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Autore: Layla    15/06/2014    2 recensioni
“È pericoloso per una ragazza far entrare quattro ragazzi sconosciuti in casa sua.”
“Noi siamo innocui.”
Mi risponde il secondo alto.
“Lo spero per voi e ricordatevi che vi faccio entrare solo per la birra.”
“Ce l’hai un nome, principessa di ghiaccio?”
Mi chiede il ragazzo con i capelli lunghi, mentre gli altri sono andati a prendere un paio di casse di birra.
“Sì, mi chiamo Holly.
Tu?”
“Vic, Vic Fuentes.”
“Piacere.”

{Tratto dal primo capitolo. Seguito di "Do it for Baltimore, do it for me"
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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18)Just think of the future and think of your dreams (don't let your parents ruin them).

 

Non vorrei mai andarmene da Acapulco, ma i doveri di Alex come musicista ci chiamano così lunedì siamo di nuovo a Los Angeles. Lui è in sala di registrazione e io nel negozio, sia Bryan che Wen hanno dato un’occhiata al mio anello e hanno sorriso con aria complice, come se se lo aspettassero.
Beh, in fondo non è poi così strano, ‘Lex non ha mai smesso di amarmi nemmeno quando stava con Lisa, siamo anche vecchi abbastanza da essere passibili di nozze imminenti.
Lo amo, ma non me la sento ancora.
“E così Alex ti ha dato un anello.”
Butta lì in modo innocente mia cugina, mentre Bryan chiude la saracinesca del negozio per la pausa pranzo.
“Uhm, sì. Me l’ha dato.”
“E questo significa…”
“Beh, eravamo andati ad Acapulco per ritrovare un po’ di complicità e dimenticarci di Lisa e ci siamo riusciti. Non significa matrimonio imminente, non farti film mentali.”
“Sì, ma gli anelli non si danno a caso, nemmeno quelli a poco prezzo.”
“Beh, non è una novità che la nostra sia una storia seria.”
La guardo tranquilla.
“Sì, lo so. Solo significa che vi vedrò insieme per un altro po’.”
“Esattamente.”
Sorrido io radiosa, mi piace l’idea di averlo intorno per un luuuungo periodo.
“Sei innamorata, è bello vederti innamorata, temevo che non ce l’avresti mai fatta a passare sopra a Lisa.”
“Invece ce l’ho fatta!”
Sorrido soddisfatta.
“Quella stronza non lo riavrà. Mai!”
Dico convinta.
“Certo, tu sei cento volte meglio di lei.
Forza, gente! Si va a mangiare!”
“Fa niente, se viene anche Michelle?”
Mi chiede Bryan, io scrollo le spalle, per me non c’è problema e non c’è problema nemmeno per mia cugina.
Poco dopo siamo tutti e quattro seduti intorno al tavolo di un bar, chiacchierando tranquillamente. La ragazza di Bryan si è subito accorta dell’anello e mi ha fatto i complimenti, credo che ormai mi vedano tutti con un abito bianco volare via su una nuvola di fiori d’arancio che lancia confetti come bombe.
Non che la cosa mi dispiaccia, solo che sono leggermente imbarazzata dall’atteggiamento di tutti, persino le sorellastre di Wen hanno fatto un paio di commenti sul mio anello.
Finito il pranzo, lasciamo da soli Michelle e Bryan, io e mia cugina decidiamo di farci una passeggiata sfruttando a pieno la pausa pranzo.
Stiamo camminando in centro quando vediamo Vic e Sophie camminare uno accanto all’altro, per la precisione Vic sta parlando e lei ride.
Li vede anche Wen e si acciglia.
“Dall’occhiata che Sophie ha lanciato a Vic direi che è cotta di lui.”
“Non esagerare.”
“Ti dico che non esagero. È sempre stata trattata a pesci in faccia e ora che ha trovato qualcuno che la tratta bene, diciamo, si sta prendendo una cotta.”
“Non va bene, lui sarà spesso via per i tour e lei è fragile.”
“Come lo sai?”
Io sbuffo.
“Le ho guardato i polsi e sono come i tuoi, se non peggio e poi non se la sentirà di lasciare May sola e incinta.”
“Beh, sono grandi abbastanza per vedersela da soli,non credi?
O sei gelosa di Vic?”
Io arrossisco.
“Beh, un po’. Sembrava così preso da me e ora sembra abbia già trovato un rimpiazzo.”
Mia cugina mi rivolge un sorriso indulgente.
“Non ti è mai passato per la testa che è perché è così preso da te che sta cercando qualcun altro?
Non la sai la teoria del chiodo scaccia chiodo?”
“Uhm, sì. Può darsi.
Dai, andiamocene o non apriremo il negozio in tempo.”
Rispondo io camminando a passo svelto verso la zona del negozio, mi ha fatto sentire nuda per un attimo il fatto che Wen abbia capito tutto.
Non mi piace sentirmi vulnerabile, anche se lei è mia cugina e so che non mi farebbe mai del male.
“Holly!”
Urla.
“Dove corri? Faccio fatica a starti dietro.”
“Scusa, è che… lasciamo perdere, scusa e basta.”
Cerco di riprendere un passo normale e lasciare da parte le mie gelosie puerili, ho Alex e non desidero altro.
Il disagio scema lentamente e quando arriviamo al negozio sono perfettamente padrona di me stessa, Bryan ha già sollevato la saracinesca e aspetta solo noi.
Io mi metto dietro al bancone, Wen si infila nel suo antro.
Perfetto, la seconda metà della giornata può cominciare!
Accolgo con un sorriso il primo cliente e lo mando da Wendy, è inutile farsi paranoie su quello che non si può controllare, era nell’ordine delle cose che Vic prima o poi si trovasse una ragazza.
Spero che Sophie sia quella adatta a lui, spero che sia migliore di me, anche se per essere migliore di me non ci vuole molto.
Non ho nulla di speciale, sono solo  una semplice segretaria di uno studio di tatuaggi: non canto, non suono nessuno strumento, non ho meriti particolari.
“Tutto bene, Holly?”
Mi chiede preoccupata mi a cugina.
“Sì, tutto bene. Tranne per il fatto che mi sento – come posso dire? – priva di talenti particolari, facilmente sostituibile.”
“Non è vero, sai scrivere benissimo e sto aspettando il giorno in cui riconoscerai a te stessa questa cosa.”
La guardo a occhi sgranati.
“Sai che scrivo?”
“Certo! Scrivevi anche al magazzino sperando di non essere notata, ma l’hanno fatto. Un giorno spero di leggere qualcosa di tuo.”
Io arrossisco fino alla radice dei capelli.
“Beh, magari un giorno ti farò leggere qualcosa, non so.”
Lei mi sorride e se ne torna di là tranquilla, io ancora una volta mi sento vulnerabile.
Due volte in un giorno sono troppe! Accidenti!
Perché sono sempre come un dannato libro aperto?
 

Tornata a casa dal lavoro trovo Alex che tenta di cucinare qualcosa.
Non ho idea di cosa sia, ma non ho intenzione di interromperlo, sono piuttosto curiosa, Alex non entra mai in cucina.
“Ehi, amore! Cosa stai combinando in cucina?”
“Nulla, cucino!”
“Speriamo sia commestibile.”
“Sei un tesoro, guarda!”
Risponde lui acido, io vado a farmi una doccia.
Quando scendo di nuovo in sala ad pranzo, trovo la tavola apparecchiata e delle bistecche un po’ bruciacchiate sul piatto.
“Buon appetito!”
Dico allegra e provo la prima.
A parte il fatto che sono un po’ troppo cotte, sono buone, forse dovrei fare i complimenti al mio ragazzo.
“Uhm, sono buone Alex, dopotutto.”
“Non so se prenderlo come un complimento o meno.”
“È un complimento.”
Lui si rilassa.
“Volevo fare qualcosa di speciale sono contento di esserci riuscito.”
“Sì, ce l’hai fatta!”
Mangiamo in silenzio, poi io carico la lavastoviglie e mi siedo sul divano con Alex, stanno dando i Goonies e lo guardiamo entrambi.
A me ricorda l’infanzia e penso sia lo stesso per lui, non facciamo altro che ridere e quando non ridiamo lui è impegnato a coccolarmi.
Una bella serata, sono sicura di poterla definire così.
Alla fine del film sento il suo respiro farsi pesante, si è addormentato.
Decido che per una notte posso dormire sul divano, così mi alzo con cautela e copro entrambi con una coperta.
Buonanotte.
La mattina dopo ci svegliamo tutti pieni di dolori, Alex ha mal di schiena per essere rimasto piegato tutta la notte.
“Perché non mi hai portato a letto?”
Mi chiede mentre si massaggia il fondo della schiena.
“Perché non ce l’avrei fatta e ti avrei trascinato come un cadavere, svegliandoti.”
Lui chiude gli occhi e sbuffa.
“Potresti prepararmi del caffè per favore, almeno saprò che per una cosa la giornata è iniziata bene.”
Io filo in cucina e preparo del caffè per due e dei pancakes, lui arriva subito dopo e beve e mangia tutto.
“Ottimi, tesoro.
Adesso vado a prepararmi.”
Sale a farsi una doccia, mentre io sistemo tutto e quando scende indossa una maglietta con scritto “Fuck”, una camicia a quadri e dei pantaloni pieni di tagli grigio scuro.
Indossa i suoi anfibi e mi sorride.
Io mi avvicino a lui e  ci baciamo appassionatamente.
“Buona giornata, Alex.”
“Buona giornata anche a te Holly!”
Esce dalla casa e io vado a prepararmi per un’altra giornata di lavoro.
Questa volta né Bryan né Wen scannerizzano il mio anello, il che mi aiuta parecchio con il mio lavoro. Da quando abbiamo scoperto l’abilità di piercer di Bryan lo studio va alla grande ed è un piacere vedere come tutti i giorni siano pieni di appuntamenti.
Dovrei essere contenta e lo sono, ma allo stesso tempo ora che Alex, Vic e Wen sanno della mia passione per la scrittura, vorrei fare qualcos’altro.
Potrei iscrivermi a qualche concorso letterario o qualcosa del genere e vedere come va. Non sarebbe una brutta idea, devo solo sistemare e rendere decente una delle mie vecchie storie.
“Ehi, Holly tutto a posto?
Tra poco ci sarà la pausa pranzo, mangi con noi?”
La voce di Bryan mi riscuote dai miei pensieri, io sorrido.
“Sì, è tutto a posto. Certo che mangio con voi, con chi potrei mangiare?”
“Alex?”
Io scuoto la testa.
“No, il manager dice che lo distraggo.”
Poco dopo Bryan chiude la saracinesca e mangiamo tutti insieme chiacchierando allegramente, la mia vita mi piace così com’è,  ma tentare di fare la scrittrice mi ispira troppo.
Finito il pranzo torniamo al lavoro, la giornata trascorre tranquilla, senza scossoni. Arrivata a casa trovo un biglietto di Alex attaccato al frigo.
Non aspettarmi per cena, vado a mangiare con i ragazzi e il manager.
Credo parleremo del cd o del tour, non lo so.
Ti amo.
Alex

Io sorrido e decido di scaldare dei noodle per cena, perciò butto dell’acqua calda nel loro contenitore e poi metto tutto nel piatto.
Mango distrattamente, pensando a dove diavolo ho messo il baule dei quaderni con scritte le mie storie. Mi sembra che l’abbiamo ficcato in soffitta. Finito di mangiare lavo il piatto e mi decido a salire in soffitta con una pila, è un locale che non mi piace particolarmente e poi negli horror succede sempre qualcosa di brutto nelle soffitte.
“Questo non è un horror, Holly, è solo la soffitta di Alex e la cosa peggiore che ti può capitare è che qualche scatolone pieno di cianfrusaglie ti cada addosso.”
Dico a me stessa per farmi coraggio.
Patetico.
In ogni caso salgo e mi faccio spazio tra scatoloni e cose varie, alla fine trovo un vecchio bauletto di legno e lo porto in salotto.
Lo pulisco e lo apro con una sorte reverenza, lì ci sono tutti i miei sogni adolescenziali, c’è la ragazzina solitaria, c’è il Magazzino, c’è Baltimora.
Dentro ci sono dieci quaderni, dieci storie che ho scritto.
Prendo il primo e comincio a ricopiarlo sul computer apportando le modifiche necessarie quando vedo qualcosa di troppo ingenuo o incasinato o espresso male.
È un lavoro piacevole e non mi accorgo del tempo che passa.
So solo che a un certo punto la porta di casa si apre – facendomi fare un salto - e mi accorgo che è solo Alex che ritorna.
“Cosa ci fai ancora sveglia?”
“Perché? Che ore sono?”
“Mezzanotte e mezza, Holly.”
“Oh, merda!”
Salvo tutto e rimetto il quaderno nel baule, Alex si avvicina curioso.
“Cosa stavi facendo?”
“Niente di che, stavo solo ricopiando una mia vecchia storia sul computer e la stavo sistemando.”
Balbetto incerta.
“Grande! Quando avrai finito posso leggerla?”
Io arrossisco.
“Sì, ma non aspettarti grandi cose, sono solo i sogni di una ragazzina solitaria.”
Lui sorride.
“Anche quando ho cominciato con la band erano solo i sogni di un ragazzino solitario e guarda dove sono ora. Non iniziare a buttarti giù ancor prima di aver finito.”
“Grazie, Alex. Ora però è davvero tardi e devo andare a letto o domani non mi presento in negozio.”
Salvo tutto e spengo il computer, domani continuerò, forse, a sistemare questa storia.
Io e Alex saliamo in camera nostra e ci buttiamo a letto, siamo entrambi stanchi, perciò ci spogliamo e poi io mi intrufolo tra le sue braccia.
“Sono contento che tu abbia deciso di dare un’occhiata alle tue storie, sono sicuro che saranno belle.”
“Non esagerare, non sai nemmeno come scrivo.”
“Uhm, sei splendida e anche le tue storie saranno splendide.”
Mugugna lui prima di addormentarsi.
Io non ne sono così sicura, ma d’altronde, per ora, non ho motivi per contraddirlo.
Mi addormento sperando che Alex abbia ragione, che io scopra di essere brava e che qualcuno voglia pubblicare le mie storie.
Sarebbe bellissimo.
Peccato che la mattina dopo la svegli suoni di nuovo, implacabile, dicendomi che devo andare a lavorare, che per ora la mia vita è questa.
Mi alzo mugugnando, Alex è già sparito in bagno, così io scendo dabbasso e preparo la colazione per tutti e due.
Oggi mi sento decisamente sotto tono, non ho voglia di fare niente, solo di stare sdraiata sul divano o sul letto a fissare il vuoto.
Alex se ne accorge perché mi abbraccia e mi sussurra all’orecchio: “ E se andassimo al mare per una giornata?”
“Sarebbe bellissimo, ma come facciamo per il lavoro?”
“Tu chiami e dici che non ti senti bene, io farò lo stesso.”
“Uhm, va bene.”
Io chiamo Wen e le dico che non mi sento bene e che penso di stare a casa, lei ride e dice he va bene e che posso trascorrere una giornata con Alex.
Come diavolo ha fatto a capire che stavo mettendo?
Non ne ho idea, ma almeno oggi sarò a casa dal lavoro, Alex – accanto a me – riesce a convincere il manager. Giornata al  mare, arriviamo!
Preparo una borsa con i teli e tutto quello che serve, cibo e bibite inclusi, poi usciamo dalla casa di Alex e ci dirigiamo verso la spiaggia.
Cerchiamo un pezzo di piaggia libera, piantiamo l’ombrellone e stendiamo le stuoie, poi ci buttiamo sopra, lasciando che il sole ci accarezzi.
Non fa troppo caldo e la brezza che viene dall’oceano è piacevole, il mio malumore se ne va lasciando un leggero senso di pericolo in sottofondo, sta per succedere qualcosa e sono certa che non lo gradirò affatto.
Per il momento lascio perdere, sono qui con Alex che mi tiene per mano e voglio godermi ogni attimo di questa calma.
“Mh, che ne dici se ci facciamo un bagno?”
Io annuisco, mi tolgo i vestiti e mi avvio verso l’oceano seguita da Alex, che mi prende per mano, costringendomi a rimbalzare all’indietro.
“Ehi, non c’è bisogno di correre così tanto, il mare non scappa.”
“Sì, hai ragione, scusa.”
Rallento il passo e insieme ci immergiamo lentamente nell’oceano, io faccio il morto per un po’, fino a quando qualcuno non mi lancia dell’acqua gelata sulla faccia, facendomi perdere l’equilibrio e finire
sott’acqua.
Quando riemergo vedo Alex ridere a pochi metri da me.
“Ma sei scemo? Volevi farmi affogare?”
Lui ride e sparisce, riemerge dietro di me abbracciandomi.
“Scusa, è che mi ero stancato di vedere fare il morto e basta!”
Detto questo le sue braccia mi sollevano – nonostante  io scalci come una matta – e mi buttano a qualche metro da lui.
Vorrei vendicarmi, ma lui è troppo pesante da sollevare, però…
Mi immergo e nuoto verso di lui, afferro le sue gambe e le trascino con me, in questo modo anche lui si ritrova sott’acqua.
Riemergiamo insieme e cominciamo a schizzarci come bambini, per poi finire per baciarci appassionatamente. Non si può restare arrabbiati a lungo con Alex Gaskarth.
Usciamo perché i nostri stomaci ci avvisano che è mezzogiorno o giù di lì, ci avvolgiamo nel teli e mangiamo chiacchierando allegramente.
“Ci pensi mai ai tuoi genitori?”
Mi chiede lui, io scuoto la testa.
“No e non voglio nemmeno pensarci. Sono stati terribili, quando Wen mi ha presa e portata qui mi è sembrato di iniziare a respirare veramente dopo anni di apnea.”
Lui annuisce.
Finiti i panini ci addormentiamo abbracciati, sotto l’ombrellone.
Ci svegliamo verso le quattro e facciamo qualche altro bagno, alternando il nuotare al baciarci, se fossimo qui di notte probabilmente ci saremmo messi anche a fare sesso, per fortuna abbiamo ancora un po’ di pudore.
“A casa però me la dai qualche soddisfazione!”
Mi fa l’occhiolino Alex, io sorrido.
È una giornata perfetta, nulla potrebbe rovinarla.
Verso le sei usciamo dall’acqua, ci asciughiamo alla bell’e meglio e ci dirigiamo verso la macchina, una giornata del genere mi ci voleva proprio.
Guidiamo verso casa sua cantando a squarciagola canzoni dei blink e dei Rancid, sto talmente bene da non accorgermi di un piccolo particolare: una station wagon parcheggiata fuori casa nostra. Eppure dovrei conoscerla, visto che l’ho anche guidata: è la macchina dei miei.
Entriamo sorridendo, ma il mio sorrido si spegne non appena vedo le due persone che sono sedute sul divano, entrare senza permesso tra l’altro.
“Mamma?
Papà?”
“Sì, tesoro. Siamo qui per parlarti del tuo futuro.”
Ok, ho venticinque anni e posso affrontarli benissimo, allora perché l’istinto mi ordina di correre fuori da questa stanza e mettermi al sicuro ora che posso?
E poi cosa significa che devono parlarmi del mio futuro?

   
 
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