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Autore: Fanelia    09/06/2014    6 recensioni
Tormenti di un animo travagliato.
Os nata dal ritornello di una canzone... o meglio, dalla sua erronea interpretazione.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Only you
and you can hear me
when I say slowly and softly

Hold me closer, time to dance, Sir
Lay me down in sheets of linen
You had a busy day
today”
 
-Elton John, Tiny dancer-







L’orologio rintocca le nove.
La sera della fatidica e tanto attesa festa presso la dimora dei Browning, che probabilmente dovrei chiamare il castello, viste le dimensioni, è finalmente giunta, portando con sé ansia, fervore, dissapori e aspettative che, seppur scioccamente e incautamente coltivate, verranno certamente disattese, sradicando alla radice anche la sola flebile speranza.
Sono qui, di fronte allo specchio, nella mia stanza e Joffrey, il mio valletto, mi aiuta ad allacciare i bottoni della mia candida e inamidata camicia, per poi passarmi la giacca del mio frack che, una volta indossata, mi fa sembrare un pinguino irrigidito.
Sorrido a quell’immagine che lo specchio mi restituisce: un giovane piacente, un ragazzo affabile, brillante, un uomo in età da sposalizio, almeno questo è ciò che si ostinano a scorgere in me alcune madri.
Un arrampicatore sociale, un uomo fattosi con le proprie mani e con l’astuzia e ciò che vedono in me i nobili che stasera mi offriranno i loro sorrisi falsi e cortesi, mi inviteranno a sorseggiare con loro un drink e stringere alleanze, perché questo squalo venuto dal tanto disprezzato profondo dell’oceano detiene un potere nelle proprie mani grazie al quale può decidere se farli danzare sulle punte dei piedi, nemmeno fossero ballerine di danza classica.
Mi porto una mano tra i capelli incollati dalla gelatina che li rende di un biondo di una sfumatura più scura rispetto al loro colore naturale, ma devo ammettere che i miei riccioli ribelli sarebbero indomabili senza un tale aiuto.
Quando il maggiordomo ci informa che la carrozza è pronta, raggiungo i miei genitori al piano di sotto, non prima di aver dato un ultimo sguardo indagatore a quella figura estranea che vedo riflessa nello specchio e che a fatica riesco a riconoscere come la mia, quando sul mio volto si manifesta un sorriso come in preparazione di quelli che sarò costretto a dispensare questa sera.
Prendiamo posto sulla carrozza e sediamo in un silenzio quasi religioso per tutto il tragitto, del resto il litigio avvenuto durante il pomeriggio non ha fatto altro che alimentare l’acredine di mia madre nei miei confronti.
Vuole presentarmi a qualche damigella di alto lignaggio, pretende che mi accasi, che dia degli eredi a questa dinastia che vede in me l’unico erede, non solo per quanto riguarda le questioni strettamente legate agli affari, ma anche del patrimonio genetico.
Se non fosse perché sono certo di trovarti lì, di vederti mentre ti intrattieni e chiacchieri, se non fosse per la mia smania di passare con te del tempo, avrei finto un mal di testa, un malore improvviso, insomma una scusa più che plausibile e che giustificasse la mia assenza.
Capelli scuri, occhi verdi, uno sguardo che trasmette più di quanto i migliori oratori e milioni di parole potrebbero fare, lo stesso sguardo che mi fa saltare un battito al solo pensiero di poterlo incrociare nuovamente.
Mentre sono sulla carrozza, mi cullo nell’illusione, nella speranza, vana e consapevole, come solo un vero masochista farebbe. Perché infliggermi una tale pena? Sono uno sciocco, un illuso, dovrei solo arrendermi all’evidenza.
Quando finalmente raggiungiamo la nostra meta, arriva il mio turno di indossare la maschera e di sfoggiare un sorriso falso e mendace, di salutare tutti e poi, vi cerco, per porgere i miei rispetti a color che ospitano tutti noi e questa magnifica festa, in questa sontuosa dimora aristocratica.
A quanto pare tu non sei presente.
La tua assenza è per me un duro colpo, una ferita che si apre in questo animo speranzoso e desideroso, in questo mio io che si sfama della tua immagine, dei tuoi sorrisi, dei tuoi occhi. Anche solo sapere di essere nella stessa stanza regala un brivido caldo a questa mia essenza che, al di là di quando tu sei presente, pare sopita, come in attesa di un via di fuga che mi liberi di queste fasulle spoglie nelle quali mi hanno costretto e mi lascio forzare.
Attendo, mentre lascio che il mio palato venga solleticato dalle bollicine di uno champagne, intrattengo qualche chiacchiera di sfuggita, per non adirare mia madre e per non destare sospetti, mentre mi beo del fasto di questa sala, la cui vista si perde poi nell’immenso e addobbato giardino, nel quale composizioni floreali e luci dai caldi colori scaldano e schiariscono l’atmosfera resa ancora più magica dal buio ormai calato, dalla sera ormai giunta, e dal manto celeste, costellato di piccoli brillanti, così perfetto nel suo equilibrio naturale da sembrare opera di un artista.
E mentre mi nascondo in un angolo, per cercare un po’ di pace e di ristoro, la musica si interrompe e vieni annunciato.
«Il Conte Browning e la Contessa » il mio cuore spicca un volo pindarico e la sua corsa aumenta a dismisura nel momento in cui ti vedo incedere a passo lento e offrire il braccio a tua sorella, per aiutarla nella discesa dell’ampia gradinata. La tua espressione è fiera e potrebbe sembrare austera ma io conosco la tua gentilezza e non mi lascio trarre in inganno.
Le mie gambe mi spingono a muovere qualche passo in avanti, così che io possa ammirarti da una vicinanza tale che mi permetta di osservare ogni minimo dettaglio ma che non ti consenta di notare che ti sto guardando.
«Thomas, mi chiedo perché ti trovo spesso a fissarmi. Se non fosse che sono certo del tuo interesse per le donne…» una volta osasti insinuare una mia potenziale diversità ma poi ti nascondesti dietro le tue stesse parole, dietro le paure e dietro le convenzioni di questa nostra società.
Tuttora mi chiedo se avessi capito, se il tuo fosse un vero sospetto, eppure non ne abbiamo mai riparlato e non hai fatto altro che presentarmi potenziali giovani candidate, donne che avrebbero potuto rendermi un uomo felice.
Ti guardo scendere i gradini, dispensare sorrisi e accidentalmente il tuo sguardo incontra il mio. Un sorriso anche per me, è un dono che mi concedi inconsapevolmente e che fa scoppiare in tripudio di emozioni contrastanti in quel cuore confuso, combattuto e straziato che scalpita nel mio petto, che suggerisce alla mia voce di farsi portatrice di un sentimento che non è concesso, di un amore che non ha diritto di averla una voce, che deve essere taciuto, che deve perire lentamente in uno stillicidio giornaliero.
La mia mandibola forza un sorriso su le mie labbra che in questo momento vorrebbero sfiorare, baciare, assaporare ogni centimetro di quella tua pelle diafana, mentre queste mie mani vorrebbero stringerti forte, esplorare e conoscere ogni centimetro del tuo corpo, ricoprendolo di carezze e risvegliando in esso la passione.
Ma la mia mente mi censura, rinchiude questi miei desideri in una gabbia e ne getta la chiave, buttando via anche l’unica ancora di salvezza che mi rimane e mi tiene a un passo dalla pazzia.
Ti osservo mentre, dopo aver salutato e omaggiato i tuoi ospiti, inviti a ballare la figlia del Duca di Cavendish, colei che il padre vorrebbe darti in moglie.
Ti spio, sì, perché mi sento un intruso, mentre le sorridi, i tuoi occhi la guardano desiderosi, come se tu non aspettassi altro che poter tuffare le tue labbra sulle sue, che sentire il corpo della fanciulla sotto il tuo, che regalarle piacere mentre lei geme ed esalta le due doti amatorie, facendoti sentire il grande uomo che sei e che io amo.
La stringi forte a te, mentre il mio cuore perde l’ennesimo battito, e inconsapevolmente permetto che la mia fantasia malata sostituisca, seppur per un breve istante, la figura di quella giovane e avvenente donna con la mia. E così mi osservo, anzi ci osservo, mentre balliamo, mentre tu mi dedichi attenzioni e mi rivolgi quei tuoi sorrisi che conquisterebbero anche il cuore più arido. Posso sentire quel tuo profumo, una fragranza di muschio e altre erbe che sei solito indossare nelle occasioni importanti, posso sentire le tue braccia cingermi la schiena e tenermi vicino, il calore del tuo corpo, la tua voce suadente che affabilmente mi intrattiene, vedere il tuo desiderio accennato che finisce col divampare, come fosse un incendio, in quegli occhi di brace, mentre il tessuto della tua giacca nera scivola sotto la mia presa incerta e le mie mani tremano al pensiero di poter finalmente sfiorare la tua figura.
«Thomas, vorrei presentarti una giovane, vieni» la voce di mia madre mi riporta all’infausta realtà, privandomi di quella mia fantasia, di quell’unico momento di gioia, seppur irreale, e tutto ciò a cui riesco a pensare, mentre la fitta nebbia del mio mondo si dissipa e ritorno all’amara verità dalle luci scintillanti sono queste parole che riecheggiano nella mia testa, dandomi il tormento.
“Hold me closer, it’s time to dance, Sir”.*


NdA: Ciao!
Ora penserete "Chissà questa che ha bevuto?!"
In realtà, questa OS nasce da una piccola, insulsa, ricerca su internet... volevo il testo di Tiny Dancer e su una paginetta Yahoo ho trovato una piccola curiosità, che potrebbe essere una stupidaggine, ma siccome mi piaceva troppo e alimentava il mio animo introspettivo, ho voluto coglierla...
In pratica, codesto signore, dice che in origine invece che tiny dancer, la canzone di Elton John recitava Time to dance, Sir, con un ovvio rimando alla sua omosessualità, ma che per motivi vari è stata poi mutata in tiny dancer.
Come non dargli credito, anche se sono abbastanza certa sia una scemenza colossale?

L'ultima riga, Hold me close, time to dance, Sir, sarebbe come pare fosse in precedenza, prima che venisse mutata...
Detto ciò, a prescindere, spero che vi piaccia!
   
 
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