18)Just
think of the future and think of your dreams (don't let your
parents ruin them).
Non
vorrei mai
andarmene da Acapulco, ma i doveri di Alex come musicista ci chiamano
così
lunedì siamo di nuovo a Los Angeles. Lui è in
sala di registrazione e io nel
negozio, sia Bryan che Wen hanno dato un’occhiata al mio
anello e hanno sorriso
con aria complice, come se se lo aspettassero.
Beh, in fondo non
è poi così strano, ‘Lex non ha mai
smesso di amarmi nemmeno quando stava con
Lisa, siamo anche vecchi abbastanza da essere passibili di nozze
imminenti.
Lo amo, ma non me
la sento ancora.
“E così Alex ti
ha dato un anello.”
Butta lì in modo innocente mia cugina, mentre Bryan chiude
la saracinesca del
negozio per la pausa pranzo.
“Uhm, sì. Me l’ha
dato.”
“E questo
significa…”
“Beh, eravamo
andati ad Acapulco per ritrovare un po’ di
complicità e dimenticarci di Lisa e
ci siamo riusciti. Non significa matrimonio imminente, non farti film
mentali.”
“Sì, ma gli
anelli non si danno a caso, nemmeno quelli a poco prezzo.”
“Beh, non è una
novità che la nostra sia una storia seria.”
La guardo tranquilla.
“Sì, lo so. Solo
significa che vi vedrò insieme per un altro
po’.”
“Esattamente.”
Sorrido io
radiosa, mi piace l’idea di averlo intorno per un luuuungo
periodo.
“Sei innamorata,
è bello vederti innamorata, temevo che non ce
l’avresti mai fatta a passare
sopra a Lisa.”
“Invece ce l’ho
fatta!”
Sorrido
soddisfatta.
“Quella stronza non lo riavrà. Mai!”
Dico convinta.
“Certo, tu sei cento volte meglio di lei.
Forza, gente! Si
va a mangiare!”
“Fa niente, se
viene anche Michelle?”
Mi chiede Bryan, io scrollo le spalle, per me non
c’è problema e non c’è
problema nemmeno per mia cugina.
Poco dopo siamo
tutti e quattro seduti intorno al tavolo di un bar, chiacchierando
tranquillamente. La ragazza di Bryan si è subito accorta
dell’anello e mi ha
fatto i complimenti, credo che ormai mi vedano tutti con un abito
bianco volare
via su una nuvola di fiori d’arancio che lancia confetti come
bombe.
Non che la cosa
mi dispiaccia, solo che sono leggermente imbarazzata
dall’atteggiamento di
tutti, persino le sorellastre di Wen hanno fatto un paio di commenti
sul mio
anello.
Finito il pranzo,
lasciamo da soli Michelle e Bryan, io e mia cugina decidiamo di farci
una
passeggiata sfruttando a pieno la pausa pranzo.
Stiamo camminando
in centro quando vediamo Vic e Sophie camminare uno accanto
all’altro, per la
precisione Vic sta parlando e lei ride.
Li vede anche Wen
e si acciglia.
“Dall’occhiata
che Sophie ha lanciato a Vic direi che è cotta di
lui.”
“Non esagerare.”
“Ti dico che non
esagero. È sempre stata trattata a pesci in faccia e ora che
ha trovato
qualcuno che la tratta bene, diciamo, si sta prendendo una
cotta.”
“Non va bene, lui
sarà spesso via per i tour e lei è
fragile.”
“Come lo sai?”
Io sbuffo.
“Le ho guardato i
polsi e sono come i tuoi, se non peggio e poi non se la
sentirà di lasciare May
sola e incinta.”
“Beh, sono grandi
abbastanza per vedersela da soli,non credi?
O sei gelosa di
Vic?”
Io arrossisco.
“Beh, un po’.
Sembrava così preso da me e ora sembra abbia già
trovato un rimpiazzo.”
Mia cugina mi rivolge un sorriso indulgente.
“Non ti è mai
passato per la testa che è perché è
così preso da te che sta cercando qualcun
altro?
Non la sai la
teoria del chiodo scaccia chiodo?”
“Uhm, sì. Può
darsi.
Dai, andiamocene
o non apriremo il negozio in tempo.”
Rispondo io
camminando a passo svelto verso la zona del negozio, mi ha fatto
sentire nuda
per un attimo il fatto che Wen abbia capito tutto.
Non mi piace
sentirmi vulnerabile, anche se lei è mia cugina e so che non
mi farebbe mai del
male.
“Holly!”
Urla.
“Dove corri?
Faccio fatica a starti dietro.”
“Scusa, è che…
lasciamo perdere, scusa e basta.”
Cerco di
riprendere un passo normale e lasciare da parte le mie gelosie puerili,
ho Alex
e non desidero altro.
Il disagio scema
lentamente e quando arriviamo al negozio sono perfettamente padrona di
me
stessa, Bryan ha già sollevato la saracinesca e aspetta solo
noi.
Io mi metto
dietro al bancone, Wen si infila nel suo antro.
Perfetto, la
seconda metà della giornata può cominciare!
Accolgo con un
sorriso il primo cliente e lo mando da Wendy, è inutile
farsi paranoie su
quello che non si può controllare, era nell’ordine
delle cose che Vic prima o
poi si trovasse una ragazza.
Spero che Sophie
sia quella adatta a lui, spero che sia migliore di me, anche se per
essere
migliore di me non ci vuole molto.
Non ho nulla di
speciale, sono solo una
semplice
segretaria di uno studio di tatuaggi: non canto, non suono nessuno
strumento,
non ho meriti particolari.
“Tutto bene,
Holly?”
Mi chiede
preoccupata mi a cugina.
“Sì, tutto bene.
Tranne per il fatto che mi sento – come posso dire?
– priva di talenti
particolari, facilmente sostituibile.”
“Non è vero, sai
scrivere benissimo e sto aspettando il giorno in cui riconoscerai a te
stessa
questa cosa.”
La guardo a occhi
sgranati.
“Sai che scrivo?”
“Certo! Scrivevi
anche al magazzino sperando di non essere notata, ma l’hanno
fatto. Un giorno
spero di leggere qualcosa di tuo.”
Io arrossisco
fino alla radice dei capelli.
“Beh, magari un
giorno ti farò leggere qualcosa, non so.”
Lei mi sorride e
se ne torna di là tranquilla, io ancora una volta mi sento
vulnerabile.
Due volte in un
giorno sono troppe! Accidenti!
Perché sono
sempre come un dannato libro aperto?
Tornata
a casa
dal lavoro trovo Alex che tenta di cucinare qualcosa.
Non ho idea di cosa
sia, ma non ho intenzione di interromperlo, sono piuttosto curiosa,
Alex non
entra mai in cucina.
“Ehi, amore! Cosa
stai combinando in cucina?”
“Nulla, cucino!”
“Speriamo sia commestibile.”
“Sei un tesoro, guarda!”
Risponde lui
acido, io vado a farmi una doccia.
Quando scendo di nuovo in sala ad pranzo, trovo la tavola apparecchiata
e delle
bistecche un po’ bruciacchiate sul piatto.
“Buon appetito!”
Dico allegra e
provo la prima.
A parte il fatto
che sono un po’ troppo cotte, sono buone, forse dovrei fare i
complimenti al
mio ragazzo.
“Uhm, sono buone
Alex, dopotutto.”
“Non so se prenderlo come un complimento o meno.”
“È un complimento.”
Lui si rilassa.
“Volevo fare
qualcosa di speciale sono contento di esserci riuscito.”
“Sì, ce l’hai
fatta!”
Mangiamo in
silenzio, poi io carico la lavastoviglie e mi siedo sul divano con
Alex, stanno
dando i Goonies e lo guardiamo entrambi.
A me ricorda
l’infanzia e penso sia lo stesso per lui, non facciamo altro
che ridere e
quando non ridiamo lui è impegnato a coccolarmi.
Una bella serata,
sono sicura di poterla definire così.
Alla fine del
film sento il suo respiro farsi pesante, si è addormentato.
Decido che per
una notte posso dormire sul divano, così mi alzo con cautela
e copro entrambi
con una coperta.
Buonanotte.
La mattina dopo
ci svegliamo tutti pieni di dolori, Alex ha mal di schiena per essere
rimasto
piegato tutta la notte.
“Perché non mi
hai portato a letto?”
Mi chiede mentre
si massaggia il fondo della schiena.
“Perché non ce
l’avrei fatta e ti avrei trascinato come un cadavere,
svegliandoti.”
Lui chiude gli
occhi e sbuffa.
“Potresti
prepararmi del caffè per favore, almeno saprò che
per una cosa la giornata è
iniziata bene.”
Io filo in cucina
e preparo del caffè per due e dei pancakes, lui arriva
subito dopo e beve e
mangia tutto.
“Ottimi, tesoro.
Adesso vado a
prepararmi.”
Sale a farsi una
doccia, mentre io sistemo tutto e quando scende indossa una maglietta
con
scritto “Fuck”, una camicia a quadri e dei
pantaloni pieni di tagli grigio
scuro.
Indossa i suoi anfibi
e mi sorride.
Io mi avvicino a
lui e ci baciamo
appassionatamente.
“Buona giornata,
Alex.”
“Buona giornata
anche a te Holly!”
Esce dalla casa e io vado a prepararmi per un’altra giornata
di lavoro.
Questa volta né
Bryan né Wen scannerizzano il mio anello, il che mi aiuta
parecchio con il mio
lavoro. Da quando abbiamo scoperto l’abilità di
piercer di Bryan lo studio va
alla grande ed è un piacere vedere come tutti i giorni siano
pieni di
appuntamenti.
Dovrei essere
contenta e lo sono, ma allo stesso tempo ora che Alex, Vic e Wen sanno
della
mia passione per la scrittura, vorrei fare qualcos’altro.
Potrei iscrivermi
a qualche concorso letterario o qualcosa del genere e vedere come va.
Non
sarebbe una brutta idea, devo solo sistemare e rendere decente una
delle mie
vecchie storie.
“Ehi, Holly tutto
a posto?
Tra poco ci sarà
la pausa pranzo, mangi con noi?”
La voce di Bryan
mi riscuote dai miei pensieri, io sorrido.
“Sì, è tutto a
posto. Certo che mangio con voi, con chi potrei mangiare?”
“Alex?”
Io scuoto la
testa.
“No, il manager
dice che lo distraggo.”
Poco dopo Bryan
chiude la saracinesca e mangiamo tutti insieme chiacchierando
allegramente, la
mia vita mi piace così com’è, ma tentare
di fare la scrittrice mi ispira troppo.
Finito il pranzo
torniamo al lavoro, la giornata trascorre tranquilla, senza scossoni.
Arrivata
a casa trovo un biglietto di Alex attaccato al frigo.
“Non
aspettarmi per
cena, vado a mangiare con i ragazzi e il manager.
Credo
parleremo del cd o del tour, non lo so.
Ti
amo.
Alex”
Io sorrido e
decido di scaldare dei noodle per cena, perciò butto
dell’acqua calda nel loro
contenitore e poi metto tutto nel piatto.
Mango
distrattamente, pensando a dove diavolo ho messo il baule dei quaderni
con
scritte le mie storie. Mi sembra che l’abbiamo ficcato in
soffitta. Finito di
mangiare lavo il piatto e mi decido a salire in soffitta con una pila,
è un
locale che non mi piace particolarmente e poi negli horror succede
sempre
qualcosa di brutto nelle soffitte.
“Questo non è un
horror, Holly, è solo la soffitta di Alex e la cosa peggiore
che ti può
capitare è che qualche scatolone pieno di cianfrusaglie ti
cada addosso.”
Dico a me stessa
per farmi coraggio.
Patetico.
In ogni caso
salgo e mi faccio spazio tra scatoloni e cose varie, alla fine trovo un
vecchio
bauletto di legno e lo porto in salotto.
Lo pulisco e lo
apro con una sorte reverenza, lì ci sono tutti i miei sogni
adolescenziali, c’è
la ragazzina solitaria, c’è il Magazzino,
c’è Baltimora.
Dentro ci sono
dieci quaderni, dieci storie che ho scritto.
Prendo il primo e
comincio a ricopiarlo sul computer apportando le modifiche necessarie
quando
vedo qualcosa di troppo ingenuo o incasinato o espresso male.
È un lavoro
piacevole e non mi accorgo del tempo che passa.
So solo che a un
certo punto la porta di casa si apre – facendomi fare un
salto - e mi accorgo che
è solo Alex che ritorna.
“Cosa ci fai
ancora sveglia?”
“Perché? Che ore
sono?”
“Mezzanotte e
mezza, Holly.”
“Oh, merda!”
Salvo tutto e
rimetto il quaderno nel baule, Alex si avvicina curioso.
“Cosa stavi
facendo?”
“Niente di che,
stavo solo ricopiando una mia vecchia storia sul computer e la stavo
sistemando.”
Balbetto incerta.
“Grande! Quando
avrai finito posso leggerla?”
Io arrossisco.
“Sì, ma non
aspettarti grandi cose, sono solo i sogni di una ragazzina
solitaria.”
Lui sorride.
“Anche quando ho
cominciato con la band erano solo i sogni di un ragazzino solitario e
guarda
dove sono ora. Non iniziare a buttarti giù ancor prima di
aver finito.”
“Grazie, Alex.
Ora però è davvero tardi e devo andare a letto o
domani non mi presento in
negozio.”
Salvo tutto e
spengo il computer, domani continuerò, forse, a sistemare
questa storia.
Io e Alex saliamo
in camera nostra e ci buttiamo a letto, siamo entrambi stanchi,
perciò ci
spogliamo e poi io mi intrufolo tra le sue braccia.
“Sono contento che tu abbia deciso di dare
un’occhiata alle tue storie, sono
sicuro che saranno belle.”
“Non esagerare,
non sai nemmeno come scrivo.”
“Uhm, sei
splendida e anche le tue storie saranno splendide.”
Mugugna lui prima
di addormentarsi.
Io non ne sono
così sicura, ma d’altronde, per ora, non ho motivi
per contraddirlo.
Mi addormento
sperando che Alex abbia ragione, che io scopra di essere brava e che
qualcuno
voglia pubblicare le mie storie.
Sarebbe
bellissimo.
Peccato che la
mattina dopo la svegli suoni di nuovo, implacabile, dicendomi che devo
andare a
lavorare, che per ora la mia vita è questa.
Mi alzo
mugugnando, Alex è già sparito in bagno,
così io scendo dabbasso e preparo la
colazione per tutti e due.
Oggi mi sento
decisamente sotto tono, non ho voglia di fare niente, solo di stare
sdraiata
sul divano o sul letto a fissare il vuoto.
Alex se ne
accorge perché mi abbraccia e mi sussurra
all’orecchio: “ E se andassimo al
mare per una giornata?”
“Sarebbe bellissimo,
ma come facciamo per il lavoro?”
“Tu chiami e dici che non ti senti bene, io farò
lo stesso.”
“Uhm, va bene.”
Io chiamo Wen e
le dico che non mi sento bene e che penso di stare a casa, lei ride e
dice he
va bene e che posso trascorrere una giornata con Alex.
Come diavolo ha
fatto a capire che stavo mettendo?
Non ne ho idea,
ma almeno oggi sarò a casa dal lavoro, Alex –
accanto a me – riesce a
convincere il manager. Giornata al
mare,
arriviamo!
Preparo una borsa
con i teli e tutto quello che serve, cibo e bibite inclusi, poi usciamo
dalla
casa di Alex e ci dirigiamo verso la spiaggia.
Cerchiamo un
pezzo di piaggia libera, piantiamo l’ombrellone e stendiamo
le stuoie, poi ci
buttiamo sopra, lasciando che il sole ci accarezzi.
Non fa troppo
caldo e la brezza che viene dall’oceano è
piacevole, il mio malumore se ne va
lasciando un leggero senso di pericolo in sottofondo, sta per succedere
qualcosa e sono certa che non lo gradirò affatto.
Per il momento
lascio perdere, sono qui con Alex che mi tiene per mano e voglio
godermi ogni
attimo di questa calma.
“Mh, che ne dici
se ci facciamo un bagno?”
Io annuisco, mi
tolgo i vestiti e mi avvio verso l’oceano seguita da Alex,
che mi prende per
mano, costringendomi a rimbalzare all’indietro.
“Ehi, non c’è
bisogno di correre così tanto, il mare non scappa.”
“Sì, hai ragione,
scusa.”
Rallento il passo
e insieme ci immergiamo lentamente nell’oceano, io faccio il
morto per un po’,
fino a quando qualcuno non mi lancia dell’acqua gelata sulla
faccia, facendomi
perdere l’equilibrio e finire
sott’acqua.
Quando riemergo
vedo Alex ridere a pochi metri da me.
“Ma sei scemo?
Volevi farmi affogare?”
Lui ride e
sparisce, riemerge dietro di me abbracciandomi.
“Scusa, è che mi
ero stancato di vedere fare il morto e basta!”
Detto questo le
sue braccia mi sollevano – nonostante
io
scalci come una matta – e mi buttano a qualche metro da lui.
Vorrei
vendicarmi, ma lui è troppo pesante da sollevare,
però…
Mi immergo e
nuoto verso di lui, afferro le sue gambe e le trascino con me, in
questo modo
anche lui si ritrova sott’acqua.
Riemergiamo
insieme e cominciamo a schizzarci come bambini, per poi finire per
baciarci
appassionatamente. Non si può restare arrabbiati a lungo con
Alex Gaskarth.
Usciamo perché i
nostri stomaci ci avvisano che è mezzogiorno o
giù di lì, ci avvolgiamo nel
teli e mangiamo chiacchierando allegramente.
“Ci pensi mai ai
tuoi genitori?”
Mi chiede lui, io scuoto la testa.
“No e non voglio
nemmeno pensarci. Sono stati terribili, quando Wen mi ha presa e
portata qui mi
è sembrato di iniziare a respirare veramente dopo anni di
apnea.”
Lui annuisce.
Finiti i panini
ci addormentiamo abbracciati, sotto l’ombrellone.
Ci svegliamo
verso le quattro e facciamo qualche altro bagno, alternando il nuotare
al
baciarci, se fossimo qui di notte probabilmente ci saremmo messi anche
a fare
sesso, per fortuna abbiamo ancora un po’ di pudore.
“A casa però me
la dai qualche soddisfazione!”
Mi fa
l’occhiolino Alex, io sorrido.
È una giornata
perfetta, nulla potrebbe rovinarla.
Verso le sei
usciamo dall’acqua, ci asciughiamo alla bell’e
meglio e ci dirigiamo verso la
macchina, una giornata del genere mi ci voleva proprio.
Guidiamo verso
casa sua cantando a squarciagola canzoni dei blink e dei Rancid, sto
talmente
bene da non accorgermi di un piccolo particolare: una station wagon
parcheggiata fuori casa nostra. Eppure dovrei conoscerla, visto che
l’ho anche
guidata: è la macchina dei miei.
Entriamo
sorridendo, ma il mio sorrido si spegne non appena vedo le due persone
che sono
sedute sul divano, entrare senza permesso tra l’altro.
“Mamma?
Papà?”
“Sì, tesoro.
Siamo qui per parlarti del tuo futuro.”
Ok, ho
venticinque anni e posso affrontarli benissimo, allora
perché l’istinto mi
ordina di correre fuori da questa stanza e mettermi al sicuro ora che
posso?
E poi cosa
significa che devono parlarmi del mio futuro?