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Autore: dreamlikeview    07/06/2014    4 recensioni
Castiel è un angelo, ama e ammira la razza umana, e desidera profondamente essere uno di loro, un umano. Nonostante agli angeli sia vietato interagire con gli uomini, viola le leggi del Paradiso, salvando una famiglia di cacciatori da un nido di vampiri, e da quel momento il suo desiderio aumenta a dismisura, spingendolo a fare una pazzia.
Un accordo gli permetterà di vivere sulla terra, e di comportarsi come un umano. Ma quale sarà il prezzo da pagare?
[Angel/Human!Cas, Hunters!Winchester Brothers, Destiel, semiAU, long-fic]
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Desclaimer: Tutti i personaggi non mi appartengono, per mia sfortuna, tutto ciò non è scritto per guadagnarci, ma per puro diletto nel far soffrire i miei personaggi preferiti.

Crediti: A Lu per il magnifico banner!

 



 
Era passato qualche giorno, da quella volta nell’officina. Dean continuava a lavorare ad altre auto, mentre Castiel non osava avvicinarsi a lui, si rendeva utile in altri modi, riordinando le camere e cucinando. Aveva imparato recentemente a cucinare, ma non era male, anche se spesso la pasta gli veniva scotta o cruda, tuttavia i suoi hamburger erano davvero buoni a detta di Dean. Avrebbe tanto voluto parlare con lui, ma doveva aspettare il momento giusto, non voleva importunarlo, soprattutto ora che era nervoso.
Non sapeva come avrebbe preso la sua natura angelica, né come sarebbero mutate le cose dopo la confessione, e questo ignoto lo spaventava più di qualsiasi altra cosa, perché le creature sovrannaturali potevano essere uccise da varie armi, ma la reazione di Dean, nel caso fosse stata violenta, non avrebbe avuto nessun’arma per essere placata. Sapeva di essere solo in casa con lui, Sam e Bobby erano usciti per fare rifornimento di cibo e bevande perché da quando erano arrivati, le riserve di Bobby si erano esaurite in breve tempo. Aveva tutto il tempo per andare da Dean in officina, e parlargli con calma, spiegargli tutto, ma temeva come il cacciatore potesse reagire. Questo lo bloccava, non gli permetteva di riflettere con razionalità e non gli permetteva di prendere la decisione giusta. Avrebbe davvero voluto raccontargli tutto, smetterla con quei sensi di colpa, perché ogni volta che gli mentiva, Castiel si sentiva sporco come un ladro. Dean non meritava tante bugie, non meritava una persona meschina come lui, perché sì, si stava comportando meschinamente con il cacciatore, non gli aveva raccontato tutta la verità sulla sua natura, non gli aveva raccontato la verità sulla sua provenienza, e non gli aveva detto il motivo per cui sapesse tante cose sulle creature che cacciavano, sul sovrannaturale. Lui stesso era uno di loro.
Ma come avrebbe potuto dirglielo? Lo avrebbe di sicuro ucciso appena saputo che fosse un angelo, perché Dean era fatto così, tutto ciò che non era del suo mondo, tutto ciò che era paranormale, era un elemento di disturbo, e andava ucciso. E lo avrebbe fatto anche con lui, ne era sicuro. Era la sua natura, e una volta scoperto che la spada angelica potesse uccidere gli angeli, avrebbe ucciso prima lui, anche con metodi tradizionali, dato che era umano, e poi avrebbe cacciato i suoi fratelli senza esitazione. Cos’aveva da perdere, dicendoglielo ora? Nulla, aveva già perso tutto quando era diventato umano, nonostante cercasse di non pensarci, sentiva ancora l’assenza delle sue ali. Erano da sempre state parte di lui, e da quando non le aveva più, ne sentiva la mancanza, avvertiva quella mancanza come un grosso peso da portare addosso, senza potersene liberare, ma aveva sempre cercato di non pensarci, per non dover dare troppe spiegazioni, e invece, eccolo lì, in una stanza, a rimuginare su come dire ad un umano il suo più grande segreto. Lui era un angelo, e aveva ceduto la sua grazia per diventare umano, e solo in quel momento, preso dall’angoscia e dalla paura di morire, e diventare un demone, si rendeva conto dell’abissale errore compiuto.
Non avrebbe mai dovuto rinunciare a tutto per un desiderio, tutto ciò che aveva ricevuto in cambio della sua grazia erano state sofferenza, dolore e tristezza. Si pentì subito di aver pensato una cosa del genere, perché non erano le uniche cose, per un po’ aveva goduto delle attenzioni di Dean, che gli aveva insegnato tutto ciò che conosceva, e lo aveva fatto innamorare. Era un sentimento troppo forte, ed era crescente in lui, ma… non poteva chiedere di accettare anche una cosa del genere a Dean. Sarebbe stato fin troppo egoistico.
Raccolse il coraggio ed uscì dalla sua stanza, sì, doveva farlo, doveva andare da Dean e parlargli, togliersi quell’immenso peso dallo stomaco. Non capiva perché tutte le emozioni coinvolgessero anche gli organi interni, e fino a qualche settimana prima, non capiva come potessero essere gestite emozioni così forti e coinvolgenti, poi con Dean aveva imparato e le aveva gestite al meglio – salvo qualche attacco cardiaco con Dean nelle vicinanze e qualche mancamento d’aria durante i baci appassionati con Dean, per non parlare del magone che avvertiva quando gli mentiva o sapeva di averlo deluso, e di quando si sentiva totalmente preso dallo sconforto, ritrovandosi a piangere come un bambino – ma in quel momento non sapeva come affrontare la situazione, e quale sarebbe stata la reazione di Dean, quindi… lo avrebbe affrontato e si sarebbe strappato quel dente doloroso con rapidità.
Decise di portare uno spuntino al cacciatore, e si fermò in cucina, cercando qualche avanzo per mettere insieme un pasto decente per il suo amato. Non trovando nulla che gli potesse piacere, afferrò una birra, e con passi lenti, fin troppo lenti, raggiunse l’officina. Lo vide chino su un auto, la solita canotta bianca troppo aderente e l’espressione concentrata sul volto - dannazione, quanto sei bello, Dean. – pensò, le immagini di pochi giorni prima tornarono nella sua mente, confondendola maggiormente e dovette farsi coraggio nuovamente, prima di avanzare all’interno della stanza, schiarendosi la voce, e cercando di mostrare un minimo di contegno.
Non voleva che scappasse come l’ultima volta che erano stati lì.
«Ti va una pausa, Dean?» chiese, leggermente imbarazzato, mentre l’altro si ridestava dalla sua concentrazione, il suo sguardo volava sul moro appena entrato, scontrandosi con i suoi occhi blu splendidi e un sorriso gli illuminava il volto «ti ho portato una birra» si affrettò ad aggiungere Castiel, porgendogli una lattina di birra trovata nel frigorifero.
«Oh, ti ringrazio, Cas» sorrise asciugandosi il sudore dalla fronte, spostando lo sguardo dal moro. Fingi, Dean, fingi di non ricordare perché lo stai evitando da giorni, fingi, fingi. «mi ci voleva proprio una bella birra» allungò la mano verso di lui, mentre Castiel deglutiva, spalancando gli occhi. L’aria gli mancava nei polmoni, e tutte le buone intenzioni di parlargli, chiarire cosa fosse accaduto e rivelargli tutta la verità sul suo conto, erano andate via, svanite, sotto lo sguardo di Dean, e a causa dei mille ricordi che gli avevano popolato la mente in quel momento. Era tutto così confuso, era… difficile, ma doveva trovare il coraggio di farlo.
«Dean, dobbiamo parlare» la mano di Dean si fermò a mezz’aria, prima di chiudersi attorno alla lattina, che cadde rovinosamente a terra, perché Castiel aveva improvvisamente mollato la presa, come se fosse convinto che Dean l’avesse presa immediatamente. Non era quello l’importante, però. Lo sguardo del cacciatore volò immediatamente in quello di Castiel per captare in esso qualche segnale, perché quelle parole non erano mai un buon segnale, erano come bombe sganciate all’improvviso, ancora inesplose, in attesa che il detonatore esplodesse «per favore, se non parliamo ora, sarà troppo tardi, e voglio che tu sappia ciò che devo dirti da me, non da… altri»
«D’accordo, ma respira e… non andare in iperventilazione, fai venire l’ansia» Dean si costrinse a mantenere un atteggiamento sicuro e distaccato, quasi freddo, mentre il moro annuiva con decisione e timidamente gli prendeva una mano, e lo conduceva ad una delle panche dell’officina, invitandolo a sedersi. Dean capì che fosse qualcosa di grave, qualcosa che Castiel volesse dirgli, ma che fosse così complicata e confusa, da metterlo in difficoltà. Cosa poteva mai essere?
Mi ha tradito? – fu il suo primo pensiero, seguito subito da – tradire, poi, non c’è niente tra di noi, non può avermi tradito, non stiamo insieme. Ma se un'altra persona l’ha toccato? – scacciò via quel pensiero così assurdo, perché a parte Bobby e Sam non c’era nessuno lì con loro, e Cas non era esattamente il tipo di ragazzo che andava con la prima sgualdrina che passava, ricordava fin troppo bene il suo patetico tentativo di corteggiare una ragazza, parlandole della sua intolleranza all'alcol e del suo tè – mi nasconde qualcosa, ma cosa c’è di così grave da farmi sedere? – le ipotesi più assurde passarono nella sua mente, in pochi istanti, mentre Castiel si sedeva al suo fianco sulla panca e apriva leggermente le gambe, appoggiando i gomiti su di esse, le mani congiunte e l’espressione più strana che avesse mai assunto fino a quel giorno – Dannazione, Cas, parla, sto morendo d’ansia, cosa ti succede? Posso aiutarti? Dimmi che posso farlo, odio vederti star male, è colpa mia?
«Dean, io…» si fermò, le parole erano pesanti come macigni, faticavano ad uscire dalla sua bocca, era come se esse fossero bloccate da una forza superiore nella sua gola, e non potessero da lì uscire, che non potessero giungere al cacciatore, perché aveva paura. Castiel era terrorizzato, e in quel momento tutto sembrava fin troppo difficile. Se fino a pochi minuti prima, poteva sembrare semplice, da quando era entrato nell’officina tutto si era complicato e le parole proprio non riuscivano ad uscire dalle sue labbra.
«Sono qui, Cas» disse semplicemente, appoggiandogli una mano sulla spalla, mordendosi il labbro inferiore. Gli era costato dirgli quella frase, ma Castiel sembrava davvero a disagio, e un po’ di conforto lo meritava. – sono qui, nonostante sia un completo idiota.
«Dean, io…» adesso, Castiel, adesso, diglielo, diglielo! «sono un angelo, un angelo vero, con le ali e tutto il resto. Non in questo momento, ho… ceduto la mia grazia per diventare umano, ma… io ero un angelo. E se te lo stai chiedendo, ovvio che te lo stai chiedendo, sì, esistono, e sì, hanno le ali. Ed esistono anche gli arcangeli» disse tutto d’un fiato, senza fermarsi, senza guardare Dean, la cui mano era scivolata via dalla sua spalla, non appena aveva iniziato a parlare. Sebbene sentisse nell’aria qualcosa di negativo, sentiva un peso in meno sul cuore, si era liberato, e anche se Dean si fosse arrabbiato – cosa così sicura che avrebbe messo la mano sul fuoco d’olio santo – non avrebbe avuto rimpianti una volta morto «e… insomma, Dean, mancano pochi giorni, poi morirò, dopodiché finirò all’inferno… e finirò per diventare un demone» disse ancora liberandosi da quel secondo peso che gli opprimeva il cuore «e a quel punto tu mi ucciderai» confessò ancora, senza posare lo sguardo su di lui, perché avrebbe fatto male ammetterlo a lui, mostrarsi ancora debole e stupido, perché era stato stupido, si era lasciato ingannare, aveva lasciato che gli togliessero la grazia e le ali, era diventato umano, e ora non era niente, era solo un uomo prossimo alla morte, con un futuro nero davanti a sé. Dean non lo avrebbe mai perdonato per quello, e aspettava la sfuriata, che  però non arrivava non ancora, era un’agonia anche l’aspettare una sua reazione, perché doveva essere tutto così complicato?
Perché gli aveva mentito?
Perché gli stava raccontando tutto?
Per umiliarsi, probabilmente, ancora di più? Sarebbe stato meglio sparire, senza lasciare traccia di sé, invece di… sentire il silenzio di Dean. Quel silenzio era più rumoroso delle urla e degli insulti che avrebbe dovuto rivolgergli. Almeno doveva spiegare per bene la faccenda, ora che aveva iniziato non poteva tirarsi indietro.
«Sono stato uno stupido, ho creduto che… di poter stringere l’accordo, ero così sicuro di trovare l’amore…» sospirò voltandosi verso Dean, che fissava un punto fisso davanti a sé, assorbendo una dopo l’altra le parole dell’angelo, ancora chiuso in un mutismo che faceva stringere il cuore di Castiel in una morsa dolorosa, che non lasciava scampo «… e credevo di averlo trovato, in te, Dean, io mi sono innamorato di te, ma a quanto pare tu no» sospirò amaramente «ma non importa, mi dispiace solo non averti detto tutta la verità prima, capiscimi, non avrei potuto, sei un cacciatore, mi avresti ucciso per la mia natura e…» la voce dura, alta e fredda del cacciatore lo interruppe bruscamente, facendolo sussultare.
«No, io non ti capisco!» sbottò finalmente, Dean, voltandosi verso di lui «non ti avrei ucciso, Cas, mi hai salvato la vita, lo ricordo. Non ti avrei ucciso, dovevi dirmi la verità!» era furioso, e Castiel non poteva biasimarlo, era colpa sua, in fondo «mi hai usato solo per pararti il culo? Mentre io mi struggevo per capire cosa provassi per te?!» non dire così, ti prego, Dean, non farlo… - pensò l’angelo mentre il cacciatore continuava ad inveire su di lui «volevi solo che io mi innamorassi di te per salvarti il culo, vero?» non metteva in dubbio che gli angeli esistessero, non ne aveva mai incontrati, ma se esistevano i demoni e l’inferno, era ovvio che esistesse anche il paradiso con le sue creature, gli angeli. Non sopportava l’idea di essere stato ingannato, non dalla persona della quale si era fidato praticamente da subito «ti ho accolto nella mia famiglia, ti ho fatto essere un fratello e anche di più per me! Ti ho aiutato, ti ho dato tutto, Cas, tutto!» era così furioso da non essersi accorto di essersi alzato e di aver afferrato Castiel per il colletto della camicia ed averlo tirato verso di sé, in piedi. Lui era inerme e lo lasciava sfogare, com’era giusto che fosse «e ora mi dici che mi hai preso per il culo per tutto il tempo? Mi dici che… che sono stato un idiota a fidarmi di te?!» lo scosse violentemente, tenendo la sua camicia stretta in quei pugni così forti e duri, che non lasciavano scampo «mi dici che stai per morire e che diventerai un demone?!» ora stava urlando, e Castiel se ne stava zitto, lasciava che lo scuotesse, che gli urlasse contro, ma ne era dannatamente spaventato, non aveva mai visto Dean in quello stato «e mi dici anche che vuoi che sia io ad uccidere te, quando sarai demone!» urlò ancora, spingendolo per terra, facendolo gemere di dolore. Me lo merito, me lo merito – si ripeté Castiel nella mente, perché sapeva che Dean avesse tutte le ragioni del mondo, sapeva che parlandogli sarebbe andato incontro ad una reazione del genere, sapeva tutto fin troppo bene, ma si era illuso che quel silenzio potesse restare tale, e non subire l’ira di Dean in quel momento. Era rosso dalla rabbia, la vena sulla tempia pulsava come non mai, il suo viso contratto in un’espressione dura, furiosa e ferita, i pugni stretti e gli occhi chiusi in due fessure sul suo corpo che lo osservavano con odio, disprezzo, delusione. Non si sarebbe mai aspettato odio da colui che fino a pochi giorni prima gli saltava addosso alla prima occasione «sei un figlio di puttana, Castiel, un maledetto figlio di puttana, come tutti quanti!»
Castiel cercò di rialzarsi da terra con fatica, ma Dean non gli diede il tempo di farlo del tutto e con uno spintone lo fece arrivare contro il muro, regalandogli un pugno in pieno viso «ti sei approfittato di me, di mio fratello e anche di Bobby!» un altro pugno colpì il suo stomaco «ti sei approfittato dei miei sentimenti per te! Dio, quanto sono stato stupido!» un calcio gli colpì le gambe, ma Dean non gli permise di cadere per terra, lo colpì con un altro pugno, e poi un altro, e un altro ancora, addome, viso, gambe, qualsiasi parte del suo corpo, era come il suo sacco da boxe, in quel momento. Una scarica di pugni si abbatté sull’ex-angelo, che subiva i suoi colpi senza riuscire a dire nulla, gemeva di dolore e a momenti sarebbe scoppiato in lacrime, perché sì, lo meritava, ma faceva troppo male, il dolore di Dean si rifletteva su di lui. Lo aveva deluso, gli aveva fatto del male e ora… era odiato dalla persona che amava.
«Dean…» riuscì a sussurrare, la voce rotta dai gemiti di dolore e il fiatone. Non appena il cacciatore udì la sua voce, non appena si rese conto del suo scatto d’ira, non appena si rese conto di tutto, in quel preciso momento tutto mutò. Dean mollò la presa dal colletto della camicia di Castiel, e si accasciò sulle sue stesse ginocchia, crollando di fronte a Castiel, che lo fissava senza capire, il volto tumefatto e sanguinante, e le sopracciglia sempre aggrottate.
«Sparisci» disse solamente, e quella sola parola fu come una ventata invernale, gelida e priva di qualunque sentimento «sparisci dalla mia vista, o giuro che ti uccido io, in questo momento» ringhiò stringendo i pugni, stringendoli tanto forte da conficcarsi le unghie nella mano. E Castiel avrebbe davvero voluto morire in quel preciso istante, sprofondare sotto il pavimento e non tornare mai più.
«Dean, ti prego…» sussurrò ancora, cercando di avvicinarsi, ma Dean scosse la testa bloccandolo sul posto. Non voleva vedere come lo avesse ridotto preso dalla rabbia, non voleva sentirsi in colpa per quello. Forse aveva esagerato, forse no, ma era stato ingannato, usato e… si sentiva distrutto, si sentiva malissimo, non aveva mai provato un vuoto così intenso e così doloroso in vita sua.
«Va via, Castiel, non voglio vederti mai più» disse con la voce rotta dalla rabbia «incontrarti è stato l’errore peggiore che potessi fare» parole taglienti, parole che non avrebbe mai voluto dire, cariche di rabbia e delusione, non pensate davvero «io ti odio, sparisci dalla mia vista, figlio di puttana!» urlò infine, e allora Castiel raccolse le ultime energie rimastegli, carico dei dolori fisici e mentali, carico del dolore di Dean e della sua delusione nei suoi confronti, carico di spiacevoli sentimenti, arrancò verso la porta dell’officina, trovando lì sulla soglia Sam, il quale, arrivato non sapeva quando, lo fissava con il medesimo sguardo del fratello, deluso, ferito, arrabbiato. Non poteva biasimare nemmeno lui, era stato davvero uno sporco egoista, si era comportato male, peggio di quanto avrebbe mai immaginato. Castiel non si fermò a parlare, non diede nessuna spiegazione, semplicemente lo superò e con le poche forze che aveva corse via, lasciandosi indietro i Winchester, la sua vita da umano, l’amore, la felicità, una famiglia, ogni cosa. Lasciava tutto alle sue spalle, andando incontro al suo destino, quello che aveva tanto voluto perché lui aveva voluto il libero arbitrio, e aveva voluto essere un umano.
Alla fine, non aveva ottenuto niente, solo odio.
Corse via, nonostante provasse dolore, nonostante non si reggesse in piedi, nonostante volesse solamente tornare dai Winchester e chiedere loro scusa, cercare di rimediare e dire loro addio nel modo migliore, invece stava correndo  lontano da tutto e da tutti, perché era vero, non meritava tutto ciò che Dean gli aveva offerto in quei due mesi, non meritava l’amicizia di Sam, e non meritava nemmeno l’approvazione di Bobby che aveva avuto. Non meritava nulla.
Non sapeva però, che alle sue spalle, Sam non fosse entrato nell’officina, e che lo stesse seguendo, e che Dean, rimasto solo, ancora per terra, avesse preso il proprio volto tra le mani e avesse iniziato silenziosamente a piangere, provato e travolto dai sentimenti. Deluso da se stesso e da tutto ciò che stava provando, perché Dean Winchester non si riduceva in quel modo, non lasciava che qualcuno penetrasse in lui così tanto da distruggerlo, non permetteva ai sentimenti di trafiggerlo.
Lo sapeva, avrebbe dovuto solo badare a Sam, non immischiarsi in cose più grandi di lui, non avrebbe mai dovuto lasciare che Castiel facesse parte della sua vita, e no, non avrebbe nemmeno dovuto baciarlo, né provare sentimenti forti e penetranti per lui. Doveva negare, avrebbe dovuto reprimere il desiderio fisico, così da zittire anche il sentimento crescente, doveva celarlo, e non cedere a quello.
Ebbene, aveva fatto l’esatto opposto, perché:
Dean Winchester non aveva mai pianto, non aveva mai permesso a qualcuno di distruggerlo in quel modo;
Dean Winchester non si era mai innamorato, non aveva mai permesso a nessuno di penetrare nel suo cuore;
Dean Winchester stava piangendo – e quelle erano le lacrime più amare, piene di risentimento e di dolore che avesse mai versato - perché la persona di cui si era innamorato lo aveva riempito di menzogne e lo aveva usato.
Dean Winchester stava sfogando il suo dolore per amore con delle lacrime.
 
Sam intanto aveva raggiunto Castiel e lo aveva bloccato per un braccio. Non aveva mai visto Dean in quello stato, ma non aveva ascoltato tutta la discussione tra lui e l’amico comune, il quale non sembrava affatto stare bene. Era chiaro che avessero litigato, il motivo però non lo capiva. Era arrivato poco prima che Dean iniziasse a picchiarlo pesantemente, ma non era intervenuto, perché… beh, nessun sano di mente, nemmeno il suo stesso fratello, si sarebbe mai messo contro Dean Winchester arrabbiato nero. Aveva captato qualcosa come «ti sei approfittato di me, di mio fratello e anche di Bobby, ti sei approfittato dei miei sentimenti per te! Dio, quanto sono stato stupido!» poi aveva visto Dean fermarsi, crollare per terra, e a quel punto sarebbe voluto entrare per sorreggerlo e aiutarlo, ma Dean aveva bisogno dei suoi spazi, sapeva che intervenendo avrebbe solo peggiorato la situazione. Non poteva non essere arrabbiato anche lui con Castiel, che aveva ridotto suo fratello in quel modo, ma aveva bisogno di una spiegazione, aveva bisogno di sapere perché si fosse approfittato di loro, cosa ci aveva guadagnato?
Aveva creduto seriamente di vedere amore sincero negli occhi di Castiel? Ma no, non era naturale che una persona mentisse così bene, doveva esserci altro sotto. Non era riuscito a trattenersi dal guardarlo male, quando lo aveva visto uscire dall’officina, ma non era riuscito nemmeno a trattenersi dal seguirlo, correndogli dietro, cercando di fermarlo, perché doveva dargli una spiegazione, era suo dovere fornirgliela. Non accettava che qualcuno fosse entrato in quel modo nelle loro vite, che le avesse sconvolte e poi… cosa? Perché si era approfittato di loro, come diceva Dean? Cosa era successo?
Sam non lo sapeva, brancolava nel buio, ma aveva diritto di avere una risposta, Castiel non poteva sganciare la bomba e farla esplodere nei confronti del fratello, ma lasciarla inesplosa per lui, in fondo… erano stati amici, no? Si erano parlati, lo aveva aiutato a conquistare suo fratello, lo aveva spinto a gettarsi tra le sue braccia, e poi? Per cosa? Vedere Dean nuovamente distrutto?
Si sentiva un idiota solo ad aver spinto suo fratello a dichiararsi e a trattarlo bene.
«Castiel!» esclamò Sam, guardandolo con astio «cosa è successo tra te e Dean? Perché ti ha picchiato? Cosa gli hai fatto?» chiese così velocemente, che Castiel credette di aver perso almeno un paio delle domande incalzanti e pungenti di Sam.
«Gli ho detto la verità» arrancò, cercando un appoggio contro un palo della luce. Le botte di Dean si facevano sentire ed era tutto un dolore, tanto da non riuscire a reggersi in piedi. Come aveva fatto a credere di poter scappare ed andare via in quelle condizioni?
«Quale verità?»
«Che sono un angelo, o meglio lo ero».
Sam spalancò gli occhi, cosa? Non poteva crederci, non… cioè, era a conoscenza dell’esistenza del paradiso, o almeno credeva in esso, ma che Castiel fosse un angelo, un vero angelo… beh, non l’avrebbe mai detto. Come era stato possibile ciò?
«Sediamoci sul marciapiede, e spiegami tutto» gli disse pacato, cercando di mantenere la calma. A differenza di Dean, voleva approfondire la cosa, prima di pestarlo a sangue. Era un difetto di Dean, però, colpire prima di chiedere. Castiel eseguì, sedendosi sul marciapiede di quella strada isolata di campagna, mentre Sam prendeva posto accanto a lui.
E iniziò dal principio. Raccontò di quando aveva osservato la terra nascere, insieme ai suoi abitanti, dell’Eden, della caduta di Lucifer e conseguente cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva, passò quindi a tutti gli angeli, che osservavano la terra dall’alto, senza potervi mai accedere, raccontò di quando era sceso per la prima volta, invisibile a tutti, di ciò che aveva visto, di come ammirasse la dedizione degli umani in qualcosa, gli raccontò delle guerre in paradiso, durante l’assenza di Dio, gli raccontò della sua amicizia con Gabriel, uno degli arcangeli e dei suoi screzi con altri due arcangeli, Michael e Raphael, gli raccontò della sua guarnigione, e della sua piccola ribellione compiuta durante le sue discese sulla terra, gli raccontò persino di come avesse rimediato il suo amato trench. Poi arrivò la parte più complicata. Iniziò a raccontare di quando aveva visto i cacciatori del paranormale, e di come avesse iniziato ad ammirare la loro famiglia. Gli confessò di averli osservati durante la crescita, e di non averli mai persi di vista. Gli raccontò della prima volta che aveva salvato Dean, che non avrebbe potuto fare altrimenti, perché altrimenti il cacciatore sarebbe morto e allora si era mostrato; gli raccontò di quanto avesse rischiato quel giorno con quel gesto, solo per potarlo in salvo, poi gli raccontò del giorno in cui la sua volontà di diventare umano, era giunta alle orecchie di Metatron, che si era presentato a lui, e aveva proposto l’accordo. Spiegò a Sam il dolore provato durante l’estrazione della sua grazia, del dolore provato alla perdita delle sue ali, e che il suo pessimo equilibrio dipendesse dall’assenza di quelle; mentre raccontava qualche lacrima scappò via dai suoi occhi, gli spiegò anche quale fosse stata la posta in gioco, e il prezzo da pagare.
«Mi dispiace, davvero» disse dopo un po’, dopo avergli raccontato del sentimento che provava verso Dean, che credeva potesse salvarlo da morte certa «non avevo intenzione di… usarvi. Io vi ho sempre ammirato, amo il rapporto che avete tu e Dean, lui farebbe di tutto per proteggerti, e tu faresti tutto per proteggere lui» disse con un sorriso amaro sul volto «sono stato un egoista, un figlio di puttana, come direbbe Dean, vi ho mentito, lo so» una lacrima rigò la sua guancia, ma lui non fece nulla per stopparla «non ho scusanti, non ho… giustificazioni. Vi… adoro, davvero. Voglio bene a te, Sam, e amo Dean, il mio amore per lui è sincero» sospirò, guardando di fronte a sé «ma non ti biasimo se anche tu vorrai colpirmi, me lo merito».
Sam lo osservò, senza dire ancora nulla. Stava cercando di elaborare tutto. In fondo, Castiel non aveva mai avuto fini negativi o dannosi per loro, si era solo… legato alla loro famiglia? Era un po’ come il loro angelo custode, alla fine. Solo che… un po’ si sentiva ferito, Castiel aveva mentito praticamente ogni giorno, fingendo di essere un umano, inventando una storia assurda sulla sua vita, ma probabilmente, anzi sicuramente, se avesse detto di essere un angelo divenuto uomo per passare del tempo tra gli umani e per vivere una vita umana semplice, Sam non avrebbe esitato ad ucciderlo, non avrebbe esitato nemmeno un attimo, in quel momento, però, non ne era poi così sicuro.
Si era affezionato anche lui a Castiel, e dopo due mesi, l’ipotesi di ucciderlo, o non averlo più nella propria vita, non era contemplata.
«Probabilmente ti avremmo ucciso, se avessimo saputo che eri un angelo».
«Puoi farlo anche ora, Sam, penso che sarebbe meglio di diventare demone» Sam scosse la testa, non voleva perderlo, nonostante avesse mentito, li aveva sempre aiutati, e supportati. Si era reso utile, e aveva aperto gli occhi a Dean sull’amore. Almeno lui, Sam, doveva mettere da parte il rancore e cercare di aiutare Castiel, non sapeva cosa volesse il fratello, ma lui non voleva affatto trovarsi un Castiel demone davanti e doverlo uccidere.  
«Non lo farò. Noi ti aiuteremo, Cas» disse Sam, cercando di convincersi che fosse la cosa giusta  da fare «vedrai, tra qualche giorno a Dean sarà passata, vi chiarirete e…»
«Non ho qualche giorno, Sam» lo interruppe bruscamente, fermando il mare di parole inutili che fuoriuscivano dalla sua bocca.
«Cosa…?»
«Mi restano meno di quarantotto ore».
Sam spalancò gli occhi. Non avrebbe mai convinto Dean in meno di due giorni, come potevano risolvere una situazione così complicata in così poco tempo? Doveva davvero arrendersi all’evidenza? Doveva lasciare che Castiel morisse da solo? Senza nemmeno ottenere il perdono di Dean? Cosa doveva fare? Era Dean quello pratico in situazioni difficili, non lui, ma doveva farcela.
Avrebbe fatto qualcosa, avrebbe salvato lui la famiglia. Perché sì, Castiel faceva ancora parte della famiglia, sebbene avesse mentito, non aveva mai fatto del male ai Winchester o a Bobby, anzi, più di una volta aveva salvato Dean da morte certa, anche da angelo a quanto sembrava, e di certo, una persona così, non poteva avere fini crudeli o meschini. Aveva solo fatto la scelta sbagliata di non rivelare la sua vera natura – una natura sovrannaturale – a dei cacciatori del paranormale. Aveva avuto paura, e non poteva affatto biasimarlo per quella scelta, e Dean avrebbe capito, con le buone o con le cattive. Non potevano lasciare che Castiel morisse, no.
«Iniziamo a tornare a casa, devo medicarti» disse Sam alzandosi da terra «mio fratello picchia davvero forte» borbottò appena, porgendogli la mano per aiutarlo a tirarsi su.
«Sì, molto forte, direi» confermò notando la mano del cacciatore protesa verso di lui «ma io…» Castiel titubante, si torturò le mani, mentre Sam sorrideva un po’ meno rancoroso, lo aiutava ad alzarsi dal marciapiede, e a camminare di nuovo verso la rimessa di Bobby. Il cacciatore si ripeté che dovesse studiare un piano alla svelta, più velocemente di quanto non avesse mai fatto prima.
«Tu niente, sei ferito e hai bisogno di cure» disse ammonendolo «cerca solo di evitare Dean per ora».
«Sarà difficile, ma lo farò. Grazie, Sam» disse in un mormorio pieno di gratitudine, senza riuscire però a guardarlo in faccia. Come poteva ancora volerlo aiutare? Perché non lo scacciava come faceva Dean? Perché Sam era così maledettamente buono?
«Per la famiglia si fa tutto» rispose il più alto, sorprendendo Castiel che non riuscì a trattenere un sorriso nel vedere il minore dei Winchester aiutarlo, nonostante tutto, e considerarlo ancora parte della famiglia.
Non era un privilegio che meritava, anzi, credeva che Sam avesse reagito nel medesimo modo di Dean, per lo spirito di protezione che avevano l’un l’altro, ma ancora una volta, uno dei due Winchester lo aveva stupito. 

To be continued...


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Salve di nuovo a tutti!
Eccoci di nuovo qui, con l'attesissima parte della confessione di Cas a Dean, e l'ovvia reazione di Dean.
Ora, Cas ha meno di 48 ore, prima che il suo tempo da umano scada, e avremo una simpatica guest star verso la fine del prossimo, riuscite ad indovinare chi sia? eheh. Lo vedrete. 
Niente, Dean si incazza come non so cosa, ma poi cede e piange tutte le sue lacrime, mentre un Castiel non proprio conciato bene viene seguito da un Sam incazzato e preoccupato, ma Sammy è buono e capisce il punto di vista di Cas.
Riuscirà il nostro Winchester piccolo a convincere il maggiore a perdonare Cas, e trovare il modo di salvarlo in quel brevissimo tempo rimasto al nostro angelo preferito?  Lo vedremo. 

Come al solito vi ringrazio e vi do appuntamento al prossimo, nonchè più lungo, capitolo dell'intera fanfiction. See you soon! 

P.s oggi è un  mese esatto da quando ho pubblicato il primo capitolo, AW. 
   
 
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