Come si legge, tratta degli One Direction, gruppo di cui sono fan da pochi mesi con non poche sofferenze visto che sono presa in giro dal 90% dei miei amici....Sono stata la mia ispirazione per questa storia, in particolare, lo è stata la loro canzone più bella (almeno secondo me): Story of My Life. Quindi vi chiedo PER FAVORE: se non siete fan, se siete haters o qualsiasi cosa che si possa accostare a questi, NON leggetela, così evitiamo qualsiasi 'scontro' spiacevole!
Ultima cosa: ci sono cose vere e cose false (sopratutto che riguardano loro 5, non sono proprio un'esperta!), però, come dire... è un'opera di fantasia, quindi... SPAZIO ALLA FANTASIA!
Per il resto, vi auguro una buonissima lettura e, se vi va, lasciate commenti, sempre ben accetti!
Un grande abbraccio stritolatutto a tutti (uno in più alla directioners che sceglieranno di leggere questa storia)
Emma ;)
Capitolo
1 – Facile come il primo accesso.
3
Marzo 2013
“Ciao”
“Ehi
ciao”
“Come
ti chiami?”
“Mi
chiamo Hope e tu?”
Stryes94 sta scrivendo…
“Cosa
ti suggerisce il mio nome?”
Padme sta scrivendo…
“Non
lo so. Ti chiami… come una
mossa particolare del bowling? :)”
“Ahahha,
perché dici così?
“Stryes
-> Strike, scritto strano”
“Ahahahah
no.”
“non sono brava
con gli indovinelli”
“va
bene, questa volta ti salvi.
Mi chiamo Noah. Piacere :)”
“Piacere
:)”
“Di
dove sei?”
“Non
credo di fidarmi abbastanza
per dirti dove abito.”
“…
risposta che posso accettare.
Io però mi fido di te, anche se non ti ho mai vista: sono di
Londra.”
“Bella
Londra!”
“Tu
non sei di Londra?”
“Ti
ho appena detto che non te lo
dico di dove sono”
“No,
infatti. Ma mi hai detto che
è bella, perciò ho dedotto che l’hai
vista ma che non ci vivi.”
“Touché”
Hope
aveva 17 anni, in procinto
di uscire dalla fase più difficile, più
fantastica, più dolorosa, più
incredibile e pazzesca della vita di qualsiasi altra persona:
l’adolescenza. Era
uguale ma altrettanto diversa da qualsiasi ragazza della sua
età.
Aveva
deciso di accedere a questa
chat tramite un social network perché aveva voglia di
parlare con qualcuno che
non la conoscesse. Qualcuno che non conoscesse la sua situazione e il
suo passato,
segnato inesorabilmente dall’Ombra. Ci era voluto davvero
tanto per uscirne e
avrebbe voluto iniziare da capo un’altra vita. Ma non sempre
ciò che si voleva
poteva essere possibile. Così aveva deciso di usare uno
strumento che le
avrebbe permesso di celare ciò che voleva nascondere. Sapeva
benissimo che su
internet si possono fare brutti incontri ma non le era importato: si
sentiva
sufficientemente superiore agli altri e aveva pensato che lei
l’avrebbe capito
subito se uno faceva finta di essere qualcuno o se era realmente quel
qualcuno.
Gli altri magari no, gli altri si sarebbero fatti fregare. Ma lei era
furba
quanto loro e abile a sufficienza da non lasciare tracce.
E
quel qualcuno che si spacciava
per un ragazzo dal nome Noah l’aveva convinta con le ultime
due frasi anche se
il nick name scelto da lui non fosse uno tra i più
particolari e fantasiosi.
“Quanti
anni hai?” si azzardò a
chiedere.
“19,
appena compiuti” rispose.
Era
pronta a digitare la domanda
successiva quando arrivò il classico POP della chat
attraverso le cuffie
attaccate al pc.
“appena compiuti
no.” Hope si fermò e alzò un
sopracciglio “Diciamo che ho da un mese 19 anni.
Tu?”
Hope
poggiò un dito sul tasto 1
ma non lo schiacciò. Si bloccò, con la fronte
leggermente corrugata.
POP
“Anche
questo non me lo vuoi
dire. Va bene. Cercherò di guadagnarmi la tua fiducia
;)”
Hope
si lasciò sfuggire un
piccolo sorriso.
“Mi
giuri però che quando
conquisterò la tua fiducia, me lo dirai?”
Era
una richiesta strana. Ma in
fondo era solo una chat e lui solo un ragazzo.
Sorrise
tra sé, pensando che
aveva pensato ‘solo un ragazzo’ e non
‘uno qualsiasi’.
“Si,
te lo giuro :)”
Era
iniziata come se fosse
niente
Hope
tornò a casa, il giorno
dopo, completamente fradicia. Aveva piovuto per tutto il tragitto, da
scuola
alla fermata, dalla fermata a casa. Non le era importato
granchè, le piaceva
sentire le gocce scivolarle sulla pelle e impregnare i vestiti. Almeno
finchè
il vento gelato dell’aria condizionata del pullman non
l’aveva colpita in
pieno.
Aveva
aperto la porta di casa,
aveva fatto un passo e mollato borsa e scarpe in un angolo. Il suo
gatto,
Strike le era corso incontro ma appena aveva sentito l’odore
di bagnato aveva
fatto dietro front e si era andato a rifugiare in cucina, sotto il
tavolo, dove
aveva osservato guardingo la sua padrona ficcare qualcosa nel forno a
microonde.
Hope
era salita in camera, si era
tolta i jeans, li aveva buttati sul calorifero insieme alla felpa e si
era
messa una tuta che le stava larga di almeno due taglie. Poi si era
fatta la
coda e si era sciacquata la faccia in bagno. Aveva perso un minuto
osservandosi
allo specchio, come faceva di solito ormai da quasi un anno. Cercava un
segno
che potesse effettivamente indicare il passaggio dell’Ombra.
Ma come al solito
non le sembrò che ci fosse nulla di strano a parte il
pallore cadaverico della
sua pelle. Quindi era
scesa di nuovo in
cucina, dove aveva preso il piatto di pasta al forno lasciato dai suoi
e se lo
era portato in sala, sul tavolino. Si era seduta sul divano e aveva
accesso la
tv. Solo allora Strike era uscito dal suo nascondiglio e
l’aveva raggiunta
annusando l’aria.
“Non
è per te” aveva detto Hope
mentre girava da un canale di musica ad un canale di serie tv, dove
stavano
mandando in onda una vecchia puntata di una delle sue serie preferite.
Aveva
accarezzato Strike e si era
rilassata.
Non
aveva accesso il computer
fino a sera, poco prima di cena. La scuola stava per finire, mancavano
circa
tre mesi e i professori erano tutti impazziti, caricandoli di compiti,
interrogazioni e verifiche. Aveva perso un paio di settimane
all’inizio della
scuola a causa dell’Ombra. La sua psicologa le aveva detto
che bisognava
iniziarla a chiamare con il suo vero nome, anche in famiglia, soprattutto in famiglia; “per
superare
una cosa del genere bisogna che la si guardi dritta in
faccia” aveva detto. Ma
Hope era testarda ed era l’unica cosa che la dottoressa non
era riuscita a
cambiare.
Aveva
cercato di concentrarsi
sullo studio quel pomeriggio; alle sei decise che il Professore Lenteis
poteva
anche andare a quel paese insieme a tutti i pittori minori
dell’età moderna.
Mentre il computer si accendeva, sistemò un po’ i
quaderni di scuola,
accatastandoli in fondo alla scrivania. Quando il pc fu pronto,
aprì internet:
controllò se qualcuno dei suoi compagni avesse fatto domande
intelligenti su
facebook, se il professore avesse caricato il materiale per la lezione
del
giorno successivo e poi sentì il POP. Il programma della
chat si era avviato
automaticamente.
Mentre
lo apriva si annotò
mentalmente di togliere l’impostazione di accesso automatico.
“1
Richiesta di Amicizia, 3
Notifiche da VaLeLoVeSuBaCk!!1!, 2 messaggi ricevuti”
Controllò
la richiesta di
amicizia: proveniva da un tipo che si faceva chiamare Timidone97. La
rifiutò
senza pensarci troppo. Guardò le tre notifiche. Erano tutte
cazzate: un
video e due
commenti. Poi i messaggi: provenivano da Stryes94.
Erano
la continuazione della
conversazione della sera precedente. Avevano parlato di cibo.
“No,
comunque ho ragione io”
diceva il primo messaggio “Il finocchio fa schifo. Sei tu che
sei strana e ti
piace. Comunque
anche io vado a letto,
buona notte, a domani!”
Hope
si era stiracchiata,
indecisa se scrivergli lei oppure aspettare.
Poi
sua mamma l’aveva chiamata e
aveva avuto altro a cui pensare.
“Ciao
Hope!!!”
“CIAOOOOOO!!!” Padme sta scrivendo…“Ciao
scusa devo
mangiare a dopo ciao”
“Vaaaa
bene. Ciao!”
Quando
tornò, lui era ancora in
linea. Era passata
un’ora.
“Scusami
ero a mangiare.”
Lui
ci
impiegò qualche secondo a
rispondere. “Tranquilla.”
“tu
non mangi?”
“già
fatto.”
“Come
stai?”
“bene
grazie” Hope mise della
musica a caso dal suo iPod e si accomodò sul suo letto, con
il computer in
grembo e Strike appallottolato contro il suo fianco. Era leggermente
stanca e cercò
qualcosa su internet da vedere in streaming. Sua madre non era molto
dell’idea
che lei stesse così tanto davanti al pc, ma papà
la difendeva sempre dicendo
che non bisogna aspettarsi nient’altro da una ragazza di
quell’età.
“Tutto
ok, Hope?”
Aveva
scritto il suo nome e
questo la confortò in qualche modo. Il fatto che lui fosse
un maniaco pazzoide
si stava facendo una rara possibilità.
“Si,
scusa. Sto cercando qualcosa
da vedere sul computer. Tu come stai?”
“Bene.
Cosa vuoi guardare?”
“pensavo
qualche serie tv… niente
di impegnativo.”
“Tipo
Life in short?”
“Si,
diciamo di si, anche se non
è il mio genere”
“Allora
sei inglese.”
La
prese in contropiede e lasciò
perdere la serie tv. Non sapeva cosa rispondere e per troppo tempo
lasciò la
chat vuota, con l’ultimo messaggio di lui. “Non
è vero” scrisse infine sapendo
benissimo di essere fuori tempo massimo per essere creduta.
Lui
ci impiegò altrettanto tempo
per rispondere.
“Life in short la fanno solo in
Inghilterra Hope”
Il
fatto che l’aveva chiamata per
nome la fece innervosire, quando prima, invece, l’aveva
confortata.
Non
scrisse niente e si affrettò
a controllare in Internet. Life in short era
effettivamente una serie tv trasmessa solo nel Regno Unito.
Lui
però non scrisse più nulla,
come se sapesse benissimo che lei si stesse scervellando per trovare
una
spiegazione plausibile.
“Be’
potrei anche essere di un
altro paese e voglio imparare bene l’inglese.”
“vero”
scrisse lui, rispondendo
immediatamente. “Ma non credo che esistano persone sulla
faccia della terra che
vogliano imparare l’inglese guardando quella schifezza di
serie tv.”
Hope
rise. Era simpatico.
“Ahahaha,
hai ragione.”
“ahaha.
Bene, allora ho ristretto
la ricerca ad un solo stato: Regno Unito. Devo capire se sei scozzese,
gallese,
irlandese….”
Hope
fece un sorriso. “Già :)”
“Cosa
hai fatto oggi? Sei andata
a scuola?”
“Si”
rispose senza pensarci.
Merda, aveva appena rivelato un’altra informazione: aveva
rivelato di avere tra
i 10 e i 17 anni . 10 come base minima per saper usare internet con
abbastanza
dimestichezza. 17 perché aveva detto scuola e non College.
Anche se poteva
essere ambiguo…
“E
cosa avevi di lezione?”
Questa
volta non si fece fregare.
“di tutto un po’” rispose semplicemente.
“e tu?”
Lui
si era accorto della sua
risposta fugace, ma non scrisse nulla al riguardo.
“Oggi
niente scuola :)”
“Fortunato!
E come mai?”
“una
specie di sciopero del
personale”
“Specie?”
“Si.
Sciopero dell’alunno.”
Di
nuovo, Hope sorrise. Riprese a
cercare qualcosa da guardare.
“Ahahaha
mi dispiace… malato?”
“più
o meno… stasera hai mangiato
ancora insalata e finocchi?”
“No.
Stasera sono stata carnivora...”
“Oh adesso si inizia a ragionare!”
Passò
un numero di conversazioni
considerevole: conversazioni sul nulla e su tutto, anche su argomenti
che solo
adolescenti possono far durare ore e ore. Hope passava la serata, dopo
cena, su
quella chat a scrivere, a rispondere e a ridacchiare, mentre Strike
faceva le
fusa contro la sua pancia. La maggior parte delle volte vedeva in
contemporanea
una puntata di una serie tv ma a volte doveva interromperla
perché la
conversazione diventava impegnativa e il POP nelle orecchie era
continuo e le
dava fastidio. O per lo meno era quello che lei diceva. In
realtà, non le
interessava più di tanto guardare la serie tv.
Diventò
un appuntamento fisso e
man mano che i giorni passavano insieme alle settimane diventava
impercettibilmente sempre meno facile chiudere il pc e addormentarsi.
Saltarono
solo due sere in due settimane: una lui era fuori casa e
l’altra lo era lei.