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Autore: Inathia Len    07/06/2014    2 recensioni
Celia Stebbins è una ragazza qualsiasi, ma nasconde un segreto.
Celia sogna.
Celia ricorda.
Di un tempo in cui un uomo che viaggia in una cabina blu più grande all'interni rispetto all'esterno l'ha salvata dalla morte, quando era solo una bambina. Ma Celia non sa la verità, non sa che la donna che chiama madre non lo è davvero, non sa chi lei sia.
Quando i sogni si colorano di rosso e Celia ricorda di un pianeta andato distrutto, sa che deve scoprire la verità. E sa anche che c'è un solo uomo che la può aiutare: Sherlock Holmes.
Primo cross-over tra Doctor Who e Sherlock, ambientato tra la seconda e la terza stagione del primo e dopo la terza del secondo. Fatemi sapere che ne pensate :-)
Genere: Angst, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Raçaris Serthelia


Dopo neanche due minuti erano di nuovo in un taxi, diretti a casa di Roona. Nessuno aveva aperto bocca, eccezion fatta per Sherlock, che aveva avvertito la signora Hudson, su insistenza di John, della loro uscita e aveva detto lei di non preoccuparsi.

Celia piangeva in silenzio. Nessuno in lei avrebbe mai potuto riconoscere la ragazza dai capelli colorati e le calze arcobaleno che solo tre giorni prima girava per Londra. Ora sedeva abbattuta sul sedile posteriore di quel taxi, la testa abbandonata contro il finestrino. Chi sono? continuava a chiedersi, persa in se stessa. Forse, sarebbe stato meglio se avesse dimenticato i sogni come le aveva consigliato Roona. Forse, se non fosse mai andata a Baker Street e…

-Come stai?- chiese John, interrompendo i suoi cupi pensieri.

Celia si voltò verso di lui e provò a sorridergli, ma non funzionò benissimo.

-Sono stata meglio.-

John rise sommessamente.

-La stai prendendo piuttosto bene.-

-Se non tieni conto delle urla da gallina spennata di poco fa e le lacrime con le quali potresti riempire un secondo Tamigi…-

-È comprensibile, tranquilla. Dopo tutto, si sta ipotizzando che tu sia una specie di aliena che sogna anzi, ricorda, ragazze morte da cinque anni e sa di cabine telefoniche blu che viaggiano nello spazio.-

-Sembra una serie televisiva, no?-

-Io la guarderei- commentò John, riuscendo a farla ridere.

-Arrivati- disse Sherlock. –Mi dispiace interrompere l’idillio, ma siamo arrivati.-

In un attimo, era già sceso dal taxi e stava pagando.

-Scusalo, queste cose lo rendono nervoso.-

-Ah, il nervoso è lui- commentò Celia, alzando al cielo gli occhi.

 

Roona li aspettava sulla soglia, la porta spalancata, in pigiama e con i capelli in disordine. Come quella mattina, tentò un approccio con Celia, la quale la ignorò completamente.

-L’orologio di cui parlavi al telefono- disse, porgendo la mano con il palmo rivolto verso l’alto.

-L’ho lasciato di là. Adesso sembra essersi come calmato…-

-Se era una scusa per farmi correre qua, stai sicura che non mi vedi più- la interruppe Celia.

-Sono sempre tua madre, signorina- la riprese Roona.

-Sì, certo, come no- fu l’unico commento della ragazza, che si diresse verso quella che, fino a due giorni prima, era la sua camera da letto. Sembrava non fosse cambiato nulla, eppure niente era rimasto lo stesso da quando aveva oltrepassato quella soglia l’ultima volta. Non era più la ragazza dai mille colori e dai lunghi cappotti, non era più nemmeno Celia Stebbins, forse.

L’orologio era sul letto. Era d’argento, piccolo e rotondo, dalla lunga catena. Sarebbe potuto passare per un qualsiasi orologio, se non fosse stato per i sussulti, per i bisbigli e per gli strani fumi che ne uscivano. Celia si avvicinò con cautela, seguita da Sherlock e John, mentre Roona rimase sulla soglia. Fissava l’oggetto con una paura cieca dipinta sul volto.

A ogni passo che Celia faceva, i sobbalzi e i sussurri aumentavano, ma lei sembrava non avere paura. Era come ipnotizzata dai disegni sulla cassa, dagli strani geroglifici incisi. I suoi occhi non si staccavano dall’orologio e le sue labbra avevano cominciato a mormorare qualcosa. Sembrava quasi stesse leggendo cose che vedeva solo lei.

-È vero, vuole me- disse dopo un po’, senza distogliere lo sguardo.

-Che cosa dice?- chiese Sherlock. 

-Canta- mormorò Celia, le lacrime agli occhi. Ma questa volta erano di gioia e sollievo. –Canta della mia gente e della loro fine, delle loro vite. È… è bellissimo.-

-E ti chiama con un nome diverso?- chiese John, facendosi più vicino.

-Celia Stebbins non sono io.-

Poi calò di nuovo il silenzio. Aveva cominciato a cantare sottovoce, asciugandosi le gocce di pianto.

-Raçaris Serthelia- disse, tendendo una mano verso l’orologio. Quando lo prese in mano, i fumi dorati si fecero più intensi e tutti loro poterono finalmente sentire le voci e le canzoni di cui aveva parlato Celia. Erano l’unica eredità di quel popolo di cui nessuno di loro aveva mai sentito parlare, ma che sapevano reale e finito al tempo stesso.

-Sono loro- sussurrò Celia. –Mi stanno chiamando. Li sentite anche voi, vero?-

Poi fece per aprire l’orologio, ma qualcosa la interruppe.

Nella camera era comparsa una cabina telefonica blu e un uomo sulla soglia la stava implorando di non muoversi.






Inathia's nook:


ecco ecco il nuovo capitoletto... ci avviciniamo alla fine e presto scoprirete chi è davvero Celia... ooops, volevo dire Raçaris Serthelia :) piaciuto il colpo di scena finale?

bè, spero di sì. in realtà, non ho molto da dirvi, sono un po' di fretta. devo assolutamente rileggere la tesina che ho scritto in meno di due gioni (maturità in meno di due settimane) e poi lunedì si comincia il ripasso.... VOGLIO solo dormire e scrivere fic e invece... ecco cosa mi ritrovo in cambio!
vabbè, vi prometto comunque che aggiornerò la settimana prossima (prima che tutto il casino cominci) e anche quella dopo (tanto gli scritti sono mercoledì, giovedì e il lunedì dopo...) dato che i capitoli sono già scritti....
compatitemi :(
un bacione e buone vacanze a chi se le può permettere!
 

  
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