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Autore: Kary91    27/06/2014    17 recensioni
[Johanna/Gale (Ganna)|Johanna, Gale & Joel Jr.| Post-Mockingjay]
Che cosa vuoi, Hawthorne?” chiese poi, incrociando le caviglie per aria e buttando la rivista sul tavolo.
“Una fidanzata che si aggiri per la casa con almeno un paio di mutande addosso, per esempio” commentò poi Gale.
“Allora cambia fidanzata” ribatté spiccia Johanna, chiudendo la rivista. Si alzò in piedi e tirò giù il lembo inferiore della maglietta per coprirsi. “Come se non ti piacesse quello che vedi, poi” aggiunse rivolgendogli un sorrisetto malizioso.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Johanna Mason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Io non ho paura;'
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Premessa. Questa storia è ambientata a quattro o cinque anni di distanza dall’epilogo de “Il Canto della Rivolta. Gale è tornato a vivere nel Distretto 12 da quasi un anno assieme a suo figlio, Joel, e a Johanna Mason, che vive con loro da circa otto anni. Joel è il figlioletto di Gale, avuto da una relazione di breve durata con un’altra donna.

 

Storia scritta per la 30 Day OTP challenge con il prompt: Day 06: Wearing Each Other’s Clothes.

 

In her shoes his boxers - di natiche al vento e fidanzati perplessi.

copertf

 

“Che facciamo questo pomeriggio?” domandò Joel, non appena lui e il padre misero piede in casa. “C’è tempo per un giro su un hovercraft?” aggiunse, dirigendosi verso il salotto.

Quel pomeriggio Gale era uscito dal lavoro un po’ prima ed era passato direttamente alla scuola elementare per andare a prendere il figlio, in maniera da poter passare un po’ di tempo con lui. Joel, che gli aveva rivolto un sorriso luminoso nel vederlo arrivare con la divisa da pilota ancora addosso, aveva sperato fino all’ultimo di convincere il padre a portarlo a fare un giro su un hovercraft, come faceva ogni tanto.

“Direi di sì” lo rassicurò Gale, scoccando un’occhiata rapida all’orologio. “Che succede?” domandò poi, notando che il figlio si era bloccato sulla soglia del salotto. Avvicinandosi, si accorse che il bambino si era coperto gli occhi con entrambe le mani, sorridendo con espressione furbetta. Quella reazione gli permise di intuire in fretta cosa li stesse aspettando in soggiorno.

Quando varcò la porta le sue teorie vennero confermate. Trovò Johanna sdraiata a pancia in giù sul divano, intenta a sfogliare annoiata una rivista. Non indossava i pantaloni, né la biancheria: addosso aveva solo una maglietta bianca di Gale che si era risvoltata sul fondo, lasciandole scoperte le natiche.

“Ho chiuso subito gli occhi!” si difese prontamente Joel, rivolto all’uomo. Il padre sospirò.

“Johanna…” borbottò poi, passandosi rassegnato una mano fra i capelli.

La donna roteò gli occhi e continuò a sfogliare la rivista.

“Johanna...” mugugnò in risposta, facendogli il verso. “...Che cosa vuoi, Hawthorne?” chiese poi, incrociando le caviglie per aria e buttando il giornale sul tavolo. Gale sospirò, scoccando poi un’occhiata a Joel. Le dita inizialmente serrate del bambino stavano incominciando ad aprirsi per permettergli di sbirciare, guidate dalla curiosità. Il padre si affrettò a posarci sopra le proprie mani e il ragazzino arrossì.

 “Una fidanzata che si aggiri per la casa con almeno un paio di mutande addosso, per esempio” commentò poi Gale. Scoccò un’occhiata divertita al figlio, che stava cercando di liberarsi dalla sua presa.

“Allora cambia fidanzata” ribatté spiccia Johanna, chiudendo la rivista. Si alzò in piedi e tirò giù il lembo inferiore della maglietta per coprirsi. “Come se non ti piacesse quello che vedi, poi” aggiunse rivolgendogli un sorrisetto malizioso. Gale sospirò, prima di lasciarsi sfuggire a sua volta un mezzo sorriso.

 “Mi piace, sì, ma lo apprezzerei di più se non ci fossero minori in giro” rispose, scoprendo gli occhi del figlio e arruffandogli i capelli. “O qualsiasi altra persona” aggiunse, scoccando un’occhiata eloquente a Johanna, mentre Joel si sfilava la cartella. L’espressione maliziosa della donna si accentuò.

 “Perché, sei geloso, Hawthorne?” lo stuzzicò, sciogliendo la postura a braccia conserte di Gale per cingergli il collo con le braccia.

“Un po’, ma non è questo il punto” ammise lui, sostenendo con fermezza il suo sguardo; non voleva darle l’opportunità di spuntarla cambiando discorso o sfruttando quella conversazione per punzecchiarlo: succedeva già un po’ troppo spesso, per i suoi gusti. Johanna inarcò un sopracciglio.

 “Un po’?” ripeté con scetticismo, voltandosi poi in direzione di Joel.

“Secondo me più di un po’,” replicò il ragazzino, rivolgendole un’occhiata complice. Gale diede al bambino un colpetto scherzoso sul sedere.

“Vai a fare merenda, cervellone” lo rimbeccò, abbozzando un sorrisetto rassegnato. “E tu vai a metterti qualcosa” aggiunse rivolto a Johanna, quando il figlio si spostò nella stanza a fianco. La donna ignorò quella richiesta e incominciò a giocherellare con i bottoni della sua camicia.

“Mi piacciono le tue divise da pilota” osservò di punto in bianco, sbottonandone qualcuno. “Devi portarmi al lavoro con te, un giorno: il sesso in hovercraft non l’abbiamo ancora mai provato.”

“Johanna, vai a metterti qualcosa” mormorò ancora Gale, sfiorandole il collo con le labbra. “Almeno finché c’è lui in casa”.

Johanna sbuffò e si staccò da lui, dopodiché sparì in camera da letto. Quando tornò in soggiorno era vestita esattamente come prima, fatta eccezione per un paio di boxer neri che doveva aver preso dal cassetto della biancheria del fidanzato.

“Così va bene, bellissimo?” chiese, dandogli un colpetto sul fianco e tornando a coricarsi sul divano. L’uomo le rivolse un’occhiata rassegnata.

“È un inizio” si arrese infine, sedendosi a sua volta.

Joel li raggiunse qualche minuto più tardi, reggendo in mano una coppetta di gelato, e si lasciò cadere fra di loro. Johanna gli rubò il cucchiaino e lo affondò nel cioccolato, portandoselo poi alle labbra.

“Ehi!” la rimbeccò il ragazzino. “È la mia merenda!”

“Non è colpa mia se sei lento” ribatté con un ghigno la donna. Lottò con lui per qualche minuto, prima di dargliela vinta e di restituirgli il cucchiaino.

 “Che hai fatto a scuola?” chiese poi, distendendo le gambe su quelle di Gale. Joel si strinse nelle spalle.

“Niente di che. Ho preso dei bei voti in grammatica e geografia, però” rispose, con un po’ di esitazione. Johanna roteò gli occhi.

“Non fare il palloso come tuo padre, raccontami qualcosa di interessante.”

“Johanna…” la rimbeccò Gale, arruffando i capelli del figlio. “…Interessa a me se prende dei bei voti.”

Joel fece mente locale per un po’, concentrandosi sulla giornata appena trascorsa.

“Nell’intervallo mi sono messo in piedi sulla cattedra” rivelò infine, tornando a voltarsi verso Johanna.

“Ecco, questo già mi piace di più!” commentò lei.

“Come mai?” chiese invece Gale, confuso e incuriosito al tempo stesso. Joel fece nuovamente spallucce.

“Così. Per capire quanto fosse grande la classe” ammise, intrecciando le dita dietro la nuca. “Più o meno ho indovinato la grandezza.”

Johanna gli rivolse un’occhiata scettica, prima di spostare lo sguardo in direzione del fidanzato.

“Potevi farlo un po’ più scemo, adesso fatico a credere che sia davvero figlio tuo” osservò, attirando a sé il ragazzino per il collo e strofinandogli un pugno sui capelli. Joel si mise a ridere e cercò di divincolarsi dalla sua presa senza far cadere la coppetta.

 “Se l’avessi fatto più scemo poi l’avrebbero scambiato per il figlio di Rory” replicò Gale, sorridendo divertito.

 “Posso andare a scuola in mutande, domani?” chiese a quel punto il bambino mentre Johanna tornava a rubargli il cucchiaino.

Lo sguardo perplesso del padre lo fece di nuovo scoppiare a ridere.

“Sto scherzando, papà!” lo rassicurò, sfuggendo del tutto dalla presa della donna per appoggiarsi a lui.

Gale scosse il capo con espressione rassegnata.

“Se diventa un te al maschile te la faccio pagare” commentò poi, rivolto alla fidanzata. Johanna gli rivolse un sorrisetto malizioso.

“E cosa avresti intenzione di farmi?” lo provocò, scavalcando le gambe di Joel per raggiungerlo.

Il ragazzino roteò gli occhi e si alzò dal divano, mandando giù l’ultima cucchiaiata di gelato.

“Me ne vado, prima che incominciate a sbaciucchiarvi” commentò, camminando spedito verso il corridoio. Gale gli rivolse un’occhiata divertita, per poi tornare ad osservare Johanna, che si era sistemata a cavalcioni su di lui.

“Allora?” ricalcò la donna, facendo aderire le proprie forme al suo torace. Gale le sfiorò il collo con le labbra e poi scese a baciarle una spalla, mentre le sue mani scivolavano ad accarezzarle i fianchi. Quando arrivò a far scorrere le dita lungo il tessuto dei boxer di Johanna si staccò da lei, per rivolgerle un’occhiata di finto rimprovero.

 “Mi hai svuotato il cassetto della biancheria, a forza di indossare le mie cose” obiettò, appoggiandole le mani sulle cosce. “Penso di non avere più mutande, ormai.”

 “Se indosso le tue cose significa che non vado in giro nuda, no?” osservò beffarda Johanna. “Non era questo che volevi?”

“Sì, ma io che mi metto?”

 “Puoi metterti le mie, non me la prendo mica” ribatté la donna, ricominciando a sbottonargli la camicia.

“Vorresti farmi andare al lavoro in reggiseno e mutandine col pizzo?” chiese Gale, accarezzandole la pelle sotto la maglietta. Johanna tornò a squadrarlo con un sorriso malandrino.

“Se non altro avrei la certezza di saperti sempre vestito, in giro con altre donne, perché ti vergogneresti a morte a farti vedere in reggiseno”.

 “E poi sarei io il geloso?” obiettò l’uomo, scuotendo il capo con aria divertita. Chinò poi indietro la testa per appoggiarla al cuscino, quando le labbra di Johanna incominciarono a percorrergli il petto. La donna si separò da lui per tornare a guardarlo negli occhi.

“Fa’ attenzione, Hawthorne” rispose, appoggiando la fronte alla sua. “Nel tuo cassetto è rimasto un solo paio di boxer e potrei farlo sparire con la stessa facilità con cui Abernathy si attacca alla bottiglia, se insinui qualcosa che non mi piace.”

Gale abbozzò un sorrisetto.

“Potremmo risolvere il problema della biancheria condivisa piuttosto in fretta, se tu aiutassi me e Joel con il bucato, ogni tanto…” osservò poi. Johanna gli cinse il collo con le braccia e fede aderire ulteriormente il proprio corpo a quello del fidanzato.


“Io le mutande non te le lavo, Hawthorne” concluse infine, prima di rivolgergli un sorrisetto malizioso. “Te le tolgo e basta.”

Gale sospirò rassegnato.

“Mi sembra giusto” replicò con ironia, mentre la donna tornava a risalirgli il torace con le mani. Il trillo del campanello lo convinse a separarsi da lei per riabbottonarsi la camicia e Johanna lo lasciò fare con riluttanza.

“Vado io, è per me!” li informò Joel dalla stanza accanto. “Deve essere Katniss che viene a prendere i compiti per Halley[1]: visto che è ammalata me li sono fatti dare io dall’insegnante.”

Johanna roteò gli occhi e appoggiò nuovamente le gambe su quelle di Gale. Tutto a un tratto, tuttavia, la sua espressione tornò a farsi maliziosa.

“Faccio io” esclamò infine, alzandosi in piedi.

“Che vuoi fare?” la interrogò il fidanzato, scoccandole un’occhiata insospettita.

Johanna sorrise candidamente, in una maniera che – Gale lo sapeva – non prometteva nulla di buono.

 “Non trovi che faccia particolarmente caldo, qui dentro?” commentò infatti poco dopo, afferrando il lembo inferiore della maglietta per sfilarsela. L’uomo sbuffò, passandosi poi esasperato una mano fra i capelli.

“Johanna, lasciala stare…” cercò di farla desistere, attirandola a sé per i fianchi.  “E se ci fosse Rowan[2] con lei?”

La donna tornò a squadrarlo con malizia e fece cadere la maglietta per terra, prima di sgusciare via dalla sua presa per sparire oltre la porta.

“Johanna!” la chiamò ancora Gale in tono di voce irritato, pur sapendo che mostrandosi infastidito l’avrebbe solo istigata ulteriormente. Si alzò controvoglia, per nulla ansioso di estendere il momento di imbarazzo che avrebbe provato di lì a poco Katniss anche a se stesso. Tuttavia, non fece in tempo a raggiungere la porta del soggiorno che Johanna stava già tornando indietro, i seni nudi quasi completamente nascosti dalla cesta per i panni che teneva fra le braccia.

 “To’, qui c’è della biancheria pulita” commentò, appoggiando il cesto sul tavolino. “Così la smetterai di tormentarmi solo perché ti manca qualche mutanda.”

Gale aggrottò le sopracciglia in direzione della pila di vestiti puliti; un brutto presentimento gli punzecchiò lo stomaco.

“Chi era alla porta?” chiese, rivolgendo alla donna un’occhiata preoccupata.

Johanna recuperò la maglietta che aveva gettato a terra poco prima e se la infilò, prima di lasciarsi cadere con scarsa delicatezza sul divano.

“Tua madre” rispose poi con tranquillità, afferrando un lembo della sua camicia per farlo sedere di fianco a sé. “Tranquillo, Hawthorne” aggiunse con un ghigno, quando lo vide impallidire. “Non è la prima volta che vado ad aprirle mezza svestita: mi ha già vista nuda un sacco di volte.”

Gale sospirò e si posò una mano sul volto, con espressione contesa fra imbarazzo ed esasperazione.  

“Sei impossibile” mormorò infine, scuotendo il capo rassegnato. Johanna sghignazzò.

“Guarda che ti ho fatto fare bella figura” commentò poi, tornando a sedersi sulle sue gambe. “Mi ero anche depilata da poco.”

 “Sta’ zitta e baciami, per favore” mormorò Gale in risposta, chinandosi in avanti per cercare le sue labbra e frenare le sue punzecchiature. La donna lo accontentò di buon grado, senza smettere tuttavia di istigarlo, di tanto in tanto, con qualche sorrisetto canzonatorio.

Quella sera, rientrando dopo aver trascorso un po’ di tempo con il figlio, Gale trovò Johanna nella stessa identica posizione con cui li aveva accolti qualche ora prima. Tuttavia aveva ancora addosso sia la maglietta che le mutande e, soddisfatto per via di quel fatto, l’uomo riuscì a dimenticare per un attimo l’episodio imbarazzante che si era verificato con la madre quel pomeriggio.

Solo quando, un’ora più tardi i boxer neri finirono a terra assieme al resto dei vestiti di entrambi incominciò a rendersi conto che, anche le volte in cui per un attimo gli sembrava di averla avuta vinta, Johanna Mason finiva sempre per spuntarla.

 

Nota dell’autrice.

Questa è probabilmente una delle cose più idiote che abbia mai scritto, ma vabbè xD Questi tre scemetti mi mancavano e ho pensato di riesumare qualche vecchia storia plottata e di scrivere una qualche slice of life su di loro, anche se questa cosa rasenta il demenziale xD  Il titolo è ancora più stupido della storia in sé e ci ho messo ventordici anni per trovarlo. Ringrazio Martina che mi ha aiutato alla stragrande per sceglierlo xD Quell’ “In his boxers” è una storpiatura del titolo di un film “in her shoes”, ed il resto… Beh, il resto si capisce xD

Le dinamiche fra Johanna, Gale e Joel  qui sono più o meno quelle già incontrate in Mi aggrappo a te, Shelter from the rain, Io non ho paura e Prendi la Mia Mano, anche se questa storia è dai toni decisamente più leggeri e non c’è introspezione. Joel e Johanna interagiscono in maniera abbastanza rilassata, ormai, perché più Joel cresce e più quei due vanno d’accordo. Joel ogni tanto fa delle uscite piuttosto bizzarre se si tiene conto dell’età che ha, perché ha un QI niente male e riesce a “perplimere” spesso il padre e Johanna, ma è una cosa che si nota per lo più quando è ancora piccolo. Un'ultima cosa, me la stavo quasi dimenticando: gli accenni alla divisa da pilota di Gale sono dovuti al fatto che nel mio head-canon personale lui è diventato pilota di linea, dopo aver prestato servizio 10 anni come pilota militare al Distretto 2.

Vi ringrazio se siete riusciti ad arrivare fino a qui xD


Un abbraccio e a presto!

Laura



[1] Primogenita di Katniss e Peeta Mellark. È la migliore amica di Joel.

[2] Secondogenito di Katniss e Peeta.

   
 
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