Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: GabrielleWinchester    10/06/2014    3 recensioni
Christina Minervi ha ventiquattro anni e lavora come modella in una nota agenzia di moda.
Suo fratello Antonio ha trenta anni, lavora in un bar di nome "Dark Nightingale" e viene soprannominato da tutti il sosia di Arrow.
Nonostante i battibecchi tra di loro, si vogliono un mondo di bene e difenderebbero l'altro in ogni modo possibile, uniti solo dall'affetto che solo i fratelli sanno provare. Ci sono anche piccoli accenni comici. Durante un servizio fotografico, Christina viene allettata dalla proposta di Gabriel Prince, un amministratore delegato di una nota agenzia di moda, l'Arabesque, una proposta che ha il sapore ed il sentore di una trappola. La ragazza capirà subito che il rispetto di una donna si ottiene in altri modi.
Buona lettura.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buon pomeriggio a tutti,
ecco a voi "L'importanza di avere un fratello...", la storia di due fratelli, Christina ed Antonio, la prima modella in una nota agenzia di moda ed il secondo barista in un locale di nome "Dark Nightingale". Sono due fratelli che, nonostante i continui battibecchi e le sveglie non proprio convenzionali, si vogliono un bene dell'anima, un bene che solo i fratelli sanno fare, quella bromance fatta di affetto puro e sincero. Chiedo scusa per eventuali errori nel racconto e con l'avvertenza che c'è una piccola parte in cui ho parodiato le storie Incest, precisando tuttavia che non si intende offendere o diffamare chi scrive storie Incest, quanto una leggera parodia per chi punta di più al fattore erotico piuttosto che al fattore dei sentimenti. Mi sento in dovere di avvertire prima. Durante un servizio fotografico Christine viene allettata da Gabriel Prince, l'amministratore delegato di una nota agenzia di nome di nome Arabesque...Ma non vi anticipo nulla :-) Ringrazio di cuore tutti coloro che la leggono e la leggeranno, tutti coloro che la recensiscono e la recensiranno, tutti coloro che mettono e metteranno le mie storie nelle seguite/ricordate/preferite e da recensire (le scelte non le nomino mai, poichè c'è gente più meritevole di me) e tutti coloro che mi hanno messo e mi metteranno come propria autrice preferita :-)
Buona lettura :-) Gabrielle :-)
Ps: La scena del frappè mi è successa davvero :-)

L’importanza di avere un fratello…

Finalmente il mio sogno si stava realizzando! La porta di mogano decorata con rappresentazioni floreali e ninfe dei boschi si trovava a pochi passi da me, il mio cuore che batteva forte dall’emozione, dovevo solo spingere la maniglia e sperare per il meglio. Il momento era giunto! Mi specchiai, dandomi un’ultima sistemata. Indossavo un vestito di ispirazione classica color glicine, sandali alla schiava, i miei capelli ricci ordinati. Per quanto possano essere ordinati i capelli ricci! Lo sapevo, dietro la porta si trovava Hans, il mio principe norvegese, il mio compagno di Università, un ragazzo di venticinque anni, capelli biondi e occhi di un azzurro da far impallidire il cielo.
Il mio principe artico.
Aprii la porta e lui era vestito con uno smoking che gli stava d’incanto.  Ci trovavamo all’interno del salone delle feste, in un salone adibito alle grandi cerimonie, come il Grande Ballo delle Rose Nere, dedicato alle ragazze non ancora sposate, come la sottoscritta. Secondo mio padre il mio futuro marito doveva avere come virtù la pazienza, perché, a detta sua, ero una gatta incazzata. Inutile dire che la mia risposta era una linguaccia e un “Fatti i fatti tuoi”, detto nel migliore dialetto siciliano che mi veniva in mente. Non ero incazzata, ero previdente, cosa ben diversa. Non potevo concedermi al primo che passava! Hans mi prese la mano, una mano inguantata e insieme incominciammo a ballare un valzer, la sua mano sul mio fianco, una mano che mi dava calore e sicurezza. Mi sentivo una principessa!
Lui era stupendo ed io ero molto imbarazzata. Avvicinò le sue mani sul mio viso e mi disse “Cri, io ti devo dire una cosa…”
Non ci volevo credere, il freddo Hans voleva dichiararsi. In quel momento cominciai a sudare freddo, il cuore suonò la fanfara dei carabinieri e la marcia dei bersaglieri, il mio viso s’imporporò. Meno male che eravamo soli.
Altrimenti sarei benissimo scappata fuori per evitare l’imbarazzo generale.
“Che cosa Hans?” balbettai io emozionata, mentre lui avvicinava il mio corpo al suo. Potei notare un’altra cosa, ma non gli diedi tanta importanza. Hans voleva dirmi che mi amava, che voleva sposarmi, per gli altri dettagli c’era sempre tempo. Oppure volendo fare i maliziosi, lo avrei stuzzicato prima di concedermi completamente a lui.
Essere timidi non significa non sapere giocare le carte della seduzione e della malizia!
“Cri, io ti..”
Era a pochi passi da me, le sue labbra stavano sfiorando le mie, quando…
*Splash*
Sputacchiai e lanciai uno sguardo truce al miserabile che si era permesso di buttarmi un secchio d’acqua gelata, addirittura con il ghiaccio annesso. Come era prevedibile, individuai il colpevole in mio fratello, un essere di trenta anni dai capelli castani tagliati corti, leggera barbetta e una vaga assomiglianza con Stephen Amell. Eh sì che Stephen Amell era un figo da paura!
Mio fratello un po’ meno.
Secondo una mia amica ero troppo dura con lui, dovevo essere malleabile e che lei avrebbe fatto i salti di gioia, se avesse saputo di averlo come fratello. Altro che quattro salti in padella! A volte se ne usciva con discorsi assurdi, per cui la dovevo fermare prima che incominciasse a inventare fantasie sessuali tra me e mio fratello. Alcune volte le dicevo che doveva smetterla di leggere le storie Incest, ormai era vagamente fissata che qualsiasi manifestazione d’affetto tra fratelli, bè potesse nascondere un qualcos’altro, un qualcosa di erotico. Anche io leggevo le storie Incest, ero più concentrata sul fattore fratellanza ed affetto tra fratelli, un bacio poteva scapparci, ma sinceramente immaginare io e mio fratello neanche per sogno, ma neanche nei miei sogni più assurdi ed improbabili, forse dovevo essere ubriaca, ma neanche in quell’occasione. Neanche se fosse stato l’ultimo uomo sulla Terra e avremmo dovuto ripopolare l’intera generazione umana, neanche in quella possibilità. Una volta lo dissi a questa mia amica e lei partì direttamente per la tangenziale, incominciando addirittura a scrivere una storia, in cui addirittura avevamo dei figli insieme, facendomi arrossire davanti a una giornalista che mi stava intervistando per un’importante rivista, la celeberrima Beauty Mirror. Il limite lo raggiunse nel momento in cui io e mio fratello dovemmo interpretare la coppia del Principe Azzurro e della Sirenetta, fingendo di baciarci. Addirittura aveva attaccato la foto del nostro finto bacio sul diario e la baciava in coincidenza di un esame importante all’Uni. Mi faceva paura e non lo dico per scherzo.  Badate io amo mio fratello, lo adoro alla follia, ma ogni mattina essere svegliati con un secchio d’acqua gelata non è bellissimo, specialmente in inverno inoltrato. E lo dicevo sempre ai suoi colleghi baristi di impedirgli di prendere le scorte di ghiaccio!
E puntualmente mi ignoravano. Anzi gli davano manforte.
Si divertivano a farmi arrabbiare. Strizzai i capelli zuppi d’acqua e lo fissai furibonda. Fuori dalle coperte faceva un freddo cane ed essere svegliata in questo modo, bè non aveva contribuito a guarire il raffreddore che mi stava perseguitando da oltre tre settimane. Starnutii e lui mi disse “ Salute”
“Anto, io ti uccido! Davvero hai decretato la tua morte! Ma che cosa ti è venuto in mente? In pieno inverno l’acqua gelata con tanto di ghiaccio?”
Mio fratello ridacchiò e mi disse “Ma se stavi andando in surriscaldamento! Ho contribuito a stemperare la situazione”
“Te lo do io il verbo stemperare”
Con un’agilità invidiabile solo a Bolt (non il detersivo, ma il campione d’atletica per intenderci), mi liberai dalle coperte (ditemi voi se è normale che tua madre ti rimbocchi strettamente le coperte alla veneranda età di ventiquattro anni e mezzo e ti dica “Così non prendi freddo” e la tua risposta sia “Mi sento pressata”) e gli saltai addosso. Combattemmo per un paio di secondi, lui mi mise al tappeto e mi fece il verso nei momenti in cui ero maggiormente in estasi, addirittura chiudendo gli occhi “Oh Hans..”
Gli diedi uno scappellotto e lo fissai con gli occhi di brace, tanto che in confronto Caronte era un gattino dagli occhietti dolci. Lo dicevo io che Dante si doveva ispirare a me! Era dannatamente imbarazzante che tuo fratello, specifico tuo fratello, ti sentisse mentre gemevi nel sonno. Addirittura quando eri eccitata! Mi imposi di rompergli le scatole nel caso in cui lo sentissi gemere nel sonno, gettandogli non un secchio d’acqua gelata, ma un barattolo di vernice rossa. Come la camicia che indossava per andare al bar dove lavorava. Il Dark Nightingale.
La privacy, questa sconosciuta!
“Non dirmi che mi hai spiata!”
Antonio si mise le mani in bocca, falsamente scandalizzato e negò “Io non potrei spiare mia sorella” poi curioso come solo un maschio sa essere (illusi, pensavate che la curiosità fosse donna? Nah, è uomo!) mi chiese “Chi è questo Hans?”
“Un mio compagno di Uni” tagliai corto, aprendo l’armadio e scegliendo il vestito da mettermi “Vuoi anche il codice fiscale?”
“Magari” mi rispose lui con un sorrisetto, lo stesso sorrisetto che mandava in visibilio  le mie compagne dell’Uni, le quali avevano formato un suo fan club in onore. E meno male che non lo sapeva! Come non sapeva di essere al centro di innumerevoli storie, alcune avevano anche fatto arrossire me. Storie che in confronto i migliori romanzi erotici erano delle barzellette un po’ scadenti.
Addirittura mi avevano chiesto com’era nudo. Io cercavo di svicolare l’argomento, dopo sbattei un righello sul tavolo, annunciando che, se volevano, potevano verificarlo di persona. Era mio fratello, non il mio amante.
“Nah, non te lo do” ribattei io scegliendo il vestito e rifugiandomi in bagno.  Mi feci una doccia veloce, canticchiando Kesha e Anastacia e ballando, poi mi guardai allo specchio. Quest’ultimo rifletté  l’immagine di una ragazza dall’altezza di 1,66 cm, molto magra e con una misura di reggiseno pari alla seconda con la retromarcia. Non ridete, per favore! Tutte nella mia famiglia erano delle maggiorate, io no. Badate, non voglio lamentarmi di come sono, facendo la modella sono costretta a stare sempre a dieta e un seno grosso mi sarebbe solo di impiccio, ma ci sono delle situazioni in cui vorrei essere diversa da quella che sono.  Letteralmente. Lottai contro l’eye-liner, puntualmente utilizzato in maniera sbagliata, poi alla fine riuscì a truccarmi, senza sembrare un panda con un occhio nero. Mi voltai a guardare i miei occhi castani dalla forma orientale e mi diedi l’ok. Uscii dopo circa quindici minuti con un vestito color canna da zucchero medio corto e i capelli ricci raccolti in una coda stretta. Avevo un servizio fotografico, facevo la modella per un’importante agenzia di moda, la “Scintille di Bellezza Armonica”.  Penserete che essendo alta 1,66 cm, bè io non sarei adatta a fare la modella. Sbagliato, la mia agenzia di moda aveva come motto “Ogni donna è una modella” e c’erano mie colleghe più basse di me, amiche che adoravo come sorelle, perle rare in un mondo dove la bellezza si misurava, ahimè, ancora nella taglia 38.  Io  portavo fieramente la taglia 42 e quelle poche curve che avevo, me le tenevo strette. Per me sfilare e indossare vestiti non era un lavoro, quanto un privilegio. Lo vidi scuotere la testa e ribattere “Rivestiti”
Tipico di mio fratello, non appena mi mettevo un vestito appena sopra il ginocchio, scattava in lui il meccanismo da fratello geloso. Alcune volte pensavo che mi volesse vedere vestita con la tuta.
“No, sto bene così. Poi non sei il mio ragazzo, sei mio fratello!”
“Infatti il tuo ragazzo deve passare sul mio cadavere!”
Ed assunse la migliore posizione da capo malavitoso e sussurrò in dialetto siciliano “Ti farò un’offerta che non potrai rifiutare” , con la sua migliore imitazione del doppiatore italiano di Marlon Brando. In quel momento mi passò in mente la scena della testa del cavallo mozzata e rabbrividii.
“Che macabro che sei! Papà mi ha detto la stessa cosa”
“Io non voglio che tu soffra Chris. Ne abbiamo passate tante in famiglia!”
Rimasi colpita dalla sua dichiarazione di tenerezza. Io lo sapevo che era un tenerone, uno di quelli che anche gli orsetti della Algida gli facevano un baffo, altro che sexy simbol, uno di quelli da… non mi fate dire ste cose sconce di prima mattina! Mi avrebbe difeso da tutto e da tutti, una volta diede un pugno al mio ex ragazzo, solo perché mi aveva tradito con la mia migliore amica. In quell’occasione lo rimproverai del gesto, dicendogli che non erano affari suoi e che mi sapevo benissimo difendere da sola, ma dentro di me ero orgogliosa di lui, fiera del fatto che mi aveva difeso. Era il mio fratellone, non lo sopportavo la maggior parte delle volte (coincidenti nei suoi assurdi modi di svegliarmi), ma gli volevo un bene dell’anima e neanche io volevo che soffrisse. La sua ultima fiamma, un essere innominabile di nome Raffaella gli aveva spezzato il cuore, addirittura lasciando sull’uscio di casa nostra la bambina appena nata, neanche se fosse stata un pacco postale, una cosa inutile. Lei aveva adibito come scusa il fatto che lui era il padre e se ne doveva occupare, dopo aveva sbattuto la porta, sparendo per sempre, rendendo inutili i nostri tentativi di rintracciarla. Adesso la piccolina aveva cinque anni, era il mio splendore, ed era una gioia quando mi urlava “Ziaaaa” e si gettava tra le mie braccia, creando delle situazioni a dir poco imbarazzanti, come quando si buttò tra le mie braccia e mi stava cascando il reggiseno di fronte a un gruppo di maschi in attesa di vedere Christina Minervi a seno nudo. Scoccai un bacio ad Antonio sulla guancia e mi avviai verso la porta. Ero a metà delle scale, quando mi urlò “La mamma non viene a pranzo e io sono impegnato con il bar. Ci pensi tu per papà?”
Io annuii, pensando al fatto che le liste dei trapianti fossero interminabili. Nostro padre faceva dialisi da oltre quindici anni, ogni giorno si sperava che arrivasse un rene per lui, tanto per dargli la possibilità di bere più di una mezza bottiglietta d’acqua al giorno (poiché l’acqua era la cosa che mancava di più a una persona emo-dializzata), poi ci si disilludeva, poiché la precedenza veniva data alle persone più giovani, quelle che avevano più chance di sopravvivenza. Dannazione!
“Grazie”
“Trattami bene Myriam, mi raccomando!” esclamai in tono perentorio, aprendo il portone d’ingresso.
Lui aggrottò la fronte e fece finta di non capire “Myriam chi?”
“Per Antonio da Padova e i Padovani! La mia migliore amica che è tremendamente innamorata di te, che ti sogna ogni notte e sei il suo cavaliere templare”
“Intendi dire la ragazza timida che ogni volta che mi vede, bè abbassa gli occhi? Lei? Uh, non sapevo di essere così affascinante”
“Te lo dico per il tuo bene. Ed evita di fare la battuta del frappè”
Mio fratello fece il saluto militare e dopo chiuse la porta. Io dovevo affrontare un’importante servizio fotografico. Non immaginando minimamente che cosa il destino mi aveva riservato.
                                                                                     *
Non appena mia sorella uscì fuori, mi fiondai nel bagno e mi preparai. Sistemai la leggera barbetta che portavo da tempo, indossai la camicia rossa e mi avviai al locale, il Dark Nightingale, un locale all’ultima moda, laddove al ritmo di musica danzavano delle ballerine sul filo, creando delle coreografie fiabesche, virtuosismi in forma di danza. La più brava era una certa Michelle, una ragazza di origini caraibiche e dagli occhi verde smeraldo, la quale stava danzando sulle note di “Missing” degli Evanescence.
C’era un’armonia nel danzare sul filo. Inevitabilmente la mia ammirazione venne bruscamente interrotta.
“Alla buona ora! Sbrigati”
“Buongiorno a te Sasha” ridacchiai ironico “Cosa c’è, ti sei alzata presto e sei arrabbiata?”
Di fronte a me si trovava Sasha, la mia datrice di lavoro, una ragazza bionda e dagli occhi azzurri, proveniente dalla Russia e con una leggera tendenza all’ordine e alla disciplina. Leggera tendenza era un eufemismo!
“Fai poco lo spiritoso! Carmelo si è dato malato e tu lo devi sostituire al banco dei gelati”
Annuii contrariato e mi avviai verso il banco dei gelati, situato nell’altra sala. Il bar disponeva di quattro sale, la prima dedicata ai cocktail e alla piccola pasticceria e alla cassa, la seconda sala adibita ai gelati di ogni gusto possibile, la terza dedicata ai clienti e la quarta era il nostro privè.  Sorrisi vedendo che c’era Myriam ad aspettare che qualcuno la servisse.
Avevo letto in un libro di mia sorella, in uno di quelli che spiegava l’origine etimologica del termine, che Myriam in egiziano significava “Principessa”. Non appena la vidi, incominciai a cantare “You’re beautiful” di James Blunt.
“Ciao Myriam”
Come era prevedibile, lei sobbalzò dalla sorpresa e arrossì.  Era dolcissima quando arrossiva, non era come le altre ragazze da un momento e via, anzi la sua timidezza mi stuzzicava parecchio. Avrei voluto sfiorargli i capelli ricci color castano scuro e baciarla. Quando la vedevo, non potevo fare a meno di scherzare con lei e cantare, guardando la sua reazione, molto spesso risultante in risate e sguardi per terra. La salutai con il migliore sorriso e lei si sciolse di fronte alla mia manifestazione d’affetto.
“Ciao”
“Cosa sei venuta a prendere? Un frappè?”
Lei scosse la testa timidissima e dopo strusciando i piedi mi disse “Un gelato”
“Come non lo vuoi il frappè?”
Capendo il doppio senso che volevo dire, lei diventò di mille colori e negò “No, solo un gelato”
Ad interrompere quel momento divertente, ci pensò il mio collega che mi rimproverò del fatto che non erano cose da dire a una donna. Lei prese il suo cono gelato e per un breve istante la sua mano sfiorò la mia, creando scintille di elettricità. Rimasi ad ammirarla mentre mangiava il gelato, sembrava una bambina piccola e batteva il piede al ritmo della canzone “Absolutely Positively” di Anastacia, la canzone che in quel momento la radio stava trasmettendo.
Vide che io la stavo fissando e girò gli occhi, sorridendo. Finì di mangiare in silenzio, guardandosi intorno e poi andò al bancone “Mi potresti dare gentilmente un bicchiere d’acqua?”
Sempre gentile, mai una parola fuori posto. Posai l’acqua sul bancone e lei incominciò a bere, facendomi desiderare di essere io l’acqua. Beveva in modo che conquistava e ascoltando le conversazioni con le sue amiche, bè non si considerava affatto una sexy simbol. Ma a volte non era la seduzione a sedurti, quanto la semplicità estrema.
“Myriam io…”
“Devo andare” poi sfoderò il suo sorriso più splendente e salutò tutti “Ciao fanciulli” poi rivolta a me sussurrò “Ciao sosia di Arrow”
Avrei voluto baciarla. Avrei voluto fermarla ed impedirle di uscire dal locale.
Dopo andai a servire ai tavoli.
                                                                                               *
“Più sensuale Chris, più sensuale”
Se mi avesse detto di nuovo più sensuale, giuro gli avrei piantato un calcio nel basso ventre. Il mio fotografo voleva che io fossi sensuale in un’atmosfera da polo nord, indossando solo un costume da bagno. E una donna che sta male, vi assicuro è ben lontana dall’essere sensuale.
Addirittura il maledetto attivò il ventilatore e dovetti sforzarmi di non starnutire. Nota bene, uccidere mio fratello nell’ulteriore caso, in cui mi avesse svegliato con il secchio d’acqua con ghiaccio.
“Te lo dico io sensuale Fabio. Dannazione a te, lo sai che non sto bene”
Imperturbabile lui modificò il filtro alla sua macchina fotografica, in modo tale da creare un effetto particolare e fece finta di non sentirmi. Lui era un professionista, aveva oltre trenta anni di esperienze alle spalle, aveva lavorato con importanti fotografi in tutto il mondo, come ad esempio il gallese Edward Shannon ed immaginavo che i capricci di una modella fossero all’ordine del giorno per lui. Ed era anche un bell’uomo, per avere cinquantacinque anni, capelli brizzolati e occhi verdi, di un verde baciato all’alba.  Le mie colleghe avevano cercato di conquistarlo, per poi venire a sapere che aveva una relazione con il parrucchiere dell’agenzia. Era stato uno choc per tutte, meno per me, perché avevo sospettato l’interesse di Fabio per Christopher, il bel parrucchiere di origini brasiliane, un maschio rappresentante le fantasie sessuali di ogni donna, escludendo me.
Io puntavo ad altro.
“La Diamonds e la Violet Sky ha molto insistito che fossi tu la testimonial della campagna. Qui sii professionale”
Sii professionale, sii professionale. Ormai quel motto era un mantra, una frase da tatuarmi lungo le braccia, una di quelle che amavo e odiavo in egual maniera. Per mia fortuna il servizio non durò molto a lungo e alla fine mi rivestii. Ad aspettarmi nel camerino c’era Micheala, la mia assistente e addetta alla stampa, una ragazza di poco più grande di me, dai capelli rossi e occhi viola (avete presente quelli di Liz Taylor? Identici!) la quale mi disse “Chris, ho una notizia per te”
“Stephen Amell si è divorziato?”
“Ma lascialo vivere a quel poveraccio! No, sto parlando del tuo lavoro. Indovina chi mi ha telefonato?”
Mi tolsi di malagrazia l’elastico dai capelli e scossi la testa. Non avevo voglia di stare dietro agli indovinelli della mia assistente, per quanto mi divertisse farlo in altre circostanze. Micheala non si diede per vinta e girò la mia sedia, guardandomi negli occhi “Micky smettila, altrimenti potrei pensare che vuoi provarci con me”
Sapevo di avere toccato un tasto delicato. Micheala era bisessuale ed era suscettibile quanto al fascino degli uomini che a quello delle donne, ma era anche una tipa tra le più fedeli del mondo e in quel momento era felice con Salvo, un praticante in uno studio medico, un ragazzo che lei aveva faticosamente conquistato. Aveva pure in mente di sposarlo. Mi auguravo per lei ogni bene possibile.
“Non tentarmi Chris. Ad ogni modo mi ha telefonato Gabriel Prince, l’amministratore delegato dell’importante agenzia di moda Arabesque”
Mi misi le mani in bocca ed esclamai stupefatta “Quel Gabriel Prince? Stai scherzando?”
“Non insultarmi Chris! Sì e ancora sì. Quel Gabriel Prince. Ti vuole come modella principale nella sua sfilata di moda, sabato prossimo all’Auditorium degli Angeli”
Mi sfregai le mani, pregustando la grande occasione che mi si stava prospettando. Se avessi accettato, tutte le porte del mondo dello spettacolo mi si sarebbero state aperte, permettendomi di pagare una clinica privata a mio padre e forse sperare di dargli un rene nuovo, potevo finire l’Uni, potevo regalare a mio fratello il tanto agognato viaggio negli States, potevo dare a mia madre un intero mese di vacanze alle terme e altre cose. Era un sogno, un sogno magnifico. Prima che potessi  pensare ad altro, la mia assistente mi disse “Ti sta aspettando sopra”
Contentissima, salì le scale a due a due. L’agenzia di moda poggiava su due piani, il primo piano dedicato ai servizi fotografici, il secondo ai ricevimenti e alle riunioni straordinarie. Lo trovai nella stanza delle conferenze, immerso nella lettura delle carte. Aveva trentacinque anni, capelli castani lunghi fino al collo, occhi neri e un carisma niente male. Indossava un abito gessato e all'occhiello aveva un garofano rosso.
Scossi la testa, pensando ad Hans e mi imposi di essere professionale. Bussai.
“Oh Christina, ti stavo aspettando. Micheala ti ha detto che ero qui, vero?”
“Mi ha detto che lei voleva offrirmi un servizio fotografico”
“Già” lui si alzò e potei notare che era ben equipaggiato come muscoli. Ma che diamine sto dicendo? Poteva essere il mio capo! Christina ordine e disciplina! “Quale è il tuo compenso per la sfilata di sabato ?”
“Sono disposta a farlo gratis”
“Nessuno sfila gratis, cara mia” ridacchiò lui facendomi rabbrividire “Qual è il tuo compenso? Trentamila, quarantamila euro, dimmi quale cifra tu vuoi e io te la darò”
Ero indignata dalla cifra sproposita dell’ingaggio, sapendo che c’era gente che per vedere trentamila euro lavorava per molto tempo, lo consideravo quasi un insulto. Le mie amiche mi invidiavano, non sapendo che il mondo delle modelle non era tutto rose e miele, quanto un covo di vipere in attesa di avvelenarti e le vere amiche si contavano sulla punta delle dita.
“Sono lusingata signor Prince. Ma le ripeto, sono disposta a sfilare gratis”
“Non sei propensa a cedere vero?”
Si avvicinò a me e appoggiò una mano sulla mia spalla. Scattai in piedi, esclamando “Ci vediamo sabato signor Prince. Arrivederci”
Andai verso la porta e con orrore mi accorsi che era chiusa a chiave. Quando l’aveva chiusa? Poi mi balenò in mente il momento in cui si era alzato e aveva sistemato la giacca nell’attaccapanni. Le altre mie colleghe lo avrebbero visto come un’effettiva possibilità, io ero una tipa da lavoro e via, senza mezzucci o sotterfugi di nessun genere.
“Dove vai? Non abbiamo ancora finito”
“Signor Prince, la prego”
“Smettila di chiamarmi signor Prince, chiamami Gabriel o al massimo Gabry. Mi fai sembrare un vecchio di sessanta anni se continui a chiamarmi così”
Arretrai di qualche passo e finì distesa lungo il tavolo di marmo nero. Lui non perse tempo e si mise sopra di me, notando come fosse eccitato. Deglutii, rimproverandomi che era tutta una trappola. Maledetta ingenuità. Lottai contro lui, lui mi strappò il reggiseno e incominciò a baciarmi lungo i seni, ma alla fine mi divincolai e riuscì a raggiungere la porta, appena in tempo per evitare un rapporto non consensuale, per evitare che potesse raggiungere il suo obiettivo prefissato. La cintura era slacciata.
“Mi faccia uscire”
“Se rinunci a questo lavoro, tu non potrai finire l’Uni e tuo padre non avrà il suo rene”
“Non mi importa. Mi faccia uscire ora!”
Insistendo, lui si tolse dalla tasca dei pantaloni un blocchetto degli assegni e mi disse “Vuoi un milione di dollari?”
Un milione di dollari! Potevo risolvere qualsiasi problema, ma no, non mi sarei venduta.
“Neanche se lei fosse Paperon de Paperoni. Neanche offrendomi tutti i soldi di questo mondo, lei potrà comprarmi”
Lui seccato fece scattare il meccanismo della porta e mi minacciò “Ti farò pentire del tuo gesto. Pensavo che ci starei stata!”
Con la dignità dei miei ventiquattro anni gli risposi “Io non sono in vendita. Mio padre mi ha insegnato l’onore e il rispetto, cosa che i suoi non l’hanno fatto”
“Puttana”
“Stronzo e nel senso che lei è una merda” ribattei, sbattendo la porta, fiera dei miei studi classici. Nessuno dell’agenzia mi disse nulla, Micheala stava per intervenire quando la interruppi “Sei con me?”
“Sempre”
“Andiamo via. Non voglio più vedere questo posto”
Stavo andando alla porta, quando Charity, una ragazza inglese di poco più grande di me e dagli occhi azzurri mi sbarrò la strada. Tanto bella, quanto stronza. La classica ragazza a cui interessava solo apparire e basta.
“Hai sprecato una grande occasione, Chris”
“La stessa occasione che tu potrai benissimo raggiungere. Chiamami quando ti renderai conto che noi siamo donne e non esseri inanimati che i maschi utilizzano a proprio piacimento”
“Lo sai bene che se esci fuori di qui, la tua carriera finisce con noi, vero Chris?”
Lo disse in un modo tale da farmi stare male, ma non mi importava “Meglio disoccupata che avere a che fare con una che il rispetto se lo leva con le mutande”
Insieme a Micheala, mi seguirono altre mie amiche, colpite dal mio gesto di coraggio e intraprendenza. Ero una modella, non una bambolina da utilizzare a proprio piacimento. Guardai sopra, al secondo piano, laddove vidi Gabriel rivolgermi un gesto osceno.  Non avrei più osato oltrepassare la soglia dell’agenzia.
Ero disoccupata ma avevo la mia dignità intatta. E vaffanculo a chi mi avrebbe detto di accettare per la carriera, il rispetto di una donna non si conquistava con il tentativo di fare sesso.
                                                                                             *
Canticchiando, aprì la porta di casa, notando che non c’era nessuno. Poi vidi una figura rannicchiata in un angolino al buio. Mia sorella. Accesi la luce e mi accorsi che aveva pianto. Mia sorella non amava piangere in pubblico, lo considerava un segno di maleducazione nei confronti degli altri.
Si esibiva ma poi rimaneva sempre la bambina che veniva nel mio letto, con l’orsacchiotto di nome Bubby stretto al braccio.
“Chris”
Lei si asciugò le lacrime prontamente e mi sorrise.
“Ehi Antonio, come è andata al bar? Hai visto Myriam?”
Tipico di mia sorella, quando le cose le andavano male, pensava ad altre cose, sviando il discorso da lei. Notai che il suo reggiseno era strappato e le chiesi “Cosa hai fatto? Hai lottato contro i leoni?”
Lei scoppiò a ridere amaramente e annuì “Sai come sono fatta io. Adoro le sfide”
Mi mentiva, lo sapevo che mi mentiva “Chris, qualcuno ha cercato di abusarti?”
Dapprima lei cercò di negare e dopo annuì. Una rabbia cieca mi avvolse, volevo prendere il bastardo che voleva fare i porci comodi con mia sorella e lei fermò i miei desideri di vendetta dicendo “Mi sono licenziata dall'agenzia. Sono un fallimento, vi ho deluso”
“Tu non sei un fallimento. Hai fatto bene. Nessuno si può permettere di farti del male”
Lei si tormentò le mani, incerta su quello da dire.
“Antonio ho perso il lavoro, non ho più i soldi per realizzare il sogno di papà. Ma non potevo accettare, non potevo permettere che lui mi mettesse le mani addosso. Non potevo. Mi sento un fallimento, perché adesso la responsabilità economica ricade su di te e sulla mamma e io mi sento un verme”
Con la dialisi, nostro padre aveva dovuto smettere di fare il manovale, mancando così una fonte di sostegno economico. Potevo capire il disagio di mia sorella e il suo considerarsi un verme. Ma la felicità della mia famiglia non si misurava con l’infelicità di mia sorella.
Christina voleva a tutti i costi mandare nostro padre in un importante clinica privata. Non aveva perso di vista la famiglia. Ma non era un verme, anzi aveva dimostrato di avere fegato. Non mi importava se avessi dovuto fare i triplici turni, lavorare per un’intera settimana interrottamente, avrei sopportato addirittura Sasha in tuta di pelle nera e frustino alla mano pur di vederla serena. La famiglia veniva prima di tutto. Le misi una mano sulla guancia “Puoi sempre lavorare con me!”
“Ma non mi sopporti”
“Io ti adoro Chris, sei mia sorella e sarei un fratello degenere se non ti aiutassi” ribattei, aiutandola ad alzarsi “Sei stata coraggiosa a rinunciare a mezzucci e sotterfugi, sei stata una grande”
Lei mi abbracciò calorosamente e io sentii l’importanza di essere un fratello. Poi mi battè una mano sulla spalla, riprendendo a sorridere “Non dirmi che hai fatto la battuta del frappè a Myriam”
“Mi è scappata”
“Antonio sei sempre il solito” ridacchiò lei, il velo di tristezza leggermente nascosto “Un giorno te la ritrovi stecchita sul bancone quella poverina!”
Io ridacchiai, pensando al fatto che avesse ragione. Christina mi guardò e mi sorrise. Era una bellezza rara, tanto bella quanto pura d’animo. Non scherzavo affatto quando dicevo che dovevano passare sul mio cadavere. Non potevo difenderla per sempre, ma finché mi fosse stato possibile, bè lo avrei fatto.
“Ti voglio bene Anto”
“Ti voglio bene Chris”
Dopo l’aiutai ad alzarsi e andammo a mangiare, tenendoci per mano. Come facevamo da piccoli.

 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: GabrielleWinchester