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Autore: Manny_chan    03/06/2014    2 recensioni
Il Mondo è cambiato.
Il Paradiso è cambiato.
Sariel stesso è cambiato, tanto che ne ha quasi paura.
Per quello è sulla terra, per cercare un modo per riequilibrare le cose. Ma per farlo dovrà trovare un vecchio nemico e un antico rancore arde nel profondo del suo animo....
Fiction partecipante al contest ''Sesso o amore?'' organizzato sul forum da petite_love e lelle10
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Inferno e Paradiso'
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Quella città era davvero bella, vista dall'alto.
Sariel mosse qualche passo lungo il cornicione, osservandone il profilo scintillante contro il sole rosato dell'alba.

Aveva scelto quel posto, ben in vista, e si era fermato lì; se i cherubini lo stavano ancora cercando, cosa molto probabile, non ci avrebbero messo molto a trovarlo.
Infatti, come a voler sottolineare quel pensiero, un lieve battito d'ali lo indusse a voltarsi.
"Hariel, Raziel", disse, scendendo con grazia dal cornicione.
I due non risposero e Sariel non poté fare a meno di notare quanto sembrassero mogi e malmostosi, come bambini  dopo una ramanzina.

Nascose  stento un sorriso; i Serafini, che aborrivano la violenza tanto quanto i Cherubini odiavano l'insubordinazione, non dovevano aver gradito l'idea dei due di riportarlo in paradiso in tanti piccoli pezzi.

Dovevano essersi presi una bella strigliata.

Hariel ebbe un leggero spasmo di irritazione. “Sei rinsavito, Virtù, e hai deciso di seguirci?”, chiese.

Sariel scosse lentamente la testa. “Non proprio. Voglio proporvi un accordo. Parlerò con Lehael, ma in territorio neutrale, qui.”

“Blasfemo”, fu la risposta sibilata rabbiosamente. “Osare dettare le condizioni per incontare un Serafino, quando dovresti correre strisciando da loro non appena ti chiamano!”
“Hariel”, la interruppe Raziel a quel punto. Era rimasto in silenzio, scuro in viso fino a quel momento. “Lascia che se la sbrighi Leahel, se non vuole che lo riportiamo indietro con la forza che se la veda lui,  recuperare un soldato ribelle non rientra nelle nostre mansioni”, sibilò, sprezzante, allungando la mano.

Hariel annuì, prendendola, senza aggiungere una parola; scomparvero entrambi in un battito di ciglia, lasciando Sariel nuovamente solo.

La Virtù sospirò, voltandosi di nuovo verso la città, poi abbassò lo sguardo. Sotto di lui, circa trenta metri più in basso, l’aria si increspava, formando minuscole pieghe invisibili agli umani. Non aveva scelto quel posto solo per il panorama, si era anche assicurato di avere una via di fuga, in ogni caso. Una porta tra le dimensioni, esattamente sotto di lui, un salto e persino un Serafino non sarebbe stato in grado di ritrovarlo.

Tra quei pensieri emerse, come un’eco, il ricordo delle parole di Belial. Una vita in fuga, in quel mondo…

Mentre indugiava sull’angoscia che aveva visto sul fondo degli occhi del demonio, quando aveva pronunciato quelle parole, si rese conto di non essere più solo. “I Cherubini hanno fatto in fretta…”, mormorò, voltandosi.

Davanti a lui stava Lelahel in persona. Non un semplice Serafino, ma colui che in quel momento stava più in alto di tutti. Il primo, gerarchicamente, di tutte le creature celesti.

Che fosse venuto lui stesso e non avesse delegato, voleva dire che la sua fuga aveva destato più scompiglio di quel che credeva.

Lelahel sospirò. “Sono qui. Parlami, ti ascolto”, disse semplicemente. “Spiegami cosa c’è dietro le tue azioni.”

Sariel  quello non se lo aspettava.

I serafini avevano un potere enorme, il potere di guardare attraverso l’animo di chi stava di fronte scovando colpe e peccati. I giudici, i custodi della verità. Eppure Lelahel non lo stava usando. I limpidi occhi color glicine erano puntati su di lui, fissi sul suo volto. Non ne capiva il motivo.”Pensavo che non ci sarebbe stato bisogno di parlare”, ammise.

“Ti sto dando l’occasione di spiegarmi, Sariel.”

Quelle poche parole lo colpirono come un pugno.

Lo aveva chiamato Sariel.
Non soldato, non Virtù, ma col suo nome.

E non era solo quello. Gli stava dando la possibilità di spiegarsi, di mentire, persino.
Quella possibilità era terribilmente allettante, eppure…

Davanti a lui si sentiva come un bambino colto in fallo, mentire…
Come poteva mentire?

“Guarda…”, mormorò infine. “Facciamo prima così…”

Fu un attimo gli occhi del Serafino sembrarono appannarsi leggermente e nello stesso istante Sariel si sentì completamente vulnerabile, sostenere quello sguardo divenne impossibile; spostò il proprio, cercando di concentrarsi su qualcos’altro.

Non aveva mai avuto l’occasione di vedere così da vicino un Serafino. Nonostante la sua situazione non fosse delle migliori non potè fare a meno di indugiare sul suo aspetto. Sui capelli, dello stesso colore tenue degli occhi,legati in una treccia austera e ordinata che tuttavia non riusciva ad inasprire la dolcezza dei suoi lineamenti. Erano belli, i Serafini, tanto belli che i pittori umani si sarebbero cavati un occhio pur di avere il privilegio di ritrarli con il restante. Avevano un’aura severa, che però passava in secondo piano se ci si soffermava sulle loro forme armoniose e sulla loro eleganza. Erano angeli creati per amare e non per combattere e come tali minuti e sottili, al contrario di tutti gli altri ordini guerrieri.

Come Belial, realizzò.

La stessa bellezza e la stessa eleganza dell’angelo che aveva davanti l’aveva anche il demonio, solo che non lo aveva mai notato fino a quel momento. O forse non aveva voluto notarlo, accecato dai pregiudizi…

Un aspro sospiro lo costrinse a riportare la sua attenzione su Lelahel, il cui sguardo era tornato limpido

Sariel riuscì a sostenerlo solo per qualche istante, poi dovette abbassare il suo. Un profondo senso di vergogna lo assalì, doloroso e bruciante. Il Serafino non aveva ancora detto nulla eppure si sentiva nuovamente come un bambino, vergognoso e spaventato.
Spaventato perché solo in quel momento si era davvero reso conto dell'enormità dei suoi errori.
Lelahel sospirò. "Tutto questo...", mormorò, lasciando la frase in sospeso ed avvicinandosi.
Sariel aveva l'impressione di avere un peso sulle spalle che aumentava ad ogni passo che l'altro faceva verso di lui, al punto da diventare insostenibile. Si lasciò cadere sulle ginocchia, le braccia strette al petto, con il desiderio sempre più forte di scomparire...

"Ti avevo detto che se fossi tornato sui tuoi passi avrei dimenticato tutto quanto... Ma questo...", Lelahel scosse la testa. "Non posso decidere da solo..."
"Lo immagino...", rispose Sariel. Voleva essere diretto, quasi sarcastico, ma persino la sua voce era debole ed incerta.
Non era l'unico però il cui animo era tormentato.

Lelahel stesso era combattuto. Da una parte l'amore sconfinato che nutriva verso ogni suo simile, dall'altra i doveri. Quei doveri di cui si era dovuto fare carico contro la propria volontà.
Guardare l'angelo in ginocchio di fronte a lui gli procurava un dolore violento all'altezza del petto.
Dovette arretrare per ignorare quella voglia di abbracciarlo, consolarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene...
"Devo consultarmi con il tribunale celeste. Tu... Non scappare. Non peggiorare la tua situazione", disse, quasi una supplica, prima di sparire.

Così come era arrivato, senza il minimo rumore.
Sariel, senza la forza di alzarsi in piedi, si trascinò fino al cornicione, appoggiandovi le braccia e abbandonando la testa sopra di esse. Non si era mai sentito tanto solo in tutta la sua esistenza. Solo al punto che un pensiero tanto fulmineo quanto strano gli attraversò la mente.
Vorrei che Belial fosse qui...
Sollevò la testa, ma che razza di pensieri faceva?
Eppure....
Eppure era così, pur con la sua arroganza, il sarcasmo e le battute crudeli Belial era l'unico che avrebbe potuto capire come si sentiva....
Arrivare a desiderare la compagnia di quel demonio; era davvero caduto in basso...
Le ore passavano lente e pigre. Venne la sera e di nuovo la notte.
Sariel aprì gli occhi, sentendo qualcosa sfiorargli il viso. Doveva essersi assopito perché il sole dell'alba iniziava nuovamente a fare capolino da dietro i palazzi.
Sollevò la testa
Lelahel, seduto sul cornicione accanto a lui, ritrasse la mano, accennando un sorriso. "Ci abbiamo messo più del previsto. Mi dispiace", disse dando poi qualche colpetto al cornicione accanto a sé. "Vieni, sediti con me un momento."

Sariel annuì, silenzioso, fece forza sulle braccia, buttando le gambe oltre il bordo e sedendosi sulla pietra. Si sentiva rattrappito ed anchilosato. Del resto, non si era praticamente mosso per tutto il giorno.

Il suo sguardo corse all’increspatura sotto di sé, poi all’angelo accanto a lui. Lelahel non sembrava intenzionato a cominciare un discorso a breve, osservava l’alba, silenzioso.

Sariel non resistette più di qualche istante. “Se mi hanno condannato a morte vorrei saperlo senza troppi giri di parole”, mormorò, stringendo il bordo del cornicione con le dita. Proprio sotto di lui, gli bastava saltare...

Lelahel spostò lo sguardo su di lui. “Sariel. Vorrei che mi lasciassi finire di parlare, prima di buttarti di sotto.”

La virtù si soffocò con qualcosa di indefinito. “Come…?”
A quel punto il Serafino sorrise. “Non sono uno sprovveduto. E vorrei tranquillizzarti, la situazione non è terribile come credi…”

Sariel tornò a guardare di fronte a sé, non riusciva a rilassare le dita, nonostante iniziassero a dolergli per la forza con cui le stava stringendo.

Lelahel accennò un altro sorriso, allungò la mano, appoggiandola sopra quella dell’altro. “Ascoltami. Ci sono stati solo due casi di condanne a morte, ed in entrambi i casi gli angeli ribelli avevano lasciato dietro di loro una scia di distruzione e dolore tali da rendere impossibile il perdono… Per quanto tu abbia sbagliato, non hai fatto del male a nessuno…”

Fece leggermente forza, costringendolo a staccare la mano dal cornicione, intrecciando le dita alle sue. “E poi, sarebbe una condanna inutile… Noi angeli… Solo chi ci ha creati, poteva distruggerci.”

Sariel a quel punto sollevò lo sguardo. “Cosa…?”, sembrava non essere in grado di formulare pensieri di senso compiuto. “Cosa intendi?”

Lelahe sospirò. “Dirlo senza sembrare arroganti non è facile. Ma noi creature celesti siamo state create per essere perfette. Non siamo come le patetiche imitazioni create da Lucifero. Lui era potente, certo, ma non è mai stato in grado di creare la vita dal nulla, i suoi demoni non erano altro che fantocci, bambole mosse dalle anime che i suoi mietevano, così facili da distruggere. Noi… Siamo la vita stessa, siamo stati creati per non morire. Mai. Solo chi ci ha creato in questo modo, avrebbe avuto il potere di annientarci…”

Sariel sbattè le palpebre, cercando di assimilare la cosa. “Non ne avevo idea…”

“Solo le schiere più alte sono a conoscenza di tutto…”

La virtù ebbe l’impressione di riuscire finalmente a respirare. La tensione abbandonò il suo corpo, rendendosi finalmente conto che l’altro gli stava stringendo la mano. Sentì una nuova speranza accendersi nel suo animo. Qualunque cosa fosse, Lelahel era tranquillo, quindi non doveva essere tanto terribile. “Quindi… Cosa ha deciso il tribunale celeste?”, chiese.

Lelahel a quel punto sorrise. Un sorriso caldo e luminoso. “Non lo indovineresti mai”, rispose. Avrebbe potuto sembrare fuori luogo, quella felicità. Ma lui sapeva perfettamente quel che faceva. “Diciamo che per i prossimi cento anni ti è precluso l’accesso alla dimensione celeste e sei retrocesso alle mansioni di semplice angelo. Dovrai darti da fare, qui sulla terra, per riportare un po’ di ordine.”

Sariel lo guardò. Sconcertato. “Cosa?!”

Non capiva. Temeva una punizione terribile ed invece il Serafino saltava fuori con quello che, a tutti gli effetti, era un premio per lui? Doveva aver visto, quando lo aveva guardato, quanto non volesse tornare in paradiso, quanto desiderasse restare e rendersi utile, e allora perchè…?

Lo guardò, confuso. “Per quale motivo?”, riuscì a chiedere, solamente.

Lelahel sospirò, allungandosi per appoggiargli le labbra alla fronte. “Sariel…”, mormorò. “Quello che volevi fare… Non era del tutto sbagliato. Hai peccato di arroganza, non lo si può negare, ma le tue azioni…”, abbassò lo sguardo. “Questa esasperazione che ti ha portato a concepire un piano del genere, è in qualche modo colpa mia. Nostra. Di tutto l’ordine dei Serafini. Troppo rinchiusi nel nostro dolore per accorgerci di quanto tutto il resto si stesse lasciando andare...”

Sospirò, lentamente ed in quel sospirò Sariel sentì distintamente tutta la sofferenza che il Serafino si portava dentro.

Era un dolore così intenso da coinvolgere anche lui, eppure…

Eppure nonostante tutto quella creatura che non conosceva, si era fatta in quattro per aiutarlo…

“Anche gli altri giudici… la pensano così?”, chiese ad un tratto, rendendosi conto di una cosa. Possibile che tutto il tribunale celeste, composto da tutti gli ordini, la pensasse allo stesso modo?

Lelahel a quel punto distolse lo sguardo, vergognoso. “A questo proposito…”, mormorò. “Diciamo che ho tenuto per me alcune cose… Come la storia del giardino e la tua avversione a ritornare in paradiso… Ho lasciato intendere che sarebbe stata una punizione terribile per te, l’esilio.”

Sariel a quel punto sentì distintamente qualcosa spezzarsi dentro di lui. In uno slancio di affetto abbracciò con forza il Serafino, piangendo lacrime silenziose e colme di gratitudine contro al suo petto. “Grazie…”, mormorò. “Io… Grazie, davvero… Non so davvero cosa fare per ringraziarti... ”

Lelahel non disse nulla, gli appoggiò una mano sulla nuca, lasciando vagare lo sguardo lontano. Era stata una decisione difficile, ci aveva messo ore prima di convocare il tribunale, diviso tra il dovere ed il cuore. Da un punto di vista razionale le azioni di Sariel erano da condannare senza remore, ma davvero poteva dirsi completamente estraneo alla faccenda? Solo guardando nell’animo della virtù si era reso conto della sofferenza, del senso di impotenza e dell’inquietudine delle altre sfere…

Per non parlare della situazione di quelle creature bisognose di conforto che erano gli umani, così fragili e abbandonati a loro stessi.

Alla fine aveva ragione la Virtù, avevano peccato di egoismo, lasciandosi sopraffare dal dolore, dimenticandosi che era compito loro guidare ogni altra creatura celeste.

Si era messo in una posizione delicata, eppure sentiva che era la cosa giusta da fare.

“C’è un cosa, che potresti fare, a parte ovviamente darti da fare per raddrizzare  tutto quello che non va in questo mondo.”

Sariel si raddrizzò, guardandolo. “Cosa?”

“Tra tutte le anime a cui porterai conforto ce n’è una in particolare di cui vorrei ti prendessi cura.”

“Certamente, quale?”

Lelahel accennò un sorriso triste. “Belial”, disse solamente.

Sariel si fece scuro in viso. “Perchè dovrei prendermi cura di quel…”, si morse la lingua, ingoiando le ultime parole. Non era il caso di usare un linguaggio così colorito.

Tuttavia il Serafino ne sembrò quasi divertito. “Io capisco l’astio che hai verso di lui, ed è vero che si è scelto da solo la strada che l’ha portato alla rovina….”

“Ma?”

“Ma oltre quello, nonostante il tradimento, nonostante si sia lasciato lusingare da Lucifero e dalle sue promesse. Nonostante tutto non possiamo dimenticare che è stato uno di noi.”

Sariel sbuffò. “No, non lo è più, fidati. Chiedermi una cosa del genere vuol dire chiedermi davvero tanto. Sai cosa mi ha fatto…”

“So anche cosa gli hai fatto tu.”

La virtù trassalì, punta sul vivo, ed abbassò lo sguardo.
“Non ti biasimo”, continuò Lelahel. “Ma prova solo un attimo a pensare a quello che ti ha lasciato la vendetta. Non siamo creature fatte per portare rancore, siamo nati per amare e perdonare…”

Sariel sospirò, buttando indietro la testa ed osservando le stelle che sbiadivano, sopra di loro. “Lo conoscevi?”, domandò. Da come ne parlava gli dava quell’impressione.

“Molto tempo fa.”, fu la sintetica risposta di Lelahel. “Non è un obbligo. Te lo chiedo solo come favore, quali fossero le sue colpe, fidati, le ha scontate da un pezzo…”, disse tristemente, alzandosi in piedi. “Ora devo andare… “

Spalancò le grandi ali, eteree ed iridescenti, e si lasciò cadere di sotto, svanendo nell’increspatura dimensionale.

Rimasto solo Sariel sospirò di nuovo, spalancò le ali a sua volta e lasciandosi trasportare dal vento abbandonò quel palazzo. Aveva bisogno di pensare, di fare chiarezza e soprattutto, di essere onesto con sé stesso.
Tutta quell’ostilità che aveva verso Belial era giustificata o era solo frutto del rancore o dei pregiudizi?

Con quell’interrogativo che gli ronzava nella testa si allontanò, pronto a ricominciare da capo…

 

 


 

Ci stiamo avviando verso la fine :3

Il prossimo capitolo sarà l’ultimo e posso dirvi che sarà abbastanza sostanzioso :3

Come ho già detto nei capitoli precedenti questa storia è nata

come short-story, ma già avevo in previsione di lasciare

un finale aperto in caso mi venisse voglia, in futuro

di continuare questa avventura.

Per chiunque volesse seguirmi su questo gruppo https://www.facebook.com/groups/603744433051842/

è il benvenuto, ci saranno anticipazioni, comunicazioni e date di rilascio delle storie che sto scrivendo...oppure semplici chiacchiere tra amici :v
   
 
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