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Autore: dreamey    12/06/2014    6 recensioni
Quando la vita sembra prendersi gioco di te; quando sai perfettamente quanto sia importante quel minuto; quando ti rendi conto che ti accade proprio quello che non avresti mai creduto possibile; quando la persona che non avresti mai assolutamente pensato, diventa l'amore della tua vita.
Quando un litigio tra perfette estranee per un taxi,si trasforma in un'inaspettata storia d'amore.
E' quando accade tutto questo, che scopri che la vita ti ha regalato i momenti più preziosi della tua esistenza.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Chiedo enormemente scusa a tutte voi che seguite la mia storia. Ho saltato un giovedì, lo so!
Perdonatemi!
Vi auguro una buona lettura, di questo decimo capitolo, giunto "un pò" in ritardo!
 
Capitolo 10

- Karev, preparati, operi tu con Torres.-
- Arizona, ne sei sicura? Prepari questo caso da più di un mese.-
Erano nel reparto di pediatria. Uscivano dalla stanza della piccola paziente, che di li a poco, sarebbe stata sottoposta, forse, a uno degli interventi più importanti della sua vita.
Era una ragazzina di nove anni, nata con una rara sindrome che non le permetteva l'uso delle gambe.
Ma da quel giorno e, come amava dire la dottoressa Robbins ai suoi piccoli umani, poichè in pediatria tutto era possibile, la sua vita sarebbe definitivamente cambiata in meglio.
Si era sottoposta ad altri interventi, ma finalmente, dopo mesi e mesi di ricerche, erano arrivati ad una svolta.
La dottoressa Torres, si era preparata mesi, per adattare appieno, su di lei, un intervento di sperimentazione, eseguito solo in due parti del mondo.
Il Seattle Grace, si apprestava ad essere il terzo.
E Callie e Arizona, sarebbero state le fautrici di quell'intervento quasi miracoloso.
O meglio, sarebbero dovute essere.
- Sono un primario, Karev. Avrò sicuramente a che fare con altri casi del genere. Le operazioni più complicate spettano ai primari, lo sai.-
- Ma non un caso del genere. Insomma, non vorrai sprecare l'occasione di fare quest'intervento con la Torres. La Torres, Arizona, la star col bisturi. Fa miracoli. E farà camminare questa ragazza. Voi due farete camminare questa ragazza.-
- Karev, sono io il primario. Decido io. Và a prepararti per l'intervento. Sei qualificato quanto me. In fondo hai avuto me come guida. E io, sono una di serie A.-
- Una so tutto io di serie A. Come ti chiamavano alla specializzazione-
Una voce femminile, fece voltare entrambi.
- Teddy, che ci fai qui? Non ci sono pazienti malati di cuore da curare?- rispose Arizona all'amica, simulando un finto tono arrabbiato.
- Beh, ho lasciato la Yang in reparto. Mi fido di lei. Ci dobbiamo fidare dei nostri specializzandi, no?-
- Sentito Karev? Và a prepararti.-
Sbuffando, e rivolgendole uno sguardo di sconcerto, lo specializzando si allontanò dalle due dottoresse.
Teddy, rimase a seguirlo con lo sguardo, fino a quando non si fu allontanato, poi rivolse alla bionda accanto, con un tono alquanto sorpreso, quella domanda che scatenò quasi l'inferno dopo.
Sbaglio, o hai appena mandato un tuo specializzando a svolgere un intervento, quasi epocale, che tu, Arizona, tu, dovresti eseguire?-
- Teddy, mi fido di Alex. Ci dobbiamo fidare dei nostri specializzandi, no? Lo hai appena detto tu.-
Rispose prontamente all'amica, eludendo volutamente il suo sguardo, facendo finta di studiare le scartoffie che si ritrovava in mano.
- Arizona, tu sei impazzita, Ecco cosa. Anzi, no, stai sicuramente scherzando. Ora andrai immediatamente a prepararti, per quest'intervento che segnerà la tua carriera professionale.-
- Teddy, non sto scherzando e non sono impazzita. Lascerò fare quest'intervento a Karev.-
Spazientita, si allontanò dal cardiochirurgo, in direzione della on-call room.
Ma contro ogni sua speranza, l'amica la stava già seguendo.
Sentì sbattere la porta alle sue spalle. E poi quelle dannatissime parole della sua migliore amica.
- Arizona, tu stai scappando. Lo stai facendo ora, e lo farai sempre. Smetterai mai di farlo?-
Le dava ancora la schiena, intenta a versarsi nel bicchiere il caffè rimasto e preparato la mattina.
Ma la stava ascoltando. Non avrebbe voluto ascoltare, ma si trattava di Teddy ed era testarda quasi quanto lei. Provò l'impulso di interromperla, ma l'amica infilava un parola dietro l'altra senza dare opportunità di replica. E ovviamente, sapeva benissimo dove sarebbe andata a parare.
Le voleva bene, insomma, era la sua migliore amica, sapeva molte cose di lei, ma in momenti del genere avrebbe voluto letteralmente ammazzarla. Era l'unica che le sputava la verità in faccia. E lei, in quel momento, non aveva voglia di ascoltare ciò che aveva da dirle. Perchè, prima o poi, il nome di Callie sarebbe saltato fuori. E lei, non voleva assolutamente pensarci.
Era passata una settimana da quella notte in albergo.  E non era passato giorno, in cui, anche se per solo cinque minuti, non avesse pensato al loro bacio. A quel dannatissimo bacio.
E anche solo a pensarci, sentiva ancora, quelle strane fitte allo stomaco. Anche solo pensare a Callie, le faceva tremare lo stomaco.
Era una sensazione che non conosceva. Mai provata prima. Mai con nessun'altra.
Eppure, si era trattato solo, di un maledettissimo bacio.
Ma lo sapeva benissimo, non si trattava solo di quello.
Per cui, era meglio non pensarci. Far finta di niente. Ignorarla. Andare avanti.
Era sicura che sarebbe riuscita. Ma era passata già una settimana e ancora non era riuscita a togliersela dalla testa.
Il pensiero di quella donna aveva continuato a tormentarla. E la tormentava ancora.
La tormentava il ricordo di quel bacio, il pensiero di lei, fino a quando quel pensiero non si materializzava davanti ai suoi occhi che non facevano altro che rimanere, fissi, incollati su di lei ogni volta che riuscivano a trovarla.
Ed era questo il problema. I suoi occhi riuscivano sempre a trovarla, anche a distanza.
Ci riuscivano a mensa, anche quando era seduta ad un tavolo lontano; ci riuscivano nel corridoio dell'ospedale anche quando si trovava nell'ala opposta; ci riuscivano nel bar di Joe, quando era in compagnia di quell'uomo.
E allora faceva finta di niente, salutava entrambi con cortesia e raggiungeva i colleghi al bancone, cercando di ignorare la presenza di quella donna, con quell'uomo a pochi passi da lei.
Scherzava, rideva, parlava con i suoi colleghi, era la sua indole quella. Ma si ammutoliva all'improvviso, cambiava espressione, le moriva quel suo splendido sorriso sulle labbra, ogni volta che per sbaglio, i suoi occhi incontravano quelli di Callie in compagnia di un'altra persona.
-Sei adulta. Non sei più una specializzanda. Sei un primario ora. Un primario. Dirigi un reparto intero a soli 32 anni, sei sempre stata la numero uno. E il tuo posto non è qui, ma in una sala operatoria, di fronte ad un dannatissimo tavolo operatorio a svolgere al meglio la tua dannatissima professione.-
Si era lentamente girata verso l'amica, che le stava quasi urlando quelle parole addosso. Sorseggiava il suo caffè, per niente pronta a sentir pronunciare quel nome, che ne era sicura, sarebbe arrivato presto.
-Lavorate nello stesso posto, non potrai fuggire da Callie per sempre.-
Eccolo, era arrivato.
Aveva raccontato l'intero episodio di quella notte alla sua migliore amica. Quasi se ne pentì in quel momento.
Lei era una che scappava. Lo sapeva benissimo. Quando le cose non riusciva a gestirle, si faceva prendere dal panico. Quando le cose diventavano difficili, lei scappava.
Ma lei, era anche una che non si innamorava. Che non concepiva il dover soffrire per amore. Non innamorarsi, rendeva la vita più semplice. Senza complicazioni.
Non innamorarsi sarebbe stato più facile.
Lei era una che scappava e che non si innamorava.
Stava scappando da Callie, stava scappando da quel  pericolo di innamorarsi di lei.
Soprattutto di lei. Della donna sbagliata.
Una donna che aveva sempre odiato, ritenuto incompatibile, ed etero.
Si, era la donna sbagliata.
La voce di Teddy, la ripotò di nuovo alla realtà.
-Sei il chirurgo più qualificato insieme alla Torres a svolgere quest'intervento che cambierà la vostra carriera. Non dovresti essere qui a sorseggiare caffè. Tu, dovresti svolgere quell'intervento. Tu.-
Si era finalmente fermata. Quella ramanzina era finalmente finita. E lei non aveva proferito parola.
Ritornò a sorseggiare il suo caffè, consapevole degli occhi verdi dell'amica, fissi su di lei, ad aspettare una qualche risposta.
- Teddy, sei mia amica e so che ci tieni davvero a me. E ti voglio bene per questo. Ma non me la sento di passare ore in quella sala operatoria con lei accanto.-
- Cavolate Arizona. Da quando sei diventata così? Non te n'è mai fregato niente dell'amore. Mai. Da quando una donna, è capace di farti mettere il tuo lavoro, la cosa che ami di più al mondo, in secondo piano?-
Quelle parole, la fecero di nuovo stare zitta. La colpirono in pieno stomaco.
Stava mettendo in secondo piano la sua carriera.
E per cosa, esattamente, ancora non lo sapeva. Non riusciva a rendersene conto.
Per Callie. Per una donna sbagliata.
Posò il bicchiere sul tavolino. Si mosse verso l'uscita, rivolgendo quelle parole all'amica, quelle parole che Teddy voleva sentire.
- Vado a prepararmi. E' quasi tutto pronto per l'intervento. -
Si fermò per strizzare l'occhio all'amica che intanto la stava guardando sorridendo. Poi col suo solito tono allegro e quelle fossette sul viso, continuò a parlare prima di sparire nel corridoio.
-Sono io la leggenda dopotutto nel mio lavoro.-
Si, Callie Torres, era la persona sbagliata.
 Il suo lavoro, quello, riusciva a farla innamorare ogni giorno.
 
- Bisturi lama dieci.  Tese la mano, in attesa che le fosse consegnato quello che aveva appena ordinato.
Dall'altro lato del tavolo operatorio, Callie, non riusciva a non osservarla ammirata.
Conosceva benissimo il suo modo di operare, la sua tecnica perfetta. La sua calma e soprattutto competenza.
Osservava ogni sua mossa, eseguita con mani esperte.
La osservava e non riusciva a distogliere lo sguardo da lei.
La mascherina le copriva il volto, ma quando, per qualsiasi motivo,Arizona sollevava il suo sguardo da quel  tavolo operatorio, i suoi occhi stupendi, che sembravano contenere il cielo,  la spiazzavano ogni volta.
Arizona Robbins, aveva gli occhi più belli e disarmanti che si fosse mai ritrovata a guardare.
Avevano il colore del mare, e ogni volta le sembrava di immergersi dentro.
-Aspira qui. Divaricatore.-
E aveva quel suo modo, mai irritante, di comandare in sala operatoria.
Usava un tono deciso, che non ammetteva mai repliche. Non permetteva mai a nessuno, di gestire la situazione. Quando Arizona Robbins era in sala operatoria, nessuno osava contraddirla.
Eppure, aveva delle farfalle disegnate sulla sua cuffia.
 Riusciva sempre a sorprenderla il modo in cui, quella donna, riusciva ad essere autoritaria, nonostante indossasse quella cuffia così bizzarra.
 Era tosta, autoritaria e temuta in sala operatoria. E come, spesso, la definivano bonariamente i colleghi, era un mostro quando operava.
 E non riusciva a non pensare al fatto, come,  fuori dalla sala operatoria, Arizona Robbins, sembrava una persona completamente diversa.
Spesso usava le trecce come acconciatura, e aveva quegli occhi che luccicavano, e quelle fossette che le comparivano sul viso quando sorrideva e la rendevano ancora più bella, e quella risata che contagiava chiunque, e quell'espressione a volte da bambina.
E girava per il suo reparto con delle scarpe con le rotelle e l'orsacchiotto sul camice.
 E la maggior parte delle volte era una persona allegra.
Ma lei la conosceva da anni e sapeva che dietro a quell'allegria vera, che si portava dietro, c'era anche la persona più ostinata, testarda e a volte più irritante con la quale avesse mai avuto a che fare.
O meglio, la maggior parte delle volte, lei aveva avuto a che fare con quest'altro lato del suo carattere.
Per questo, non le era stato difficile, odiarla.
Ma, dopo averla incontrata, dopo quasi dieci anni, aveva scoperto, come quell'odio, giorno dopo giorno, si stava affievolendo, lasciando spazio a qualcosa, che non riusciva a definire.
E a qualcosa che la spaventava a morte.
Ma contro ogni sua volontà, in quella sala operatoria, non riusciva a non fissarla, mentre aspettava il suo turno.
Avevano spesso operato insieme, sia da specializzande che in quei mesi in cui si erano ritrovate a lavorare nello stesso posto, e, quella sintonia tra di loro nell'operare,  quella fiducia reciproca di una nei confronti dell'altra, nella loro competenza, col tempo, aveva smesso di sorprenderla.
 
Si fidava di lei in sala operatoria, aveva cominciato a fidarsi di lei, quando, al secondo anno di specializzazione, si erano ritrovate, per caso insieme, ad operare sul campo.
Lei si era bloccata, nel bel mezzo di un'emergenza, era china sul paziente in preda al panico, e Arizona, era lì, a gestire con la sua calma la situazione. Ma aveva bisogno del suo aiuto per salvare quell'uomo disteso a terra. La sua voce dolce, quelle parole dette con sincerità, la fecero calmare.  " Torres, sei in gamba, ho bisogno di te qui. Respira. E il momento di volare sole."  
E da quel giorno, erano diventate dei medici straordinari.
E ora, erano due primari,  che stavano svolgendo quell'operazione, che sarebbe diventata quasi una leggenda al Seattle Grace.
E c'erano loro, in quella sala operatoria a svolgerla. Ad operare insieme.
Si fidava di Arizona, e non avrebbe voluto nessun altro chirurgo in quella sala operatoria , che non fosse stata lei.
Magari le cose fossero state cosi semplici tra loro, anche fuori quella sala operatoria.
 
- Torres.. -
-Dottoressa Torres..- riprovò la bionda con insistenza.
Sentì la voce di Arizona chiamarla. Aveva lo sguardo perso nel vuoto. Per un attimo, si era persa nei suoi pensieri. Non le era mai successo di perdere il contatto con la realtà quand'era in sala operatoria.
 Ma erano pensieri su Arizona. Su Arizona chirurgo. Su Arizona che girava con le scarpe con le rotelle per l'intero ospedale. Su Arizona, così bella quando sorrideva e mostrava le sue adorabili fossette. Su Arizona testarda ed irritante, arrabbiata e sexy. Su Arizona dolce.
E la cosa bizzarra, era, che quella donna, si trovava proprio lì, di fronte a lei.
E riusciva a farle quell'effetto disarmante.
Pensava a lei,  nonostante fosse lì, a due passi da lei. Pensava a lei, nonostante si ripetesse di odiarla. Nonostante pensava continuamente che era la persona più incompatibile con la quale avesse mai avuto a che fare. Pensava a lei, nonostante sapesse, che lì fuori, fuori da quell'ospedale, ci fosse un uomo ad aspettarla.
Pensava a lei, nonostante avesse capito che Arizona, aveva deciso di ignorarla. Da una settimana, non litigavano più. Ma non si parlavano nemmeno più.
 Solo sguardi fugaci ed incomprensibili.
Solo fitte allo stomaco. Battiti accelerati del cuore.
Tutto quello era assurdo. Tutto quello che quella donna le stava procurando era assurdo.
 
- Dottoressa Torres.- Sentì ripetere da quella voce che sembrava un misto tra preoccupazione e impazienza.
Si scosse. Velocemente.
- Ci sono. Ottimo lavoro dottoressa Robbins. Procedo con l'innesto.-
Alzò lo sguardo, per incrociare quello della bionda che la stava guardando confusa. Non chiese niente.
Non erano mai state così formali. Nemmeno quando si odiavano.
L'operazione durò altre quattro ore e mezza.
Si erano rivolte la parola, pochissime volte, eppure, rimasero in sintonia per tutta la durata dell'intervento.
Si concluse che era quasi sera.
Uscirono quasi contemporaneamente dalla sala, e quasi contemporaneamente andarono a svestirsi dei camici e a lavarsi.
Arizona non parlava. Era piuttosto schiva.
Ma Callie, Callie, non era abituata a tutto quel silenzio tra loro. Era abituata ad urlare, gridarsi contro. O guardarla sorridere.
Non c'era niente di tutto questo.
Non sopportava quel silenzio tra loro. Pensava addirittura, che tutto era più sopportabile quando litigavano. Era così che era sempre andata tra loro. Ma mai c'era stato così tanto silenzio.
Non si erano mai ignorate nemmeno quando si odiavano. O pensavano di odiarsi a quel punto.
E Arizona la stava letteralmente ignorando. E paradossalmente, era forse la persona, che aveva condiviso più cose con lei.
Momenti di fragilità, di successi. Di confusione. Di attrazione.
Paradossalmente, si trattava della persona più vicina a lei.
Lo stava realizzando solo ora.
Dopo un'intera operazione durata quasi sei ore, durante la quale, erano state fianco a fianco, a compiere quasi una leggenda.  Sei ore passate in completo silenzio.
Sei ore, la maggior parte delle quali, si era ritrovata a contemplare quell'essere così disarmante di Arizona.
Sei ore, che non le erano pesate nemmeno per un minuto.
Sei ore, in cui, la presenza di quella donna, non le stava dando il tormento. Ma la confortava, durante una delle operazioni più difficili della sua carriera.
Si, Arizona Robbins, era la donna con la quale aveva condiviso le cose più importanti della sua vita.
Forse, era successo per caso, che proprio lei, in tutti quei momenti si era ritrovata al suo fianco. Ma era sempre successo.
La presenza di Arizona, riusciva a confortarla la maggior parte delle volte.
C'erano stati momenti in cui davvero quella presenza non la sopportava, ma c'erano momenti, come quello, in cui forse, non sarebbe riuscita a farne a meno.
Arizona, era la persona più vicina a lei. Insieme ad Addison. Lei era la sua migliore amica, ma con Arizona, era completamente diverso.
- Robbins, ottimo lavoro come sempre...- Voleva aggiungere altro. Ma non sapeva che altro dire.
- Posso dire lo stesso, Torres. Hai fatto tu gran parte del lavoro.-
Sparì da quella stanza. Non una parola di più.
 Callie rimase ferma vicino al lavabo e sospirando la guardò andare via.
Guardò l'orologio. Erano quasi le nove di sera. Era mortalmente stanca.
Avrebbe chiamato Scott per informarlo che non si sarebbero visti quella sera. Era stanca.
Raggiunse lo spogliatoio e prese il cellulare dall'armadietto. Stava componendo il numero del suo ragazzo.
Ritornò al menù principale. Un messaggio sarebbe stato meglio. Non aveva voglia di sentire la sua voce.
 
Dopo pochi minuti raggiunse l'atrio dell'ospedale.
Era una bella serata. Si vedeva addirittura la luna.
Poi la scorse, era poggiata alla fiancata della sua auto. Posteggiata nel parcheggio riservato a lei.
Quel parcheggio per il quale avevano litigato il primo giorno che si erano incontrate di nuovo dopo quasi dieci anni. Era così che  era andato il loro primissimo incontro quand'erano ancora specializzande e ancora non si conoscevano, e fu così che era andato il loro primo incontro quand'erano diventate ormai due primari e si erano ritrovate a lavorare nelle stesso posto.
Dopo tutti quegli anni.
Tutto tra loro cominciava litigando.
Sorrise per un attimo, immaginando quella scena. Arizona che la stava accusando di averle fregato il suo parcheggio che le spettava di diritto. Arizona, che la guardava con aria di sfida, arrabbiata.
Si rese conto allora, ricordando, di quanto quel darle contro la rendeva quasi irresistibile.
 
Decise di avanzare verso di lei. Arizona non l'aveva ancora notata.
La vide prendere qualcosa dalla borsa e accendersi una sigaretta.
Rimase per un attimo sorpresa. Non ricordava di averla mai vista fumare.
La raggiunse.
- Tu fumi?  le domandò con tono quasi incerto ma più sorpreso.
Alzò la testa di scatto riconoscendo quella voce.
- A volte. Piuttosto raramente in realtà.- Rispose semplicemente, ma il suo tono non era secco nè irritato.
Callie intanto si era poggiata anche lei alla fiancata dell'auto della bionda.
- Non dovresti fumare.- continuò - Sei un...-
- Sono un medico, lo so. Conosco le conseguenze del fumo. -
- Beh, passiamo la maggior parte del tempo a salvare le vite degli altri è un controsenso rovinart..-
- Torres, cercavo solo di fare qualche tiro per rilassarmi. Senza dover pensare al male che mi potrebbe fare questa stupida cosa che tengo tra le dita.- le rispose quasi spazientita, con la sigaretta ancora fumante in mano.
Callie restò in silenzio ad osservarla. Poi la vide avvicinarsi la sigaretta alle labbra e fermarla a mezz'aria.
- Calliope, davvero, non riuscirò mai a capire come fai ad essere così insopportabile.- gettò sull'asfalto la sigaretta appena accesa, spegnendola con la punta del piede.
L'aveva di nuovo chiamata così, col suo vero nome. E come ogni volta, quel suono uscito dalle sue labbra le fece quell'effetto. Sentì un brivido attraversarle la schiena.
Cercò di sminuire quel dannato effetto che la bionda le aveva appena procurato e riprese a parlare.
- Dovresti ringraziarmi. Ti ho appena fatto evitare il rischio di tumori o dipendenza o..-
- Oh, grazie allora.-
 
Doveva allontanarsi da li. Da Callie. Dalla ragione principale che l'aveva spinta ad accendersi quella sigaretta.
Aveva passato sei ore in una piccola stanza accanto a lei. Sei ore in cui aveva ammirato il suo lavoro, e la sua precisione nel farlo.  Sei ore, durante le quali, aveva lottato per mantenere il controllo. Sei ore durante le quali si era imposta di non guardare dentro a quegli occhi.
Poi era fuggita via, al sicuro, da sola.
Aveva un'unica intenzione, prima di mettere a moto e tornare a casa. Accendere quella cavolo di sigaretta e cercare un piccolo sfogo, nel modo più sbagliato.
E ora,Callie  era di nuovo accanto a lei. La ragione che le aveva fatto spegnere quella dannata sigaretta.
Si girò di scatto, afferrando la maniglia dello sportello della sua auto.
Si fermò solo un attimo, voltandosi di lato, con l'intenzione di salutarla educatamente.
Voleva solo sparire al più presto da lì.
- Buonanotte, Torres.-
Sentì una mano afferrarle il braccio delicatamente.
- Arizona, aspetta.-
Si irrigidì ma restò in silenzio.
- E'... è che non abbiamo più parlato..-
Si strattonò da quella presa, voltandosi completamente di lato, verso la mora.
- Non c'è niente di cui dobbiamo parlare.- Rispose secca, il suo tono non lasciava spazio a replica.
Callie rimase quasi paralizzata dallo sguardo agghiacciante che le aveva appena rivolto la bionda.
- Lo possiamo negare quanto vuoi, Arizona, che non sia successo niente. Ma non è così. Lo sai tu e lo so io.-
Aveva ritrovato il controllo, nonostante Arizona continuasse a guardarla in quel modo.
La sentì distante come mai era successo tra loro.
Continuò.
- Io ti ho baciata Arizona. E tu mi hai baciata.-
- Capita di commettere degli sbagli Torres. E' stato tutto quanto uno sbaglio. E sta pur certa che non si ripeterà mai più.
L'aveva interrotta all'istante, per infilare quelle parole una dietro l'altra. Cercando di usare il tono più freddo di cui era capace.
Aveva passato giorni, a pensare a quel bacio. A Callie che aveva preso il suo viso tra le mani e l'aveva baciata.
E poi, alla sua reazione subito dopo.
Sentì quella ormai familiare fitta allo stomaco e continuò a sputarle in faccia, quelle parole.
- Per cui, te lo ripeto. Non c'è niente di cui parlare. Dovresti fare come me. Far finta che in quella stanza d'albergo non sia successo niente. Non ha significato assolutamente niente.-
Aveva un tono freddo, sicuro. Ed era a due passi da lei, da Callie che era rimasta immobile a fissarla, mentre lei, era intenzionata a chiarire definitivamente quella situazione.
Poi la mora la interruppe all'improvviso, prima che lei potesse ricominciare a parlare, dicendo quelle parole coprendo la sua voce.
- E allora, se non ha significato niente, se è stato uno sbaglio, perchè non hai fatto altro che ignorarmi per giorni, Arizona?-
- Perchè sono io Callie! E' la mia natura. Sono fatta così. Io scappo sempre. Ma non è questo il punto.-
- Ah no? E quale sarebbe?-
A quel punto, Arizona, rispose quasi esasperata.
- Non capisco cosa vuoi da me Torres! Sei stata tu a cambiare idea. Sei stata tu, a ritornare sui tuoi passi. E' sei sempre tu, ad essere impegnata con un uomo!-
Ecco, era arrivato quel momento. Le aveva finalmente detto ciò che realmente pensava.
Lo aveva fatto d'istinto. E avrebbe voluto mantenere un tono distaccato, freddo. Ma si era tradita da sola. La voce aveva cominciato a tremarle, nel momento stesso in cui le aveva sputato quelle parole in faccia.
E avrebbe voluto mantenere quello sguardo agghiacciante. Ma contro ogni sua volontà, sentì le lacrime salirle agli occhi e lottò per ricacciarle indietro.
Quelle parole che fecero finalmente stare zitta Callie.
- Il punto è che è stato tutto, completamente uno sbaglio. Da sempre.
Aprì con forza lo sportello, infilandosi nella sua macchina. Lo richiuse sbattendolo e mettendo in moto subito dopo.
 
Callie si era allontanata di qualche passo. Ma rimase li ferma in quel parcheggio, a guardare quell'auto allontanarsi.
Sentiva ancora riecheggiare nella testa  le ultime parole di Arizona.
Restò lì immobile a cercare il significato di quella sua ultima frase.
 E avrebbe potuto giurare di aver visto delle lacrime in quegli occhi stupendi, prima di essere staccati dai suoi.
  
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