Questo è un What if nel quale Tonks e Ted sono ancora vivi e dove il piccolo Teddy non è mai esistito.
1. LE
SITUAZIONI DI LUI & LEI
Era una
bella giornata di primavera, nella campagna nei pressi della Tana il sole
splendeva circondato da gruppi di grandi
nuvole bianche che si spostavano lentamente, seguendo la direzione del vento.
Più in basso tirava una deliziosa brezza che faceva ondeggiare lievemente le
fronde degli alberi e i fili d’erba verde, cresciuti incolti intorno alla riva
di un fosso.
Un merlo,
dallo sgargiante becco giallo, osservava il panorama dal ramo di un albero, muovendo
la testa da una parte all’altra, curioso. Tutto preannunciava l’arrivo
dell’estate, ormai alle porte.
La quiete
del posto fu turbata da un rumore secco e improvviso che spaventò il merlo che
volò più distante, su un'altra pianta, rimettendosi poi a guadare, con fare
curioso, la nuova presenza appena Materializzata.
Un ragazzo
alto e dai lunghi capelli rossi, raccolti in una coda alla base della nuca,
stava in piedi, perplesso, lungo il sentiero che conduceva verso la sua casa;
dopo aver rimuginato per qualche istante decise di sedersi all’ombra di una
quercia non poco distante dal luogo della sua apparizione.
Il volto
pallido, più del solito, la fronte imperlata di sudore per via del caldo e due
borse sotto gli occhi; stancamente si passò una mano sul viso appoggiando poi
la testa all’indietro, contro al tronco dell’albero. Sospirò e rimase in
contemplazione del paesaggio, senza però guardarlo realmente, il flusso dei
suoi pensieri seguiva altre direzioni. Estrasse dalla tasca dei Jeans un orecchino
a forma di zanna e, dopo averlo osservato per qualche istante, se lo mise.
Un’espressione di dolore comparve sul suo volto quando la punta dell’orecchino
bucò la pelle dell’orecchio: erano almeno due anni che non lo indossava più e
il buco si era richiuso.
Poi,
stancamente, si rimise in piedi, sbuffando, avviandosi in direzione della Tana.
Si era Smaterializzato di proposito più lontano del solito dall’abitazione: in
quel momento a Bill, primogenito della famiglia Weasley,
serviva stare da solo con i suoi pensieri, in un posto tranquillo, per
rimettere insieme le idee: e alla Tana era impossibile farlo, anche
rinchiudendosi nella propria stanza.
Era tornato
ad abitare nella casa dei suoi genitori da circa quattro mesi e mezzo, ma la
situazione all’interno del gruppo non era delle più felici. Una volta entrato,
trovò alcuni membri della sua famiglia seduti al tavolo della cucina che
finivano di mangiare, chiacchierando spensierati: appena lo videro il silenzio
calò nella stanza.
Molly stava
aspettando il figlio maggiore già da più di mezz’ora e non mancò di farglielo
notare; “Ti ho mandato un gufo per avvisarti,” rispose in tono asciutto Bill.
Neanche a farlo apposta, in quel momento, qualcosa andò a sbattere contro al
vetro della finestra. “Ecco Leotordo!” Esclamò Ginny, alzandosi dalla sedia per andare a prendere il gufo.
“E pensare
che l’ho inviato più di un’ora fa. Si sarà perso come al solito.”
Uno sbuffo
di Molly riportò tutti alla realtà e il silenzio calò nuovamente tra le
persone.
“Allora,”
iniziò Molly in tono secco, non appena ebbe messo in tavola una nuova ciotola
con dell’insalata, “È tutto finito?” Il suo tono non era dei più materni.
Al suono di
quella frase i presenti smisero di mangiare e guardarono prima Molly poi Bill;
la signora Weasley aveva posto la domanda che
tormentava tutti, ma che nessuno aveva osato fare.
“Sì!” Bill
non si dilungò in inutili spiegazioni.
Il pericolo
sembrava momentaneamente scampato, tutti sapevano bene che quello che Molly
aveva toccato non era un buon argomento di conversazione.
“Ah, ma io
te lo avevo detto!” Esclamò, soddisfatta di sé, la donna.
La fatidica
frase era stata pronunciata; e tra le tante cose che potevano mettere fine
all’armonia familiare, una era proprio quella.
“Mamma, per
favore…” Bill cercò di farle capire che non era né il momento adatto, né il
luogo; disse quella frase con aria stanca, ma Molly continuò ad infierire.
“Oh, andiamo
Bill! Era una cosa che si poteva tranquillamente prevedere, avete fatto le cose
troppo in fretta!”
“Mamma…”
“E poi a me
non era mai piaciuta e lo sai bene! Io difficilmente mi sbaglio.”
“Per favore,
smettiamola”, tentò nuovamente Bill, invano. Se c’era una cosa della quale non
gli andava di parlare era proprio quella; rigirò le due foglie di insalata che
aveva nel piatto, non molto invogliato a mangiarle: quello non era decisamente
uno dei suoi piatti preferiti.
“Ah, ma se
Morgana vuole, adesso è finita.”
Visto che le
sue parole non erano state minimamente prese in considerazione e che aveva
anche lo stomaco chiuso, Bill si alzò da tavola, piuttosto scocciato, e senza
dire niente uscì di casa sbattendo la porta.
Non era
stata una situazione facile quella che aveva passato con Fleur:
in un primo momento era sembrato tutto facile, il loro matrimonio procedeva
bene ed erano felici. Poi erano iniziate le prime incomprensioni, i primi
litigi: discutevano per cose stupide. Infine più nulla: erano diventati come
due estranei. Quando Bill provò a parlarle per cercare di rimediare alla
situazione, Fleur gli aveva confessato di non sapere
più quello che provava per lui. Avevano tirato avanti altri due mesi e poi,
insieme, avevano deciso che era meglio chiudere la loro storia,
definitivamente. Questa notizia aveva avverato tutti i sospetti e tutti i
presentimenti di mamma Molly che, in preda ad un altro semi dramma familiare
con George in crisi con la sua ragazza, era quasi uscita di senno.
Forse Molly aveva avuto ragione quando aveva detto che era troppo presto,
nonostante ciò, Bill era contento di averci provato, di aver seguito il suo
cuore: non aveva nessun rimpianto. Semplicemente non aveva funzionato e ora, a
distanza di oltre quattro mesi, continuare a cercare una causa o un colpevole,
gli sembrava una cosa assurda. Voleva solo dimenticare, ricominciare.
Molly, da
quando era finita la guerra, era cambiata: lo shock per la perdita di Fred era
stata troppo grande per lei e se prima era una persona molto attenta ai suoi
figli, ora lo era anche di più, in modo quasi ossessivo, maniacale. Gli unici
due che si salvavano erano Charlie, perché viveva in Romania e rincasava forse
due volte all’anno; e Percy che, nonostante quello
che aveva combinato, rimaneva comunque la persona precisa e puntigliosa della
famiglia, quello con i piedi per terra, senza troppi grilli per la testa, in
più, la sua ragazza, Audrey andava molto a genio alla madre. I due più piccoli,
Ron e Ginny erano tenuti sotto stretta sorveglianza,
ma non erano oggetto di commenti sarcastici: più che di loro, Molly si fidava
di Hermione e di Harry, ma questo non lo avrebbe mai
ammesso.
George si
era lasciato da poco con una ragazza che sua madre adorava, quindi anche lui
era soggetto a frecciatine, meno comunque di Bill, perché anche lui come
Charlie viveva fuori casa.
La goccia
che aveva fatto traboccare il vaso, la nota che aveva dato conferme ai pensieri
di Molly, sul fatto che i suoi figli non fossero abbastanza maturi per delle
relazioni stabili, fu la fine del matrimonio di Bill, che le diede la possibilità di esclamare con aria
soddisfatta "L'avevo detto io!"
Purtroppo, dalla fine della guerra con Voldemort,
dalla quale erano passati due anni, Molly non era ancora riuscita a riprendersi
del tutto: i suoi figli e Arthur avevano deciso di lasciare tempo al tempo, per
quanto anche per loro non fosse facile.
Bill si
smaterializzò in Diagon Alley
e da lì iniziò a vagare senza una meta precisa: era stanco, confuso, avrebbe
solamente voluto stendersi sul suo letto e dormire, ma non era possibile. Il
rapporto con la madre si deteriorava di giorno in giorno e lui non era più così
sicuro di avere ancora molta pazienza a disposizione. Forse però, l’indomani
avrebbe già dimenticato tutto, lasciandosi le parole di Molly alle spalle e non
dandoci peso, sapendo che comunque sua madre
non era così.
***
“Tesoro,
questa volta hai esagerato”, la ammonì Arthur.
“Sì mamma”,
intervenne Ginny, “Poi, non sei tu quella che dopo la
scena dell’infermeria, hai iniziato ad adorare Fleur
e a ripete quanto stava bene con Bill?”
“Potevi
essere anche un po’ più delicata…”, aggiunse Charlie.
Attaccata,
Molly cercò di difendersi: “Sì, forse ho esagerato, ma anche lui, andarsene
così!”
“Beh, dopo
la mattinata che ha passato, secondo me voleva solo starsene tranquillo; invece
arriva a casa e ci sei tu che metti il dito nella piaga!” Questa volta a
parlare era stato George, scocciato,che aveva vissuto un’esperienza simile.
“Avevo
queste cose dentro da troppo. E la prossima ragazza che porterà a casa mi
assicurerò che sia veramente quella giusta!” Guardò tutti i ragazzi presenti,
“E questo vale anche per voi!”
Un brivido
corse lungo la schiena dei presenti.
In effetti,
quella appena passata non era stata una delle mattine migliori di Bill in
quanto era stato tutto il tempo in un tribunale a concludere la sua causa di
divorzio dalla moglie, Fleur Delacour.
I due si
erano separati ormai da quattro mesi, ma solamente quel giorno erano riusciti a
rendere ufficiale la cosa: il tribunale magico aveva i suoi tempi.
Ormai erano
più di due ore che Bill camminava senza una meta precisa; di tornare a casa non
ne aveva assolutamente intenzione, ancora si rimproverava per aver accettato di
tornare a casa dei suoi dopo l’accaduto. Solo un mese prima, preso dalla
disperazione aveva annunciato che sarebbe andato a vivere da solo ed era stato
minacciato di disconoscimento.
Camminando,
Bill arrivò ad un posto per lui fin troppo familiare.
Si fermò da
un fiorista lì vicino e, dopo aver preso due margherite giganti bianche,
oltrepassò un enorme cancello in ferro battuto.
Quello era
il luogo dove riposava Fred, suo fratello.
Con sua
sorpresa trovò qualcuno davanti alla tomba e da lontano non riuscì a
riconoscere chi fosse. Arrivato davanti salutò la ragazza, senza riconoscerla,
aveva pensato fosse un’amica di Fred. Lei aveva ricambiato il suo saluto
continuando a fissarlo mentre lui si chinava a deporre i fiori accanto a quelli
già presenti, intuendo che lui non l’aveva riconosciuta. Una volta che Bill si
fu alzato, lei gli rivolse la parola.
“Come stai?”
chiese quasi sottovoce.
Bill si
girò, fissandola per qualche istante; aprì la bocca per parlare, ma non uscì
nessun suono.
“Sorpreso di
vedermi?” La ragazza gli sorrise.
“Non sai
quanto…”
Ma quello
non era il luogo per parlare. Salutarono Fred e si incamminarono verso l’uscita
in silenzio. Appena fuori dal cancello si abbracciarono, era il saluto tra due
vecchi amici, due compagni di squadra che avevano combattuto fianco a fianco
nell’ultima guerra e che non si vedevano ad tanto tempo.
“Andiamo a
bere qualcosa e a parlare un po’? Ti va?”, chiese Tonks
e Bill annuì.
Erano due
anni che non si vedevano e che non si sentivano salvo un paio di lettere una
volta ogni tanto.
Durante la
guerra era morto Remus e da quel momento, Tonks non si era più ripresa: prima si era rinchiusa in
casa un paio di mesi, poi era andata ad abitare lontano. Da quel poco che Bill
sapeva, lei non riusciva più a trasformarsi e ne ebbe la conferma quando, una
volta entrati in un pub, si tolse il cappello da strega mostrando i suoi
capelli, color castano spento.
Tonks si
era dimessa dal dipartimento Auror subito dopo
l’ultima battaglia, il colpo era stato tale che per un breve periodo non era
riuscita ad eseguire nemmeno le magie più semplici.
Parlando, Tonks seppe tutta la storia di Bill, si informò su Molly e
si stupì del suo cambiamento.
Lei, invece,
raccontò di aver passato gli ultimi due anni da dei parenti di suo padre
lavorando come commessa in un negozio Babbano; adesso era ritornata nel mondo
magico per restare ed era in cerca di un nuovo lavoro.
Nonostante
non riuscisse a trasformarsi era serena, dopo due anni era riuscita ad
accettare la cosa ed era pronta a rifarsi una vita.
I due
ragazzi rimasero a parlare fino a tarda sera e si lasciarono con una promessa,
da parte di lui, di un invito a cena alla Tana, come ai vecchi tempi; di sicuro
a Molly avrebbe fatto piacere rivederla, e anche agli altri.
Quando Bill
rincasò le luci erano già tutte spente e tutti erano già andati a dormire. Poco
prima che riuscisse ad entrare in camera Molly uscì dalla propria stanza.
“Ti sembra
questa l’ora di rientrare?”, chiese.
“Non ho più
vent’anni, mamma.”
“Dove sei
stato?”
“Fuori, con
degli amici, e ora scusa ma vado a dormire. Buona notte.” Detto questo, Bill si
chiuse la porta della sua stanza alle spalle; Molly, rassegnata e per nulla
contenta, fece altrettanto.
*Titolo del
capitolo preso da un Manga giapponese.