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Autore: Ronaldinho    26/05/2014    3 recensioni
John Anthony, è un musicista di successo che nasconde un gran segreto. Il suo talento ha infatti origini diaboliche ed è frutto di un singolare accordo che volge ormai al termine. Ma qual è il segreto alla base del successo di John Anthony? Il più classico dei patti col demonio o qualcosa di più complesso e articolato?
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Dannazione, è quasi ora!”, pensò John Anthony, continuando a sbattere la sua sei corde come una di quelle meretrici che gli ronzavano sempre attorno alla fine dei concerti. Brooks, percorreva calmo e rilassato il corridoio antistante la desolata sala di incisione. Freddamente bagnato da una scialba luce a neon, che rendeva ancor più scuro il suo elegantissimo completo, era alle prese con un grosso sigaro e tirava compiaciute boccate, prima di espirare verso il soffitto inebrianti e complici volute di fumo. “Darò voi ciò che più desiderate”, suggeriva il suo appariscente anello intagliato con diamanti neri a quanti si accingevano a mercanteggiare con lui. “… Ma questo, vi costerà caro”, puntualizzavano a loro volta un paio di inquietanti ombre amorfe incollate alle sue lustre stringate, emettendo un brontolio sordo e minaccioso. Un dirompente riff improvvisato lo accolse in sala e fu con un pigro gesto della mano, di una banalità disarmante, che trasformò le oscure e rabbiose lamentele delle sue creature in lagnosi ed insistenti mugolii. Tacque la sei corde, di fronte a quelle aberranti e perverse sagome indefinite, legata al silenzio dall’inerzia del suo musicista, ormai tristemente rassegnato.
“Spero non ti sia dimenticato di me in questi ultimi dieci anni.” Gli sorrise ambiguo, il vecchio Brooks.
“Del resto, hai avuto quello che desideravi, no? Fama, ricchezza, sesso … non ti è stato negato niente, o sbaglio?” Domandò, lasciando assumere alle sue labbra una nuova piega, diabolica e maliziosa.
“Non mi concederesti una proroga?” Replicò a sua volta l’artista con flebile voce, prima di chinare il capo, continuando ad osservare di sottecchi il suo interlocutore che, ironicamente bonario, finse di prendere in considerazione l’ipotesi, almeno per un momento.
“Se dipendesse solo da me potrei anche concedertela una proroga, mi sei simpatico, lo sai ma sai anche che non si può. Un patto è un patto dalle nostre parti e va rispettato.”
John Anthony, non poté che sospirare malinconico, di fronte a quella lapidaria affermazione e sfilatosi suo malgrado la tracolla, accomodò con cura la sei corde su un solido ripiano.
“Sbrigati però, non ho intenzione di perdere altro tempo qui con te. Ho atteso fin troppo a lungo questo momento.” Lo sollecitò l’altro, piuttosto bruscamente, mostrando così per la prima volta dal suo ingresso una certa impazienza, resa ancor più evidente da un saturo sbuffo. Implacabili convulsioni, accompagnate da pesanti conati di vomito, scossero allora il corpo di John Anthony, apparentemente attraversato da scariche di energia statica crepitanti sotto i suoi piedi.
In breve, i suoi occhi si rivoltarono nelle orbite e la sua bocca si spalancò meccanicamente, dando vita ad un tacito grido. Una fitta coltre di denso fumo nero, venne allora fuori dal suo corpo, oscurando l’intera stanza. Brooks, fin lì impassibile di fronte a quella scena, sorrise con macabro gusto, trascurando la manifesta irrequietezza dei suoi cerberi che, guaendo, si ritrassero. Non ci volle poi molto comunque, affinché quella consistente foschia assumesse i contorni di quanto di più immondo, innaturale e ripugnante possa esservi e solo allora, dopo aver tirato una nuova boccata al sigaro, lasciandolo ruotare tra le labbra, Brooks tornò a far sentire la sua fonda voce.
“Spero che questi anni di inattività non ti abbiano rammollito, Loquerion.[1]” Si augurò infatti sibillino. “Come tra noi convenuto, a partire da oggi, ti affido il mio lavoro, che si cumulerà al tuo per i prossimi dieci anni, quando le mie ferie saranno terminate.” Riepilogò meticolosamente i termini dell’accordo raggiunto anni prima, per poi puntualizzare malignamente. “Ah, quasi dimenticavo … ci sono parecchi arretrati da sbrigare, per portare in pari il lavoro.”
“Lo immaginavo, Belfagor[2]. Tu non cambi mai.” Replicò il suo simile con voce incolore, ricorrendo a sua volta al nome eteroclito altrui, non senza contemplare con interesse misto ad oblio dispersivo il suo ultimo vessillo[3], che dopo la devastante esperienza vissuta, giaceva temporaneamente inerme sul pavimento.
“Secondo te, ricorderà qualcosa degli ultimi dieci anni?” Si consultò, senza smettere di fissarlo, solleticato da una certa curiosità sull’argomento.
“E chi può dirlo?!” Strinse il capo tra le spalle, Belfagor, sempre più a suo agio all’interno di quel corpo occupato solo di recente. “Quel che è certo, è che non perderò altro tempo qui con te. Le tue ferie le hai avute e le mie non aspettano.”
 
[1] Si tratterebbe di un demone notoriamente amante della musica. Da ciò, la sua scelta di possedere proprio un musicista per coltivare ogni umana sensazione durante i dieci anni di sussistenza dell’accordo stipulato con un suo simile.
[2] Originariamente si trattava di una divinità nota presso alcune popolazioni del Medio Oriente, è stato poi riconosciuto quale demone, noto per incarnare l’accidia. Da ciò, la sua presunta propensione nel testo a ritardare il compimento dei suoi incarichi.
[3] L’autore parte dal presupposto che per calcare la terra e coltivare le umane esperienze, i demoni abbiano necessario bisogno di possedere i corpi altrui. Da ciò l’esigenza di un vessillo, di un ospite da sfruttare una volta soggiogatolo.
  
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