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Autore: j3nnif3r    03/08/2008    1 recensioni
Una yuffientine un po' particolare, ambientata subito dopo gli eventi di "Dirge of Cerberus". Le acque si sono ancora una volta calmate, il gruppo si è ancora una volta diviso, ma riuscirà Vincent ad allontanarsi da Shelke?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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16 - A volte succede

Non gli capitava spesso di rimanere sveglio e guardarla dormire.

Da quando stavano insieme, anche se in uno strano modo non ufficiale e imbarazzato, Tifa aveva iniziato a comprare strane camicie da notte. Prima non ne aveva di così sensuali, di quelle che hanno un laccio da tirare per diventare niente. Non che gli dispiacessero, ovviamente. Su quel corpo, qualsiasi cosa sarebbe stata deliziosa.

Da quando stavano insieme, Tifa era diventata dolce. Aveva per lui mille premure, gli faceva trovare la vasca piena di acqua calda al rientro dal lavoro, gli preparava pasti incredibili, gli si sedeva sulle ginocchia e rideva, le sue mani che finivano ovunque e i suoi capelli che si incastravano sotto le spalle. Quei capelli dal profumo indescrivibile, che rimaneva sui vestiti e fra le lenzuola dopo che facevano l'amore.

E quando le cose vanno così bene, che succede?

Non significa forse stabilità, tutto questo? Non dovrebbe avere un seguito naturale?

E se lui non avesse potuto davvero avere figli, o se fosse morto giovane a causa di quel maledetto Mako, o se fosse successo qualcosa?

Era per questo che preferiva addormentarsi e non rimanere sveglio a fissarla. Non voleva pensare troppo.

Lentamente, per non svegliarla, scivolò via e si infilò i pantaloni. I piedi nudi sul pavimento avevano un rumore secco. Cloud si voltò un'ultima volta per assicurarsi che Tifa dormisse, poi si chiuse la porta alle spalle.

Poteva sempre farsi un panino, anche se alle due di notte era un po' strano. Si passò una mano fra i capelli aprendo il frigo e guardando quel che c'era. Yuffie era incredibile, capace di spendere quanto una famiglia di sette persone avrebbe speso per una settimana e comprare solo dolci. Prese il vassoio del tiramisù, sentendosi già un po' in colpa, ed un cucchiaio.

Quando si voltò chiudendo il frigo con il piede, seduta sulla panca c'era Shelke.

Cloud non era mai stato un granchè nel socializzare, ma rapportarsi a quella (che cosa? Ragazza? Donna? Bambina?) non gli sembrava proprio possibile. Non aveva nemmeno capito bene che ci facesse lì, in casa sua.

"Che fai ancora in piedi?" chiese, senza sedersi e tuffando il cucchiaio nel dolce.

"Non riuscivo a dormire, e Tifa era con te."
"Vincent dorme?"
Shelke fece una faccia scocciata. "Non sono un'appendice di Vincent, io."

"Ah no?"

"Ho sentito che eri sveglio e volevo parlare con te."
Cloud aggrottò la fronte, continuando a masticare. Si chiese come mai quella ragazzina (in quel momento lo sembrava, così sottile nella penombra, con i capelli scombinati e il viso pallido), invece di dormire, passasse la notte ad ascoltare i rumori della casa.

"Ti senti bene?"
"Sì, benissimo."

"E che cosa..." Cloud posò il vassoio sul tavolo, porgendole un altro cucchiaio. "...volevi dirmi?"

Shelke lo prese, ingoiò un po' di tiramisù. "Mangiare questa roba di notte non deve fare molto bene."
"Oh, tanto siamo già fottuti. Cioè, uhm..." Le si sedette vicino. "Tu starai meglio, ovvio. Ne sono sicuro."

"Tu come mai sei stato esposto al Mako?"
"E' una storia lunga. Non mi piace parlarne."
"A nessuno piace parlare, qui." Shelke prese una cucchiaiata enorme e la mise in bocca, tirando fuori il cucchiaio lentamente. "Ma io ho voglia di parlarne, invece. Vincent non vuole, mai. Pensavo che tu volessi."

"Non sono bei ricordi, sai. Non devono esserlo nemmeno per te."

"Tifa mi considera sua figlia, credo."

Cloud posò il cucchiaio sul tavolo, rassegnato alla chiaccherata. "Ma no. Vuole solo essere gentile."
"Forse le piacerebbe avere dei figli." Shelke lo guardò di nascosto, con una punta di malizia.

"E' probabile."
"A te piacerebbe?"
"Sai cosa penso?" disse lui alzandosi. "Penso che puoi dormire con Tifa, per stanotte, se ti fa sentire meglio. Io ormai non ho sonno."

"Io ho bisogno di parlarne!" Shelke aveva afferrato i suoi pantaloni, con forza. "Ti prego! Ho bisogno che qualcuno mi parli come un suo pari, non come una bambina che non capisce niente!"
Cloud si sedette.

"Ma tu, in un certo senso, lo sei. E' questo il problema."
"Io non mi sento una bambina. Capisco tutto. E ho voglia di fare sesso." Alzò gli occhi per spiare la sua reazione, e vide un Cloud molto perplesso. "Nel senso che... ragiono come un'adulta, non sono una bambina."
"Un'adulta non direbbe queste cose."
"Che cosa?"
"Che hai... insomma, quello che hai detto!"

"Ho capito." Shelke sorrise. "Gli adulti hanno paura di parlare di sesso. Ce l'ha anche Vincent, non mi vuole mai spiegare..."
Cloud rise in silenzio. "Lo so che ti ha sconvolto che... beh, l'incontro fra Yuffie e Vincent. Ma questo non significa che devi farlo anche tu, è una cosa che verrà quando sarà il momento."
"E quando sarà il momento?"

"Lo saprai quando arriverà." C'era qualcosa, in Shelke, che faceva venir voglia di proteggerla. Qualcosa di tenero, di innocente. Cloud le mise una mano sulla spalla, e lei lo guardò. "E non sarà con Vincent, ma con uno che non ti tratti come una bambina."

Era proprio lui a dire quelle parole così sensate?

"Forse è vero, sai." disse dopo il silenzio. "Tifa ti vede un po' come una figlia da accudire. E' facile vederti in questo modo. E in certi momenti forse si ha bisogno di trattare qualcuno così. Fa sentire meglio."

"Quindi io vi faccio sentire meglio."
"Sì."

"Mi piace."
"Vuoi ancora tiramisù?"
"No, basta, mi sta venendo la nausea... Vorrei un caffè."
"Un caffè! Ma è notte, e poi ti fa male..."
"Anche il tiramisù di notte mi fa male."
"Hai ragione. Ma se ti faccio un caffè, chi la sente Tifa?"
"Non glielo diciamo!"
"Mh, non è male come soluzione."
"Io sono sicura che andrà bene fra voi due, sai? Forse potrai avere dei figli. Ma anche se non ne avrai..."
Cloud fissava il vassoio, improvvisamente serio.

"...anche se non ne avrai, lei non si allontanerà da te. Credo che per te sia il momento."
"Che momento?"
"Quello che mi hai detto prima!"
"...quello di fare sesso?"
"Ma no, insomma, quello in cui si trova una persona speciale."
"Oh. Sì."

Shelke gli fece un sorrisone. Le pareva di aver capito qualcosa in più, anche se non sapeva cosa di preciso. "Bene. Io me ne vado a letto."
"E il caffè?"
"Il caffè mi fa male!" disse allegramente, allontanandosi.

In fondo quella strana ragazza non era poi così male.

 

Era giusto che fosse la sera, il momento in cui sentirsi vivi?

Era giusto ritrovarsi in quel letto che era come soffocante, nel buio che premeva intorno?

Era giusto che la luna sembrasse così enorme, così vicina? Sotto i suoi raggi deboli gli occhi di Vincent sembravano gemme rosse, come se non riuscissero ad assorbire la luce ma potessero solo rifletterla.

Era così, no? La luce non faceva per lui. E impedendole di penetrarlo poteva diventare abbagliante.

Un piccolo uomo timido in giacca e cravatta che diventava un immortale triste e solitario.

Proprio romantico.

"Ecco, è questo." Yuffie gli era stata accanto per tutto il giorno, ed era come se aspettassero qualcosa. Dopo aver esaurito le cose da dire, si era ricordata di volergli mostrare un libro. "Dovrebbe essere del periodo in cui tu eri bambino."
Sulla copertina c'era un Chocobo squillante ma ormai sbiadito. Era un'immagine familiare. Vincent lo prese, lo aprì, e le pagine sembrarono suggerirgli di essere già state lette.

"Lo conosco."
"Davvero?" Yuffie rise, battè le mani. "Lo sapevo! L'ho preso per questo! Il tizio della bancarella mi ha assicurato che all'epoca tutti i bambini lo leggevano!"

Era un libro di favole e Vincent, da bambino, lo aveva letto mille volte. Seduto sul pavimento di fronte alla finestra della sua stanza, solo, come sempre.

"Sì, è vero. E' un libro molto famoso."
"E non ti fa piacere rivederlo? Sai, io sono sempre felice quando rivedo qualcosa che mi era familiare nell'infanzia! Così pensavo... che magari ti avrebbe fatto piacere."

Gli ricordava la solitudine, un sapore amaro sulle labbra.

Gli ricordava il dolore, la paura.

Gli ricordava il sentirsi indifeso e la timidezza che bloccava ogni tentativo.
"E' una sensazione piacevole."

Yuffie puntò le mani sui fianchi. "No, non è una ‘sensazione piacevole' " disse imitando il tono spento di Vincent. "E' una figata. Potresti essere un po' più contento, è una cosa carina!"

La guardò senza dir nulla.

"Uf." Yuffie si buttò a sedere sul pavimento, mentre lui seduto sul letto sfogliava il libro. "Possibile che niente ti renda felice?"

Felice?

Che significava, felice?

Vincent si fermò alla pagina in cui un bambino, nell'illustrazione, pettinava il suo Chocobo giallo e gli diceva che gli voleva bene, molto bene.

Cosa avrebbe potuto renderlo felice?

"Voglio dire..." continuò Yuffie " Se non te ne frega niente del libro, potrebbe farti piacere che io abbia pensato a portartelo. Le persone sono felici di cose del genere. Di essere pensati. Che a qualcuno importi di loro, non so."

"A te importa di me?"
"Certo." Yuffie si alzò, gli diede uno scappellotto in testa, per gioco. "Testone!" Si voltò per andarsene. Le sembrava una bella uscita, quella. Un'atmosfera giocosa che poteva rimanere nell'aria, e coprire il nulla che Vincent si ostinava ad emanare.

Vincent le afferrò un braccio, la trattenne.

"Non andare."
Il libro cadde sul pavimento. Yuffie si voltò, il volto di Vincent che nella penombra sembrava chiamarla, sembrava vederla e non schivarla come sempre, il mantello che in un attimo le fu intorno e si ritrovò sul letto.

"Vin..."

Lui le era sopra, i suoi capelli le sfioravano le spalle. Vincent aveva un odore così caldo, come di una cosa antica e preziosa. Il suo viso era così vicino, eppure non si muoveva.

Yuffie rimase immobile, respirando velocemente. "Che..."
"A me importa di te."

Le teneva i polsi con forza, forse troppa. Faceva paura, essere stretta così. Ed era anche eccitante, sentire che le sue mani erano forti e che non l'avrebbero lasciata andare.

Ma nel modo sbagliato.

"Vincent... lasciami..."
"Tu non capisci la paura che ho, anche solo nel pronunciare certe parole..."

Che stava succedendo? Cosa voleva fare? Cos'era successo?

"Mi fai male, Vincent..."
Aveva stretto ancora di più, strappandole un gemito. "Tu credi sia facile come un gioco, invece per me è un incubo."

Vincent aveva scavalcato le sue gambe con un ginocchio, rimanendo su di lei senza farle avvertire il peso, ma trattenendola immobile. Yuffie aveva chiuso gli occhi e voltato la faccia, sentendo un misto di rabbia, paura e piacere.

"Non sai cosa sia per me avvicinarmi alla tua felicità e sapere di poterla distruggere, o di doverne fare a meno."

"Cosa stai facendo??"

"Voglio solo esprimerti..." Si avvicinò ancora di più, le labbra che la sfioravano. "...il mio disappunto."

Perchè doveva essere così freddo?

Perchè doveva essere così strana e perversa, qualsiasi cosa avesse a che fare con lui?

Perchè le piaceva, in fondo?

"Se non ti piace questo, perchè vuoi che mi avvicini a te? Pensaci, Yuffie: stai solo giocando?"

"Non è divertente, smettila adesso, mi fai male..."

Vincent posò il corpo sul suo, lento, senza far male. "Se non è un gioco per te, forse non ti sei resa conto di ciò che sono."

"Sei uno stronzo!" Yuffie si agitò, tentò di muovere le gambe, ma non poteva.
"Se pensi che basti un sorriso e un regalo per cambiare le cose, ti sbagli."
"Lasciami!"
"Se pensi che l'allegria e la spensieratezza possano salvarmi, ti sbagli."
"Vincent!"
"Se pensi che potresti aiutarmi senza essere coinvolta, ti sbagli. Allora, Yuffie, sei ancora sicura di volermi?"

La lasciò all'improvviso, semplicemente aprendo le mani e sollevandosi appena. Rimase a fissarla, con un'espressione strana.

Di scherno.

Cattiva.

Si liberò e corse via. Vincent riprese il libro, lo chiuse e lo posò sul comodino.

 

Perchè le cose si rompono.

Anche se ci tieni più della tua stessa vita, anche se ne hai cura e le proteggi, anche se le avvolgi e le custodisci e le nutri, a volte si rompono.

Si frantumano.

In mille pezzi.

E a volte, a romperle, sei tu.

A volte sei tu che hai le mani taglienti, come mille lame, e sai bene che toccare le cose che ami significa ucciderle.

Distruggerle.

Farle sanguinare, farle piangere.

E anche se decidi di non toccarle per questo, anche se te ne allontani perchè vuoi che rimangano intatte, sai benissimo che saranno in pericolo per sempre.

Ed il pericolo sei tu.

 

"Ce ne andiamo."

Shelke alzò lo sguardo. Vincent era strano, i capelli non erano a posto come al solito, ed il mantello era spiegazzato. "Mh?" chiese, con un cucchiaino in bocca.

"Forza, sistema le tue cose. Stiamo andando via."

"Che succede?" chiese Tifa.

"Stavamo facendo merenda..." disse Shelke, mettendo via il cucchiaino. "Sai, Tifa mi ha insegnato a cucire! Ora posso rammendare i..."
"Non hai sentito?" Vincent aveva alzato la voce. Era la prima volta che glielo sentivano fare.

Tifa diede un'occhiata a Cloud.

"Noi, uhm, dobbiamo andare di là. A fare una cosa." disse Cloud, prendendola per mano e tirandola via. "Voi rimanete pure a chiaccherare."

"Che significa, Vin?" Shelke si alzò, gli andò davanti.

"Non ha senso rimanere ancora qui. Andremo via subito."
"Ma... perchè? Io..."

"Non c'è da discutere, Shelke. Sbrigati. Ti aspetto fuori."

"No, un momento!" Shelke incrociò le braccia, indispettita e confusa. "Non capisco. Fino a stamattina dovevo andare a scuola e seguire le cure dei dottori, e adesso questo? Che succede?"

Vincent sospirò. "Non ho voglia di discutere."
"Io sì! Vin..." Lo tirò a sedere, e si misero sulla panca. "Stava andando bene. Mi sto impegnando, sto facendo quello che mi hai detto... Perchè ora vuoi andar via? Stiamo bene, qui... Va tutto bene..."

"Non vuoi venire, insomma?"
"Ma..." Shelke fece spallucce. "Mi trovo bene con Tifa e Cloud. Mi piace, qui. Sto imparando tante cose, mi sto curando..."

"Non vuoi venire?"

"E' successo... qualcosa... con lei?" Vincent si alzò di scatto, strattonando la stretta di Shelke sul mantello. Lei lo riprese, lo tirò forte. "Aspetta!"

"Non intendo discuterne!" gridò Vincent. "Vuoi venire o no?"
"Io, veramente..." Shelke abbassò gli occhi, si strinse nelle spalle. "Vorrei rimanere qui, se non ti dispiace. Cioè, sempre. Finchè non starò meglio. Ma pensavo... pensavo fosse ciò che volevi anche tu."

"Capisco."

Vincent la costrinse a lasciarlo. L'aveva fatto con troppa forza, con una foga che Shelke non conosceva in lui. Era uscito dalla cucina a passi nervosi, e aveva una strana luce negli occhi.

Per la prima volta, le era sembrato vivo.

Tifa fece capolino dalla porta.

"E' andato in camera." disse Cloud sottovoce, ma Shelke lo sentì.

"Sssh!"
"Io non intendo nascondermi e parlare sottovoce in casa mia, cazzo!"
"Zitto, dai, ci sente!"

"Potete entrare..." disse Shelke.

"Ehi." Tifa le andò incontro con un sorriso falsissimo ma pieno di buone intenzioni. "Tutto ok? Che succede?"

"Vincent vuole andar via..."

"E perchè?"
"Non lo so." Shelke riprese il cucchiaino, e lo tuffò nel vasetto di yogurt. "Forse è colpa di Yuffie. Come al solito."

 

"Tu credi sia facile come un gioco, invece per me è un incubo."

Non era quello che voleva.

Non era quello che aveva cercato di fare.

Non era quello che sarebbe dovuto succedere.

"Non sai cosa sia per me avvicinarmi alla tua felicità e sapere di poterla distruggere, o di doverne fare a meno."

Non pensava che fosse così.

Non sapeva che fosse così.

Non voleva che fosse così.

"Se non ti piace questo, perchè vuoi che mi avvicini a te? Pensaci, Yuffie: stai solo giocando?"

Non stava solo giocando.

Non voleva giocare.

Proprio no.

"Se non è un gioco per te, forse non ti sei resa conto di ciò che sono."

Doveva esserlo per forza?

E lui si era reso conto di ciò che lei era, o pensava che potesse solo giocare?

Lui si era reso conto?

Lui si era reso conto?

"Se pensi che basti un sorriso e un regalo per cambiare le cose, ti sbagli."

Faceva male, questo.

Perchè lei non voleva cambiare le cose, voleva solo fargli piacere.

Perchè lei veniva da un mondo in cui i sorrisi ed i regali sono cose gradite.

Perchè forse, in fondo, lei non riusciva a capire.

"Allora, Yuffie, sei ancora sicura di volermi?"

...

 

Perchè a volte, le cose si rompono. Anche se non lo si vuole.

   
 
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