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Autore: Elizabeth_Tempest    17/06/2014    2 recensioni
Nella Danimarca settecentesca, il destino di una testarda contessa e di un misterioso giovane venuto da lontano s'intrecceranno.
"Friederieke guardava fuori dalla finestra, annoiata, rigirandosi pigramente il lavoro tra le mani; il cucito non l’aveva mai entusiasmata, lo aveva sempre trovato noioso dato che non ne trovava una vera utilità pratica –del resto i suoi abiti arrivavano sempre da qualche sartoria della capitale, dove suo padre spendeva un vero e proprio patrimonio per farle avere sempre i modelli più in voga alla corte francese.
Si concentrò sul ricamo, tentando di ricordare cosa fosse di preciso… forse un usignolo? si chiese, lanciando un’occhiata perplessa ai fili azzurri.
Non le sovvenne nulla ed alzò lo sguardo, sperando di poter sbirciare il lavoro della signorina Bernstein che invece pareva tutta presa dalla sua opera e la teneva in modo tale che la fanciulla non potesse vedere cosa stesse ricamando." [dal primo capitolo]
La storia è ambientata prima degli eventi di The Lost Canvas, ed è collegato ad uno dei gaiden.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Pisces Albafica
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo XIV

 

 

La carrozza sfrecciava per la strada di campagna che portava a Frydenjord, ma ruote e zoccoli erano l’unico rumore che si udiva all’interno: Edda, una delle cameriere di Friederieke Frydendahl, taceva tenendo gli occhi bassi, intimorita dall’uomo che la sua signora l’aveva incaricata di portarle, Albafica van Dijk, la cui bellezza la spiazzava al pari della serietà del suo volto.

Del resto, che la contessa e lo straniero si fossero intesi e piaciuti fin dal primo sguardo, era cosa risaputa tra la servitù del palazzo e l’episodio del giorno prima aveva solo rinforzato l’opinione di cuoche, cameriere, sguattere, valletti e stallieri: tra quei due c’era qualcosa. Certo, la signorina Iedike non pareva tipo da perdere la testa per il primo sconosciuto di passaggio, ma del resto aveva solo sedici anni ed era l’età in cui si iniziavano a cogliere le prime rose dell’amore, no? E poi il signor Van Dijk era incredibilmente bello, attraente e molto intelligente, da ciò che le avevano detto e, soprattutto, da Århus avevano saputo che navigava nell’oro, mentre i Frydendahl… be’, ormai il conte aveva scialacquato le proprie fortune. Era un uomo caro, generoso e di buon cuore e nessuno poteva dire il contrario, ma non sapeva farci col denaro e la morte della sua amata moglie lo aveva reso più insofferente vero cose materiali come le economie della tenuta.

Era pur vero che i Frydendahl erano blasonati da secoli e secoli e che godevano anche di un posto a corte, ma quante possibilità aveva la contessina di fare un buon matrimonio, se si fosse scoperto che le rimaneva ben poco come dote? E che il giovane conte Ludvig non sembrava in grado di badare alle finanze di famiglia, lasciando la sorella poco più che bambina a controllare i conti e le spese? Ben poche, probabilmente e sapevano tutti che il barone Eckersberg avrebbe avuto interesse a far sposare uno dei propri figli maschi con Iedike… o magari la baronessina Christina, perché no? Del resto il barone aveva le sue belle mire sulla tenuta, un matrimonio di interesse sarebbe stato perfetto… magari non con Ludvig –del resto la cuoca, la signora Christensen, diceva sempre che il barone, da lei chiamato “quella vecchia canaglia imbellettata” pregava che il giovane conte si prendesse certi brutti mali da certe donnacce che frequentava, lasciando la sorella come unica erede-, ma si sicuro la signorina contessa sì: era pur sempre una femmina e se avesse sposato uno dei cugini, sarebbero stati gli Eckersberg a comandare.

Mentre il giovane straniero… non solo era bello e a modo –e scommetteva ciò che aveva di più chiaro che la baronessa Maria avrebbe fatto carte false per vedere la nipote maritata con lui, piuttosto che con uno dei propri figli-, ma si diceva fosse molto ricco, un mercante di stoffe preziose. Certo, non era blasonato, ma nelle condizioni in cui versava la famiglia sarebbe stato un buon affare e la contessina pareva molto presa, cosa mai successa prima d’allora.

 

 

I pensieri del giovane guerriero erano di natura diversa da quelli di Edda: era infatti preoccupato per la contessina, incapace di non pensare a in che condizioni fosse quando l’aveva lasciata alle cure della servitù di casa Frydendahl. E al grigiore: durante il viaggio il cambiamento di atmosfera era stato palpabile, passando dalla relativa normalità di Århus al via via maggiore influsso della Stella Malefica. Anche il paesaggio mutava, fuori dalla carrozza: dal normale paesaggio danese dei primi giorni autunnali si stava passando ad un territorio letteralmente grigio e smorto: la terra e la polvere erano grigie, le piante grigie e morenti, il cielo grigio e nuvoloso. Perfino le case e le persone che incontravano lo erano.

Non sapeva dire se la colpa era della mancanza di luce o della Stella o era solo una sua percezione, però anche la stessa Friederieke chiamava quello strano fenomeno “grigiore”, quindi, forse, non era lui ad essere impazzito o condizionato.

Il fatto di non riuscirne a venire a capo, però, lo rendeva inquieto: chi era il colpevole? Chi stava tramando per consegnare decine di innocenti ad Hades?

Non la giovane contessa, no… perfino lei era vittima di quel maleficio e sentiva che non era sua nemica. Ma allora chi? Il giovane conte Ludvig, dopo ciò che aveva visto, pareva l’opzione più plausibile… eppure Jens Andersen e Friederieke Frydendahl puntavano il dito contro il sostituto dello storico pastore di Frydenjor, padre Hans.

Chi aveva ragione? Forse quei due erano solo trascinati dai sentimenti di affetto che provavano verso il giovane conte –del resto, era il fratello maggiore di Iedike- o forse era proprio lui a sbagliare. Ma c’erano troppe coincidenze… il lungo viaggio di Ludvig Frydendahl, il suo ritorno in concomitanza dell’inizio del morbo, la sua apparente immunità…

Già, immunità e ritorno, cose in comune con padre Hans” si disse, mentre la carrozza si fermava. Scoraggiato, si chiese se il Patriarca non avesse sbagliato a scegliere proprio lui per quella missione.

 

 

Iedike attendeva con impazienza il proprio ospite. Aveva chiamato Ina, subito dopo aver impartito ad Edda l’ordine di portarle Albafica Van Dijk, perché l’aiutasse a vestirsi, scegliendo un abito semplice e comodo, perché un corsetto troppo stretto l’avrebbe seriamente uccisa. Si avvolse in uno scialle caldo, continuando a sentire freddo ed ordinò ad Ina di attizzare il fuoco. Quando la servetta uscì, si immerse nei propri pensieri, rievocando gli avvenimenti del giorno prima.

Padre Hans e la sensazione di gelo e malessere che le causava. Quell’uomo dallo sguardo gelido che sapeva perfettamente dissimulare la propria natura e che aveva ingannato tutti, a Frydenjord; che s’era perfino insinuato nella sua famiglia, manipolando suo padre come una marionetta. Il suo caro padre, così buono, gentile ed ingenuo… e che ora pendeva dalle labbra del predicatore del Demonio che nascondeva mille segreti ed intenzioni oscure, ne era certa.

Ludvig e tutti i suoi misteri. Non era cieca la contessina Frydendahl, anche lei sapeva che suo fratello era cambiato, dopo quel viaggio, ma non poteva e non voleva credere che ci fosse proprio lui dietro al grigiore.

Non Ludvig. La fanciulla e suo fratello erano sempre stati uniti, sempre: quando la sfortunata contessa Amalie era morta, era stato Ludvig a badare a lei. Correvano per il giardino, facevano dispetti alla servitù, passavano intere giornate a cavallo galoppando per i campi o nelle stalle ad ascoltare i racconti di viaggio di Jens, si nascondevano nelle cucine per sfuggire a precettori e governanti, facevano impazzire la vecchia e cara Maria: erano sempre stati assieme, crescendo come due selvaggi.

Era suo fratello, con il suo infallibile coltellino preso chissà dove, a stracciarle le gonne perché potesse correre e arrampicarsi tranquillamente e sempre lui l’aiutava a montare a cavallo.

Era Iedike a cercare rane e lombrichi da mettere nel piatto e nel letto dell’istitutore del fratello e sempre lei ad ascoltare i racconti delle battute di caccia, prima a qualche bestiola selvatica, poi alle timide vergini della corte, poi a donne sposate e vedove del fratello.

Si erano sempre detti tutto, si erano sempre voluti bene, poi egli se n’era andato ed era tornato con quel malefico pastore… diverso, sfuggente. Ridevano, chiacchieravano, si raccontavano ancora aneddoti e segreti, ma sapeva che suo fratello non era davvero lì con lei, glielo leggeva negli occhi e aveva paura. Non di Ludvig, ma di ciò che lo aveva cambiato, ma… no, non poteva essere lui la causa del grigiore!

Ed infine c’era lo straniero, Albafica Van Dijk… o Albafica di Piscis, Cavaliere d’Oro di Athena…

Si sistemò meglio sulla poltrona, fissando le fiamme del caminetto eseguire la loro magnetica, sensuale e pericolosa danza.

Athena… non era che un mito, no? Eppure esisteva davvero. Dea vergine della strategia, della tessitura e delle arti, la figlia di Zeus si era fatta paladina di giustizia e compassione difendendo il mondo e gli umani dai terribili progetti dei suoi divini parenti, circondandosi di giovani e valenti uomini, eredi degli antichi eroi, a cui le stelle avevano fatto dono di forza e velocità inumane e di poteri spaventosi e che venivano chiamati Saint, santi.

Ripensò alle parole del giovane straniero e si disse che egli santo lo era davvero: chi, se non un uomo pio e coraggioso, avrebbe rinunciato per sempre al tocco di una mano amica per avvelenare il proprio sangue e rendersi un’arma nelle mani della propria dea? Chi avrebbe scelto una vita da eremita, una vita di solitudine e precauzioni? Quanto solo era quell’uomo? Sempre vicino alla gente eppure sempre impossibilitato a stare con gli altri, ad amare un amico o una donna, a generare dei figli… ed era terribilmente giovane, aveva malapena quattro o cinque anni più di lei… chi avrebbe mai potuto desiderare un’intera esistenza così? Solo un uomo devoto, coraggioso, pio e pieno di ogni virtù che lo Spirito Santo potesse donare.

Un ciocco di legno crollò, scoppiettando e lanciando scintille.

Aveva paura, ecco la verità. Paura di non essere abbastanza forte –anche se l’anziano Jens era certo del contrario e lo sapeva bene-, paura che nemmeno Albafica Van Dijk potesse far qualcosa contro il grigiore, emanazione di una Stella Malefica, una costellazione malvagia, a quanto aveva capito, che aveva fatto dono di poteri eccezionali ad uno Spectre, un sottoposto di Hades, dio della morte e degl’Inferni, mortale nemico di Athena e dell’umanità intera.

Una spiegazione tutto sommato logica e razionale, quando la situazione non lo era affatto… ma cosa poteva volere un dio simile da Frydenjord? La risposta le aveva ghiacciato il sangue e fermato il cuore.

La Stella ha un solo obiettivo… sacrificare degli innocenti al proprio padrone.” aveva detto il guerriero delle rose “Gli Spectre non conoscono pietà alcuna, mademoiselle; non fanno distinzione tra donne, bambini, anziani e uomini validi, il loro scopo è uccidere e sterminare l’umanità.

“E allora tutto è perduto, signor Van Dijk!”

“No, ve lo prometto… vi giuro, signorina contessa, che troverò la Stella Malefica e la sconfiggerò prima che possa portare a termine il proprio piano.”

La ragazza sospirò e si sistemò meglio, proprio mentre Edda entrava per annunciarle l’arrivo del suo ospite.

 

 

-Allora?- chiese la signora Christensen, mentre Edda tornava in cucina. –Che faccia hai, figliola!

-L’avreste anche voi, se foste rimasta sola con quell’uomo!- esclamò la ragazza, lasciandosi cadere su una sedia ed accettando una chicchera di grappa che la signora Jacobsen, l’aiuto-cuoca, le porgeva e sventagliandosi con una mano.

-Ho sentito che è incredibilmente bello!- sussurrò Agneta, la sguattera, una ragazzetta pelle e ossa con mille lentiggini ed un visetto da topo, strabuzzando gli occhi di un azzurro slavato.

-Incredibilmente bello non gli rende affatto giustizia!- rise Edda, scrollando la testa bionda. Era una bella ragazza e ormai andava per i ventuno, di uomini ne aveva visti parecchi –e molti le avevano fatto la corte-, nella regione e pure alla capitale, ma come Albafica Van Dijk mai. –Ha il viso di un angelo, occhi che sembrano gemme con queste ciglia lunghissime, quasi da donna e dei capelli pervinca e liscissimi, farebbero invidia a qualsiasi damina per bene! Nemmeno il signor conte potrebbe essere definito bello, paragonato a lui! E, per Dio, non è nemmeno uno di quei cortigiani impomatati, signora Christensen!

-Che il Signore sia ringraziato, allora, cominciavo a temere che la signorina contessa dovesse sposare uno di quei suoi orribili cugini o qualcuno di quei damerini che ogni tanto vengono qua… di sicuro sarebbero perfetti per la signorina Christina –povera creatura, non ha un brutto carattere, ma di certo non è nemmeno questo granché- o per la signorina Sophia, non vanno certo bene per una Frydendahl, quelli!- commentò la cuoca, continuando a tagliare le verdure per la zuppa.

Aveva passato tutta la sua vita lavorando come cuoca in quel palazzo, conosceva bene le donne della famiglia: cocciute, ribelli, maliziose ed intelligenti. Non erano certo fatte per qualche damerino effeminato o per uomini molli e pigri e, grazie al cielo, Iedike dalla madre aveva preso solo la bellezza e non la civetteria e la stupidità: il carattere l’aveva preso dal nonno, un Frydendahl fatto e finito.

-Annika, di certo il carattere di questo olandese è l’ultimo dei problemi della contessa.- intervenne la signora Jacobsen, la calma, razionale e posata aiuto-cuoca, amica di Anna Christensen fin dall’infanzia, con cui condivideva il nome di battesimo e anni di esperienze.

-Certamente Anka, ma la vorresti veder sposata con un barone Eckersberg? Uno così me la ucciderebbe quella povera figliola.- rispose la capo-cuoca.

-Sì, ma abbiamo anche altri problemi, ormai la famiglia è in rovina… se la signorina ed il conte non fanno buoni matrimoni, perderanno tutto e povere noi, chissà che fine faremo…- ricordò la signora Jacobsen.

-Non l’ho certo dimenticato, ma conosco Friederieke e Ludvig fin da quando sono nati, non posso augurar loro un matrimonio infelice.

Edda alzò gli occhi al cielo, sbuffando. –Suvvia, non fatevi prendere da questi pensieri! Il signor Van Dijk è bello, intelligente e possiede un ottimo carattere o no?

-Per ciò che abbiamo visto… ma impara, Edda: un uomo non lo si conosce mai fino in fondo fino a quando non ci condividi il letto.- la rimproverò bonariamente la signora Jacobsen –E questo valga da lezione anche a te, Agneta: bellezza e intelletto non sono nulla, se sposi uno scansafatiche ubriacone come il mio povero marito. Noi vediamo lo straniero così, ma chissà… potrebbe essere solo un inganno.

-Si sa che tutte le rose, sotto la loro bellezza, nascondono spine affilate.- rincarò la dose la signora Christensen. –Eppure… da quel che mi dici la signorina pare molto presa da lui.

-Molto presa è dir poco!- esclamò la cameriera bionda –Dovreste vedere con che velocità mi ha mandata a prenderlo: giusto il tempo di svegliarsi e schiarirsi le idee e poi mi ha subito ordinato di andare ad Århus! E quando è entrato nel salottino… pareva così felice di vederlo! Vi giuro, signore: mai vista in vita mia la contessina così ansiosa di incontrare un uomo!- concluse, ridendo.

La signora Christensen e la signora Jacobsen si cambiarono uno sguardo, sorridendo sotto i baffi: e così la piccola Iedike finalmente si era innamorata. Le avrebbe fatto un gran bene, di sicuro.

-Edda, cara, è anche molto ricco, no?

-Oh, ricchissimo, signora Christensen, almeno così dicono ad Århus. È un mercante di stoffe preziose o qualcosa di simile e dicono che navighi nell’oro.- confermò la ragazza.

La cuoca si alzò, prendendo le verdure e gettandole nella zuppa che sobbolliva assieme a qualche mangiata d’orzo. –Be’, se lui è ricco e lei lo vuole, tra qualche mese festeggeremo di sicuro un matrimonio, qua a Frydenjord.

-Ne siete sicura?- squittì Agneta –Il signore non è nobile…

-Ma è ricco, figliola. Molto ricco.- rispose la signora Jacobsen –La contessa ha il titolo, lo straniero tutto quello che serve per continuare a far vivere la casata. Agneta, bambina, sei ancora così ingenua… è il denaro a muovere il mondo. Del resto, un nobile squattrinato cos’è, se non un povero con un titolo? Anche conti, baroni e re corrono dietro ai soldi… ma lo fanno con più grazia dei mendicanti.

 

 

Il silenzio calò nella stanza e Iedike puntò lo sguardo sulle fiamme, riflettendo su tutto ciò che le aveva appena raccontato il suo giovane ospite, poi sospirò e lo guardò di nuovo, gli occhi azzurri pieni di determinazione.

-Abbiamo un nemico in comune… ma ho mille motivi più di voi per combatterlo. Non rimarrò in un angolo a pregare, sappiatelo.

Il giovane le sorrise tristemente. –Ne ero certo, contessa. Ma so che sarete un’ottima alleata.

 

 

 

 

 

 

 

NdA

 

Salve a tutti, dopo un anno di assenza, sono tornata. Penso di dovervi delle scuse per questo “ritardo”, ma la verità è che per un bel pezzo ho pensato di non continuare questa storia ed in generale di non scrivere qualcosa di più impegnativo di un One Shot per motivi personali e perché avevo davvero perso fiducia in quello che scrivevo.

Quindi vorrei davvero ringraziare Kuroshitsuji per la sua recensione che mi ha dato davvero la carica e mi ha fatto venire i sensi di colpa per aver piantato The Truth così e la mia beta Pepe che mi tollera ancora.

Voglio anche approfittare della situazione per farmi un po’ di pubblicità: ho appena aperto un blog –link qui- su cui pubblico i miei lavori e che con ogni probabilità a breve diventerà l’unico posto dove trovarmi, almeno per un po’ di tempo.

Infine ringrazio tutti quelli che hanno letto e seguito o ancora leggono e seguono The Truth.

Grazie mille,

 

Beth

   
 
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