Film > Pirati dei caraibi
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Autore: Koori_chan    26/06/2014    3 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Ottavo~






La sera del quindici Settembre 1707 Jim Cooper era tornato a casa con una notizia che avrebbe completamente sconvolto gli equilibri della bottega. Il viaggio nella città vicina gli era fruttato nuovi clienti e una mole spropositata di lavoro che non sarebbe mai riuscito a portare a termine, nemmeno con l’aiuto di Will; era proprio per questo motivo che aveva deciso di entrare in affari con John Brown, fabbro gallese da poco giunto a Port Royal in cerca di fortuna.
L’arrivo del signor Brown alla bottega, però, aveva segnato la fine degli allenamenti di scherma di Cristal, che aveva dovuto, probabilmente per la prima volta in vita sua, chinare il capo di fronte al suo essere donna.
- Mi dispiace tanto, Cris, ma capirai anche tu che sarebbe troppo complicato continuare ad allenarti assieme a Will. – le aveva spiegato suo padre, temendo la reazione della figlia.
Cristal aveva però annuito con garbo, regalandogli un sorriso quieto e comprensivo.
- Tranquillo, papà, non  ho alcuna intenzione di mettervi nei guai con queste sciocchezze. Dopotutto era solo un passatempo… -
Sia Jim che Marion erano rimasti molto sorpresi da quell’atteggiamento pacato e accondiscendente, ma era ciò di cui avevano bisogno, e indagare oltre sarebbe stato uno spreco di tempo ed eneregie.
Nel frattempo le forti piogge monsoniche avevano spazzato via un altro anno, allontanando Will dalle ragazze sempre di più.
- Non viene nemmeno oggi? – domandò Elizabeth un pomeriggio sul finire di Giugno, un paio di settimane dopo il quindicesimo compleanno di Cristal, seduta al tavolo della cucina di casa Cooper.
Cristal fece spallucce e finì di sgranocchiare un tozzo di pane, scrollandosi le briciole di dosso.
- In bottega c’è un sacco di lavoro da fare, e credo che dopo voglia andare giù al porto con Mackie e Fairfax… - concluse con una smorfia.
Elizabeth la guardò interrogativa.
- E chi sarebbero? –
L’amica storse il naso e roteò gli occhi.
- Due suoi nuovi amici, gentaccia. Non mi vogliono con loro perché “una femminuccia sarebbe solo un peso”. Glielo faccio vedere io il peso… - biascicò, scura in volto.
La verità era che le cose fra loro tre, nell’ultimo anno e mezzo, erano radicalmente cambiate.
Erano cresciuti, tutti e tre.
Cristal si era fatta più alta e matura nell’aspetto, Elizabeth ancora più aggraziata, e Will aveva perso ogni interesse a fingersi un temibile pirata.
La figlia del fabbro aveva capito già da un po’ perché a Will non andasse a genio l’idea di trascorrere tutto quel tempo con Lizzie, e in tutta onestà pensava che quelle dell’apprendista fossero motivazioni estremamente stupide, ma col tempo aveva dovuto rassegnarsi al fatto che anche Will era cresciuto, e che il suo ricercare compagnie più turbolente fosse qualcosa di normale.
Dopotutto anche lei era lentamente cambiata, e aveva notato che era già da un po’ che lei e Lizzie non si rincorrevano più per le stradicciole di Port Royal nel bel mezzo di sanguinarie battaglie.
- Comunque i sospetti si sono rivelati fondati! – esclamò improvvisamente Elizabeth, distogliendola dai suoi pensieri.
- Quali sospetti? –
La figlia del Governatore si alzò in pedi e mosse qualche passo misurato all’interno della stanza, dandosi grande importanza.
- Ieri, mentre ti aspettavamo al Forte, abbiamo incontrato Theodore Groves… - incominciò, sul viso un sorrisetto saccente.
Groves era un giovane marinaio, di un paio d’anni più anziano di Norrington e di Howard Smith e molto amico di quest’ultimo.
Nonostante la sua affiliazione alla Marina Britannica, Cristal lo trovava un ragazzo carino ed educato, una piacevole compagnia, insomma.
- E quindi? Groves cosa? Che ha fatto? – domandò, piena di curiosità.
Elizabeth continuò a misurare la cucina a grandi passi, un guizzo malizioso negli occhi.
- Lui e Howard si sono messi a chiacchierare, e indovina qual era l’argomento della loro discussione? –
- Estrella? – azzardò Cristal, che assieme all’amica già da tempo sospettava che ci fosse del tenero fra la guardia del corpo e la cameriera di Elizabeth, cugina di terzo grado di Theodore Groves.
Lizzie anuì e batté le mani, emozionata.
- Pare che Estrella si strugga dietro alla mia valorosa guardia del corpo, e se ho ben capito Groves sarebbe disposto a intercedere per lei presso Howard! – esclamò con un gridolino.
Cristal balzò in piedi.
- Fantastico! Beh, dai, è evidente che Howard non aspetta altro che una conferma da parte sua! Se Theodore gli ha spifferato di Estrella il gioco è fatto! – convenne con soddisfazione, il pugno alzato al cielo in segno di vittoria.
Proprio in quel momento la porta di casa si aprì con un lieve cigolio, mostrando la figura slanciata di Marion, carica di cestini e scampoli di stoffa.
- Buongiorno ragazze! A cosa è dovuta tutta questa euforia? – le salutò mentre posava i suoi acquisti sul tavolo.
- Pare che Howard voglia chiedere la mano di Estrella, ma proprio mentre stavo per origliare i dettagli è arrivato Gillette e addio pettegolezzo! – raccontò Elizabeth, Cristal che sbuffava in piedi accanto a lei.
- Dannato Gillette, appare sempre nei momenti meno opportuni! – si lamentò quella.
Marion ridacchiò, mentre osservava i metri di stoffa colorata che aveva comprato e calcolava rapidamente le ore di lavoro che le sarebbero servite per realizzare un abito per la figlia.
- In ogni caso ho deciso che chiederò a mio padre di dare un ballo, il mese prossimo! Così quei due saranno costretti a parlarsi e chissà, magari Howard troverà il coraggio di invitarla a ballare! – comunicò la giovane Swann, piroettando su se stessa.
- Per fortuna che ho comprato questa bella stoffa blu… - commentò Marion con un sospiro: quasi preferiva le ragazzine quando si divertivano a spacciarsi per pirati…
Giugno arrivò in fretta, portato dal vento dell’estate, e con lui il quindicesimo compleanno di Cristal e il ballo a lungo atteso.
Elizabeth, nel suo grande abito bianco ricamato in porpora, dimostrava decisamente più della sua giovane età, nel portamento elegante e carismatico il riflesso della donna che sarebbe diventata da lì a pochi anni.
- Devo dire che i balli pubblici sono molto più divertenti di quelli privati! – esclamò per farsi sentire al di sopra della musica dopo aver aperto le danze con James Norrington.
- Come hai fatto a convincere tuo padre? – si informò Cristal, gli occhi puntati su Howard ed Estrella che conversavano ad una quindicina di passi di distanza.
Elizabeth rise e prese l’amica per mano, piroettando con lei a ritmo di musica.
- Tu sottovaluti il mio potere, Cristal Cooper! – continuò, al settimo cielo.
L’altra scosse la testa, immaginandola pestare i piedi nelle peggiori scenate di cui era capace.
- Di certo non sottovaluto il tuo fascino… Quell’individuo laggiù… è tutta la sera che ti fissa… Sono sicura che prima che sia finita la serata ti chiederà di ballare! – fece con un cenno del capo a un ragazzo imbellettato che le stava osservando con interesse da qualche minuto.
Elizabeth la guardò con tanto d’occhi.
- Quello? Quello è il figlio dei Campbell, non ballerei con lui nemmeno sotto tortura! –
Ma la loro conversazione venne interrotta dalla voce allegra e dal viso gioviale di Theodore Groves, che le salutò con un inchino.
- Buonasera Miss Swann! Miss Cooper, potrei avere l’onore di invitarvi alla prossima danza e salvarmi così dalle chiacchiere del caro Gillette?- propose con un occhiolino.
Cristal lasciò che lo sguardo vagasse veloce per il grande salone affittato da Swann apposta per l’occasione finchè non riuscì a individuare Lucas Gillette, impegnato in un’accesa conversazione con un Norrington abbastanza annoiato seduto accanto a lui.
- Con immenso piacere, Signor Groves! – rise, ben decisa ad aiutarlo ad evitare la parlantina dell’irriducibile collega.
Non pensò al fatto che quella era la prima volta nella sua vita in cui si lanciava in una simile esperienza, non pensò al fatto che “Capitano Pirata” e “damigella danzante” fossero due epiteti assolutamente inconciliabili, non si interrogò sul perché Norrington fosse scattato in piedi nel vederli ballare, non pensò a nulla se non a divertirsi, mentre volteggiando con Groves incassava lo sguardo ironico di sua madre e si godeva la musica e le risate.
Il sorriso però le scomparve completamente dalle labbra quando, una ventina di minuti dopo, il Tenente Norrington si avvicinò a lei, lo sguardo fisso nei suoi occhi.
- Miss Cooper. – salutò, freddo e composto come suo solito.
- Tenente Norrington. – fu la sua replica a tono, accompagnata da un lieve inchino.
- Mi concedereste l’onore del prossimo ballo? – domandò, Elizabeth e Jim Cooper che spalancavano gli occhi di sorpresa mentre Marion si portava una mano alle labbra per nascondere uno strano sorrisetto.
- Oh. – fu la replica della ragazza, completamente impreparata a una simile richiesta.
- Certamente. – aggiunse, mentre entrambi si affrettavano a concludere il discorso con un altro inchino e si allontanavano ognuno in una direzione diversa.
Cristal trascinò Elizabeth fuori dal salone, dove un grande terrazzo si affacciava sulla baia, offrendo un po’ di frescura ai partecipanti alla festa.
- Lizzie, Norrington mi ha appena invitata a ballare? – domandò, ancora incredula.
L’amica annuì, la mano guantata attorno a quella della figlia del fabbro.
- E io ho accettato. – continuò quella, gli occhi sgranati.
- Ballerò con James Norrington. Io. – balbettò ancora, sconvolta.
- Che male c’è? Scommetto che ti divertirai! – la incoraggiò Elizabeth, ben consapevole di cosa l’espressione atterrita sul viso della bionda significasse.
- Bel problema, giacchè mi sono ripromessa di odiarlo per l’eternità! –
Si scambiarono una lunga occhiata silente, poi scoppiarono a ridere.
Fra le mille cose che erano cambiate in quegli ultimi due anni, il rapporto fra James e Cristal era probabilmente la più evidente.
Dopo l’impiccagione di Gardner non si erano più visti per molto tempo: Norrington era salpato a caccia di pirati e aveva conseguito alcuni importanti risultati, snidando la feccia degli oceani e riguadagnando un po’ di sicurezza lungo le rotte commerciali che conducevano a Port Royal.
Era stato intorno a Settembre dell’anno successivo che aveva dato il via a quella che Elizabeth e Howard avevano definito la sua “politica di avvicinamento ai Cooper”.
Tutto era incominciato un pomeriggio di pioggia scrosciante, quando quattro colpi decisi all’uscio del fabbro avevano fatto accorrere Cristal, con il solo risultato di trovarsi di fronte il Tenente bagnato come un pulcino.
L’aveva fatto entrare e accomodare di fronte al camino, senza pensare al fatto che l’assenza di Marion, in visita a un’amica, avrebbe reso la faccenda ambigua e lievemente imbarazzante.
Stranamente, però, il pomeriggio era trascorso senza imbarazzo alcuno e le visite di Norrington si erano ripetute, sia che ci fosse stata tempesta o cielo terso.
Gli incontri che per Cristal significavano tensione e nervoso si erano così lentamente mutati in quieta accettazione e infine in inconsapevole gradimento.
Jim aveva accolto quella nuova casuale routine con una scettica alzata di sopracciglia, mentre Marion sembrava divertita da quella situazione, divertita come il marito non la vedeva da anni.
- Dai, rientriamo, sarà quasi ora del tuo ballo! – la prese in giro Elizabeth riportandola alla realtà con una leggera gomitata.
Cristal annuì, un poco agitata, e lanciò un’ultima occhiata al cielo nuvoloso prima che il caos della sala da ballo la fagocitasse di nuovo.
Il calore dell’interno la accolse come se avesse sbattutto violentemente contro un muro e quasi si pentì di essere uscita sapendo che sarebbe comunque dovuta rientrare.
Un applauso scrosciante informò le due giovani che il ballo precedente era appena terminato, mentre i violini attaccavano le prime note della nuova melodia e i ballerini prendevano posto lungo il salone.
James si allontanò da un gruppetto di ufficiali e le venne incontro, prendendola per mano con delicatezza e conducendola al centro del salone, dove era rimasto un posticino per loro due.
Iniziò a muovere i primi passi con decisione ed eleganza, e Cristal si sforzò di seguire il suo ritmo senza sbagliare, lo sguardo puntato verso qualsiasi cosa non fossero gli occhi del Tenente.
Era in imbarazzo, era dannatamente in imbarazzo. Non avrebbe mai dovuto accettare.
- Il blu vi dona… - quella frase improvvisa e inattesa la fece sobbalzare.
- Come? – balbettò, sorpresa.
Si concesse una rapida occhiata al suo interlocutore, e notò con una punta di sollievo che l’imbarazzo era lo stesso da entrambe le parti.
Norrington si schiarì la voce e arrossì appena, cosa che fece sorridere la ragazza.
- Il blu… L’abito… Vi dona… Oh, lasciate perdere… - biascicò, sempre più in imbarazzo.
Quello era un complimento? James Norrington aveva appena provato a farle un complimento?-
Il sorriso si aprì sempre più spontaneo sulle labbra della giovane.
- Vi ringrazio! – e fece una giravolta su se stessa, come imponeva la danza, prima di scambiarsi di posto con James sempre tenendogli la mano.
Era un ballo più tranquillo dei precedenti, più intimo, in qualche modo.
Con la coda dell’occhio scorse i suoi genitori danzare poco distante e si sentì improvvisamente piena di energie, come se nulla avesse potuto frapporsi fra lei e qualsiasi obbiettivo si fosse preposta in quel momento.
- E così anche voi avete finito per soccombere al signor Gillette… - commentò dopo qualche passo in silenzio, godendosi il sorriso sincero che ebbe in cambio di quelle parole.
- E’ un brav’uomo, ma la sua parlantina sa essere un nemico più temibile di dieci galeoni… - confessò con un sospiro.
- Da bambino era anche peggio… - aggiunse a mezza voce con un’eloquente alzata di sopracciglia, sporgendosi appena in avanti per essere certo di farsi sentire.
- Ammiro la vostra pazienza, James! – e rise, senza curarsi troppo del fatto che il caldo e la folla avessero allentato i suoi freni inibitori al punto da arrivare a chiamarlo per nome.
Quello parve non accorgersene nemmeno e, terminata la danza, la condusse nuovamente verso la terrazza, chiacchierando allegramente.
- Davvero avete letto Milton? Così giovane? –
Affacciati alla balaustra avevano preso a parlare di libri e Norrington aveva avuto modo di stupirsi della voracità di Cristal in tal proposito.
- Certamente! In effetti ho trovato alcuni passaggi un po’ ostici, ma nel complesso ho davvero apprezzato il Paradiso Perduto. Insomma, l’idea di rovesciare il punto di vista e far vestire al Diavolo i panni del protagonista è qualcosa di geniale! Un ottimo specchio dell’animo umano, se non altro… - spiegò raggiante, mentre il forte vento in arrivo dal mare le scompigliava i capelli.
James scoppiò a ridere e si passò una mano fra i capelli scuri, ora liberi dall’odioso parrucchino.
- Come sempre parteggiate per il lato oscuro del mondo… - commentò senza malizia.
- Lato oscuro? Niente affatto! E’ una questione di punti di vista, invece! Better to reign in Hell than serve in Heaven… E’ una scelta, e le scelte sono sempre più interessanti e apprezzabili di una vita passiva, non trovate? – argomentò la ragazza, convinta delle sue idee.
Proprio in quel momento una luce abbagliante provenne dal mare, seguita da un pigro gorgolìo sopra le loro teste.
Cristal si voltò di scatto, lo sguardo puntato all’orizzonte dove le saette baluginavano e le nuvole correvano rapide verso la costa.
- Tempesta in arrivo… - osservò James senza particolare entusiasmo.
Cristal, invece, accolse le prime gocce di pioggia con un enorme sorriso.
- Fantastico! Adoro la tempesta, i fulmini mi trasmettono un’energia indescrivibile! Questa è una bellissima serata! – esclamò, aprendo le braccia e lasciando che le raffiche di vento le gonfiassero l’abito.
- Ah, non è meraviglioso, James? – aggiunse con una giravolta su se stessa.
- Sono felice che vi stiate divertendo, ma sarei altrettanto felice se per per la settimana prossima fosse tutto finito, salpare in mezzo al nubifragio non è proprio l’ideale… Vieni, rientriamo, o ci bagneremo fino all’osso… - suggerì conducendola delicatamente verso il salone, in fuga dalla pioggia.
Nessuno dei due si accorse che erano passati dal voi al tu in maniera più che naturale.
- Salpare? Per dove? Quanto starai via? – fece lei, quasi dispiaciuta dalla notizia.
Norrington si strinse nelle spalle.
- Pare che ci siano state un paio di incursioni dei pirati a Nord dell’isola. Il Capitano Thompson vuole armare due navi per la ricognizione e vuole che sia io al comando di una delle due… Potrebbe volerci qualche giorno come un mese intero, dipende da cosa incontreremo, e quando… - raccontò, fiero e preoccupato al contempo.
Cristal gli rivolse un sorriso incoraggiante e riaccolse il caldo del salone, sentendo gli spruzzi di pioggia asciugarsi in fretta sul suo viso.
- E’ una bella responsabilità, ma devi sentirti orgoglioso! Abbiamo tutti grande stima di te… -
Ed entrambi notarono, senza tuttavia azzardarsi a mostrarlo, che quella volta la figlia del fabbro si era ben guardata dal parteggiare per i bucanieri.
 




- Cristal, per l’amor del cielo, alza quella guardia! –
Marion Hawke, indosso un paio di pantaloni del marito stretti in vita da una grande cintura, diede un colpetto alla spada di legno della figlia con la punta della sua.
Alla fine la pace era durata poco, e si era deciso che sarebbe stato compito suo occuparsi delle lezioni di scherma di Cristal, da quando l’arrivo di Brown le aveva impedito di continuare ad allenarsi con Will.
La ragazza era rimasta decisamente stupita nello scoprire che, più di quattordici anni prima, Jim aveva insegnato quelle stesse tecniche a sua madre, ma non aveva indagato, sotto sotto felice che Marion, in passato, fosse stata una ragazza curiosa e fantasiosa come lei.
- Mamma, sono distrutta, pietà! – mugolò, sforzandosi di mantenere la guardia nella giusta posizione e piegando appena le ginocchia.
Di certo non avrebbe mai immaginato che la donna sarebbe stata un’insegnante ben più severa ed esigente di suo padre.
- Non esiste tregua nel combattimento! Muovi i piedi, attenta! – esclamò quella, balzando in avanti e accennando un affondo, parato a fatica dalla figlia.
- Come diamine fai ad essere ancora così fresca? E’ un’ora e mezza che mi alleni di punta, non ti fa male il braccio? – azzardò, nella speranza che le concedesse qualche minuto di pausa.
- Concentrata! – fu l’unico grido che ottenne, prima di venire disarmata da un mulinello deciso ed efficace.
La spada cadde a terra, mentre la brezza in arrivo dal mare alzava la polvere nel cortile sul retro della casa.
Marion scosse la testa e si sedette su una cassa abbandonata da Jim qualche giorno prima.
- Non ci siamo proprio… Oggi sei completamente con la testa fra le nuvole, è meglio se ci fermiamo… - suggerì, inziando a sciogliere le trecce in cui aveva raccolto i lunghi capelli corvini.
La figlia, stravolta, si passò il dorso della mano sulla fronte e incassò la testa fra le spalle.
- Mi dispiace, io… Non so davvero… - balbettò in cerca di una scusa.
- Lascia stare, vai a cambiarti e fai una bella passeggiata, vedrai che domani andrà meglio… - le accarezzò il capo ed entrò in casa, ben consapevole di quale fosse la causa della distrazione dell’allieva.
Era già da un mese che la spedizione del Capitano Thompson aveva levato l’ancora, e ancora non si avevano notizie riguardo alla riuscita dell’impresa.
Cristal era riuscita a distrarsi un po’ dalla preoccupazione solo grazie all’annuncio del matrimonio fra Howard ed Estrella, ma sia lei che Elizabeth non riuscivano ad ignorare il cattivo presentimento riguardo alla sorte di James.
- Il Capitano Thompson aveva detto che sarebbe stato un lavoro semplice… In un mese avrebbero tranquillamente potuto coprire la distanza fra qui e Londra… E se fosse successo qualcosa? – osava a volte la figlia del Governatore, gli intelligenti occhi castani puntati sull’orizzonte nella speranza di vedere le due navi comparire all’improvviso.
Cristal scosse la testa sperando di scacciare dalla mente quelle parole, si sistemò il corsetto e annodò distrattamente uno scialle leggero attorno alle spalle.
- Già che ci sei compra due gomitoli di lana scura, che devo finire la mantellina per quest’inverno… - la salutò sua madre porgendole un cestino di vimini dove sistemare gli aquisti.
La giovane annuì e uscì per strada, intenzionata a fare un salto dal libraio prima di sbrigare le commissioni.
Raggiunta la strada principale, però, un insolito viavai la incuriosì al punto di farle cambiare direzione.
Uomini e donne di tutte le età correvano avanti e indietro dal porto al Forte, spaventati e frettolosi.
- Chiedo scusa, cosa succede? – domandò alla prima signora che ebbe la premura di fermarsi un momento e darle retta.
Quella le rivolse uno sguardo preoccupato e le strinse le mani in preda all’agitazione.
- E’ tornata la nave del Capitano Thompson! E’ un disastro, un disastro… Tutti quei giovani… - balbettò.
Fu come passare sotto una cascata gelida, fu come se una fucilata le avesse trapassato il cuore spezzando le costole.
- La nave… del Capitano… - sussurrò.
Si voltò immediatamente verso il porto; oltre i tetti delle case riuscì a scorgere due dei tre alberi del vascello, quello di maestra probabilmente spezzato dalla battaglia.
Una nave sola. Era rientrata una nave sola.
Le pupille affogate nel grigio dell’iride, si portò una mano alla bocca, l’altra artigliata al grembiule che le riparava la gonna dalla polvere.
- Mio dio, James, no… - sussurrò.
Senza più preoccuparsi della donna prese a correre all’impazzata verso il Forte, trattenendosi per miracolo dal sussultare quando raggiunse il porticato adiacente alla terrazza: i soldati di stanza a Port Royal si stavano affaccendando attorno a quello che restava della spedizione di Thompson, uomini e ragazzi erano accasciati all’ombra del colonnato, le viscere trattenute a stento dalle mani tremanti di panico e dolore.
Sentì la respirazione farsi irregolare, mentre qualcosa le chiudeva la gola e il cuore prendeva a battere per conto suo, come impazzito.
No. No. Assolutamente no.
Si diresse a passo deciso verso i quartieri della Marina, salvo venire bloccata sulla porta da Gillette.
- Sono spiacente, Miss Cooper, ma questa è zona interdetta ai civili…- spiegò.
La ragazza notò la scia di sangue sulla sua divisa e le mani rosse e gocciolanti e deglutì a fatica.
- No, non capite… Io devo vedere James! Dovete farmi passare, io…! –
- Miss Cooper, non posso, è vietato! – ribadì con fermezza.
Perché non la faceva passare? Insomma, solo per una volta, non…
- Cristal! – una voce nuova li fece voltare entrambi verso l’interno dell’edificio.
- Theodore! – esclamò lei, aggrappandosi agli occhi di Groves nella speranza che almeno lui la lasciasse passare.
Il marinaio si guardò attorno, poi le fece segno di seguirlo.
- Ma Ted… - balbettò Gillette, confuso.
- Lucas, ci penso io qui, tu vai a dare una mano giù in terrazza. – ordinò nonostante non avesse nessuna autorità effettiva su di lui.
Gillette annuì e si precipitò all’aperto, lasciando che la giovane raggiungesse il collega.
- James? – riuscì solamente ad esalare, terrorizzata dall’eventuale risposta.
Theodore Groves le posò delicatamente una mano su una spalla e la condusse lungo un corridoio che le parve interminabile.
- Non preoccupatevi, è un po’ ammaccato, ma nulla di grave… Adesso è nell’ufficio di Thompson, è l’ultima porta sulla destra... – spiegò, indicandole la fine del corridoio.
La giovane annuì e ringraziò, per poi precipitarsi verso l’ufficio del Capitano Thompson. La porta era aperta e James Norrington, solo, se ne stava appoggiato ad un grande scrittoio, la schiena rivolta all’ingresso e lo sguardo puntato sul brulicare di uomini in terrazza, proprio sotto alla finestra.
Appena si accorse della presenza alle sue spalle fece per voltarsi, ma qualcosa gli impedì il movimento, facendolo trovare stretto in un abbraccio totalmente imprevisto.
- James, grazie al cielo, credevo che fossi morto! –
Di tutte le voci che si sarebbe potuto aspettare in un luogo simile, quella di Cristal Cooper era certamente l’ultima.
La ragazza allentò la presa solamente quando si accorse di avere le mani bagnate.
- Mio dio, ma sei ferito! – esclamò nel notare il sangue colarle lento e denso lungo il braccio.
Norrington riuscì finalmente a voltarsi, sempre puntellandosi allo scrittoio.
- Non preoccuparti, è solo una scheggia, niente di che… - ma non riuscì a dire altro, la giovane lo spinse delicatamente su una sedia e si inginocchiò di fronte a lui, aprendogli la giacca e notando le garze improvvisate madide di sangue al di sotto della camicia.
Solo in un secondo momento lo sguardo le cadde sulla gamba destra, intrappolata fra due stecche di legno e fasciata alla bell’e meglio.
- Cosa è successo? – domandò la figlia del fabbro, mentre controllava che la fasciatura al fianco potesse reggere ancora.
Norrington reclinò la testa all’indietro sullo schienale della poltrona e si lasciò medicare, gli occhi chiusi.
- Abbiamo fatto male i calcoli. Erano organizzati. Tre navi fanno già una flottiglia, avremmo dovuto chiuderli verso le secche, invece Thompson ha voluto affrontarli con la sola forza dei cannoni. Una follia… Siamo riusciti ad affondare la più piccola, poi la loro ammiraglia ha crivellato la Mighty, non c’è stato niente da fare. Sono colati a picco in un attimo. E’ solo un miracolo se siamo riusciti a far saltare la santabarbara della loro ammiraglia. Per fortuna anche senza la Maestra non è stato eccessivamente complicato avere la meglio sull’ultima nave. L’esplosione aveva danneggiato la velatura, non potevano scapparci. – raccontò cercando di trattenere le smorfie di dolore.
- E il Capitano? –
Si concesse un momento di silenzio, le immagini della battaglia ancora vivide davanti agli occhi.
- Con la nave. – disse solamente.
Solo in quel momento riaprì gli occhi e rivolse un’occhiata alla giovane inginocchiata di fronte a lui.
Aveva lo sguardo fisso sul suo volto, gli occhi spalancati mentre lacrime silenziose le scivolavano discrete lungo le guance.
Si concesse un sorriso debole e stanco e le accarezzò il viso, asciugandole le lacrime.
- Cristal… - sussurrò, stupito e intenerito da quella reazione.
La ragazza sospirò e si passò una mano sugli occhi, sporcandosi appena il volto di sangue.
- Scusami, è che… - balbettò, in imbarazzo di fronte alla sua debolezza.
Proprio in quel momento Groves apparve sulla porta.
- Tenente! Il bilancio è stabile, se volete incominciare il rapporto… - azzardò senza osare entrare nell’ufficio.
Cristal si alzò in piedi e si asciugò le mani nel grembiule, tracce rosse sul panno candido.
- Avete bisogno di aiuto con i feriti? – si offrì, riacquistando un’espressione seria e decisa.
Theodore Groves tese le labbra e lanciò una rapida occhiata al Tenente, per poi tornare a rivolgersi alla ragazza.
- Due braccia in più non possono che essere d’aiuto… - commentò.
- Non sforzarti troppo, torno subito. - la bionda rivolse un ultimo sorriso materno a James e uscì dall’ufficio, i tacchi degli stivali che risuonavano lungo il corridoio e Groves dietro di lei, a istuirla sulle procedure.
Norrington si voltò a fatica verso lo scrittoio e, intinta la penna nel calamaio, prese a stilare un rapido rapporto della spedizione il cui fallimento era stato evitato per puro miracolo e con un gran sacrificio.
Sospirò e premette piano la mano sinistra sul fianco, in corrispondenza della fasciatura.
Certo, avevano sconfitto i pirati, ma avevano perso una delle navi migliori della flotta e il Capitano Thompson, esperto e rispettato da tutti, si era inabissato con lei.
No, quella non poteva considerarsi una vittoria.
Gettò un’ultima occhiata distatta alla terrazza e strinse i pugni di fronte al sangue che imbrattava le pietre bianche.
Come comunicare a tutte quelle madri la morte dei loro figli? Era in giorni come quello che il Tenente James Norrington odiava il suo mestiere dal profondo: a soli ventitre anni, a volte, gli sembrava di essere già vecchio e consumato dalla crudezza del mondo.
Le labbra pallide e sottili si tesero in un debole sorriso solamente quando una figuretta esile e volitiva entrò nel suo campo visivo.
I capelli raccolti nello scialle quasi fosse stato una bandana e la gonna legata in un grande nodo laterale perché non le impedisse i movimenti, la figlia del fabbro aiutava le altre donne accorse dal paese a prendersi cura dei marinai feriti, fasciando braccia e steccando gambe.
Non più una ragazzina testarda e sregolata, ma una giovane donna intelligente e di carattere, i cui occhi ingenui e al contempo densi di autocoscienza sapevano trafiggere l’anima come una folgore.
Affaticato dalla posizione sporta in avanti si lasciò ricadere con la schiena contro il sostegno della poltrona e sospirò.
Nell’inferno senza fine di quella giornata quella visita inaspettata era stata capace di donargli un po’ di forza e un briciolo di speranza.
Sì, in quegli ultimi due anni, Cristal Cooper era cresciuta davvero…
 









 
Note

Buonsalve a tutti, ciurma!
Ebbene, gli anni passano e le cose cambiano un po' per tutti in quel di Port Royal...
Ed ecco che entra in scena il caro(?) Mr Brown e che Cristal deve sospendere gli allenamenti di scherma che intratteneva assieme a Will, almeno finchè sua madre non si rassegna a prendere il posto di Jim come insegnante... Sarà forse meno esperta del marito, ma senz'ombra di dubbio è decisamente più severa!
Eppure, eppure... qualcosa, come già si respirava nell'aria del capitolo scorso, è ormai irrimediabilmente cambiato: William si allontana sempre di più da quelle che erano le sue più care amiche, e persino le ragazze sembrano aver accantonato i loro sogni di gloria, iniziando a mostrare i sintomi di quel terribile periodo che è l'adolescenza.
La scena del ballo -che per inciso mi ha fatto sputare sangue, sono pessima quando entra in gioco il romanticismo xD- introduce una tematica centrale nella nostra storia, ossia la scelta.
L'opinione di Cris riguardo a quest'argomento sarà fonte di avvenimenti molto spiacevoli in futuro, ma per ora godiamoci l'incapacità di flirtare di Norrington e non pensiamo alle cose tristi! :D
L'ultima parte del capitolo mi è servita più che altro per studiare ancora un po' l'evolversi della relazione fra questi due poveri disagiati e per approfondire il legame fra James e il suo lavoro, aspetto preponderante del suo personaggio.
Insomma, Will sta virando verso altre compagnie, Elizabeth non ne sembra molto felice (chissà perchè :DDD), Groves sfotte Gillette, James inizia a vedere Cristal sotto una luce completamente diversa e la nostra ingenua protagonista si rende conto per la prima volta di cosa combinino davvero i suoi amati pirati.
Confesso di non essere del tutto soddisfatta di questo capitolo: il romanticismo proprio non fa per me, e spero di non aver reso tutto troppo melenso, in tal caso vi autorizzo a presentarmi il gatto a nove code. <3
In ogni caso godetevi la routine giornaliera di Port Royal, perchè dal prossimo capitolo, che segnerà la fine di questa prima parte della storia, tutto sarà stravolto e nulla sarà più come prima.

Pirates ye be warned~


Grazie a tutti come sempre!
Kisses,
Koori-chan
  
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