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Autore: Graffitisuimuri    28/05/2014    3 recensioni
#Tratto dal primo capitolo.
E’ incredibile quanta roba si possa accumulare in un solo anno. Sorprendente, invece, che avessi rinunciato a un viaggio in una sperduta località del Brasile insieme a mia madre solo per tornare a Miami. Io che da quella città ero letteralmente fuggita, nella quale non avrei mai più voluto mettere piede. Avevo perfino giurato a me stessa che nessuna supplica o preghiera mi avrebbe smosso da questa mia decisione. Invece, eccomi i qui, nel tentativo di ficcare nella valigia oltre che ai vestiti anche i sentimenti.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ally Dawson, Austin Moon, Dez, Nuovo personaggio, Trish
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1.
 
Guardavo insistentemente la valigia che giaceva aperta sul letto. Nella mano destra una spazzola, nella sinistra l’ennesimo jeans. E’ incredibile quanta roba si possa accumulare in un solo anno. Sorprendente, invece, che avessi rinunciato a un viaggio in una sperduta località del Brasile insieme a mia madre solo per tornare a Miami. Io che da quella città ero letteralmente fuggita, nella quale non avrei mai più voluto mettere piede. Avevo perfino giurato a me stessa che nessuna supplica o preghiera mi avrebbe smosso da questa mia decisione. Invece, eccomi i qui, nel tentativo di ficcare nella valigia oltre che ai vestiti anche i sentimenti.
Questo a dimostrazione del fatto che mai nella mia vita sarei riuscita dire di no a qualcuno.
Eppure c’era un ottimo motivo se decidevo di tornare dove tutto aveva avuto inizio: il Sonic Boom chiudeva. Mio padre aveva deciso che portare avanti l’attività era troppo dispendioso sia di denaro che di energie. Voleva andare in pensione, diceva di sentirsi troppo vecchio per tenere aperto in negozio. All' inizio avevo protesto, quel posto faceva parte della mia infanzia.  E, soprattutto, era li che io e Austin avevamo cominciato a comporre, a dare vita ai suoi primi successi. Quel posto era l’unica cosa che continuava a legarmi in qualche modo a lui. Anche se me ne ero andata, anche se adesso stavo con un altro.
Infatti non avrei affrontato il viaggio da sola, Gareth sarebbe venuto con me e la cosa mi infondeva una tranquillità che altrimenti non avrei avuto.
L’avevo incontrato in un piccolo e anonimo bar di New York i primi mesi che abitavo li. Avevo sentito dire che li si suonava buona musica ed ero alla disperata ricerca di un posto dove rilassarmi, sedermi ad un tavolino e comporre. Non avevo ancora superato del tutto la nostalgia di casa e la cosa mi rendeva più malinconica del solito.
Gareth faceva parte di una delle band che suonavano quella sera, era il cantante ed in più suonava la chitarra. La sua band- i Nooses* -  aveva appena finito di suonare “Heros” di David Bowie. Mi ricordo di aver pensato che la voce del cantante era proprio bella e che i musicisti avevano suonato bene, non come il gruppo che li aveva preceduti che avevano fatto una pessima cover di “Michelle” dei The Beatles, che tra l’altro era una delle mie canzoni preferite. Era stato straziante.
Lui mi si era avvicinato portando con se l’odore dello smog e delle sigarette, così diverso da quello di Austin che profumava sempre crema solare e aria di mare. Aveva alzato un dito in direzione del cameriere << due gin tonic >> aveva detto mentre si sedeva sulla sedia di fronte a me. Avevo alzato lo sguardo dal quaderno, incerta se voltarmi o meno a controllare se stesse guardando me o qualcun’altra alle mie spalle. Opzione che ritenevo più probabile.
Quando il barista però mi porse l’acqua tonica e il gin mi resi conto che ero proprio io l’oggetto delle sue attenzioni. Mi sorrise costringendomi a sorridere a mia volta. << Allora, che ci fa una bella ragazza come te in un posto come questo? >> mi chiese. Inarcai  il sopracciglio assottigliando lo sguardo. Che voleva questo tizio dannatamente bello da me? Per caso ci stava provando?.
<< Mmh io non bevo. Grazie comunque >> avevo prontamente eluso la sua domanda. Forse così mi avrebbe lasciato stare. Invece rimase seduto, fissandomi con quello sguardo furbetto che mi faceva intuire che non avrebbe mollato la presa tanto facilmente e la cosa strana che anche io non volevo che se ne andasse.
<< Okay, non bevi, ma scommetto quello che vuoi che componi >> scoccò un occhiata al mio quaderno che tenevo aperto su una pagina bianca. << Si, effettivamente compongo >> o meglio componevo, da quando ero arrivata a New York non riuscivo più a scrivere una singola parola o nota,ogni cosa che scrivevo mi ricordava Miami che di conseguenza mi ricordava Austin. Uno stress infinito.
<< Allora che ne dici di esibirti? Io alla chitarra e tu canti. Abbiamo bisogno di gente nuova qui >> improvvisamente non sapevo che cosa rispondere, l’unica persona con la quale avessi mai cantato era Austin. Mi resi conto poi che Austin però li non c’era, che non ci sarebbe mai stato, era uscito dalla mia vita. E cosa c’era di male ad accettare l’invito di uno sconosciuto chitarrista bello e, probabilmente, molto talentuoso? Niente, appunto.
Così mi ero alzata dalla mia postazione, ingurgitato il gin tonic, diretta sul piccolo placo sul lato opposto del locale. Gareth si era seduto su un piccolo sgabello ed io ero in piedi di fianco a lui, scese il silenzio. Gli sguardi di tutti nel locale erano su di noi, su di me che probabilmente con quel vestito a fiori e i sandali dovevo avere l’aria di una appena uscita da un raduno hippie.
Le dita di Gareth scivolarono agili sulle corde, stava suonando “Samebody to love” dei Queen. Presi  cantarla, prima piano, timidamente, poi sempre con più grinta. Non avevo paura, le occhiate della gente non mi intimorivano. Anzi, ero felice che mi osservassero.
A fine brano uno scroscio di applausi ci investì facendomi sentire viva come non mi sentivo da tanto tempo. Fui anche così spavalda da lasciare il mio numero a  Gareth che mi chiamò la sera dopo, e la sera dopo ancora, fino a farmi diventare un habitué del locale. Cantavamo insieme quasi sempre e poi scorrazzavamo per le strade di New York fino all’alba.
Mi aveva baciato per la prima volta a Capodanno, sotto i fuochi d’artificio a Time Square.
Ora, sapevo che ritornare sarebbe stato sbagliato – dopo tutto mi ero appena costruita una nuova vita nella Grande Mela con una persona che mi voleva davvero bene e con tanti nuovi fantastici amici -  avrei perso quella serenità che tanto a fatica mi ero guadagnata anche se solo lo avessi l’avessi rincontrato, anche solo per caso, in metropolitana. Ma – allo stesso tempo - volevo andare.  Mi dicevo che impacchettare gli strumenti e cedere le chiavi al nuovo proprietario del negozio mi avrebbe aiutato a tagliare finalmente i ponti col mio passato.
In fondo Gareth sarebbe stato con me, mi sarebbe stato vicino anche quando  miei amici mi avrebbero guardato con la delusione negli occhi proprio come quando ero partita.
 
Il campanello del mio appartamento suonò ridestandomi improvvisamente da quel mare di pensieri che mi aveva investito. Abbandonai la spazzola e il jeans  all’interno della valigia ed andai ad aprire.  A saltarmi al collo la mia coinquilina Lea, nonché una delle migliori musiciste di violoncello che io avessi mai ascoltato.
<< Non te ne puoi andare Ally! Non puoi lasciarmi sola tutta l’estate! >> singhiozzò col viso nascosto nella mia spalla. Le accarezzai dolcemente i lunghi capelli neri << non piangere Lea, sarà solo per un mese! Poi tornerò alla MUNY** appena in tempo per cominciare il semestre >>  ebbene si, era alla MUNY che mi ero rifugiata, avevo inviato un secondo video in cui suonavo – era stata un impresa registrarlo senza che ne Trish,Daz e Austin se ne accorgessero -  e loro mi avevano nuovamente accetta. Avevo taciuto tutto fino all’ultimo giorno, quando ormai avevo comprato il biglietto aereo.
Eppure, nonostante  tutto, mi erano venuti tutti a salutare all’aereo porto, tutti tranne Austin che, invece, non si era nemmeno premurato di lasciarmi un biglietto di “ cordiali saluti”. Ancora oggi mi chiedevo cosa si aspettasse da me, lui aveva il suo tour mondiale, la sua casa discografica e la sua ragazza. Cosa avrei dovuto fare io? Aspettare che lui prendesse una decisione da brava stupida?.
<< Bugiardaaaaaa! Rimarrai a Miami insieme a quell’Austin lasciandomi sola! >>. nonostante Austin ormai fosse famoso in quasi tutto il globo in Lea si ostinava a chiamarlo “quell’Austin”, non gli stava particolarmente simpatico – la solidarietà femminile prima di tutto! – ma riteneva che io e Austin fossimo destinati a stare insieme. Le piaceva Gareth, credeva che io l’amassi,però diceva che quando parlavo di lui qualcosa nei miei occhi mutava. Come se fossi più felice anche solo ricordandolo.
<< Tz, figurati, lui non ci sarà nemmeno. Avrà un tour ho qualcosa di simile >> almeno speravo che fosse così. << Oh avanti Ally, te lo leggo negli occhi che ardi dal desiderio di rivederlo >>. Sbuffai, tornando ad occuparmi della mia valigia.
Questo era il suo più grande pregio/difetto, sapeva leggere le persone. Anche quelle più complesse. E,ammettiamolo, non è che io fossi così tanto difficile da interpretare.
Lea venne vicino a me, alzò un braccio per carezzarmi i capelli e io mi abbandonai alle sue coccole lasciandomi sfuggire un sospiro amareggiato.
<< Non lo so Lea, non so nemmeno cosa voglio >> ammisi sedendomi sul letto, lei si sedette al mio fianco poggiando la sua testa sulla mia spalla << vedrai che ce la farai >> mi rassicurò << e se quell’Austin prova solo a toccarti vengo fino in Florida a prenderlo a calci >> non potei fare a meno di ridere quando nella mia mente si formò l’immagine della piccola Lea cosi minuta che inseguiva Austin imprecando in cinese.
<< Tu però cerca di vedere il lato positivo. Sarai a Miami con Gareth! Forse è la volta buona che concludete … >> quelle parole mi fecero arrossire. Era vero, in quasi otto mesi di relazione non eravamo mai andati oltre. Ero ancora vergine, e nonostante lui mi avesse fatto capire di volere qualcosa di  più io avevo volutamente ignorato i suoi segnali. Non mi sentivo ancora pronta, ecco tutto.
Afferrai un cuscino e glielo sabbatei in faccia <<  e smettila! >>.
Come potete notare non era la prima volta che affrontavamo l’argomento.
Ridemmo di gusto, stese sul letto, per non so quanto tempo. Poi smettemmo anche di ridere, ci voltammo a guardarci come facevamo ogni volta quando c’era qualcosa di non detto o di non fatto ad aleggiare nell’aria e nessuna delle due si sentiva di affrontare l’argomento.
<< Spero davvero che questo viaggio ti aiuti a schiariti le idee >> disse, alla fine, rompendo il silenzio. Sospirai << lo spero anche io >>.
 
 
Gareth sonnecchiava tranquillamente con la testa appoggiata nell’incavo della mia spalla. Aveva dormito tutto il viaggio, stanco morto com’era probabilmente per colpa delle prove della band. Era stato un bene che si fosse addormentato; non amava particolarmente l’altezza, gli dava la nausea, e probabilmente se fosse stato sveglio avrebbe passato tutto il tempo nel bagno dell’aereo.
Io, invece, durante tutte e tre ore e venti minuti di viaggio, non ero riuscita chiudere occhio – nonostante anche io fossi molto stanca. Il punto era che ero troppo nervosa, sapevo che ad aspettarmi ci sarebbero stati Trish, Daz – non volevo e ne contavo sulla presenza di Austin, figuratevi – e, naturalmente, mio padre. Speravo solo che Trish non avesse organizzato le cose a modo suo, con tanto di banda e striscioni colorati***. Sarebbe stato molto imbarazzante.
<< Signori e signore vi avvisiamo che stiamo per atterrare all’ aereo porto di Miami. Vi prego di allacciarvi le cinture >>. Scossi Gareth con delicatezza << amore >> gli sussurrai all’orecchio << stiamo per atterrare >>.  Le sue palpebre fibrillarono, poi lentamente aprì gli occhi. Ogni volta mi stupivo di quanto potessero essere verdi e brillanti, nonostante fossero, in quel momento, velati dal sonno.
Si mosse a disagio sulla sedia allacciandosi frettolosamente la cintura << potevi svegliarmi una volta atterrati >> strinse convulsivamente i braccioli << lo sai che questa è la parte che odio di più è l’atterraggio >>. Si, al contrario di ogni acrofobico  lui era più terrorizzato dall’atterraggio che dalla partenza. Diceva che si sentiva come precipitare in picchiata senza alcun controllo.
Feci roteare gli occhi << fifone >> borbottai a mezza voce.
 
Nonostante Gareth avesse ripetuto costantemente durante tutta la fase dell’arrivo sulla pista << adesso moriamo >>  riuscimmo a giungere sulla terra illesi.
Dopo poco eravamo all’imbarco, lì ci avrebbero raggiunto gli altri. Irrequieta camminavo avanti e indietro controllando ogni due passi l’orologio. Dove accidenti si erano cacciati?.
<< Dovresti smetterla di fare così sai? >> la mano di Gareth si poggiò sulla mia spalla bloccando quell’andirivieni. Mi attirò sulle sue ginocchia – lui si era seduto per riprendersi dopo l’evento traumatico dell’atterraggio – e mi fisso con quei grandi smeraldi che aveva al posto degli occhi << consumerai il pavimento a forza di fare su e giù >> ironizzo passando le lunghe dita fra i miei capelli. Sospirai << e che sono nervosa. E’ più di un anno che non li vedo, e se fossero ancora arrabbiati con me? Se non volessero essere più miei amici? >> mi sentivo una bambina sulle ginocchia del proprio papà che piangeva perché gli amichetti l’avevano esclusa. Anche se in questo caso, ero stata io a escludere loro.
Aggrottò la fonte << beh >> cominciò << anche se così fosse cosa importa? Tu hai me, Lea e gli altri ragazzi del gruppo. Noi ti vogliamo bene. Sono loro a perderci non tu >> incollò le labbra sulle mie << una splendida cantautrice, generosa e piena di talento che bacia da Dio. Ecco cosa si perderebbero >> risi sulle sue labbra << scemo >>.
<< Oh, ma guarda. Pare che tu non abbia perso tempo eh Ally? >>.
Mi irrigidii.
Merda.

 
 
 
 
 
 
* I cappi al collo.
**  Ho preso spunto dall’episodio in cui Ally sarebbe dovuta partire per New York per frequentare, appunto, la MUNY. Solo che rinuncia perché preferisce restare con i suoi amici.
*** Riferimento all’episodio in cui Trish organizza il licenziamento di Dallas.



Angolo Autrice.
Salve! Sono piccola98 ed è la prima volta che scrivo in questa sezione. Mi è venuta in mente l'idea per questa fan fiction mentre guardavo una puntata della seria ( precisamente quella in cui i due si rendono conoto di amarsi ) e mi sono chiesta come sarebbe andata avanti la storia se Ally - stanca di aspettare una decisione di Austin - partisse per New York e tornasse a Miami solo un anno dopo.
Premetto che sono un autrice molto pigra e che spesso per postare ci metto un po'. Cercherò comunque di non essere troppo saltuaria nell'aggiornamento.
In ogni caso spero che il capitolo vi piaccia.
baci.
piccola98
    
  
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