto nessuno. È la gente che consulta me- disse, con lo stesso tono stizzito di un bambino al quale veniva negato il giocattolo tanto desiderato.
-Non le abbiamo chiesto nulla della madre- realizzò improvvisamente John, rimanendo a mezz'aria con il suo boccone di pollo fritto. Le labbra di Sherlock si arricciarono in un sorriso, anche se continuò a guardare di fronte a sé. -Che c'è, che mi sono perso?-
-Non abbiamo bisogno di sapere nulla, da Celia.-
John represse quel qualcosa che gli rodeva dentro ogni volta che Sherlock là chiamava per nome.
-E chi lo ha deciso?- chiese, la voce salita di un'ottava. L'idea di un loro colloquio privato, chissà perché, lo metteva terribilmente a disagio. Quasi fosse geloso. Che assurdità!
-Roona non centra nulla, sono certo che non sappia niente che possa tornarci utile.-
-Hai fatto indagini per conto tuo- borbottò John, leggermente infastidito, mentre si alzava per buttare i contenitori di cibo.
-Le ha fatte Anderson per me. Mi doveva un favore- aggiunse velocemente Sherlock, notando lo sguardo di John. -Lo sai che non è più quel pezzo di cretino che era un tempo. Bè, non è il genio di Scotland Yard, ma è quasi sopportabile. Lo sapevi che ha messo su un mio fan club?-
-Anderson- borbottò John, passandosi una mano sul volto, -hai chiesto aiuto ad Anderson?!-
-Non farne una tragedia. E poi, il fatto che per un pomeriggio non abbia lavorato per Scotland Yard non può che essere stato un guadagno per la polizia.-
-Ah, ecco. Mi sembrava strano che tu lo riempissi di complimenti improvvisamente- ridacchiò John. -Allora, che ha scoperto il tuo segugio?-
-Assolutamente niente. Ma, per una volta, non è colpa di Anderson. Roona Stebbins è pulita, una tipica cinquantenne londinese. Non c'è mai stato nulla di notevole o strano nella sua vita, tutto nella media, niente che la distingua dagli altri.-
-A parte il fatto che ha una figlia che non è sua figlia, la quale disegnava, a otto anni, alieni con la stessa abilità di un professionista. Ah, senza dimenticare il fatto che è convinta di provenire da un altro pianeta, andato distrutto- commentò sarcastico John.
-A parte quello, esatto- ribadì Sherlock, ma non c'era traccia di ironia nella sua voce. Voleva davvero capire cosa stesse succedendo, il mistero si infittiva e lui si stava divertendo sempre più.
-E riguardo all'adozione che mi dici?-
-Tutto in regola. La bambina è arrivata in orfanotrofio alla mattina e nel pomeriggio era già a casa con Roona.-
-Questo non è molto nella norma.-
-Concordo, ma evidentemente il marito di Roona aveva un bel po' di soldi e sapeva essere piuttosto convincente.-
-Marito? Hai detto che non c'era nessun signor Stebbins!-
-Nei documenti appare solo in quella circostanza e questo sì che è piuttosto strano. Ma niente le impedisce di essere sposata. A quanto risulta dai documenti, si erano appena sposati e lui è deceduto dopo poco.-
-Quindi sembra compaia giusto in tempo per permetterle di adottare Celia- commentò John.
-Esattamente- disse Sherlock, girandosi questa volta verso di lui e guardandolo intensamente. -Quindi...?-
-Quindi bisogna indagare su questo signor Stebbins... O lo hai già chiesto ad Anderson?- chiese John, più amaramente di quanto volesse.
-Questo è tutto per noi. Pensavo di passare domani mattina dalla cara Roona, che sembra sempre contenta di vedermi. Ci vediamo sotto casa sua verso le dieci?-
John scosse la testa.
-Ho il turno al laboratorio, domani. Sono libero nel pomeriggio.-
Sherlock rimase in silenzio, le mani giunte sotto il mento.
-Hai degli appuntamenti?-
-Uno alle undici e uno mezzogiorno.-
-Quindi, se io portassi lì Celia per una visita verso le dieci...-
-Io sarei libero, certo, ma non ne capisco lo scopo. Sta poco bene?-
-John- lo riprese Sherlock.
-Che c'è?-
-Ma per vedere se quelle cose sugli alieni sono vere oppure no!-
-Oh, giusto- commentò John, lo sguardo fisso per terra, mentre uno strano rossore gli colorava le guance. -Bè, tu portala, male non le farà.-
-Così pomeriggio potrai venire con me da Roona- cominciò Sherlock, interrotto dal segnale di arrivo di un messaggio. Tirò fuori il telefono e sbarrò gli occhi. Lo passò poi a John, le mani tremanti.
-Oh cavolo- fu l'unico commento di John. -Doppio cavolo.-