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Autore: pocketsizedtitan    26/05/2014    12 recensioni
Levi/Eren | Coffee Shop AU
Eren Jaeger lavora come barista nel caffé di sua madre, ed è uno specialista di Latte Art. E poi c'è Levi, che non è esattamente il cliente tipico perchè è brusco e rozzo (il che in realtà, secondo Eren, non è poi così diverso dal cliente tipico), ma che soprattutto non fa altro che confondere il tenero cuoricino di Eren.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Qui la traduttrice! Eccomi con un altro favoloso capitolo e un po' di news. Dunque vi volevo far sapere che siete delle persone fortunate e che giusto una settimana fa è stato pubblicato il capitolo 20 in inglese, quindi la settimana prossima aggiornamento regolare come al solito. L'autrice ha anche annunciato che la storia terminerà con il capitolo 21, quindi siamo veramente vicini alla fine... sia io che lei ci sentiamo incredibilmente felici e maliconiche allo stesso tempo. Poi il prossimo capitolo vi faccio sapere quando credo che arriverà il 21, ma sappiate che non è proprio finita qui e ho un po' di sorprese in serbo per voi ;). Grazie mille a tutti quelli che hanno inserito la storia nei preferiti/seguiti/da ricordare e in maniera particolare a chi ha commentato (l'autrice mi ha detto che siete i migliori lettori che abbia mai avuto). Grazie in particolare ad AngelHeller per aver segnalato la fanfic per le scelte del sito *piange di gioia e commozione con l'autrice*. Cercherò di mettermi in pari con i commenti prima di pubblicare il capitolo 20 (che potrebbe arrivare con un giorno di ritardo a seconda dei miei impegni con la tesi). Buona lettura!
SULLA TRADUZIONE: errori blablabla. Il butter toffee è una specie di caramella mou fatta con il burro anziché con il latte (sì mi sono vista la ricetta ahaha). Lo Shina Sentinel è ovviamente un giornale. Sono citati vari film e canzoni ma vabbè non cambia nulla che li conosciate o meno. Il borsalino è sempre il solito cappello xD. Ah la cosa che dice Erwin alla fine è sempre una semi-citazione al titolo di 'falling in love at a coffee shop'.


The Little Titan Café
CAPITOLO 19: Rivaille

Benvenuti al Little Titan Café
Speciale di oggi: Butter toffee coffee

21:13

Eren fissò la fotografia con espressione prudentemente disinteressata.

Niente di buono poteva capitare in una situazione dove un uomo con un borsalino in testa era coinvolto. Sembrava l’inizio di una barzelletta, una storiella che partiva con un uomo sospetto che entrava in un bar e che finiva con qualche morto. O con qualcuno conciato per le feste. Come in quel film con quel tizio di Bourne Identity, quello carino – sapete a chi mi sto riferendo, no? – che era anche in quell’altro film dove c’erano tutti questi uomini con lo stesso cappello dell'uomo di fronte a lui. Quello sui guardiani. L’aveva sulla punta della lingua ma non riusciva a ricordare il titolo – ah! I guardiani del destino!. Era stranamente coincidenziale il fatto che l’aveva visto giusto l’altro giorno con Mikasa ed Armin, e ora un uomo con un borsalino era entrato nel negozio, facendogli seriamente prendere in considerazione che i due amici avessero cospirato contro di lui.

L’uomo sembrava avere circa quarant’anni, forse un po’ più vecchio considerando le occhiaie profonde e l’ombra di barba che gli copriva il volto. L’odore di sigaretta era forte su di lui, come se avesse fumato giusto prima di entrare, e come se lo facesse il più spesso possibile.

Si tolse il cappello, ed Eren notò che anche i suoi capelli neri erano scompigliati. Se strizzava gli occhi abbastanza, poteva vedere qualche ciocca di capelli grigi sulla sua testa, come a raccontare delle vicissitudini che aveva vissuto.

“Ah, quel Levi. Viene ogni tanto.”

L’uomo si sedette su uno sgabello, posando il cappello al suo fianco. “Voi due sembrate abbastanza… amichevoli in questa foto.”

“Sì, be’,” Eren diede un colpetto con il pollice al barattolo delle mance. “Questo coso non si riempie da solo.”

“Mi stai dicendo che tutto quello che fai è flirtare con lui per le mance?”

Eren fece spallucce. “E’ lavoro. Come quello che sto facendo ora. Vuole ordinare qualcosa o no?”

“Dammi quello che ti pare.”

“Se lo dice lei.”

Non era difficile capire che allo sconosciuto non piacevano le cose dolci. Probabilmente beveva il suo caffè nero come erano stati i suoi capelli in giovinezza. Molto forte, senza zucchero o panna. Pensando ciò, Eren si mise all’opera per preparargli qualcosa, lanciandogli qualche occhiata curiosa mentre il cliente girava le pagine del suo taccuino.

“Come mai mi sta chiedendo di Levi?” Chiese infine Eren, mentre posava la tazza di caffè di fronte all’uomo. “Ha fatto qualcosa?”

“Puoi dirlo forte.” L’uomo prese la tazza e senza soffiare o aspettare che si raffreddasse un pochino, fece un sorso prima di tirarsi indietro in un colpo. “Che cos’è?”

“Butter toffee coffee,” Eren fece un sorrisetto impudente. “Non è ancora sul menu, ma lo sarà presto.”

L’uomo storse il naso, posando la tazza sul bancone e spingendola lentamente lontano da sé. “Capisco.”

Eren strinse l’angolo della foto tra indice e pollice, tenendola lontana dalla portata dell’uomo. “Giusto per curiosità, e soprattutto per una questione di privacy, perché è un po’ fastidioso – okay, molto fastidioso – che lei abbia una cosa del genere,” Girò la testa, guardando meglio l’immagine. “Non mi fraintenda, è una bella foto, ma perché ce l’ha?”

“Perché l’ho fatta io.”

Lo sguardo di Eren passò dalla foto all’uomo, e poi ricadde sulla foto, solo per ritornare all’uomo e agguantare la sigaretta che stava per mettersi tra le labbra. “Ehi! Qui non si fuma. Puoi andare fuori e non tornare indietro, visto che ci sei.”

“Guarda che – ” L’uomo riprese la sigaretta, risedendosi con aria imbronciata. “ – Va bene. Tanto non mi sei utile se voglio scoprire qualcosa su Levi.”

Ah ah! Alla faccia tua cretino, perché Eren sapeva un bel po’ di cose su Levi. Stavano uscendo insieme, dopotutto.

“Se sapessi veramente che uomo è, probabilmente non lo copriresti, quindi posso dedurre che non è quello che stai facendo e che non hai la più pallida idea di chi sia veramente.” Continuò il tipo, la sigaretta spenta stretta tra le dita mentre fissava Eren con uno sguardo di sufficienza che gli addolcì gli occhi.

Il suo modo di fare fu abbastanza irritante da far assalire Eren da un’ondata di rabbia che gli fece stringere i pugni, mentre le unghie scavavano nella carne. Chi diavolo credeva di essere quest’uomo per arrivare al negozio e schernirlo apertamente? “Le devo far notare che i miei piccoli incontri con Levi mi hanno solo confermato che è una brava persona. Gentile, oltretutto.”

L’uomo prese il cappello, la sigaretta stretta all’angolo della bocca mentre ridacchiava. “Gentile.”

Eren si irrigidì. “Sì, gentile. Sicuramente qualche volta mi ha preso in giro o è stato un po’ maleducato, ma non è mai entrato nel negozio portando una mia foto scattata senza permesso.”

“Davvero ragazzo, non hai la più pallida idea di cosa stai parlando.” L’uomo tamburellò una penna contro una delle pagine della sua agenda, con espressione contemplativa. Ad essere onesti, i suoi modi di fare ricordavano ad Eren di Levi quando non aveva a che fare con il suo portatile: costantemente pensieroso e a scribacchiare note ogni due per tre. “Che cosa sai di Rivaille?”

Eren sbatté gli occhi. “Rivaille?”

“Sì, sai, l’autore di – ”

“Lo so,” Si spiegò Eren. “So chi è. Che cosa ha a che fare con Levi?”

“Tutto.”

“Cosa? Perché si conoscono?”

“…Mmh.” Appuntò qualcosa prima di posare sia la penna che l’agenda in tasca.

“Che diavolo significa?”

“Che significa cosa?”

“Quel ‘mmh’.”

“Niente.” Ignorando l’irritato schioccare della lingua di Eren, l’uomo si alzò rimettendosi il borsalino in testa. “Lo vuoi un consiglio?”

“Non proprio.”

“Stai lontano da Levi. Non è un brav’uomo.” Lanciò una banconota stropicciata da cinque dollari e un cartoncino sul bancone. “Tieniti il resto.”

La sua uscita sarebbe stata teatralmente irritante agli occhi di Eren – con la punta del cappello alzata e il movimento del suo cappotto mentre si girava – ma il campanello suonò prima che l’uomo potesse arrivare alla porta, e soprattutto prima che Eren riuscisse a sbattergli la banconota in faccia dicendogli che il resto se lo poteva infilare su per il sedere.

Se Eren era già irritato, lo fu decisamente qualche milione di volte in più grazie all’ultimo cliente entrato nel negozio. Ma se il suo sorriso era solitamente calmo e controllato, ed i suoi abiti erano impeccabili come sempre, stavolta lo sguardo di Erwin era solo fintamente calmo e controllato, e lo era in una maniera così forzata, che questi non si preoccupò nemmeno di fingere sorpresa quando vide l’uomo con il borsalino.

“Ah, Nile. Eccoti.”

Nile? L’attenzione di Eren passava da un uomo all’altro, la rabbia sostituita da curiosità.

L’uomo con il cappello, ora identificato come Nile, si fermò. “Erwin? Che stai facen – ”

“Vecchio sciocco, ti sei dimenticato che ci dovevamo incontrare qui davanti per cenare insieme?”

“Vecchio? Guarda che abbiamo la stessa età.”

Persino Eren dovette ammettere che Erwin si portava gli anni molto meglio.

“Forza Nile, non scocciamo questo bel barista ancora di più. Probabilmente ha da lavorare.”

Nile fece una smorfia ad Erwin, e poi ad Eren, e strinse gli occhi. “Aspetta, quindi voi due vi conosc – ”

“Sto morendo di fame.” Lo interruppe Erwin, accompagnando Nile con una mano sulla sua schiena. Lanciò un ultimo sguardo ad Eren, e i suoi occhi blu lo avvertirono di non pronunciare una sola parola. Eren chiuse le labbra perché sapeva che era esattamente quello che stava per fare.

“Dannazione Smith, vuoi smett – ”

“Buona serata.” Si sforzò di dire Eren, la porta che si chiudeva di fronte alle sue domande senza risposta, mentre lui si accorgeva che Love Alone dei Thriving Ivory aveva iniziato a riecheggiare per tutto il negozio. Era la nuova canzone preferita di sua madre.

Prese il bigliettino che l’uomo aveva lasciato con i soldi.

Nile Dawk [Giornalista]
Cellulare: xxx-xxx-xx02
E-mail: n.dawk@shinamail.com


Con uno ‘tsk’, Eren accartocciò il biglietto nella sua mano, non vedendo l’occasione in cui avrebbe potuto avere la necessità di contattare quell’uomo arrogante. Un corno che non aveva la più pallida idea di chi Levi fosse. Eren sapeva tutto quello che c’era bisogno di sapere su Levi. Non un brav’uomo. Quale tipo di uomo non-buono accompagnava qualcuno alla sua macchina ogni sera? Se Levi era così cattivo, perché spendeva le sue serate al caffè bevendo cappuccini e ascoltando i discorsi sconclusionati di uno studente universitario / barista su professori noiosi e scrittori preferiti? Che tipo di uomo cattivo poteva farlo sentire così coccolato e al sicuro e –

Eren girò intorno al bidone della spazzatura. Sapeva che il biglietto apparteneva all'immondizia e che non c’era ragione di tenerselo.

Non è un brav’uomo.

Lo faceva arrabbiare. Lo faceva arrabbiare così tanto. Tutto quello che Eren avrebbe voluto, era dare un pugno in faccia così forte a quel bastardo arrogante da fargli passare tutta quell’aria di superiorità. Questo – questo Nile Dawk lo faceva arrabbiare così tanto perché quei pochi minuti che era durato il loro primo incontro, la loro prima conversazione, aveva colpito tutti i suoi punti deboli, tutte le preoccupazioni che erano nascoste all’interno di Eren.

Non sono un santo, Eren.

Quelle parole non avevano significato nulla quando erano state pronunciate la prima volta. Ma erano tutto ora.

“ – sera?”

“Ah, mi scusi,” Mettendosi il bigliettino in tasca in fretta e furia, Eren si girò verso il cliente. “Benvenuto al Little Titan Café, è la sua prima volta qui?”






21:53

Stanco. Eren era stanco. Era stanco di un sacco di cose, ora che ci pensava. Era stanco dei clienti. Era stanco del fatto che era ancora inverno. Era stanco perché stasera avrebbe probabilmente nevicato – Shiganshina aveva avuto solo pochi giorni di neve durante gennaio e febbraio. Era stanco di tutti i saggi che doveva scrivere per materie che non avevano nulla a che fare con il suo corso di laurea. Era stanco perché era rimasto fino all’alba a giocare alle arene 3 contro 3 di World of Warcraft – Eren con il suo cacciatore, Jean con il suo stregone del ghiaccio e Armin con il suo monaco guaritore. Quella era tutta colpa sua, ma poteva comunque lamentarsi, no?

Era stanco perché gli sembrava che tutti tranne lui conoscessero i dettagli più importanti della vita di Levi.

Il negozio era vuoto da già una ventina di minuti, quindi lui era rimasto solo a sentirsi ancora più stanco ed annoiato. Non che Eren potesse incolpare qualcuno dell’imminente nevicata. Era anche domenica quindi avrebbero chiuso in anticipo rispetto al solito, ed era sempre un terno a lotto predire se una domenica sarebbero stati pieni o no. Di solito durante le settimane di esami lo erano, ma non c’erano esami per gli studenti universitari quella settimana.

Eren finì di mettere a posto il registro di cassa. Se un cliente sarebbe arrivato nei prossimi cinque minuti solo con i contanti sarebbe stato veramente sfortunato.

Alle ventuno e cinquantotto, finì di chiudere la cassa per poi andare alla porta e girare il cartello da ‘Aperto!’ a ‘Chiuso’.

Alle ventuno e cinquantanove, Levi era dall’altra parte di quella porta, una mano sulla maniglia mentre Eren teneva fermo a mezz’aria il cartello. Aveva le sopracciglia più corrucciate del solito e il respiro veloce formava in successione delle nuvolette. I primi bottoni della sua camicia erano aperti, la giacca a stento si teneva sulle sue spalle e la sua espressione era tirata, per quanto fosse possibile mostrarlo per il suo volto inespressivo. La neve aveva lasciato dei puntini bianchi sulle sue spalle e solo a quel punto Eren notò che già aveva iniziato a nevicare.

Aprì la porta, ma il primo a dire qualcosa fu Levi. “Dobbiamo parlare.”

Eren fece un sospiro. “Sì. Dobbiamo parlare.”






22:05

Forse non era usuale, ma Levi era seduto al suo solito sgabello al bancone, con un bicchiere di acqua stretto tra le sue mani. Una busta di carta marrone, abbastanza spessa, era poggiata sul bancone giusto al suo fianco. Nessuno dei due disse nulla mentre Eren sedeva nello sgabello di fianco al suo, né quando Levi fece un sorso d’acqua. I secondi passavano ticchettando. Un altro minuto e poi, finalmente, Levi sospirò.

“Ho incontrato Erwin quando stavo uscendo dalla Legion House.”

“Legion House?” Quel nome gli suonava familiare. “Non è – ”

“La casa editrice, sì.”

“Ma perché eri l – e Erwin?”

“Erwin è uno degli editori della Legion House, quindi ci lavora. Io ero lì per sbrigare delle commissioni quando l’ho incontrato. C’era un uomo con lui che credo tu abbia avuto la sfortuna di incontrare.”

Eren fece una smorfia. “Ah, lui. Quel giornalista.”

“Nile Dawk. Scrive soprattutto per lo Shina Sentinel.”

“Perché è così interessato a te?”

Il modo in cui Eren strinse le spalle quando il suo tono di voce era fieramente protettivo fece curvare le labbra di Levi in un lieve sorriso. “E’ più interessato in Rivaille che in me – ”

“Perché nessuno sa chi sia e sarebbe un grosso scoop se riuscisse a scoprirlo?”

“Eh.”

Il barista annuì. “E in qualche maniera ha scoperto che tu lo conosci e ti sta seguendo, al punto da arrivare a pedinarti fino a qui e farci delle foto.”

A Levi andò storta l’acqua. “Cosa?”

“Comunque,” Eren continuò, dandogli un colpetto sulla schiena. “Questo non spiega perché tutte queste persone sanno di te, persino questo Dawk.”

“E’ per questo che ti devo parlare di Rivaille.”

“Io voglio sapere di te, non di Rivaille.”

“Ascoltami e basta.”

Eren chiuse la bocca, fermando il milione di domande e proteste che avrebbe voluto fare. Era ovvio che Levi stava temporeggiando usando la scusa di voler finire il suo bicchiere d’acqua. Una mano si posò sul suo braccio, delicata e rassicurante e attirò lo sguardo di Levi, che si perse in quello sicuro e paziente di Eren Jaeger. Era come se gli volesse dire che andava tutto bene, e che poteva prendersi il suo tempo. Sentì una dolorosa stretta al cuore perché Eren era sempre così. Sempre così paziente. Sempre pronto ad aspettare Levi. Sempre pronto ad ascoltare ogni piccolo, stupido dettaglio che Levi gli raccontava. Sempre pronto ad aspettare quelle cose importanti che Levi non riusciva a dirgli perché non voleva rovinare l’immagine che probabilmente Eren aveva di lui.

Quello era forse uno dei problemi di Levi. Era convinto che Eren si fosse costruito un’immagine perfetta di lui, quando in realtà non aveva modo di sapere cosa realmente passava per la testa del ragazzo. Era convinto che avrebbe rovinato la perfetta immagine che Eren aveva di lui, quando in realtà era lui a voler essere perfetto ai suoi occhi.

“Rivaille…” Le parole gli morirono in gola all’inizio, ma furono poi pronunciate una alla volta. Più parlava e più era facile farlo. “… non è sempre andato d’accordo con la sua famiglia, o con i suoi genitori. Questi non c’erano quasi mai, e lui è stato praticamente cresciuto dalle tate. Non aiutò che, in giovane età, scoprì cosa faceva la sua famiglia – e cioè cose illegali.”

A questo punto Eren avrebbe voluto sorridere e prendere in giro Levi per aver detto così tante parole e frasi in una volta sola, ma sapeva che avrebbe solo rovinato l’atmosfera. Quindi annuì, invitando Levi a continuare.

“Quando era ormai già un adolescente, Rivaille entrò a far parte di una gang. Era già un ragazzo problematico da prima, in realtà: aveva partecipato a varie risse, vandalizzato proprietà altrui, rubato, marinato la scuola… le tipiche cose da teppista. Si è messo in così tanti guai…” Levi si passò una mano in faccia, come se fosse imbarazzato per le cose che aveva fatto Rivaille. “Comunque, se non fosse stato per suo padre che lo costrinse a ereditare gli ‘affari di famiglia’, sarebbe rimasto in quella gang a farsi di droghe da qualche parte. O sarebbe finito in prigione a vita.”

“Rivaille era drogato?”

“No, ma avrebbe finito per diventarlo se fosse rimasto in quella situazione a lungo.” Fu la lugubre risposta di Levi. “A Rivaille potevano non piacere i suoi genitori, ma non aveva nessun altro posto dove andare. L’università fu un fallimento. Non sarebbe mai riuscito a trovarsi un vero lavoro senza di loro. Gli fu insegnato ad essere un vero uomo, e dell’importanza della famiglia e della lealtà a questa, e che la famiglia è il legame più importante che ci sia.”

Eren sorrise, piegando la testa. “Sembra la mafia o una cosa simile.”

“Questo perché la sua famiglia è parte della mafia, Eren.”

Il ragazzo sbatté gli occhi una volta. Due. Tre volte. “…Eeeh? Impossibile!”

“Perché credi che Rivaille si nasconda sotto uno pseudonimo?”

Be’, ora tutto aveva un senso. Chissà quanti problemi avrebbe avuto Rivaille se le persone avessero scoperto chi era in realtà, per non parlare dell’attenzione dei media. “Ma è veramente…”

“Pazzesco?”

“Sì! E’ solo che – wow,” Eren si fermò per la meraviglia. “Questo vuol dire che tu – anche tu – ”

Il momento della verità.

“Sì.” Disse Levi, spostando lo sguardo e pentendosi subito. Il silenzio che seguì era opprimente come il peso che si era posato sulle sue spalle e che sapeva nessuno sforzo avrebbe potuto muovere. Non voleva nient’altro che vedere la reazione di Eren. Forse era troppo presto. Forse avrebbe dovuto aspettare. Forse Eren non era così pronto a sapere la verità ma era già troppo tardi.

“… Allora avevo ragione!” Trionfo. Eren suonava trionfante. Sembrava trionfante, ora che Levi si era permesso di alzare lo sguardo. “Lo sapevo. Io lo sapevo.”

“Potresti essere un po’ più serio, Eren.”

“Sì, be’,” Ora era decisamente compiaciuto. “Avevo ragione io e tu hai mentito. Non che sia una colpa visto che all’inizio eravamo estranei. Ma lo sai, ti si addice, questa cosa del criminale.”

“Questa non è una cosa che dovresti prendere così alla leggera,” Disse Levi, con un tono di avvertimento, mentre si avvicinava un pochino. “I criminali non sono bravi ragazzi.”

“Ma tu lo sei,” L’espressione di Eren era presuntuosa e testarda. “E non dire che non lo sei perché mi sono stancato di te e di tutti quelli che ti circondano che dicono che tu sei una cattiva persona. Perché non lo sei. Tu sei – ” Le parole gli morirono tra le labbra quando Levi prese gentilmente il suo volto tra le mani, con uno sguardo negli occhi così dolce e affettuoso che fece battere il suo cuore troppo velocemente. Ed Eren si chiese se si sarebbe mai calmato, quel battito.

“Grazie, Eren.”

Il barista posò le sue mani su quelle di Levi. “Sei un brav’uomo, Levi. Di buon cuore. Anche i criminali di animo gentile esistono.”

“Ne sei così sicuro?”

“Certamente.”

“Ti potrei mangiare, ora – ” Il mio omino di pan di zenzero.

“Magari te lo lascerei fare.”

Un lamento afflitto. “Non mettermi alla prova, Eren.”

“Baciami, Levi.”

Eren pensò davvero che Levi l’avrebbe semplicemente baciato. Era nei suoi occhi, nel modo in cui li aveva abbassati sulle sue labbra in uno sguardo acceso e disperato e pieno di desiderio – ma non lo fece. Posò la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi, come a volersi ricomporre. “C’è un’ultima cosa che devi sapere e poi sarà tutto alla luce del sole.”

“Va bene. Sputa il rospo.”

“Ho bisogno che tu legga una cosa.”

Eren aggrottò le sopracciglia, e parlò in tono impaziente. “Qualsiasi cosa sia non me la puoi semplicemente dire?”

I suoi occhi si riaprirono, la bramosia di prima era andata ma c’era ancora un accenno di disperazione. “Ti prego.”

“Va bene. Cosa vuoi che legga?”

Levi prese la busta marrone e la porse ad Eren, che la afferrò esitante perché era abbastanza spessa e la veloce lettura che aveva pensato di fare sembrava non sarebbe stata per niente veloce. “Non l’aprire ancora. Quando arrivi a casa, okay? Capirai di cosa si tratta.”

Che cosa sarebbe stato un altro giorno o due? Eren annuì, stringendosi al petto quella che sembrava una risma di fogli A5. “Va bene.”

Il bacio che Levi posò sulla sua fronte e il calore che si diffuse fino alla punta dei suoi piedi rese l’attesa non vana. “Grazie, Eren.”

“Per cosa mi stai ringraziando?”

“Per essere così paziente.”

Il barista artigliò la camicia di Levi, nascondendo il volto sul suo petto per celare la felicità che era quasi sicuro fosse resa fin troppo ovvia dalla sua espressione. “Se sei tu, Levi, aspetterei per sempre.”






23:57

Eren balzò sul suo letto, incrociando le gambe e posizionandosi confortevolmente mentre apriva la busta marrone, tirandone fuori il contenuto. Era rimasto confuso un attimo, all’inizio, ma il respiro gli si bloccò in gola non appena riconobbe il disegno sulla copertina del libro che aveva davanti. E lo riconobbe perché era stato lui a realizzarlo. Perché era una delle cose di cui parlava senza sosta a Levi, perché era fuori di sé dalla gioia che sia Levi che Rivaille lo avevano approvato.

Era mozzafiato perché la scritta ‘Attack on Eoten: La speranza dell’umanità’ era stampata in alto e il nome dell’autore (Rivaille) e dell’artista (Eren) erano in basso.

Una bozza. Questa era una bozza del romanzo e tutto quello che Eren era in grado di fare in quel momento era fissarla con meraviglia e stupore perché era stato lui a disegnarne la copertina. E, per qualche ragione, Levi voleva che lui leggesse la bozza per primo, quindi sollevò lo sguardo dalla copertina per aprire il libro e girarne una pagina. La prima era quella delle dediche.

In quel momento tutto ebbe senso.


– per il mio barista dagli occhi scintillanti:

Non sono un santo,
e ho combattuto senza fede così a lungo.
Ma improvvisamente sono caduto,
vittima di occhi luminosi.








Levi fece una smorfia scocciata all’uomo seduto al suo posto. “…Erwin.”

Tale uomo fece elegantemente un sorso del suo tè. “Levi.”

“Sei seduto al mio posto.”

“Come? Non vedo il tuo nome scritto da nessuna parte.”

Molto maturo. “Posso chiederti che diavolo stai facendo qui?”

Erwin sorrise, e gli occhi blu si posarono sul barista dai begli occhi che stava servendo un cliente. “Mi innamoro in una caffetteria.”

Cinque secondi dopo Erwin veniva cacciato via da un ometto molto arrabbiato.

“Innamorati in un’altra caffetteria, merd-win. Questa è già occupata.”


  
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