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Autore: thedgeofbreakingdown    16/06/2014    12 recensioni
E Percy ebbe la certezza, per la centesima volta da quando conosceva Annabeth, che lei fosse anche troppo forte. Percy ebbe la certezza che Annabeth fosse un leone ed ebbe la certezza che, nonostante tutto, quella ragazza era come se fosse stata forgiata per soffrire e poi riuscire ad alzarsi, ogni volta.
Annabeth cadeva, si faceva male, soffriva, moriva dentro. Dio, quella ragazza era morta dentro chissà quante volte eppure, nonostante tutto e nonostante tutti, Percy lo sapeva bene che Annabeth si sarebbe sempre rialzata, ogni volta, e ogni volta più forte di prima.
Annabeth era le labbra stanche per i troppi sorrisi finti; Annabeth era gli occhi tristi che, alla fine, la tradivano sempre un po'. Annabeth era il viso di chi ha pianto e che adesso sorride. Annabeth era un'eroina, una principessa. Annabeth era di ghiaccio ed era anche di burro.
Annabeth era moltissime cose, forse anche troppe ma, di una cosa Percy era certo: Annabeth era anche chi non si arrende, chi non si arrende mai e ogni volta che cade, si rialza per lottare con ancora più forza e rabbia di prima.
Attenzione: Missing Moment "You write your name across my heart" spoiler capitolo 13
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan, Percy Jackson
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Beating Heart'
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Won't you save me?
 
“Ti devo parlare”
Percy guardò lo schermo del suo telefono malandato per diversi secondi, smettendo di ascoltare Luke seduto nella sedia del tavolino della caffetteria davanti a lui e che stava parlando, ignaro del casino interiore che era appena diventato sovrano all'interno del petto di Percy.
- Wo-oh – fece Luke corrugando la fronte coperta da un ciuffo di capelli biondo sabbia, schioccando le dita davanti al volto scioccato dell'amico.
Percy continuò a guardare il tavolino davanti a sé, sentendo un freddo al petto nonostante il tiepido sole di marzo che illuminava il giardino di Harvard fuori dalla finestra della caffetteria.
Di tutte le frasi che una ragazza avrebbe potuto dire, “ti devo parlare” era senza dubbio quella che precedeva una separazione e Percy ignorò i continui e fastidiosi richiami di Luke che spaziavano dal suo nome a canzoni stonate, prima di alzare lentamente lo sguardo verde su di lui.
- Annabeth mi vuole mollare – disse atono e Luke lo guardò fisso corrugando la fronte e cercando di capire quali mali affliggessero la mente bacata del migliore amico prima di attaccare a ridere. Piegò il collo all'indietro battendo una mano sulla superficie del tavolino che lo divideva da Percy mentre la sua risata acuta attirava l'attenzione di un po' di studenti.
Il moro pensò a mille modi possibili per uccidere il migliore amico mentre, con un'espressione corruciata sul volto, scivolava piano piano sulla sedia e sotto al tavolo, quasi a voler scomparire.
Luke fermò di colpo la risata posando il mento sul pugno, – dimmi, amico, sei idiota di tuo o la demenza senile affligge il tuo cervello bacato solo qualche giorno a settimana? – domandò sbattendo ripetutamente le ciglia e incatenando lo sguardo azzurro in quello verde dell'amico.
Percy sbarrò gli occhi achiappando il telefono malandato al volo appena gli sgusciò dalle mani, quasi fosse del sapone. Cercò freneticamete fra le cartelle mostrando poi lo schermo del messaggio di Annabeth a Luke che lo osservò per un paio di secondi.
- No, scusami per avertelo chiesto: sei veramente un idiota.
Percy roteò gli occhi facendo spuntare un sorriso di scherno sul volto dell'amico, – andiamo, Luke! Lo sai bene anche tu che il “ti deve parlare” è solo un messaggio in codice per dire “ti devo mollare.
Luke annuì un paio di volte, accondiscendente, – certo. E sai cosa ti dico? – iniziò con circospezione, guardandosi un po' attorno e catturando l'attenzione quasi bramosa dell'amico, – sotto questi vestiti – Percy si irrigidì di colpo, guardandolo negli occhi, – sono nudo.
Il moro ci mise qualche attimo per realizzare la cavolata e mettersi dritto di colpo, facendo cozzare la sua schiena contro la sedia con forza, – e io ti stavo anche ascoltando – borbottò, mentre Luke scoppiava di nuovo a ridere, portandosi la bottiglia di birra alle labbra e bevendone un sorso.
- Andiamo, Percy rilassati! – esclamò il biondo dandogli una pacca sulla spalla nel tentativo di far sparire il muso dal volto dell'amico, – Annabeth non ti vuole mollare!
- E tu come fai a dirlo?
Luke sbuffò, – perché siete talmente dolci e talmente tanto esatti per stare assieme che non riesco neanche a immaginarvi con affianco qualcun'altro. Siete irritanti la maggior del tempo con tutti quei sorrisi e i baci, dico sul serio! E poi, perché vorrebbe mollarti?
Percy liberò un sospiro rilassando le spalle per qualche secondo. Era leggermente rincuorato dalle parole dell'amico e forse, il petto sotto la felpa leggera che aveva deciso di indossare quel giorno si stava un po' scaldando, – non lo so neanche io – ammise poi, nuovamente preoccupato.
Luke diede un altro sorso alla birra, poggiando poi la bottiglia sul tavolo e alzando gli occhi sul soffitto, quasi questo lo aiutasse a pensare, – vediamo.. l'hai mandata in bianco?
Percy sbarrò gli occhi, – no, razza di cretino. Ma per quale cavolo di ragazzo mi hai preso?! – esclamò.
Luke alzò le mani davanti al petto in segno di difesa con il solito sorrisetto sarcastico sul volto, – era per chiedere – rispose tranquillo, – ti ha mandato in bianco?
- Neanche.. ma perché sapere i dettagli della mia vita sessuale con Annabeth per te è così importante? – domandò il moro stizzito e Luke alzò le sopracciglia.
- Era per accertarsi che i problemi non fossero legati a questo. Magari l'hai mandata in bianco e lei si è incazzata – Luke roteò la mano destra con fare annoiato, – lo sai come sono le ragazze per queste cose.
Percy corrugò la fronte bevendo un sorso di caffé lungo ancora caldo nonostante l'avesse ordinato almeno una decina di minuti prima, – io non vado a parlarci – decise categorico scuotendo la testa e Luke lo fulminò con lo sguardo in quella che era una palese minaccia non detta: tu non andarci e io ti castro.
 
Annabeth si torturò le mani sul grembo fissando la porta bianca della sua stanza e aspettando che entrasse Percy da un momento all'altro.
Era da un po' che lo voleva fare, da un po' che lo voleva dire ma non c'era mai riuscita. Ogni momento che sarebbe potuto essere perfetto, per lei non era abbastanza o forse, non aveva semplicemente abbastanza coraggio.
Sbuffò serrando gli occhi grigi per un po' e dandosi una calmata nel ricordare le parole di Talia di quella mattina:”smettila di farti seghe, bionda. Percy è un bravissimo ragazzo e sai bene che ti capirà”.
Strano ma vero, Annabeth riteneva che Talia avesse ragione ma non risciva comunque a calmarsi, a pensare che sarebbe davvero andato tutto bene perché, per quanto si fidasse di Percy, era comunque un essere umano.. con dei difetti.
Percy irruppe nella stanza pochi attimi dopo strappandola dai suoi pensieri. Non la guardò neanche negli occhi ma si chiuse la porta alle spalle prima di iniziare a parlare freneticamente camminando davanti ai due letti addossati alla parete e muovendo le mani in circolo.
- Io non so perché tu mi abbia mandato quel messaggio, forse non voglio proprio saperlo ma mi sono davvero spaventato e ho paura che tu voglia farla finita. Io non so come potrei realmente fare senza di te ad essere sincero e poi, non volevo neanche venire qui ma poi Luke mi ha costretto e.. – si fermò qualche secondo a prendere fiato mentre Annabeth lo guardava stralunato con gli occhi grigi spalancati. – Mi prendo un po' d'acqua – disse poi il moro andando in bagno per riempire dal rubinetto il bicchiere in vetro che aveva preso qualche secondo prima dal comodino di Talia. – Comunque – fece continuando e riprendendo fiato.
Annabeth, guardandolo camminare, non poté fare a meno di pensare che se avesse continuato così avrebbe senza dubbio scavato un buco sul pavimento.
- In ogni caso, ero convinto che tra noi le cose stessero andando bene! Voglio dire: andiamo d'accordo, litighiamo solo occasionalmente.. – si fermò un attimo per pensare e Annabeth sorrise rendendosi conto che il suo stupidissimo ragazzo aveva frainteso tutto. Aprì la bocca per parlare ma Percy la interruppe, sbarrando gli occhi per il panico, – certo, litighiamo ma poi abbiamo sempre risolto tutto! E poi ti ho regalato l'anello per Natale e poi tu mi hai detto ti amo e anche io ti ho detto ti amo, perché è vero. E poi, non ti ho chiesto nulla di Capodanno perché so che vuoi i tuoi spazi..
- A proposito di Capodanno.. – tentò Annabeth ma la sua voce venne sovrastata da quella di Percy.
- Però forse, dal tuo punto di vista questo può essere passato come menefreghismo e.. – Annabeth scollegò il cervello. Era già nervosa per conto suo e Percy e i suoi dubbi non erano, decisamente, un buon calmante. Tentò di interromperlo altre volte senza successo mentre lui parlava frenetico, gesticolando e bevendo raramente dal bicchiere che aveva in mano.
I pugni presero a farle male per la rabbia che aveva e per il bisogno che aveva di essere ascoltata. Aveva bisogno che Percy stesse zitto e aveva bisogno che le facesse coraggio mentre gli raccontava una parte della sua vita dalla quale l'aveva sempre e scrupolosamente omesso.
Basta.
- .. ma io ti amo veramente tantissimo e non voglio di certo che tra noi le cose finiscano n questo modo e..
- Sono stata violentata! – gridò Annabeth certa che, se non lo avesse fatto in quel momento, le sarebbe venuto un esaurimento nervoso e, ancora più grave, avrebbe del tutto perso il coraggio che le aveva fatto accumulare la rabbia.
Percy si fermò di colpo un piede a mezz'aria e gli occhi sbarrati, fissi in quelli della sua ragazza che, lentamente, stavano iniziando a svuotarsi della vitalità di poco prima, delle emozioni di poco prima per anticipare quello che doveva essere un guscio spaventosamente vuoto. Guardò Annabeth, nella speranza di cogliere in quegli occhi che amava un barlume di scherzo o nella speranza di vedere quelle labbra morbide e piene increspate in un sorriso.
Sono stata violentata.
Una sfilettata.
Sono stata violentata.
E una lacrima su quelle guance che aveva ormai accarezzato innumerevoli volte.
Sono stata violentata.
Una lacrima e il suo corpo snello che si lasciava cadere sul letto, quasi fosse privo di vita nonostante Annabeth fosse seduta.
Sono stata violentata.
E il bicchiere di vetro che Percy aveva in mano, cadde a terra perché neanche lui aveva più le forze per fare una cosa così semplice.
Non si preoccupò del suono del vetro che si frantumava, forse perché, quel suono alle sue orecchie arrivò quasi ovattato.
Non si preoccupò neanche dell'acqua che gli schizzava sui jeans e sulle All Star perché la sua Annabeth, la sua piccola, era stata violentata e lui non riusciva neanche a immaginarsi una cosa del genere.
Un moto di rabbia lo pervase, facendolo quasi tremare dalla testa ai piedi mentre stringeva i pugni lungo i fianchi talmente forte da far sbiancare le nocche.
La sua Annabeth era stata violentata.
Quando, come, chi?
Erano gli unici pensieri logici che si formulavano nella sua mente oltre a un desiderio di vendetta talmente forte che gli fece quasi male.
Voleva spaccare tutto, voleva distruggere, voleva trovare qualcosa da scagliare contro la parete e voleva anche gridare, ma voleva mettere fine a quel dolore alla bocca dello stomaco. Era certo che tutto sarebbe finito se avesse fatto tutto ciò che il suo istinto suggeriva.
Lo sguardo di Annabeth vacillò per l'ennesima volta e Percy fece raccolta a tutte le sue forze per andare a sedersi davanti alla sua ragazza, sul letto di Talia. Si fece forza perché Annabeth ne aveva bisogno e lui doveva e voleva essere la sua roccia.
- Hai..hai presente Robert Morrison? L'uomo di Capodanno? – domandò Annabeth asciugandosi le lacrime con la manica della felpa bordeaux.
Percy annuì un paio di volte, quasi assente a tutto quello che non succedeva nel mondo e che non comprendesse ciò che aveva dovuto vivere Annabeth.
- Quando avevo dodici anni lui era il capo di mio padre.. e aveva detto che ero grande abbastanza e che.. – altre lacrime le rigarono le guance mentre il petto di Percy veniva trafitto dall'ennesima stilettata, – che io lo meritavo. Che io meritavo solo quello che lui era disposto a darmi. Che non meritavo l'amore di nessuno, che facevo schifo e che era giusto soffrire così tanto – Annabeth si fermò, incapace di continuare oltre mentre Percy cercava di assimilare ciò che la ragazza che amava gli aveva appena confessato.
Adesso si spiegava tutto: si spiegava il perché Annabeth non volesse avere relazioni, il perché avesse tentato in tutti i modi di tenerlo lontano dalla sua vita, senza successo, e il perché era fuggita ed evitava sempre l'argomento “prima volta”.
I pugni iniziarono a prudere per la rabbia e il cuore prese a battere spropositamente veloce.
Dio, Annabeth era così perfetta, così speciale e così unica che lui non poteva neanche immaginare che avesse dovuto vivere cose del genere. Era sempre stato geloso del giocatore di football palestrato e superficiale che aveva avuto l'onore di toccarla prima di lui, che l'aveva guardata prima di lui e invece, era di un mostro che sarebbe dovuto essere geloso, di un mostro che non aveva mai rispettato Annabeth.
La testa prese a girargli per la furia che gli fece acellerare ancora di più i battiti.
Non riusciva a immaginare la sua Annabeth nelle braccia di qualcun'altro e pensare che quelle braccia erano state quelle di un adulto che non aveva avuto neanche un minimo di riguardo per una bambina..
Un singhiozzo di Annabeth lo riportò alla realtà, distraendolo dai suoi continui desideri di vendetta e omicidio. Gli ci vollero un paio di secondi per osservare il volto di Annabeth rigato dalle lacrime, i capelli appiccicati al viso e gli occhi rossi e lucidi. Le labbra tremanti e i pugni stretti nelle maniche della felpa, quasi a volersi proteggere da qualcosa che era molto più forte di lei.
- Vieni qui – si limitò a dire ed Annabeth capì al volo perché non esitò a buttarsi tra le braccia di Percy seppellendo un singhiozzo contro al suo petto.
Percy la strinse a sé perché la doveva proteggere, perché doveva salvarla e perché doveva essere il suo supereroe, sempre. Le baciò la nuca continuando a stringerla a sé, assorbendo i singhiozzi contro al suo petto, i tremiti che scuotevano la piccola schiena di Annabeth e dandole un po' della forza che a lei mancava ma che, come al solito, - e lui lo sapeva bene- avrebbe trovato, tornando poi forte come un leone.
- Quel giorno a Capodanno, lui ha provato a farmi del male di nuovo – confessò Annabeth e Percy si irrigidì, stringendo talmente tanto forte i denti tra di loro da farsi quasi male. Combatté l'istinto di lasciare lì Annabeth e scovare quel figlio di puttana per ammazzarlo una volta per tutte, ma stette fermò, lasciando che la sua ragazza rimanesse avvolta dalle sue braccia forti.
- Io l'ho mandato via – disse poi tirando su col naso ma senza trovare il coraggio di guardarlo, – ho guardato il tuo anello e l'ho mandato via. Mi sono alzata da sola, l'ho affrontato per davvero e..
Ma Percy la fermò prima che finisse di parlare, – Annabeth – la chiamò con tono stranamente autoritario, posandole due mani ai lati del collo e portandola dritta davanti a sé. Annabeth lo guardò. Lo guardò con occhi stanchi, occhi tristi, occhi che avevano voglia di cominciare, occhi che avevano ancora voglia di vivere, occhi forti, occhi pieni, belli e Percy le accarezzò le guance, asciugandole le lacrime, con un sorriso un po' triste, – sono fiero di te. Non sono mai stato più fiero di te – disse dolce e Annabeth sorrise lasciando che le lacrime le rigassero le guance per motivi decisamente più belli di quelli di Mr. Morrison. – Io ti salverò sempre, Annabeth. Io sarò sempre qui per te. Io sarò il tuo supereroe – le baciò la fronte continuando a sfiorarle la pelle mentre parlava, – io non smetterò mai di salvarti, Annabeth, perché io ti amo, tanto da farmi anche male.
E Percy ebbe la certezza, per la centesima volta da quando conosceva Annabeth, che lei fosse anche troppo forte. Percy ebbe la certezza che Annabeth fosse un leone ed ebbe la certezza che, nonostante tutto, quella ragazza era come se fosse stata forgiata per soffrire e poi riuscire ad alzarsi, ogni volta.
Annabeth cadeva, si faceva male, soffriva, moriva dentro. Dio, quella ragazza era morta dentro chissà quante volte eppure, nonostante tutto e nonostante tutti, Percy lo sapeva bene che Annabeth si sarebbe sempre rialzata, ogni volta, e ogni volta più forte di prima.
Annabeth era le labbra stanche per i troppi sorrisi finti; Annabeth era gli occhi tristi che, alla fine, la tradivano sempre un po'. Annabeth era il viso di chi ha pianto e che adesso sorride. Annabeth era un'eroina, una principessa. Annabeth era di ghiaccio ed era anche di burro.
Annabeth era moltissime cose, forse anche troppe ma, di una cosa Percy era certo: Annabeth era anche chi non si arrende, chi non si arrende mai e ogni volta che cade, si rialza per lottare con ancora più forza e rabbia di prima.
E poi la baciò piano, lentamente proprio come piaceva a lei. La baciò piano prendendole il viso tra le mani e attirandola a sé, godendosi i piccoli pugni che gli stringevano la felpa, godendosi le labbra morbide di Annabeth che si muovevano in sincrono con le sue.
Le succhiò il labbro inferiore godendosi i brividi sulla schiena quando la sua lingua si intrecciò lentamente con quella della bionda.
Non mi salverai?
Ti salverò.
Annabeth respirò sulle labbra di Percy quando lui poggiò la propria fronte alla sua, – ti amo – si limitò a dire e il moro la baciò ancora affondandole le mani nei morbidi capelli biondi, grato che, finalmente, Annabeth si fosse liberata del suo flagello.
- Ti amo anche io, piccola – la guardò negli occhi grigi ancora per un po' prima di alzarsi e porgerle una mano perché facesse lo stesso, – andiamo da Luke e Talia? – domandò con un sorriso e Annabeth annuì un paio di volte prima di lasciarsi ancora stringere contro il petto allenato e caldo di Percy.
Appena si allontarono, andarono verso la porta, evitando i cocci di vetro del bicchiere che era caduto a Percy e che non avevano affatto voglia di raccoggliere in quel momento.
Annabeth lasciò che il moro le avvolgesse le spalle mentre camminavano lungo il corridoio dell'ala femminile di Harvard, – perché stiamo andando da loro?
Percy la guardò dall'alto, divertito ed accarezzandole il collo con due dita gentili, – tu hai bisogno di fare shopping – disse categorico mentre il suo petto si alleggeriva nel sentire il suono della risata di Annabeth, – e io devo parlare con Luke.
Annabeth non si accorse che il suo tono era completamente cambiato. 



Angolo autrice: 
Ehiila<3 
eccomi qui, tornata come promesso e con un Missing Moment di "You write.." Sono ore che tento di pubblicare ma il mio computer ha deciso di prendermi per il culo quindi ho dovuto ripiegare su quello di babbo ahahah comunque, spero tanto che questo Missing Moment vi sia piaciuto tanto quanto a me è piaciuto scriverlo ahah spero di non aver fatto un casino con tutte le varie emozioni dei personaggi ma ho porvato in tutti i modi di mettermi nei panni di un ragazzo che scopre che la sua ragazza è stata violentata.. fatemi sapere che ne pensate, se vi va, lo sapete che amo leggere le vostre opinioni^.^ 
Per quanto riguarda il sequel, le idee sono solo frammentate nella mia testa ma, lo prometto, se mai avrò ispirazione, la pagina di word per la Percabeth è sempre aperta. 
Alla prossima, 
Vi adoro, 
Love yaa<3
x
 
                                                         
  
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