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Autore: metaldolphin    02/06/2014    3 recensioni
Tra simili ci si conosce e riconosce... lo scopre Nami in un'avventura che la vede cacciarsi nei guai ed uscirne grazie a colui che non avrebbe mai creduto interessato a lei...
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ennesima goccia d'acqua caduta dal soffitto basso di pietra antica, centrò la torcia accesa che fu scossa da un breve crepitio, ma Zoro non se ne curò.
Aveva ben altro per la testa, in quel momento.

Il corridoio sotterraneo sembrava snodarsi all'infinito e il buio lo inghiottiva in entrambe le direzioni: solo il chiarore di quel fuoco tremolante schiariva quel buio che pareva rimasto inviolato da troppi anni.
Senza una parola o qualsiasi altro suono che potesse uscire dalle labbra serrate, lo Spadaccino continuava ad avanzare, con l'eco dei pesanti stivali che risuonavano sulla roccia nuda e scivolosa per l'umidità'.

Doveva fare presto, dipendeva tutto dalla riuscita della sua missione. Ormai da più di un'ora camminava lungo quel budello sotterraneo e non aveva incontrato nulla di diverso in quella monotona galleria, né un bivio, né uno slargo. Le pareti di pietra fredda si confrontavano sempre alla stessa distanza, parallele, e nemmeno la prospettiva che si perdeva nel buio riusciva a farle incontrare.

Dopo l'ennesimo gomito, infine, un fievole chiarore lontano gli fece capire che forse era giunto alla sua meta.
Se non fosse stato così, almeno qualcosa avrebbe interrotto quell'assurda monotonia.

Giunto in prossimità di quella luce ora più consistente, allertò i suoi sensi e mise mano alla katana, preparandosi ad ogni evenienza. Di certo non sarebbe stato accolto a braccia aperte... Dopotutto, era pur sempre uno sconosciuto in territorio ostile e il suo aspetto inquietante non facilitava di certo le cose.

Il corridoio si apriva in una specie di disimpegno sulla cui parete di fondo spiccava una porta di legno massiccio, ornata di borchie metalliche e pesanti cerniere dello stesso materiale. Una torcia assicurata ad un grosso anello infisso nel muro, ardeva con luce quasi irreale, dato che sembrava non consumarsi o variare di luminosita`, a differenza di quella dello Spadaccino, che sembrava prendere vita ad ogni movimento e spostamento d'aria.

Nessuno sembrava essere nei paraggi, ma Zoro non abbassò la guardia, appoggiò l'orecchio sulla superficie lignea e si mise in ascolto.
Nulla sembrava provenire dall'ambiente celato da quella barriera.
Dato un ultimo sguardo al corridoio che proseguiva e si perdeva nella fitta oscurita`, Zoro, silenzioso come una pantera nella giungla insidiosa, tagliò il legno e il metallo dei cardini, riuscendo così ad accedere al locale senza annunciare la sua presenza.

La sala non era molto ampia, ma su essa si aprivano varie porte seminascoste da pesanti panneggi di tessuto scuro. La luce era diffusa da poche lampade di vecchia fattura e, nell'insieme, a Zoro la situazione ricordò il castello di Mihawk in cui era stato ospite, suo malgrado, per due anni, se non fosse stato consapevole di essersi addentrato nelle viscere dell'alta montagna che sorgeva proprio al centro dell'isola.

Agganciò la torcia ad un anello vuoto per avere le mani libere e cercò un qualsiasi indizio o segnale che potesse aiutarlo.
Nemmeno qui si udivano suoni che potevano tradire la presenza di alcunché di vivo.

Si affidò alla fortuna che già tante volte, forse anche troppe, lo aveva aiutato, nella sua vita fatta di avventura e pericolo.
L'enorme cicatrice che gli sfregiava il tronco, dalla clavicola sinistra alla cresta iliaca destra, ne era prova: sopravvissuto a quella tremenda prova, a volte aveva l'impressione di essere quasi invincibile. A rammentargli la sua umana fragilità era la sua vista ridotta per l'occhio ormai perduto, che lo aveva costretto ad un allenamento supplementare per ovviare con gli altri sensi al grave deficit. Grazie a quelli e al suo sviluppato haki, riuscì a percepire qualcosa dietro la porta alla sua destra, come un sospiro indefinito o l'ultimo alito di vita che sfuggiva via, riluttante, da un corpo ormai inutile.

Impugnò la Sandai Kitetsu e spalancò la pesante porta con decisione, pronto a tutto.
Diede una rapida scorsa alla camera riccamente arredata, ma l'unico occupante, un uomo ancora giovane e prestante, dai lineamenti fini e i lucidi capelli neri raccolti in una coda bassa che scendeva lungo le spalle, rimase semisdraiato sulla dormeuse, a guardarlo con aria ironicamente divertita.
Piluccava scuri acini d'uva da una ciotola d'argento con fare elegante, senza fretta, per nulla intimorito dalla presenza di Zoro.
Che fu squadrato da capo a piedi con occhio critico per qualche secondo dal padrone di casa, prima che lo sorprendesse con una frase pronunciata con nonchalance: -Guerriero, ce ne hai messo di tempo prima di scegliere la porta giusta... Sarei anche contento di vederti, ma credo che tu avresti preferito incontrare una delle mie sorelle. Sono molto belle, sai? Anche se forse non tutte amerebbero un uomo rozzo al par tuo....

Lo Spadaccino ringhio' al suo indirizzo, quindi scaraventò in aria, con un calcio, un basso tavolino elegantemente intarsiato e disse, senza preamboli: -Non mi interessano né te né le tue sorelle, belle o racchie che siano. Sono qui per riprendere solo la mia compagna!

L'altro scoppiò a ridere sonoramente, ma con grazia, come solo certi nobili sanno fare.
Pareva sinceramente divertito, non vi era alcuno scherno nel tono di quel suono ilare. Si mise in piedi ed avvicinò Zoro con passo tranquillo. Rimase ad una distanza minima ed alzò il viso per guardare il pirata, che era più alto di lui di mezza testa.

-Sei divertente, guerriero. Ma sai, visto che altri non te l'hanno detto, devo informarti che nessuno è mai uscito vivo dalla nostra residenza, uomo o donna che fosse.

La parte finale della frase aveva assunto un tono lieve di minaccia e Zoro reagì di conseguenza, sfoderando anche la Shushui senza il minimo suono e sferrando il primo colpo.

L'altro non si mosse nemmeno quando venne colpito.
Guardò con somma indifferenza la lama che lo trapassava da parte a parte, scomparendo nella scura giacca di velluto, quindi fece un passo indietro, poi un altro e si liberò dall'arma affilata.
Non una goccia di sangue macchiò il pavimento o gli abiti ed anche la katana brillava intonsa, alla luce tremolante delle candele. Sembrava che fosse passata un'eternità, ma tutta l'azione era durata pochi attimi.

Lo sconosciuto sospirò, quindi, con una certa dose di ironia, disse: -Devo avere qualcosa che non va... Non mi crede mai nessuno... E va a finire che ci rimetto sempre qualche abito che mi piace!- sbuffo', infilando sconsolato le dita nel taglio della giacca, mentre Zoro lo guardava allucinato, come se non capisse cosa fosse successo.

Improvvisamente gli tornarono in mente le parole dette dall'Archeologa, in merito ad una leggenda propria dell'isola in cui si trovavano, che narrava della popolazione locale mutata in una sola notte in qualcosa di terribile e poi sterminata dai superstiti che erano sfuggiti a quella specie di maledizione.

Evidentemente qualcuno era riuscito a sopravvivere, dato che quello strano tipo rispondeva perfettamente alle descrizioni giunte ai loro giorni: bell'aspetto, eleganza, grazia e...niente sangue, nemmeno una goccia, quando venivano colpiti da qualsiasi tipo di arma. Si nutrivano dell'essenza vitale degli altri uomini, un po' come Dracula con il sangue delle sue vittime...

Approfittando della stupita esitazione di Zoro, l'altro agì in fretta, atterrandolo con un violento colpo alla nuca, dato con una forza tale da fargli perdere immediatamente i sensi. Scomposto al suolo, lo Spadaccino rimase immobile, respirando appena, mentre una chiazza scura e viscosa si allargava sotto la sua testa, macchiando il pavimento lucido di pregiato marmo.

L'aggressore sbuffo' stizzito nuovamente.
-Maledetti mortali! Guarda tu che casino... E che spreco di energia vitale!- esclamò, chinandosi sul samurai svenuto.
   
 
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