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Autore: VahalaSly    19/06/2014    3 recensioni
Tra una più che incasinata famiglia, due amiche che non si rivolgono la parola a vicenda e la sua incapacità di formare una frase di senso compiuto davanti al ragazzo che le piace, Amanda non desidera altro che un po' di tranquillità.
Ma quando quello che riteneva un amico le si rivolterà contro, scatenando una reazione a catena di problemi, Amanda si ritroverà a doversi appoggiare all'ultima persona che si sarebbe potuta immaginare...
/Attenzione: è presente romance tra un minore e un adulto/
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Breathe Into Me

Capitolo Quindicesimo:
Perso in Partenza

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"Dunque, chi è con me?" domandò Alessandro, voltandosi a guardare il gruppetto di allievi che gli si era raccolto attorno. Erano otto persone, ma solo tre di quelle erano suoi studenti, perciò abbassò gli occhi verso l'elenco che aveva in mano.

"Irisi Paolo, Morgante Gloria, Flauti Giacomo, Lest Ionut, Girelli Marina, Lievi Marialuisa, Ovidi Andrea" si fermò per un istante, schiarendosi la voce "E Ferri Amanda. Ci siete tutti? Bene, allora direi che possiamo cominciare ad incamminarci"

Amanda lanciò un'ultima occhiata a Michela, ferma davanti alla professoressa Conciati, desiderando solo di poter andare al comune più vicino a cambiare cognome. Il pomeriggio di compere in quel momento sembrava più allettante che mai.

"Ci è andata bene, eh?" disse Paolo, salutando Michela con un cenno della mano e tornando poi a concentrarsi su Amanda. "Tre ore di shopping o di interrogazione di tedesco. Non so a quale dei due gruppi vada peggio."

"Oh, io un'idea ce l'avrei" mormorò Amanda, adocchiando le facce disperate dei ragazzi intenti ad ascoltare il programma del professor Rozzoni. Perfino lei non era sicura di poter dire di essere in una posizione peggiore.

"Credi che si sia portato dietro il registro?"

"Per il bene di Riccardo, spero proprio di no. Non credo che riuscirebbe a sopportare un altro 2"

Paolo annuì, poi insieme si misero in fila dietro ai loro compagni, seguendo Alessandro. Camminarono per una buona mezz'ora, ammirando tutto ciò che incontravano nel loro percorso. Amanda sapeva che avrebbe avuto un'intera settimana per esplorare la città, ma non poté fare a meno di fermarsi ogni due passi, piena di meraviglia.

Meraviglia che si moltiplicò non appena arrivarono all'entrata dell’Englischer Garten.

Decise all'istante che definirlo parco era praticamente un insulto. Da quanto poteva vedere, le distese d'erba del posto si estendevano per chilometri e chilometri, creando uno spettacolo incredibile. Le bastò solo quella vista per farle dimenticare dove si trovasse, perché improvvisamente la sua mente la riportò in un altro posto, uno che fino allora era esistito solo nella sua mente.

Il mio posto felice, si ritrovò a pensare, lanciando poi un'occhiata a Paolo. Le sembrava impossibile che, proprio ora che il ragazzo era davvero lì con lei, come aveva immaginato per mesi e mesi, il loro rapporto fosse cambiato così tanto. Il solo pensare a come l'aveva idealizzato ai tempi quasi le faceva venire da ridere, eppure allo stesso tempo le provocava una strana melanconia.

Proprio in quel momento Alessandro si fermò, voltandosi verso di loro, e Amanda fu riportata bruscamente alla realtà.

"Bene, ho una proposta da farvi" disse, passandosi una mano tra i capelli con fare stanco. "Visto che so bene che molti di voi preferirebbero essere a fare altro, o per lo meno per i fatti propri, vi darò questa possibilità. Coloro tra voi che sono già maggiorenni possono se vogliono andare per conto proprio, l'importante è che si facciano ritrovare esattamente in questo punto per le cinque e trenta. Che dite, ci state?"

Cinque tra loro annuirono, tra cui Amanda. Andarsene per conto suo, non c'era altro che desiderava di più. Forse aveva insultato il fato troppo presto.

"Allora, dove vuoi andare?" chiese entusiasta a Paolo, già pronta ad allontanarsi da lì. L'espressione del ragazzo la bloccò all'istante.

"Er, io non posso andare da nessuna parte. Ancora minorenne, ricordi?"

Ah, già. Tutto l'entusiasmo abbandonò immediatamente la ragazza, che abbassò con aria sconfitta le spalle.

"Ma tu vai se vuoi! Non voglio mica trattenerti qui"

"No, nessun problema. Mi piace il parco, davvero" disse lei, cercando di rendere il suo tono il più spensierato possibile. Onestamente, non era proprio di Paolo che si era preoccupata - sapeva bene che probabilmente era amico di tutti i presenti, e non avrebbe faticato a sostituirla - ma di se stessa. Senza Paolo, infatti, allontanarsi dal gruppo avrebbe voluto dire passare le successive tre ore completamente da sola in giro per Monaco. Non la prospettiva più allettante.

Osservò Gloria e altri tre studenti della 4D avviarsi in gruppo nella direzione inversa al parco, forse diretti verso quel locale che avevano incrociato durante il percorso, e trattenne a stento un sospiro, salutando la sua ultima possibilità di trascorrere un pomeriggio in santa pace.

Sempre più afflitta, seguì Paolo all'interno del parco.

 

 

Sorprendentemente, il pomeriggio fu molto più piacevole del previsto.

Inizialmente la presenza di Alessandro, sempre a pochi passi da loro, fu piuttosto distraente per Amanda, che continuava quasi involontariamente a lanciargli veloci occhiate, ma presto tutte le meraviglie che custodiva il parco riuscirono a catturare nuovamente a pieno la sua attenzione.

Ce n'era un po' per tutti i gusti: panchine all'ombra, laghetti con cigni, natura incontaminata, monumenti e perfino una piccola cascata su cui fare surf. Paolo rimase particolarmente affascinato da quest'ultima, perciò rimasero una buona mezz'ora ad osservare intrepidi turisti provare a restare in piedi sulla tavola. Ce ne fu uno particolarmente bravo che sembrò proprio volerci rimanere su per tutta la giornata, ma alla fine anche lui dovette cedere e lasciarsi trasportare via dal fiume.

Incapparono loro malgrado anche in una zona riservata ai nudisti, e si affrettarono ad allontanarsi cercando di cancellare dalla loro memoria immagini che avrebbero preferito non aver acquisito, considerato sopratutto che l'età media dei praticanti era sui cinquant'anni.

Il posto preferito di Amanda, tuttavia, era la pacifica prateria che raggiunsero alla fine del loro giro. Il parco era davvero estesissimo, perciò dopo poco più di un'ora di cammino accettarono tutti di buon grado l'idea di stendersi per un po' sull'erba a prendere il sole e godersi l'aria pulita. Marialuisa tirò fuori dalla sua borsa un enorme telo da mare, mentre Ionut si affettò a prendere il suo mazzo di carte.

Paolo, invece, era momentaneamente impegnato in una profonda discussione con Alessandro. Avevano iniziato a parlare di surf, oltre quindici minuti prima, e da lì erano riusciti a spostarsi agli argomenti più vari. Amanda non se ne curò troppo, cercando di origliare il meno possibile, ma tutti i suoi sforzi furono vanificati quando Paolo decise di toccare un argomento più delicato.

"Che poi prof, non ci ha più fatto sapere niente di Lara. E' ancora deciso a trasferirsi da lei quest'anno? Sa, averla alla maturità sarebbe il massimo"

Alessandro sorrise appena a quelle parole, ma il su sguardo rimase serio. "No, non mi trasferirò più a Milano"

"Grande! Come mai?"

"Io e Lara ci siamo lasciati"

"Ah"

Amanda non poté fare a meno di voltarsi verso di lui a quelle parole, l'espressione sorpresa. Quando era successo esattamente?

Ricordava che avevano avuto dei problemi qualche settimana prima, Alessandro le aveva raccontato di una discussione che avevano avuto, ma da lì a lasciarsi ce ne voleva. Possibile che... no, era assurdo. Alessandro non avrebbe rotto una relazione che durava da anni solo per un bacio dato ad una ragazzina, per quanto quella relazione potesse essere poco emotiva.

"Quindi rimarrà con noi anche l'anno prossimo?" chiese Paolo, speranzoso. Alessandro però scosse la testa, abbassando lo sguardo con fare dispiaciuto.

"Temo di no"

"No? Perché?"

"Ormai avevo già chiesto il trasferimento. Non andrò fino a Milano, ovviamente, ma cercherò di essere assunto in qualche altra scuola nelle vicinanze"

"Non può semplicemente annullare il trasferimento?"

Alessandro esitò un attimo, poi scosse nuovamente la testa. "Forse potrei, ma il trasferimento rimane comunque la scelta migliore. Ci sono stati dei... problemi, cose personali, per cui è meglio che io me ne vada"

Amanda abbassò immediatamente la testa, fingendo di essere profondamente concentrata sulla partita a carte tra Marina e Ionut e sperando che Alessandro non si fosse accorto che stava ascoltando. Perché sì, questa volta non c'erano dubbi. Il 'merito' del trasferimento di Alessandro era tutto suo, ci avrebbe messo la firma.

Non era sicura di voler ascoltare altro, ma per fortuna Alessandro fu veloce a cambiare argomento, chiedendo a Paolo dei suoi allenamenti di calcio.

"Ionut!" urlò una voce, richiamando l'attenzione di tutti i presenti. Quando Amanda alzò il volto vide davanti a sé una quindicina di ragazzi e ragazze, e ne riconobbe alcuni come studenti del collegio in cui alloggiavano. Con un paio di essi aveva perfino scambiato qualche frase quella mattina in classe.

"Guten Morgen!" rispose Ionut, sollevandosi in piedi e andandogli incontro. "Was machen sie hier?1"

"Volleyball" fu la breve risposta della ragazza bionda che l'aveva chiamato, mentre sventolava in aria una piccola palla. "Spielen sie mit!2"

Ionut si voltò verso Alessandro. "Chiede se giochiamo con loro a pallavolo"

"Siete liberissimi di farvi distruggere. Quelli lì sono tutti professionisti" scherzò l'uomo, scuotendo appena la testa.

"Wir kommen!3" urlò allora Ionut alla ragazza, porgendo poi la mano a Marialuisa ed aiutandola ad alzarsi. Amanda si voltò verso Paolo, guardandolo speranzosa, ma questo si era già re immerso nella conversazione con Alessandro, spiegando vivacemente come era riuscito, nell'ultima partita, a segnare ben tre goal in dieci minuti.

Con uno sbuffo, la ragazza si alzò, raggiungendo poi il gruppo di tedeschi. Era solo una partita, di certo non le serviva la scorta. E poi era anche tempo che cominciasse a fare nuove amicizie; Ionut sembrava proprio un ragazzo simpatico, e aveva notato che Marialuisa possedeva una maglietta di Superman. Non le sarebbe dispiaciuto conoscerli un po' meglio.

Si divisero in due squadre, decidendo poi i ruoli di ognuno in quello che sembrava un miscuglio tra italiano, tedesco ed inglese. Amanda, che di pallavolo ne capiva poco pure in italiano, cercò di imitare il più possibile quello che facevano gli altri, rendendosi però presto conto di quanto fosse impossibile. Alessandro aveva avuto ragione dicendo che quei ragazzi erano professionisti, ma fortunatamente almeno Ionut e Marialuisa erano nella sua stessa situazione, ossia con gli occhi perennemente puntati al cielo e le mani tese in avanti quasi sperassero la palla ci cadesse dentro.

Nonostante ciò, presto cominciò a prenderci gusto, e riuscì anche a farsi qualche risata. Uno dei suoi compagni di squadra era particolarmente simpatico, e presto la partita si trasformò in una lotta a chi riusciva a farlo cadere a terra più volte nel tentativo di recuperare la palla. Il gioco andò avanti per altri quaranta minuti, ma alla fine Amanda dovette chiamarsi fuori; non era abituata a muoversi così tanto, sopratutto non in modo così frenetico. Cercando di recuperare il fiato uscì dall'immaginario campo, attenta a non pestare le due ciabatte che segnavano la rete, e cominciò a guardarsi attorno alla ricerca di una fontanella.

Il ragazzo simpatico, ormai completamente sporco di terra ed erba, le si avvicinò, anche lui senza fiato. "Do you want something to drink?4" chiese, la pronuncia molto marcata. Amanda annuì, segretamente felice che avesse deciso di usare l'inglese e non un tedesco che il suo cervello stanco probabilmente non avrebbe avuto la forza di tradurre. Il ragazzo fece allora segno con il gomito, asciugandosi poi le goccioline di sudore dalla fronte con la maglietta.

"There's a... um, I don't remember the name in English. Ein Kiosk?5" disse, guardandola poi con aspettativa.

"Yes, I think I got it6" disse lei. Kiosk, doveva essere per forza un chiosco, no? Conoscendo il tedesco, non ne era poi così sicura.

Aveva comunque troppa sete per stare a rimuginare sui dettagli, perciò si lasciò condurre verso un piccolo sentiero a qualche metro da lì, seguendo poi il ragazzo.

Raggiunsero la loro destinazione in pochi minuti, ed entrambi praticamente si lanciarono sul bancone, ordinando due bottigliette d'acqua. Per qualche secondo ci fu silenzio, entrambi troppo concentrati a bere per preoccuparsi di fare conversazione, ma quando entrambi ebbero abbassato le bottiglie, Amanda teste la mano verso il ragazzo, che l'afferrò stringendola.

"I'm Amanda"

"Georg. Nice to meet you"

Entrambi troppo stanchi per tornare indietro, decisero di restare a riposare per qualche minuto su una panchina lì accanto, posizionata strategicamente sotto un enorme albero che proiettava una piacevolissima ombra.

Lasciarono passare il tempo chiacchierando - con qualche difficoltà - del più e del meno. Georg a quanto pareva aveva quindici anni, e si era iscritto da pochi mesi al collegio. Proprio come aveva pensato Michela, il prezzo del posto superava di parecchio i quattrocento euro, ma Georg spiegò ad Amanda che era possibile ridurre il costo attraverso una borsa di studio. Quando però le disse quale media serviva per riuscire ad averla, la ragazza spalancò lo sguardo, incredula.

Per avere una media simile, quel ragazzo doveva essere un genio.

Parlarono anche della scuola di Amanda, ma quando Georg chiese informazioni sul professore che li aveva accompagnati quel giorno, la ragazza capì che era arrivato il momento di passare ad altro. Gli raccontò allora di sua sorella, e lui confessò che gli sarebbe piaciuto presentarle suo fratello, anche lui di sette anni, affermando che sarebbero sicuramente andati molto d'accordo.

Finirono per essere talmente presi dalla conversazione che nessuno dei due si accorse del tempo che passava, questo almeno finché Paolo non sbucò trafelato dal sentiero, emettendo un sospiro di sollievo quando la vide.

"Grazie al cielo ti ho trovata" disse, raggiungendola veloce. "Ti stavamo cercando dappertutto"

Amanda sollevò appena un sopracciglio, confusa. "Cercando?"

"Sì, sei sparita per più di mezz'ora e nessuno ti ha vista andare via. Al Navarra sta per venire un infarto, forse è meglio se gli fai vedere che sei ancora viva"

"Uh, ok" sussurrò, voltandosi verso Georg e spiegandogli brevemente il problema. Si riavviarono insieme verso la radura, Amanda ancora un po' confusa. Non pensava che sarebbe davvero potuto sorgere un problema se si fosse allontanata, ma d'altronde forse avrebbe effettivamente fatto meglio ad avvertire. Che Alessandro invece si fosse preoccupato, quello era tutto un altro paio di maniche. Si era preoccupato per lei? O solo perché mancava una studentessa all'appello?

La risposta arrivò non appena si trovarono in prossimità di Alessandro, che mutò immediatamente la sua espressione da preoccupata a truce, espirando pesantemente.

"Cosa ti è saltato in testa?!" domandò immediatamente, avvicinandosi a lei. Paolo e Georg sembrarono capire l'antifona, perché entrambi si sbrigarono ad allontanarsi, raggiungendo gli altri ragazzi, ora seduti sull'erba.

"Ho alzato gli occhi e tu non c'eri più, nessuno sapeva dove fossi. Lo sai che spavento mi hai fatto prendere?"

"Mi dispiace, sono solo andata a prendere dell'acqua" disse lei sulla difensiva. Si era aspettata un veloce rimprovero, non di certo una ramanzina.

"Avresti potuto avvertirmi!"

"Ho detto che mi dispiace!" sbottò lei, sorprendendo anche se stessa. Forse era solo stufa di questo suo comportamento, e forse era il fatto che ormai sembrava rivolgerle la parola solo per darle ordini, fatto sta che ne aveva avuto più che abbastanza. "La prossima volta avvertirò."

Detto questo si voltò, allontanandosi a passo spedito.

"Si può sapere dove stai andando adesso?" le urlò lui dietro, il tono ancora arrabbiato.

"I diciottenni devono farsi trovare al cancello, giusto? Bene, sto andando" rispose ostinata, muovendosi con fare rigido. Non aveva intenzione di stare accanto ad Alessandro un secondo di più.

Riuscì ad allontanarsi meno di una ventina di metri prima di sentire dei passi dietro di lei.

"Puoi smetterla di comportarti come una bambina, per favore?" bisbigliò l'uomo a denti stretti.

"Se magari smettessi di trattarmi come tale" rispose lei senza voltarsi, continuando a camminare.

Sbucarono in una delle vie principali del parco, e Amanda seguì le indicazioni verso l'uscita ovest.

"Io sto solo facendo il mio lavoro"

Amanda si voltò di colpo, bloccandosi. "Puoi smettere di fingere, almeno per qualche secondo? Almeno mentre siamo soli. Forse tu riesci ad andare avanti con questa farsa, ma io no." Si passò una mano tra i corti capelli, scuotendo la testa con rabbia. "Non riesco nemmeno più a starti attorno, sei come un promemoria vivente di quel sabato e vederti così indifferente... mi sento una stupida"

Alessandro sembrò essere preso alla sprovvista. "Sto solo cercando di fare la cosa giusta" disse, la voce che tremava appena sotto il peso di quelle parole. "Ciò che è meglio per entrambi"

"Meglio per entrambi?" Amanda quasi rise a quell'affermazione, incapace ormai di fermare il fiume di parole che le premevano sulla lingua. Quante volte era stata zitta? Quante volte aveva lasciato che fossero gli altri a parlare, ascoltando in silenzio?

"Hai davvero mai pensato a me, in tutta questa storia? Hai pensato a me mentre mi dicevi che non ero altro che un modo per ricordare Veronica? Hai pensato a me quando mi hai accusata di essere la cosa peggiore che ti sia mai capitata? Sai cosa? Dovresti unirti a mia madre e scriverci un libro, sembrate andare molto d'accordo sull'argomento." Amanda si interruppe per un attimo, cercando di far sbollire la rabbia, e quando riprese a parlare la sua voce si era fatta più ferma e tagliente. "Hai pensato a me mentre mi dicevi che avrei dovuto dimenticare tutto e tornare a vederti solo come il mio professore?" Cercò gli occhi di Alessandro, che però continuò ad evitare il suo sguardo. "Tutto ciò che hai fatto, l'hai fatto per te. L'hai fatto perché avevi paura, e ora non hai nemmeno il coraggio di ammetterlo. Giulia ha ragione: sei un codardo"

"Non dovevi raccontarlo a Giulia" fu l'unica risposta dell'uomo, che sembrava sollevato di aver trovato un appiglio per evitare le altre domande. "Non puoi sapere se manterrà il segreto. Non puoi fidarti così delle persone"

"Solo perché tu non ti sei rivelato degno di quella fiducia, non vuol dire che nessuno lo sia. Ti sei divertito a giocare con me, un gioco molto pericoloso, solo per renderti conto che la posta in gioco era troppo alta, e io come una scema ci sono cascata. Ho davvero creduto che tu tenessi a me, mi sono affidata completamente a te, ma immagino a te interessasse solo il brivido del proibito. Dopotutto, le cose illegali sono le migliori, giusto?" a queste parole, Alessandro scosse la testa quasi impercettibilmente, l'espressione ombrosa "Ti sei mai fermato a pensare a quanto male mi hai fatto?"

"Ogni singolo giorno" disse, la voce spezzata. Il suo tono era talmente disperato che Amanda non dubitò nemmeno per un istante della veridicità di quell'affermazione. Rimase immobile, il respiro pesante e gli occhi che le pungevano fastidiosamente.

"Ma questo non vuol dire che non fosse la cosa giusta da fare"

"E lo era davvero?"

Alessandro la fissò per qualche secondo, e sul suo viso Amanda poté leggere finalmente tutte le emozioni che aveva provato anche lei in quelle ultime settimane. Si chiese da quanto tempo l'uomo stesse portando quella maschera, e per la prima volta non fu più così sicura che Alessandro avesse davvero già dimenticato quanto era successo tra loro.

Proprio mentre questo apriva la bocca come per rispondere, Ionut, Paolo e Marialuisa spuntarono dietro di loro, chiacchierando rumorosamente. L'espressione di Alessandro tornò immediatamente illeggibile, le sue spalle si raddrizzarono, e quando l'uomo si voltò verso i suoi studenti nulla era rimasto che lasciasse trasparire il dolore che, ora Amanda lo sapeva, anche lui stava provando.

 



Per tutta la settimana successiva, né Amanda né Alessandro menzionarono più il piccolo incidente al parco. Le cose tornarono per quanto possibile alla normalità, e Amanda cercò di godersi il tempo rimanente a Monaco.

Non riuscì mai però a dimenticare l'espressione dell'uomo, né il suo tono di voce, così diverso da quello fermo e duro che aveva utilizzato quel lontano sabato di Marzo. Non riusciva a togliersi dalla testa quel fastidioso senso di colpa che ora la tormentava, facendola rigirare per tutta la notte nel morbido letto tedesco, impedendole di chiudere occhio.

Era arrabbiata con Alessandro, quello l'aveva capito chiaramente quando si era vista esplodere davanti ai suoi occhi, incapace di fingere che andasse tutto bene per un secondo di più; eppure, per quanto potesse avere tutte le ragioni del mondo, non aveva avuto assolutamente intenzione di essere così dura con lui. Continuava a ripensare alle parole che aveva usato, alle accuse che gli aveva lanciato. Cosa le era saltato in mente?

Se questo era davvero parte della nuova Amanda, allora non era più così sicura di voler cambiare. Era felice di essere riuscita finalmente a dire ciò che pensava, ma ancora poteva sentirsi sulla lingua la crudeltà con la quale aveva praticamente sputato le parole, che ad altro non miravano che vedere finalmente Alessandro provare qualcosa, qualunque cosa.

Ora che era riuscita nell'impresa, però, stava perfino peggio di prima. Perché per quanto volesse mentire a se stessa, la verità era solo una: lei non odiava Alessandro. Non lo odiava nemmeno un po'.

La cosa più strana era che ora era lei quella che non riusciva più a guardarlo in faccia, mentre sentiva gli occhi dell'uomo seguirla ad ogni suo passo, come se altro non aspettasse che incrociare il suo sguardo. Fu per questo che, una volta atterrati nuovamente all'aeroporto italiano, Amanda sentì un'immensa sensazione di sollievo, accompagnata da una più strana, quasi fosse per certi versi delusa. Da cosa? Non lo sapeva nemmeno lei.

Trovò la madre ad aspettarla all'uscita, un enorme sorriso stampato in faccia. Quando sorrideva, Eleonora sembrava perfino più giovane dei suoi trentasette anni, il viso che si illuminava di luce propria. Era in quei momenti che Amanda capiva perché Luigi se ne era innamorato, era in quei momenti che capiva che donna fosse Eleonora prima di diventare una madre. Una donna felice, forse.

Non appena la raggiunse, la madre la strinse in un profondo abbraccio, e Amanda riconobbe il familiare profumo alla pesca che indossava costantemente da anni.

Tornarono a casa in taxi, un viaggio breve e silenzioso. Una volta arrivate Amanda non perse tempo nel riportare la valigia in camera, lasciandosi cadere a letto e stringendosi in posizione fetale, bisognosa di recuperare tutte le ore di sonno che aveva perso.

Fece sogni confusi, il volto di Alessandro che continuava a ripresentarsi in ognuno di essi, facendola sentire triste e confusa. Sognò anche se stessa: si sognò raggomitolata in una stanza, le ginocchia al petto e la testa nascosta tra di esse, le pareti che tremavano ad ogni suo nuovo singhiozzo. Fu l'unico sogno in cui Alessandro non apparve.

Fu il campanello a svegliarla, lasciandola per qualche secondo in uno stato di profonda confusione. Guardando l'orologio vide che erano le 19.47, e rimase sorpresa nel costatare che voleva dire che aveva dormito per più di cinque ore. Non si sentiva affatto riposata.

Il campanello suonò altre due volte prima che raggiungesse la porta, e Amanda capì che la madre probabilmente non era in casa. Quando, aprendo la porta, si ritrovò davanti Luigi e Roberta abbronzati e sorridenti, capì anche perché.

"Ammy!" esclamò la sorella, correndole in braccio. Amanda la afferrò al volo, stringendola a sé e sentendo immediatamente le labbra piegarsi in un enorme sorriso. Non riusciva a credere di essere riuscita a stare un'intera settimana senza di lei, le sembrava impossibile.

"Oh, ti devo raccontare un sacco!" disse Roberta non appena si separarono, afferrando poi Luigi per una mano e obbligandolo ad entrare. L'uomo si lasciò trascinare con una risata, chiudendo la porta dietro di sé, e Amanda ne fu quasi sorpresa.

"I nonni sono fantastici! Nonna Maria ci ha preparato un sacco di dolci, e Nonno Pino ci ha portato a vedere i delfini, come quelli che abbiamo studiato a scuola! Erano bellissimi, non è vero papà?"

Luigi annuì, aiutando la bambina a togliere la giacca e appendendola accanto alla porta.

"Non le raccontare tutto, altrimenti non rimarrà niente per cena"

"Ti fermi a cena?"

"Sono in ferie fino a lunedì, e come meglio spendere il mio tempo se non con le mie due bambine?"

Amanda lo fissò interdetta. Fu quasi tentata di ribattere che in tutti quegli anni ne aveva trovati eccome di modi alternativi per passare il tempo, ma non voleva rovinare la piacevole atmosfera che vi era in quel momento in casa. Inoltre, forse Luigi stava davvero mettendo finalmente la testa a posto, e a cinquantadue anni sarebbe anche stata l'ora. Forse stava davvero provando ad essere un padre migliore, e chi era lei per impedirglielo? Se non per lui, almeno per Roberta, che in quel momento sembrava talmente felice da non riuscire nemmeno a star ferma.

Ordinarono cinese da un ristorante lì vicino, e si sedettero tutte e tre sul divano a mangiare, Roberta che quasi rischiava di strozzarsi dalla velocità con la quale stava raccontando tutte le cose che avevano visto in Sicilia, che avevano fatto al mare, che le avevano raccontato i nonni - il tutto mentre si rimpinzava di anatra alla piastra e riso. Luigi di tanto in tanto si intrometteva del racconto, spiegando ad Amanda in maniera più pratica alcune delle cose che Roberta tanto aveva amato. Non le sfuggì come il padre buttasse di tanto in tanto un "la prossima volta lo vedremo insieme" o "i nonni non vedono l'ora di rivederti, quando gli ho mostrato le foto quasi non credevano che fossi cresciuta così tanto".

Presto, anche lei si lasciò trascinare in quella bolla di entusiasmo, sentendosi finalmente di nuovo in famiglia. Era una sensazione talmente piacevole che riuscì perfino a dimenticarsi di quanto precaria fosse, di quanto facilmente sarebbe potuto cadere tutto a pezzi.

"Che poi, Roberta mi ha detto che hai trovato lavoro" disse Luigi, porgendole un po' di pollo con mandorle.

Amanda annuì, sorridendo con fierezza. "Alla gelateria di via Verdi" disse "Comincerò a Giugno, appena sarà finita la scuola."

"E hai già un'idea su come utilizzare i guadagni?"

"Un appartamento, possibilmente. Ho già cominciato a dare un'occhiata in giro"

Luigi sembrò essere preso un po' alla sprovvista. "Vuoi andartene di casa? Non è un po' presto?"

Fu il turno di Amanda di restare interdetta. Il padre era davvero così cieco da non essersi mai accorto di quello che succedeva in quella casa?

"Non sarà mai troppo presto" fu la sua unica risposta, e decise che se il padre avesse voluto capire lo avrebbe fatto. Roberta sembrò notare la tensione che si era improvvisamente andata a creare nella stanza, perché subito si alzò, proponendo di giocare a Monopoli.

Giocarono fino a tarda notte, approfittando del fatto che fosse sabato, e Roberta manco a dirlo li ridusse in men che non si dica in miseria, cominciando a costruire alberghi per tutto il percorso e collezionando tasse su tasse. Allo scoccare della mezzanotte la bambina lanciò un grande sbadiglio, così Amanda e Luigi decisero che era il caso di andare a letto - forse anche timorosi che se avessero continuato a giocare Roberta si sarebbe appropriata anche delle loro mutande.

Fu solo mentre stava per salire in camera sua che Amanda notò la borsetta della madre sul tavolino di ingresso, il punto dove l'aveva lasciata quando erano tornate dall'aeroporto. Lanciò un'occhiata alla porta della sua camera, sentendosi stranamente a disagio al pensiero che la donna era stata per tutto quel tempo in casa, ma scacciò via la sensazione con una scrollata di spalle, salendo le scale e mettendosi subito a letto.

 



La mattina dopo, quando si svegliò, la borsa di sua madre era sparita, così come la sua macchina. Fu invece sorpresa di trovare il padre in cucina, seduto al tavolo a leggere il giornale, inzuppando i biscotti nella tazza del caffè senza nemmeno guardare e finendo così per continuare a infilarli in immaginarie tazze. Rimase a fissarlo per qualche minuto buono, sentendo nuovamente quella sensazione di familiarità che l'aveva circondata la sera precedente. Non era la prima volta che vedeva il padre così, ma chissà quanti anni erano passati dall'ultima volta in cui era successo. Forse prima ancora che Roberta nascesse.

"Buongiorno" disse Luigi non appena la vide, ripiegando il giornale e afferrando la caffettiera. "Ne vuoi un po'?"

E così fecero colazione insieme. La situazione era talmente surreale che per un istante Amanda si chiese se per caso stesse ancora dormendo. Poco dopo li raggiunse anche Roberta, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando, ma riprendendosi immediatamente non appena li vide seduti al tavolo. Amanda quasi la invidiava, il modo in cui semplicemente riusciva ad accettare tutto quello senza farsi nemmeno una domanda, senza farsi un solo problema, mentre lei non riusciva a smettere di pensare che fosse tutto troppo bello per durare. Forse in un'altra famiglia quella era la normalità, ma non nella sua.

Le cose ripresero un poco della loro quotidianità quando Luigi annunciò che quel pomeriggio sarebbe dovuto andare via per qualche ora, assicurando però le due ragazze che sarebbe tornato per cena.

"Potremmo andare in quel posto dove facevano quella pizza alle acciughe che ti piaceva tanto. Ricordo che ne chiedevi sempre una seconda, anche se poi non riuscivi mai a finirla. Me ne hai fatti mangiare talmente tanti di avanzi che è finita per piacere anche a me."

Amanda impiegò un po' per ricordarsi di quale stesse parlando, poi scosse appena la testa. "L'hanno chiusa cinque anni fa"

"Davvero?" domandò l'uomo, perplesso. Non si lasciò comunque abbattere. "Vorrà dire che ne proveremo una nuova" disse.

E così, Roberta e Amanda passarono il pomeriggio per conto loro. La bambina inizialmente insistette per andare al parco, ma Amanda temeva che avrebbe potuto esserci Alessandro - metodo sicuro per rovinarle tutta la appena ritrovata tranquillità - così le propose invece di aiutarla con i compiti, in modo da avere la serata completamente libera per il padre.

Erano a metà di un problema di geometria, Amanda che cercava di capire come facesse la sorella a risolvere i calcoli così in fretta, quando sentirono la porta di ingresso sbattere, il familiare rumore dei tacchi delle scarpe di Eleonora che ora risuonavano per il pavimento. Amanda si sollevò dal divano, avvicinandosi quasi involontariamente alla madre. Tutta la tranquillità era stata spazzata via, e la ragazza capì subito che c'era qualcosa che non andava. Lentamente, si fermò sullo stipite della porta del salone.

"Ciao" disse, il cuore che le batteva veloce nel petto. "Tutto bene?"

"Oh sì, tutto benissimo" rispose la donna, sorridendo con fare soddisfatto. Quella visione servì solo a far agitare ancora di più Amanda, che riconobbe l'espressione vittoriosa della madre. Raramente portava qualcosa di buono.

"Sono stata dal mio avvocato" disse, posando la borsa al suo posto e avvicinandosi ad Amanda. La ragazza rientrò in salone, lasciando passare la madre, la quale si sedette su una delle poltrone, non degnando Roberta di neanche uno sguardo.

"Dall'avvocato? Come mai?"

"Questioni burocratiche" rispose la donna, il sorriso sempre più largo. "Ho chiesto un po' di informazioni sulla tutela parentale."

Ci fu qualche secondo di silenzio, e Amanda poté letteralmente sentire il suo cuore saltare un battito. Fu a quel punto che la donna si voltò verso di lei, lo sguardo gelido.

"Ti ho sentito parlare con tuo padre, ieri" disse, e ora non sorrideva più. "Credevi di potermi tenere nascosto il tuo piano?"

"Mamma, non c'è nessun piano. Voglio solo-"

"Andartene!" urlò la donna, sollevandosi in piedi. "Vuoi andartene. Lasciarmi qui da sola, proprio ora che finalmente hai una qualche utilità. Dopo tutti i sacrifici che ho fatto per te, tu mi ripaghi così!"

"Non puoi trattenermi qui" disse Amanda, che però ora non ne era più così sicura. Possibile che vi fosse una qualche legge che le imponesse di restare con Eleonora? Che avesse davvero trovato un modo per tenerla con sé, impedendole di andarsene?

"Oh no, è vero, non posso costringere te a restare. Ma Roberta sì" disse, e con una mossa veloce afferrò la bambina per un braccio, sollevandola bruscamente dal divano e attirandola a sé, quasi volesse sottolineare le sue parole.

Amanda osservò la sorella con orrore, trattenendosi dallo scattare in avanti e staccarla dalla presa di Eleonora. "Perché mai vorresti farlo?" chiese, anche se già sapeva la risposta. "Non ti è mai importato di lei, perché proprio ora?"

"Perché lei è mia" disse la donna, stringendo talmente forte che Roberta cominciò a dimenarsi, piangendo. "Non la volevo, ma non ho avuto scelta. E ora è mia"

"Non puoi farlo." Il tono di Amanda ora era disperato. Si sentiva in trappola, la stessa trappola da cui pensava di essere scappata allo scoccare dei diciotto anni. "Non te lo lascerò fare."

"E cosa vorresti fare, sentiamo?" sbottò la madre, strattonando Roberta così che smettesse di muoversi. Il gesto servì solo ad agitare di più la bambina, che ora tirava il braccio della donna con forza, cercando di liberarsi.

"Tu sei libera di andartene. Comincia pure a preparare le valige se vuoi, ma la bambina da qui non-"

Un ultimo strattone, e Roberta fu libera. Amanda la osservò mentre si guardava la mano ora libera quasi con sorpresa, senza nemmeno accorgersi di non avere più un appoggio. La lentezza con la quale cadde all'indietro fu quasi surreale, e Amanda da quel giorno non smise mai per un istante di chiedersi perché non si lanciò verso di lei, perché rimase lì a fissarla mentre continuava a cadere, finché il suo corpo non incontrò il tavolino di vetro alle sue spalle, distruggendolo.

Nel silenzio che improvvisamente regnava nella casa, Amanda si ritrovò ad osservare sua sorella a terra, una pozza di sangue che si allargava sempre di più sotto il suo piccolo corpicino.


 




1 Cosa fate qui?
2 Giocate con noi!
3 Arriviamo!
4 Vuoi qualcosa da bere?
5 C'è un ... um, non ricordo il nome in inglese. Un chiosco? ( in tedesco)
6 Sì, credo di aver capito.



NdA: Vi voglio bene <3


 

  
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