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Autore: _LilianRiddle_    23/05/2014    6 recensioni
Eccomi tornata con una nuova storia, dopo tanto tempo. Questa volta mi sono dedicata ad una Dramione, un genere che io amo da morire. E' la prima, siate clementi ^^.
Dal testo:
"- Maledizione! – esclamò, preoccupandosi ancora di più vedendo Luna poco lontano da lui, priva di sensi.
S’inginocchiò accanto al ragazzo, che stava tentando, invano, di alzarsi.
- Fermo Malfoy, fermo. – cercò di trattenerlo Hermione, con le mani tremanti e le lacrime agli occhi, troppo preda delle sue emozioni per riuscire a formulare anche il più semplice degli incantesimi di cura.
Il ragazzo la scacciò malamente, tentando ancora una volta di alzarsi.
- Non ho bisogno del tuo aiuto, Mezzosangue. Ce la faccio da solo. – disse tentando di suonare cattivo e minaccioso, respingendo le sue mani.
- Zitto, Draco, zitto. – sussurrò Hermione. Il ragazzo sussultò sentendo il suo nome pronunciato proprio da lei, proprio da quella che avrebbe dovuto insultarlo e picchiarlo come avevano fatto quei ragazzi. E ne avrebbe avuto tutto il diritto, di questo era sicuro.
- Io non mi sono difeso, Hermione. – bisbigliò lui, prima di svenirle tra le braccia. "
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, James/Lily, Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saving each other - How to save a life'
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Capitolo XII.
 
Voleva dormire, Draco, ma per dormire avrebbe dovuto perlomeno rilassarsi, cosa che non riusciva a fare.
Il fatto, poi, che non riuscisse a muovere la gamba sinistra, lo aveva sgomentato più di ogni altra cosa. Aveva provato a tirarsi a sedere per vedere che cosa era successo alla sua amatissima gamba, ma anche tutto il resto del suo corpo sembrava fuori uso.
- Ssh, zitta. Non parlare, o ti stancherai. – sussurrò una voce al di là della tenda del letto accanto, quello di Ashling.
Draco drizzò le orecchie, cercando di capire quello che l’amica debolmente stava tentando di dire al ragazzo.
- Vado a farmi una doccia, Lin. Poi torno, okay? Tu, stai ferma e riposati. È un ordine. – il tono della voce di Neville, così fermo, così pieno d’amore, fece tremare Draco, che ripensò al tono con cui sua madre era solita parlare con suo padre durante quei lunghi mesi di malattia e prigionia.
Vide il ragazzo allontanarsi dal letto di Ashling e sparire oltre la pesante porta dell’infermeria.
- Lin? –
- Draco… l’amore… l’amore ti frega sempre. - disse debolmente la ragazza, mentre spostava la tendina che la nascondeva alla vista del ragazzo.
Draco rise lentamente, tossendo.
- Dici? –
- Certo. Tu… guardati: sei salvo per amore. –
Il ragazzo la guardò male, voltando la testa dall’altra parte, per non dover incontrare gli occhi troppo perspicaci di Ashling.
- Come stai? – chiese, tentando di tergiversare.
- Draco, perché non accetti il fatto che sei innamorato di lei? Arrenditi. Lei, tanto, ti salverà comunque. –
- Ashling, smettila. Non siamo in grado di portare avanti un discorso del genere in queste condizioni. Ne riparliamo un’altra volta, eh? –
- No, adesso è perfetto. Posso manipolarti come voglio, sei troppo debole per poter ribattere con coerenza e raziocinio. -
Rise ancora, Draco, tossendo anche l’anima, ma non rispose alla ragazza. Si limitò a guardarla.
- Siamo fregati, eh? – gli disse Ashling.
- Siamo fregati. –
 
***
 
Erano passate due settimane da quando Draco era uscito dall’Infermeria. Più nessuno aveva osato avvicinarsi a lui, più nessuno aveva osato picchiarlo, da quando Ashling aveva compiuto la sua magia su quella squadra punitiva a fine gennaio. Certo, le cattiverie e le male parole non erano scomparse, ma le acque, per il momento si erano calmate. In compenso, i suoi incubi erano peggiorati. Non passava notte in cui non si alzasse urlando al mondo quanto il suo corpo, la sua mente, fosse distrutta. E le voci giravano veloci, in quella scuola maledetta, benedetta, e sapeva, sapeva, che anche la Granger era venuta a conoscenza dei suoi incubi, delle sue paure. Glielo aveva letto negli occhi una sera, facendo la ronda.
- Che c’è, Malfoy, vuoi diventare un vampiro? Non ti donano per niente, quelle occhiaie. – gli aveva detto guardandolo sorridendo. L’aveva messa sul ridere, Hermione, per sdrammatizzare, perché sapeva che c’era dell’altro, dietro.
Non le aveva risposto, Draco, aveva lasciato che fossero i suoi occhi all’apparenza inespressivi a dire tutto quello che c’era bisogno di sapere. E come sempre, Hermione aveva capito, come solo lei sapeva fare.
Una strana inquietudine le attanagliava il petto, quella mattina, ed Hermione non riusciva a capire perché. Aveva dormito male, uno strano incubo l’aveva perseguitata per tutta la notte e ancora adesso l’angoscia non l’abbandonava. Vedeva la guerra ovunque, ogni angolo che girava aveva paura d’incontrare un Mangiamorte con la bacchetta in mano, il suo istinto le diceva di correre, scappare il più lontano possibile dal quel posto e il suo cuore aveva preso a batterle nel petto veloce, troppo veloce.
- Hermione. – disse una voce lontana, alle sue spalle e lei crollò, troppo spaventata, preda della sua brillante mente che quella mattina le giocava brutti scherzi.
Due occhi catturarono la sua attenzione per un solo istante, quanto bastava per leggervi dentro la stessa paura, la stessa debolezza, la stessa forza. Iniziò a correre, Hermione, estraendo la bacchetta, con la paura che le bloccava la gola e il respiro che non c’era. Quando si fermò non aveva idea di dove fosse, vedeva solo nemici, nemici ovunque, e persone morte, in un angolo c’era Fred, davanti a lei gli occhi vuoti di Ninfadora la guardavano impassibili, il professor Lupin era accasciato da qualche parte contro una finestra. La testa le girava vorticosamente e lei lanciava incantesimi a nemici immaginari, piangendo lacrime che pensava di non avere più.
- Granger! – esclamò una voce conosciuta. Hermione girò la testa, ma non riusciva a vedere chi la stesse chiamando, chi la stesse cercando.
- Granger, che ti succede? – la voce era più vicina, ma ancora non riusciva a vedere di chi fosse. Davanti a lei c’era Bellatrix e lei non riusciva più a respirare, non sentiva più il corpo, solo i suoi polmoni bruciare e la sua testa girare. Lanciò un incantesimo a Bellatrix, ma la donna non scomparve, rimase lì a ridere di lei, del suo dolore, della sua follia.
- Granger, ferma. – due braccia l’avvolsero e lei sentì un chiaro odore d’inverno e di neve e di sole.
Il suo corpo iniziò a tremare, la mancanza di ossigeno si faceva sentire e le figure erano sempre più vicine a lei, tutti i morti, tutti morti. Sentì un’altra voce, oltre all’altra. Le ci vollero parecchi secondi per capire che era la sua voce. Una voce che non le apparteneva, una voce straziata, stroncata dal dolore. Una voce priva di colore, una voce bianca.
Bianca, come i cadaveri che vedeva intorno a sé.
Bianca, come i nemici che la torturavano ridendo.
Bianca, come le braccia che l’avvolgevano e che la portarono via da tutto quello.
Hermione non sapeva quanto tempo restò preda della sua mente. Ad un certo punto, però, ritornò a vedere la realtà. Era sdraiata in un letto a baldacchino simile al suo, ma dai colori opposti, verde e argento. Girò la testa e intorno a lei notò solo disordine e rosso. Si alzò di scatto, cercando la vittima di quello scempio e si stupì d’incontrare gli occhi preoccupati di Malfoy.
- Che… - tentò di dire, ma la gola le faceva così tanto male che le vennero le lacrime agli occhi.
- Zitta, Granger, hai urlato come un’ossessa per più di un’ora. – le rispose il ragazzo, avvicinandosi.
- Che… che è successo? – sussurrò Hermione, nonostante il dolore.
Draco scosse la testa.
- Non lo so che hai avuto, Granger. Un attacco di panico, un crollo nervoso, non lo so. So solo che mi hai spaventato a morte. –
- Io… - la ragazza stava cercando di recuperare i ricordi di quello che era successo, delle cause, delle conseguenze, ma il suo cervello non andava. L’aveva abbandonata. E il terrore s’impossessò nuovamente di lei.
- Granger, Granger, ritorna da me. Guardami. – esclamò Draco, prendendole il viso tra le mani e scuotendola.
Ci volle un po’ perché la ragazza recepisse il messaggio, ma poi ritornò, ancora una volta, alla realtà.
- Che ti succede, Hermione? –
La ragazza si passò una mano nei capelli ricci.
- Non lo so. Io… Io ho paura. –
Il ragazzo sospirò.
- E c’è bisogno di tutte queste scene? Bastava dirlo, sai? – Draco sorrise e lei con lui.
Restarono un minuto in silenzio, metabolizzando.
- Che cosa vedevi? – chiese Draco.
- Di chi è il sangue? – rispose Hermione.
- Rispondi prima alla mia domanda. –
La ragazza lo guardò in silenzio e Draco sospirò.
- Tuo, mio, non saprei dire. Sei diventata particolarmente violenta, ad un certo punto. –
- Pensavo fossi un nemico. –
- Io sono il nemico. –
Hermione scosse la testa.
- Ti ho fatto male? – chiese.
- Nulla che non sia riuscito a curare. Non hai ancora risposto alla mia domanda. –
- Ero in guerra. Vedevo i nemici intorno a me, i Mangiamorte, c’era Bellatrix e Fenrir Greyback e i morti, tanti morti, Ninfadora, il professor Lupin, Fred, persone sconosciute. Morti.
Draco la guardò. Non pensava che la Granger si potesse fare di questi problemi. Insomma, lei era quella forte, quella invincibile, quella nel giusto. E invece si sentiva in colpa proprio come lui, lui che era cattivo. E lei era buona e non poteva stare così male. Non lo avrebbe permesso.
- Andiamo, Granger. –
- Dove? –
- A farci una doccia, Granger. Guardati.
Hermione si guardò allo specchio di fianco all’armadio del giovane e constatò che non aveva un bell’aspetto. Grumi di sangue le sporcavano i capelli scompigliati, la camicia era strappata in più punti e della giacca restava ben poco.
- E perché devi fare la doccia con me? – chiese innocente.
Draco alzò un sopracciglio e le porse un bigliettino sgualcito.
- Per questo. –
Hermione lesse ad alta voce.
 
Malfoy, ho visto Hermione correre via sconvolta e so per certo che è lì con te.
Suppongo che tu sappia meglio di me cosa fare in questi casi (siete così dannatamente simili), perciò non verrò a cercarla. In qualunque caso, eccoti una lista di cose da fare appena si sveglia:
1- Tranquillizzarla se è spaventata.
2- Rassicurarla.
3- Curare eventuali ferite (psichiche e non).
4- Evitare di scannarsi a vicenda (ne dubito, sarà troppo stanca e fragile).
5- Fare una doccia.
6- Evitare di farle del male in qualunque modo (fisico e non) e, cosa più importante,
NON LASCIARLA MAI DA SOLA.
Spero di essere stata abbastanza chiara e che le conseguenze qualora scoprissi che hai saltato anche uno di questi punti siano lampanti nella tua mente.
 
Ginny Weasley.
 
Hermione sorrise. La sua amica sapeva il fatto suo, non c’era che dire.
- Penso che la doccia possa farla anche da sola, Draco. – disse.
- Non mi fido troppo di te e so di che cosa è capace la rossa. – le rispose il ragazzo, ghignando.
Non sapeva neanche lui che cosa gli stesse succedendo. Vedere la Granger in quello stato, così vulnerabile, eppure così forte, preda della sua mente che, cattiva, le faceva rivivere la guerra anche adesso che solo la pace doveva preoccuparli, lo aveva destabilizzato. Hermione lo aveva aiutato. Lo sapeva benissimo, anche se non voleva ammetterlo. Lei aveva creduto in lui, lei lo aveva curato, noncurante di quello che i suoi amici avrebbero potuto pensare. Questo non era normale.
- Malfoy… -
- Granger, perché l’hai fatto? –
Hermione capì subito dove voleva andare a parare Draco.
- Per lo stesso motivo per cui lo hai fatto tu. –
Eccola, la risposta. Risposta infida, che lo portava a farsi una domanda a cui non sapeva, voleva, rispondersi: “Perché l’hai fatto, Draco?” gli chiedeva la sua mente, subdola, perché la sua mente sapeva perfettamente perché l’aveva fatto.
- Perché sono fregato, Granger. –
Hermione sorrise e, lentamente, si alzò dal grande letto a baldacchino. Le girò la testa e per un momento non seppe più come si stesse in piedi, ma in un attimo le braccia pallide di Malfoy l’avvolsero, le mani ghiacciate.
- E tu vuoi fare la doccia da sola? – non la smetteva di ghignare e questo indisponeva troppo Hermione.
- Io ho intenzione di tornare nella mia stanza, Malfoy. – disse districandosi dall’intreccio di braccia e pelle.
- Penso che questo sia impossibile, Granger. Hai idea di che ore siano? –
Suo malgrado, la ragazza dovette scuotere la testa riccia.
- Bene, sono quasi le 14:00. Sai che vuol dire questo? –
- Che tutti gli studenti sono in Sala Comune dopo aver pranzato, in attesa di riprendere le lezioni, lo so. – rispose sbuffando lei.
- Forza, Granger… - ma il ragazzo non finì mai la frase, bloccato dalla figura ghignante di Ashling, appena entrata nella sua stanza.
- Oh! – esclamò stupita. – Scusatemi! Non pensavo che Draco ti avesse portato qui, Herm, di solito non fa mai entrare nessuno nella sua stanza… Ma dovevo immaginarlo quando Ginny mi ha detto che eri con lui. Come stai, ora? –
La riccia sorrise.
- Abbastanza bene, grazie, ma ho ancora dei problemi con l’equilibrio. –
- Sì, non sta in piedi e vuole fare la doccia da sola! – esclamò il ragazzo scuotendo la testa.
- Ah, e fammi capire, tu ti sei offerto di aiutarla a lavarsi, eh? Che gesto magnanimo e generoso! – rispose Ashling, scuotendo la testa.
- Forza Malfoy, fuori di qui. Aiuto io Hermione a farsi la doccia, tu vai da Blaise. – ordinò la rossa, spingendo fuori dalla sua stanza il ragazzo.
- Ma…! – Draco non finì mai la sua frase, ritrovandosi con la porta chiusa a pochi centimetri dal suo naso.
- Questa è la mia stanza! – esclamò picchiando forti colpi sulla porta di legno.
- Draco, non riusciresti ad entrare lì dentro neanche se lanciassi contro la porta una “Bombarda Maxima”, lo sai. – disse la voce di Blaise, dietro di lui.
- Ma è la mia stanza, Blaise! – sussurrò esterrefatto il biondo Malfoy.
Zabini non poté far altro che ridere fino a farsi venire le lacrime agli occhi, portando Malfoy nella sua stanza in fondo al corridoio.
 
***
 
Hermione era rimasta stupita dall’offerta della ragazza rossa che adesso le stava pettinando i capelli bagnati.
- Sai, per tenerli a bada, io uso una crema babbana che mi ha consigliato Narcissa qualche hanno fa. – disse Ashling.
- Narcissa ti ha consigliato una crema babbana? – chiese stupefatta Hermione.
La rossa sorrise.
- Quella donna sa sempre sorprenderti. Certo, ha creduto in quello che, prima suo padre e poi Lucius, le avevano insegnato, ma è sempre stata una creatura estremamente curiosa e non ha avuto problemi a provare cose del mondo Babbano. Gli ultimi anni di questa guerra sono stati devastanti per lei. Tu non sai com’è stato, dalla nostra parte. Soprattutto per i Malfoy. –
- Raccontami, allora. Sono curiosa. –
- Non penso  di essere la persona più adatta per raccontarti ciò. La mia storia è stata completamente diversa da quella dei Malfoy, da quella di Draco. Io, il Signore Oscuro, l’ho visto pochissimo e non ho il Marchio Nero, Narcissa non ha mai permesso che si avvicinasse a me. Quindi, non posso parlare di quello che si prova perché io stessa non l’ho provato. Però ti posso parlare di quello che ti è successo oggi. Posso aiutarti. –
Hermione scosse la testa.
- Quello che è successo oggi non è niente, Lin. -
- Niente, dici? Hermione, tu non lo hai visto, ma hai quasi distrutto il corridoio in cui ti ha trovata Draco. Lanciavi incantesimi a persone che erano soltanto nella tua testa. Questo non è niente. –
Ci fu silenzio, per un po’. Ashling stava ancora spazzolando i capelli di Hermione ed Hermione, intanto, pensava. Che cosa era successo, esattamente, non lo ricordava bene neanche lei. Ricordava la paura, i nemici, i morti e tanta confusione e due braccia, poi, che l’avevano portata via dal limbo in cui era caduta e in cui era ricaduta appena quelle due braccia l’avevano lasciata. Ricordava la rabbia e il dolore, tanto dolore e poi il nulla, il vuoto, fino a che non si era risvegliata nella stanza di Draco Malfoy, troppo stanca per stupirsi della cosa.
- Hermione, hai mai parlato della guerra con qualcuno, hai mai tentato di tirare fuori quello che hai dentro, lo hai mai fatto? – chiese Ashling, asciugando con un colpo di bacchetta i ricci adesso non più crespi di Hermione.
La ragazza scosse la testa. No, non aveva mai parlato a nessuno di quello che provava lei, di quello che pensava riguardo quella maledettissima guerra. Non ne aveva parlato con Ginny, perché allora Ginny era troppo fragile, perché allora Ginny non parlava, perché Fred era morto e sembrava che Ginny fosse morta con lui. E non ne aveva parlato neanche dopo, quando Fred era tornato come fantasma e Ginny aveva ripreso a vivere, perché pensava che non avesse bisogno di altri tormenti da aggiungere alla sua anima. E no, non ne aveva parlato con Harry, né con Ron, perché vedeva quanto i due ragazzi poco sopportassero tutti i discorsi sulla guerra, tutte le confidenze, tutti gli “Io ho avuto paura”. Non poteva parlarne con loro prima e non poteva parlarne adesso, perché non voleva assillarli, perché non voleva farli preoccupare. E così i mesi erano passati e lei non aveva parlato della guerra con nessuno. Non aveva parlato di lei, di quello che aveva provato, di quello che provava, semplicemente per l’amore che provava verso quella che era in tutti gli effetti la sua famiglia. Quindi no, Hermione non aveva parlato della guerra con nessuno.
- Ecco perché sei crollata, oggi. Tenerti tutto dentro per tutto questo tempo, aiutare Ginny, e Harry, e Ron, e adesso Draco, ad andare avanti ti ha fatto dimenticare dell’unica persona di cui dovevi preoccuparti: te stessa. –  disse la rossa, guardando negli occhi l’immagine di Hermione riflessa nello specchio.
- Io… io forse non ho bisogno di parlarne, Ashling. Io sto bene così. –
La ragazza scuote la testa.
- Da quant’è che non dormi come si deve, Herm? Da quant’è che non mangi almeno la metà di quello che hai nel piatto? Solo a Natale, solo fuori da questa scuola, tu sembravi essere tornata in te. Ma questa scuola - questa pietra, queste mura - è la tua casa. Quanto ancora credi di poter scappare? Quanto ancora credi di poter ignorare il problema? –
Hermione abbassò gli occhi, distogliendoli da quelli della Serpeverde.
- Io non so qual è la mia casa, Lin. I miei genitori mi guardano con lo sguardo di chi ha paura di perdere la propria figlia ancora, con la vaga consapevolezza che forse la propria bambina l’hanno persa appena hanno capito che questa era diversa, una strega, appena questa è entrata in un modo per loro inaccessibile. Non ho amici nel Mondo Babbano, non conosco più nessuno. E qui. Questo non è più il mondo magico che ho conosciuto io, quello che ho imparato ad amare. È un mondo magico devastato dalla guerra appena finita, un mondo magico che ancora non ha capito come fare a rimettersi in piedi, a ricominciare. E neanche io posso essere la mia casa, perché non mi conosco più. Perché ero così abituata alla guerra, così assuefatta alla paura, all’incertezza, all’avere uno scopo, che adesso mi ritrovo dispersa in una calma che non è più la mia, in una normalità che forse non ho mai avuto. Non ho più uno scopo e quella che un tempo chiamavo “casa” adesso mi mostra solo immagini di persone morte anche a causa mia. –
Le mani di Ashling scivolarono lentamente via dalle spalle della ragazza, lasciando solo un grande freddo.
- Hermione. Tu devi capire che quel cartello nero affisso all’entrata di questa scuola, questa scuola che è la più prestigiosa di tutte, la più ambita, serve a ricordare al mondo che la vita esiste e che a volte viene stroncata, ma che non per questo essa è meno vita. Loro hanno scelto. Tutti quei nomi, tutte quelle persone hanno scelto. Ed è inutile continuare a pensare cosa come: “Se fossi stata più gentile, se solo avessi risposto bene quella volta, se avessi pensato di più a loro”. Loro sarebbero morti comunque, con o senza quei piccoli gesti. Certo, sono la prima a dire che i dettagli sono le cose che contano, ma in questo caso, solo in questo, i dettagli non avrebbero cambiato niente. Perché loro sarebbero morti comunque, per ciò in cui credevano maggiormente: un mondo migliore, libero da Voldemort, libero dal male. E certo, questa è un’utopia, non ci sarà mai un mondo totalmente privo di male, come non ci sarà mai un mondo totalmente privo di bene, ma sono morti credendo in qualcosa di migliore, sperando in qualcosa di diverso per i loro cari. E sì, forse erano troppo giovani, forse sarebbe potuta andare in un modo diverso. Ma questo noi non potremo mai saperlo, magari in un altro mondo loro sono vivi e quelli morti siamo noi. Ma non possiamo saperlo e non possiamo crogiolarci nel dolore di chi imperterrito continua a non voler capire che la colpa non è sua. Perché sentirci in colpa ci fa sperare che forse, in questa vita, un minimo di libero arbitrio ce lo abbiamo anche noi. Ma la realtà è che quello che doveva succedere è successo e che noi non possiamo farci niente, se non accettarlo e fare in modo che in futuro non ci debbano essere altri ragazzi come loro, morti forse prima del tempo, e come noi, distrutti ancor prima di diventare adulti. –
Hermione annuì, guardandosi le mani.
- Io mi sento in colpa per tutte le persone che non sono riuscita a salvare quella notte. –
- E pensi mai alle persone che hai salvato dopo, invece? Quando sei andata in giro a curare i feriti, nonostante il dolore per la perdita di Fred? Quando hai dimenticato te stessa per curare prima Ginny, poi Harry, Ron, Draco, o chiunque chiedesse il tuo aiuto? Non pensi alle cose belle che hai fatto? Non vedi la bellezza che c’è dentro ai tuoi occhi? –
La ragazza alzò lo sguardo e si guardò allo specchio. Quello che vide fu un’immagine sfuocata di lei. I capelli ricci, lunghi e ancora crespi, le ricadevano morbidi sulle spalle, creando giochi e grovigli degni delle onde di un mare in burrasca. Il viso era più scavato rispetto all’ultima volta in cui si era veramente guardata allo specchio, mesi fa e gli occhi erano solcati da pesanti occhiaie. Una luce, però, brillava in fondo ad essi, una luci che mesi fa ormai si era spenta, abbattuta da tutto quello che le era successo. Adesso era lì, nascosta da qualche parte in fondo alla cornea, debole, forse, ma c’era e ridonava ai suoi occhi quel fascino che, nonostante il colore banale, avevano sempre avuto.
Hermione sorrise al suo riflesso, pensando che, forse, qualcosa di buono lo aveva fatto anche lei.
Che, forse, un motivo per stare al mondo ce lo aveva.
Che, forse, la bellezza dentro di lei non era andata persa nella battaglia.
Che, forse, si era solo nascosta un po’, perché le cose che si trovano dopo tanto tempo si apprezzano di più.
Si amano di più.








Nota dell'autrice:
*annuisce* Lo so.
Lo so, credetemi. Se volete uccidermi, potete farlo. Sono mesi che non mi faccio più sentire, che non scrivo più niente e che non mando avanti questa storia. Lo so, credetemi. Ma sappiate, prima di trucidarmi, che io vi ho voluto bene e che questo capitolo è dedicato a tutti i quattro gatti meravigliosi che (forse) mi seguono ancora. E soprattutto a Fyre97 che sta sclerando davanti allo schermo. Vi ho voluto bene.
*si lascia aggredire dalla folla inferocita*
  
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