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Autore: PallinaRosa    09/06/2014    2 recensioni
Dean Winchester una mattina si sveglia e scopre di essere diventato una donna.
Chi sono le Muse di Cydonia? Il Dottore, Sherlock e Watson ed il Team Free Will cercheranno di scoprirlo assieme, in un inaspettato viaggio su Marte.
destiel;johnlock;ten&rose.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Sesta stagione, Contesto generale/vago
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Si ritrovarono a camminare su un lungo tappeto nero che conduceva ad una specie di altare adornato da colonne greche con attorcigliate attorno piante rampicanti rosso sangue. L’atmosfera era lugubre e surreale. Tre donne dall’ aspetto apparentemente umano stavano aspettando sedute comodamente su delle rocce che sembravano di carbone. Dean rabbrividì.

<< Ben arrivati >> disse una di loro, alzandosi elegantemente dalla sua postazione. << Vi stavamo aspettando con impazienza. Oh e levatevi pure i caschi, qui l’aria è completamente respirabile. Ad ogni modo,  Il mio nome e Mathea, Musa di Cydonia. Lei deve essere il Dottore, immagino >>. La voce di Mathea era delicata come la pioggia d’estate, e se non fosse stato per le iridi degli occhi completamente nere sarebbe potuta sembrare tranquillamente un essere umana: lunghi capelli rosso fuoco raccolti maestosamente in una coda di cavallo, fisico statuario … una vera Dea.

<< In carne ed ossa >> rispose il Dottore sfilandosi il casco.

<< Il Dottore >> ripeté  la Musa << Ho sentito molte cose sul tuo conto. Le più remote regioni dell’Universo parlano di te come un’ eroe. >>

<< Mathea, non dilunghiamoci in lusinghe futili >> disse l’altra Musa, alzandosi a sua volta.

<< Dominique, hai per caso fretta? Abbiamo abbastanza tempo per occuparci di tutto quanto >>

<< Sorelle, non cominciate a litigare >> intervenne l’ultima delle tre Muse, apparentemente anche la più anziana: i capelli lunghi fino al bacino, liscissimi e bianchissimi ne erano la prova. Non che ci fosse una singola ruga sul suo viso, o su quello delle altre Muse. Erano talmente perfette che sembravano uscite da un dipinto.

All’arrivo della Musa Anziana, le altre due si scansarono e la fecero passare chinando leggermente il capo.

<< Facciamo in fretta con queste presentazioni, non ho molto tempo da perdere >> disse avvicinandosi al gruppo. << Il mio nome è Christophora, Musa di Cydonia. So chi siete voi, perciò non scomodatevi troppo a presentarvi. Quelle – e si girò leggermente per indicare le altre due Muse – sono Musa Mathea e Musa Dominique di Cydonia. Ma arriviamo al sodo: qui abbiamo un Angelo del Signore, due Cacciatori, un Signore del Tempo, due personaggi letterari del pianeta Terra e … una commessa. >> disse infine indicando Rose come se fosse un rifiuto. Rose avrebbe voluto rispondere, ma non ritenne opportuno farlo. << Cosa mai avranno in comune queste persone? >> domandò senza rivolgersi a qualcuno in particolare.

<< Beh ecco >> tentò di spiegare il Dottore << Sherlock e Watson non dovrebbero essere qui. E’ colpa della mia navicella spaziale, ho inserito le coordinate sbagliate e … >>

<< Non essere ridicolo, Dottore >> lo interruppe Musa Christophora << Credi davvero che tutto questo non sia stato architettato? >>

<< Oh >> disse lui semplicemente, preso in contro piede. << Quindi Voi avete alterato le coordinate del TARDIS? >>

<< Era necessario! >> esclamò Musa Dominique come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

<< Necessario … >> ripeté il Dottore << e per quale ragione? >> domandò leggermente confuso.

<< Beh, vede caro Dottore, se ci troviamo qui oggi è per parlare di sentimenti  >>. L’ultima parola uscì dalla bocca di Musa Christophora come se fosse quasi un peccato dirla, come se nel dirla l’avesse in qualche modo rovinata.

Lo stomaco di Sherlock si strinse.

<< Vedo che qualcuno qui ha già afferrato il concetto >> disse complice Musa Mathea, guardando Holmes dritto negli occhi. Per tutta risposta, Sherlock si mise una mano all’altezza dello stomaco.

<< Tutto bene? >> domandò John preoccupato, toccandogli il braccio. Sherlock annuì lievemente col capo.

<< Già Sherlock, tutto bene? >> ripeté quasi divertita Musa Dominique.

<< Sì >> rispose semplicemente il detective, cercando di sembrare il più neutrale possibile.

<< Ne sei sicuro? >> chiese Musa Christophora avvicinandosi a Holmes. Prese il suo viso tra le mani come se fosse un oggetto prezioso, e ne studiò i particolari con attenzione.

<< Non sei qui per caso, Sherlock Holmes >> sussurrò la Musa, per poi sfiorare le sue labbra con quelle di Sherlock. Una specie di nebbiolina bianca uscì dalla sua bocca finendo dentro a quella di Musa Christophora, che successivamente si allontanò elegantemente facendo due passi indietro. << Molto interessante >> commentò unendo gli indici sulle labbra.

<< Che cosa hai fatto? >> domandò John, facendo un passo in avanti. Le Muse cominciarono a ridacchiare sommessamente. Dean avrebbe ricordato il suono di quelle risate per sempre: era delicato e letale come una leonessa pronta ad attaccare. << Oh, Watson >> riprese Musa Dominique << Se solo tu sapessi … >>

<< Gli ha aspirato una parte di ricordi. >> spiegò il Dottore. << Non in maniera permanente, è come una specie di condivisione >>

<< Ma che bravo >> commentò Musa Mathea. << Le voci erano vere circa la tua intelligenza >>

<< John va tutto bene >> mormorò Sherlock guardando il suo amico che si era fatto avanti per lui, così coraggiosamente.

<< Diglielo >> ordinò Musa Christophora. << O ti ridurrò come ho ridotto il tuo amico Dean Winchester. >> Dean sgranò gli occhi stupefatto.

<< Non capisco >> replicò Castiel << Cosa diamine c’entra Dean? >>

<< Parli del Diavolo … >> disse in tono divertito Musa Dominique.

<< E va bene >> sbuffò Christophora << Davvero non riuscite ancora a capire? Siete qui per la stessa ragione: la vostra totale riluttanza per sentimenti che provate. Magari per qualcuno che ha rischiato la propria incolumità per voi, e che voi ripagate con la vostra totale indifferenza.  >>

Gelo. Silenzio. Rose guardò il Dottore. Il Dottore guardò Rose.

Dean e Castiel si scambiarono uno sguardo imbarazzato per qualche secondo.

Sherlock abbassò lo sguardo come un cane bastonato, mentre John lo fissava sconcertato.

E poi c’era Sam. << Non capisco il senso della mia presenza >> ammise un po’ imbarazzato.

<< E’ per l’amore che provi per tuo fratello, e viceversa >> spiegò Musa Mathea, avvicinandosi al più piccolo dei Winchester. << Non un amore romantico, s’intende, ma ciò che vi lega è un legame indissolubile. Lui non ti ha chiesto di venire qui  oggi, ma tu lo hai fatto lo stesso, incondizionatamente. Sappiamo bene chi era Jessica >> e nel sentir nominare il suo nome, Sam sgranò gli occhi  << e sappiamo quanto tu l’amassi. Perciò oggi vogliamo premiarti, e darti il tempo di parlare con lei un’ ultima volta. >>

<< Dici sul serio? >> chiese speranzoso, sentendosi quasi preso in giro.

<< Le Muse non mentono mai. >> e detto questo, Christophora gli offrì la propria mano. Sam la afferrò, ancora insicuro. << Ora chiudi gli occhi. Hai solo due minuti a disposizione >>

Sam chiuse gli occhi.

Si ritrovò in una distesa erbosa, e ovunque guardasse vedeva solo alberi, erba, e l’aria profumava di fiori di campagna. Si sentivano i grilli cantare, e gli uccellini cinguettare.

Jessica gli apparve di fronte come un miraggio. Era stupenda con la sua camicetta da notte di seta bianca, i lunghi capelli color del grano sciolti e liberi nell’aria. << Sam >> sussurrò commossa, fissandolo incredula. Senza dire nulla, Sam la strinse forte a sé. La sentii vera tra le sue braccia … solida. Era la sua Jess, la stava davvero abbracciando. Inspirò profondamente e sentì il profumo di lei inondargli il petto come una ventata di aria calda. Dio, quanto gli era mancata.

<< Jess, mi dispiace così tanto, io … >>

<< Shh, >> lo zittì Jessica, mettendogli un dito sulle labbra << Lo so >> disse semplicemente, sorridendogli. << So già tutto quello che vorrai dirmi.

     Che mi ami.

     Che ti dispiace.

     Che ti manco.

     Che non potevi saperlo.

Lo so, Sam. Ma sai che c’è? C’è che non importa. C’è che nonostante tutto io ti amerò per sempre, e che non hai niente da farti perdonare.

Non hai potuto scegliere che vita vivere : ti è stata indotta, ed io questo lo capisco. Ti guardo spesso da quassù e so che hai fatto grandi cose insieme a tuo fratello e … penso che infondo è così che le cose dovevano andare. >> sorrise, e gli toccò il viso << Sam Winchester, l’uomo più importante del mondo. E una volta era tutto mio. Hai idea di quanto io sia fiera di te? >>

Sam a questo punto e non riuscì più a trattenere le lacrime. Sorrise tristemente, mentre guardava il volto sereno della sua amata. << Sei sempre stata la parte migliore di me >> mormorò, tentando di assumere un tono normale di voce. Senza aggiungere altro, Jessica annullò la distanza tra di loro e catturò le labbra di Sam con le proprie.

Sembrava così vero, così reale. La morbidezza delle labbra di lei premute sulle sue, il sole sulle guance, il venticello che gli scompigliava i capelli. Una sensazione di beatitudine gli inondò il petto e si sentì felice. Non ricordava nemmeno più cosa volesse dire quella parola ultimamente.

<< Ma perché sei qui? >> domandò Jessica improvvisamente realizzando la situazione. << Questo non è un mio ricordo, non siamo mai stati qui … oh mio Dio >>

<< No no, non sono morto! >> si affrettò a dire lui << E’ una lunga storia, e ho poco tempo a disposizione. Sappi solo che questo non è un addio. Prima o poi succederà l’inevitabile e- >>

<< Non dirlo >> lo interruppe subito lei, afferrandogli la mano. << Tu per adesso pensa a vivere la tua vita, va bene? Bella o brutta che sia. Innamorati di nuovo almeno altre cento volte, sposati, fai quello che devi. Noi avremmo un’ eternità di fronte quando … beh, lo sai. Se ci è stata tolta la possibilità di vivere una vita insieme, ci accontenteremo del per sempre. Dovremmo solo aspettare. >>

Sam abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate e sorrise.

<< Te l’ho detto, tra i due tu sei decisamente la migliore. >> Jessica sorrise a sua volta. Non poteva non ammettere che Sam le mancasse terribilmente e che avrebbe dato qualunque cosa per tornare in vita e spendere il resto della sua vita insieme all’uomo che amava, ma purtroppo non era possibile.

<< Ti amo, Jess. >> mormorò sollevando le loro mani per portarsele alle labbra. Lasciò un lieve bacio sulle sue nocche e la guardò negli occhi, ormai piedi di lacrime.

<< Ti amo anch’io. >> rispose lei, per poi gettargli le braccia al collo. L’abbraccio durò molto poco, poiché tutto sfumò via lentamente, e la realtà ritornò come quando ci si sveglia da un sogno bellissimo che non vorreste che finisse.

<< Grazie >> mormorò Sammy asciugandosi il viso, troppo emozionato per dire qualsiasi altra cosa.

<< E’ stato un piacere. Non capita tutti i giorni di avere a che fare con persone splendide come te, Sam Winchester. Hai la Nostra benedizione. >> rispose Musa Christophora sinceramente.

Dean, che per tutto il tempo era stato a guardare la situazione impotente e spaventato, ora si sentì come risvegliato, e sentiva che doveva fare qualcosa. Non sapeva esattamente che cosa, aveva una sorta di rabbia dentro di sé. Voleva abbracciare Sam, dirgli che andava tutto bene, che gli dispiaceva per Jessica e che non era colpa di nessuno, che dopo tutto ciò che avevano affrontato questa era solo una delle tante volte in cui i Winchester si mettevano nei guai e che ne sarebbero usciti vittoriosi come sempre. Ma più pensava a queste cose, più si sconfortava da solo, perché in realtà non aveva la minima idea di quel che stava succedendo, e realizzò che esternare quei pensieri non avrebbe giovato nessuno. Così fece un passo avanti e accarezzò il braccio di suo fratello, che si girò e gli regalò il sorriso più felice, sincero e commosso che Dean avesse mai visto sul suo volto. La rabbia di prima fu sostituita dal sollievo: Sam stava bene, e questo bastava.

<< Ma ora veniamo a noi, Dottore. >> riprese Christophora, avvicinandosi al Dottore strascinando la sua lunga tunica color avorio, come i suoi capelli. << Dunque, abbiamo avuto modo di notare che anche in passato hai avuto numerose compagne di viaggio. Ma dicci, come ci si sente quando queste vengono a mancare? >> domandò, con una punta di accidia guardando Rose. Rose guardava in basso, incapace di trattenere lo sguardo di Musa Christophora. Sapeva che il suo viaggio con il Dottore non sarebbe durato per sempre, e che avrebbe rischiato la vita chissà quante altre volte. Ma non le importava.

Il Dottore stinse la mascella, cercando di restare il più calmo possibile.

<< Fa male >> rispose << Fa … molto male. >>

<< Provi dolore, sconforto, tristezza … eppure, egoisticamente continui a reclutare compagni o compagne di viaggio, segnando inevitabilmente il loro destino. Sono secoli che ti osserviamo, e pensiamo che sia giunta l’ora per te di smetterla, o saremo noi a farti soffrire sul serio. >>

<< Non. Provare. A toccarlo. >> intervenne Rose, ritrovando il coraggio dentro di sé.

<< Rose, non … >> cercò di frenarla il Dottore, ma Rose era irremovibile. << No, Dottore, ho sentito abbastanza. Come ti permetti tu di dare dell’egoista a quest’uomo? Come puoi dire di volerlo far soffrire? E’ da più di novecento anni che soffre, e soffrirà per sempre probabilmente. Sono io che ho voluto incominciare a viaggiare con lui, non mi ha rapita né tanto meno costretta. Ed oggi sono qui, sfidando la tua grande autorità infischiandomene delle conseguenze perché ne vale la pena. Per il Dottore, ne vale la pena. Sempre. Perché è un eroe. Perché il numero di vite che si sono spente al suo passaggio sono assai inferiori a quelle che ha salvato. Io sono una di esse, il Dottore mi ha salvata. E io lotterò sempre per lui, così come lui ha sempre fatto per me. >> la voce di Rose si incrinò e fu incapace di continuare. In un angolino la sua testa diceva di aver appena commesso un grave errore nel parlare in quel modo ad una Musa, ma l’altra parte di sé urlava “chi se ne frega”

<< Rose … >> disse con un filo di voce il Dottore, incredulo. Non poteva credere che lei si fosse esposta così tanto per lui.

<< Molto bene! >> esclamò compiaciuta Musa Christophora facendo un passo verso Rose, che avrebbe voluto indietreggiare ma non lo fece, e restò esattamente al suo posto guardando negli spaventosi occhi la Musa. << Lo vedi, Rose Tyler? Questo è esattamente l’amor  che muove il Sole e l’altre stelle. Buffo, non è vero? E’ come se Dante avesse un forte impatto nei confronti di tutti voi. >>

<< Non ne sono certo >> puntualizzò Sherlock.

<< Sherlock nella parte di Virgilio, e Watson nella parte di Dante, in mirabolanti avventure. Ma verrà il momento per Virgilio di farsi da parte e lasciare andare Dante, anche se questo vorrà dire sacrificarsi. Ma questo lo vedremo più avanti. E non chiedermi come faccio a saperlo, non sono veggente. E’ semplicemente già stato scritto. >>

La consapevolezza si fece strada nel petto di Sherlock ed un brivido gli percorse la spina dorsale.

<< Non capisco >> ammise John, cercando l’approvazione di Sherlock, che però guardava in basso.

<< Sherlock? >> lo richiamò, e allora lui lo guardò.

<< John Hamish Watson >> disse, girandosi completamente verso di lui. << Vorrei innanzitutto porti anticipatamente le mie scuse per quel che sto per fare. Ti sembrerà inconcepibile ed insensato, e sono abbastanza sicuro che ne soffrirai. Ma non preoccuparti: tornerò. Non so come, non so quando, non so nulla, ed io stesso ho paura. Capisci, John? Io, Sherlock Holmes, ho paura. Ma so che andrà tutto bene … o almeno spero. Secondariamente, volevo dirti che  … >> la voce di Sherlock si incrinò, e dovette prendere fiato per riprendere il discorso. << … è vero, mi incaponisco sempre quando qualcosa di illogico mi si para davanti. Potrei semplicemente ignorare quella cosa, e vivere la mia vita lo stesso, ma … non quando si tratta di te e quello che provo nei tuoi confronti. So che ti sembrerà sconsiderato, ma quel che sto per fare è il gesto più significativo che posso fare nei tuoi confronti: Virgilio esce di scena >>

<< Sherlock, cosa stai dicendo, mi stai spaventando >> mormorò confuso, occhi lucidi e mascella stretta. Sherlock si avvicinò e prendendolo per il mento, posò delicatamente le sue labbra a quelle di John, come se volesse solo accarezzarle. John stette immobile, una lacrima solcò il suo viso senza sapere perché. Il cuore gli batteva all’impazzata, talmente tanto che gli faceva male il petto. Sherlock si staccò, e con il pollice spazzò via dolcemente una lacrima vicino all’angolo della bocca di John.

<< Arrivederci, John >> disse con un filo di voce, e fece per allontanarsi, ma John lo riafferrò per la manica della tuta, e lo fece girare verso di sé.

<< Perché ho il presentimento che tu stia per fare qualcosa di terribile? Non so nemmeno che cosa, so solo che sarà terribile. >>

<< Il mio John >> mormorò quasi compiaciuto Sherlock, sorridendo. << Non temere, andrà tutto bene. >>

<< E’ proprio quando mi dici di non temere che io ho più paura. Ho paura perché, Diamine Sherlock, io ti amo, e … tutto questo mi spaventa. >> Nel sentire quelle parole, Sherlock non resistette e strinse John a sé più forte che poteva.  << Di tutto ciò che potevi dirmi, questa è decisamente la cosa peggiore, perché adesso sarà infinitamente più dura e triste per me farlo. Ma ti ringrazio. Perché nemmeno in un milione di anni mi sarei immaginato che tu potessi ricambiarmi. Grazie John. Ora so che ne varrà la pena. >> e lasciandogli un altro piccolo e sfuggente bacio sulla fronte, Sherlock si voltò e con la morte nel cuore cominciò a camminare a passo deciso verso  lo strapiombo.

 Arrivò sul ciglio del monte e si fermò.

 Deglutì mandando giù il groppone che gli si era formato in gola.

Chiuse gli occhi per far uscire le ultime lacrime.

 Respirò profondamente e spalancò le braccia.

E poi si gettò nel vuoto.

   
 
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