Dopo una
settimana la situazione non cambia di una virgola.
Continuano a
pedinarmi e io devo sempre uscire con qualcuno, anche se amo il fatto
che si
prendano cura di me, ma inizio a essere stanca di non poter fare quello
che
voglio, nemmeno uscire a prendermi qualcosa allo Starbucks qui vicino.
Guardo dalla
finestra della camera mia e di Alex e sospiro: sono sempre
lì.
“Molleranno prima
o poi!”
Il mio ragazzo mi
abbraccia da dietro, si vede che non li conosce, quelli molleranno solo
quando
mi avranno caricato in macchina e portata via.
“Merda.”
Esclamo
sottovoce.
“Perché?”
“Perché non
molleranno e ci stanno incasinando la vita, avresti dovuto rimanere con
Lisa.”
“Ma io non ho mai
amato Lisa, ho sempre amato te.
Tu non capisci,
se anche non stessimo insieme io sarei qui per te, perché
nessuno può farti del
male senza prima vedersela con me.”
Io sorriso e gli
bacio il collo.
“Grazie, Alex.
Significa davvero tanto per me.”
Lui sorride.
“Ascolta, esco un
attimo a prendere qualcosa allo Starbucks all’angolo, pensi
che ci proveranno?”
“Non lo so, tu
vai.”
“Sei sicura?”
Io sospiro.
“Non del tutto,
ma non posso sempre essere un peso per te. Tu vai, vediamo che
succede.”
“Va bene,
inserirò l’antifurto, tu stai attenta.”
Annuisco e lui mi
bacia.
“A dopo.”
Se ne va, pochi
minuti dopo lo vedo uscire dal cancello, io controllo la macchina. Non
appena
hanno visto Alex andarsene entrano nel cancello, io mi chiudo a chiave
in
camera e metto una sedia sotto la porta.
Precauzioni
inutili, ma qualcosa devo pur provare a fare, no?
Sento i loro
passi lungo le scale e mi preparo a combattere, la maniglia inizia a
muoversi
freneticamente.
“Holly, esci!”
“NO!”
“Esci o butto giù
la porta e poi ti insegno l’educazione!”
Urla mio padre.
“Non esco!”
Come promesso
sento dei colpi, alla terza volta ce la fa, la porta cede e spinge via
la
sedia, lui inciampa, ma si rialza subito.
Io lo scanso ed
esco dalla stanza dando uno spintone a mia madre che tenta di
prendermi, scendo
le scale come una forsennata, lui mi è dietro.
Devo scappare,
sto per raggiungere la maniglia della porta d’entrata quando
due braccia si
stringono attorno a me: quelle di mia madre.
“Se ti scusi tuo
padre sarà più clemente.”
“Scusarmi? Voi mi
state rapendo contro la mia volontà,
dovrei…”
Quello che dovrei
fare si perde nel pugno che mio padre mi rifila in bocca, poi
– non contento –
mi prende a pugni su tutto il corpo e mi lascia cadere a terra.
Tento di nuovo di
scattare verso la porta, ma questa volta mi prende lui per le spalle e
mi mette
una mano sulla bocca per impedirmi di urlare, mia madre mi afferra per
i piedi.
Sono fottuta.
Mi trasportano
lungo tutto il vialetto, io scalcio, ma non riesco a liberarmi.
Aprono il
cancello e finalmente riesco ad assestare un calcio abbastanza forte a
mia
madre da buttarla a qualche metro da me. Punto i piedi e mordo mio
padre che
lascia libera la mia bocca.
“Aiuto!
Aiutatemi!
Mi stano rapendo,
aiuto!”
Urlo con quanto
fiato ho in corpo, sperando che qualcuno faccia qualcosa o che Wen e
Jack mi
sentano.
“Aiuto!”
Urlo un’ultima
volta, poi mia madre mi riprende la gambe e andiamo verso la macchina.
Sono strafottuta.
Le braccia di mio
padre mi stanno per infilare nel veicolo, nonostante io mi ribelli,
quando
altre braccia mi afferrano e mi tirano fuori buttandomi
nell’abbraccio di
qualcuno che mi allontana rapidamente; con gli occhi offuscati dalle
lacrime e
mezzi gonfi per la botte ricevute vedo che è Sophie.
“Stai tranquilla,
abbiamo chiamato la polizia.”
Mi sussurra in un
orecchio, io la abbraccio convulsamente. Davanti a me si schierano
Alex, Jack, Tony, Wen e Aileen.
“Ridatemi mia
figlia, tossici!
Lei vuole venire
con me!”
“NO!”
Urlo con tutte le
mie forze.
“Non voglio
venire con te, non voglio più vederti!”
“Tu devi venire
con me, tu hai una vita a Baltimora!”
“No, non ce l’ho.
La mia vita è qui e non lascerò mai che tu me la
porti via!”
“Allora vuoi
proprio che usi le maniere forti!”
Alza i pugni per
combattere e lo stesso fanno i miei amici.
“Chiamerò la
polizia se alzerai le mani su di loro!”
“Non me ne frega
un cazzo della polizia! Saranno i tuoi amici a finire dentro, non io.
Sono un
rispettabile padre di famiglia, io!”
“Sei solo un
bigamo di merda!”
Urlo io con la
voce piena di odio.
Lui comunque si
fa avanti e inizia a picchiare Alex e poi Jack che cerca di dare una
mano al
suo amico.
Dio, fa che
arrivi la polizia!
Alex e Jack sono
a terra e ora se la sta prendendo con Tony, urlandogli di tutto.
“ALT, SI FERMI!”
Guardo con
gratitudine l’uomo in divisa dietro di noi.
“Cosa vuole,
agente?”
“Che la smetta di
picchiare questi ragazzi. Deve seguirmi in centrale per essere entrato
illegalmente in una
casa che non è la
sua, tentato di rapire una ragazza e averla picchiata e per aver
picchiato il
legittimo proprietario di casa e i suoi amici.
Abbiamo ricevuto
almeno tre chiamate e il segnale dell’allarme della villa del
signor Gaskarth.”
“Io sono un onesto padre di famiglia che vuole riportare a
casa sua figlia.”
“Tu sei solo un
porco! Io non voglio venire con te e, agente, li vede i miei lividi?
Me li ha
procurati mio padre.”
“Tu, puttana!”
Fa per scagliarsi
contro di me, ma viene trattenuto da un paio di agenti, il terzo mi
guarda
attentamente e nota le lacrime, i lividi e come sia appiccicata a
Sophie.
“Ti diseredo!”
L’agente si volta
verso la bestia e lo guarda fermo negli occhi.
“Le ordino di
tacere, sua figlia non sembra intenzionata a venire con lei, da come
abbraccia
la sua amica direi che la prospettiva la spaventa e non poco.
Trascorrerà una
notte in guardiola insieme a sua moglie, poi decideremo cosa
fare.”
I tre agenti
caricano mio padre in macchina e lo portano via, io corro verso Alex
per quanto
me lo consentano i lividi. È tornato cosciente e sorride
nonostante i lividi.
“Vedi? Ce ne
siamo liberati.”
Il rumore acuto
di una sirena mi fa voltare, è arrivata
un’ambulanza, i paramedici corrono
verso di noi e
verso Jack e Tony.
“Siete conciati
male, ragazzi.
Meglio che
veniate in ospedale per controllare che non ci siano traumi cranici o
qualche
osso rotto.”
Annuiamo tutti;
io, Alex, Jack e Tony saliamo sull’ambulanza, Wen mi fa cenno
che ci
raggiungeranno dopo.
“Si può sapere
cosa è successo?”
“Quello stronzo
di mio padre ha provato a rapirmi.”
Sibilo io, poi
cado in un sonno innaturale.
Mi
risveglio in
ospedale, attorno al mio letto ci sono Wen e Sophie .
“Dove sono?”
“In ospedale, hai
avuto una reazione ritardata allo shock.”
“Per il resto?”
“Ti ha scheggiato tre denti e rotto quattro costole, per un
po’ dovrai
rimanere a riposo.
Fortunatamente
non hai nessun trauma cranico.”
Io mi porto le
mani alla bocca.
“Non
preoccuparti, il dottore dice che si possono riparare.”
Io scoppio a piangere.
“Come stanno gli
altri?”
“Tony ha solo
qualche livido, Alex e Jack hanno qualche costola incrinata e
un leggero trauma cranico. Il dottore li vuole tenere in ospedale in
osservazione questa notte.”
Io scoppio a
piangere, isterica.
“Io porto solo
guai nella vita delle persone, dovrei andarmene!”
“NO! Non dopo
tutta la fatica che abbiamo fatto per tenerti qui!”
Mi risponde una
voce maschile: Alex.
Si fa largo tra
le mie amiche, io lo abbraccio con tutta la forza che ho in corpo.
“Grazie per
avermi difeso, ti amo.”
“Ti amo anche io, nessuno può portarti via da
me!”
Io annuisco tra
le lacrime, lui me le asciuga paziente.
“Non pensarci nemmeno
ad andartene, tu te ne andrai solo con me, hai capito?”
Io annuisco
sorridendo.
“Mi hai salvato
la vita.”
“È stato un
piacere. Lo rifarei mille volte se necessario.”
Io sto per
rispondere quando un urlo me lo impedisce.
“Signor
Gaskarth!”
La voce appartiene
a una corpulenta infermiera piuttosto furiosa.
“Le avevo detto
di stare a letto!”
“E io che sarei
andato a trovare la mia ragazza!”
Lei lo fulmina.
“Torni a letto o
la porto là in braccio.”
Io scoppio a
ridere, gli do un bacio sul naso e gli dico di tornare a letto, che ne
ha bisogno.
Lui se ne va
sbuffando, seguito dal donnone, io rido isterica poi scoppio di nuovo a
piangere.
“Hai i nervi a
pezzi. Sophie, potresti cercare il dottore per piacere?”
Lei annuisce e se
ne va, lasciandomi sola con Wen.
“Perché l’hai
mandata a cercare un dottore?”
“Perché hai
bisogno di qualcosa che ti calmi o stanotte non dormirai.”
“Ho avuto paura,
Wendy.”
“Lo so, anche
quando sono arrivati i miei ho avuto paura, ma se ne sono
andati.”
Io annuisco.
“Faremo emettere
un ordine di restrizione per loro, ci sono le nostre testimonianze, il
ricovero
in ospedale e qualche vicino che testimonierà.
Loro non
torneranno, stai tranquilla.”
io guardo fuori dalla finestra, pensando a cosa mi
ha detto mia cugina e al fatto che adesso
sono in guardiola. Di nuovo comincio a ridere convulsamente, stringendo
le
coperte con tutte le mie forze, è così che mi
trova il dottore.
Mi guarda e
capisce al volo.
“Si, credo che un
calmante le farebbe bene, lo shock si sta facendo sentire,.”
Parla con
un’infermiera e lei annuisce.
“Tesoro, dopo
cena ti inietterò un calmante. Ne hai bisogno dopo tutto
quello che hai
passato.”
“I miei amici
come stanno?”
“Bene, domani
sarete dimessi tutti, non ti devi preoccupare, andrà tutto
bene.”
“Sì, grazie
signora.”
“Di nulla,
piccola.”
Wendy e Sophie mi
sorridono.
“Avete lasciato
May a casa da sola?”
“No, con lei c’è Aileen.”
Parliamo ancora
un po’, poi arriva l’infermiera con la cena e poi
con il calmante, per effetto
della medicina inizio ad avere sonno.
“Adesso riposati.
Loro non possono farti del male.”
“Sì, andate anche
voi. Sarete stanche.”
“Va bene, sai
dove trovarci,”
Io sorrido, poi il sonno ha la meglio su di me.
Vengo svegliata
la mattina dopo da un certo caos, l’infermiera della sera
prima sta cercando di
trattenere Alex dal venire da me, per fortuna il dottore le dice di
lasciar
perdere e lui si siede sul mio letto.
“Ben svegliata,
principessa. Tutto bene?”
“Uhm, sì. Tu?”
“Benissimo, tra
poco potremo andare a casa, anzi prima dobbiamo passare dalla centrale
e
decidere cosa fare con i tuoi.”
“Voglio un ordine di restrizione come quello che ha il padre
di Wen.”
“Va bene,
parleremo con chi di dovere.”
Facciamo
colazione insieme e poi finalmente veniamo dimessi tutti.
Wen è appiccicata
a Jack, Sophie tiene discretamente d’occhio Aileen e Tony e
May è sollevata
che stiamo tutti bene.
La sua pancia mi
sembra persino diventata più grande.
Andiamo tutti
insieme alla centrale e dopo aver parlato con i poliziotti che ci hanno
aiutati, riusciamo ad avere un ordine di restrizione abbastanza rapido
da un
giudice solerte, che sembra impressionato da quanti danni abbiano
provocati
quelli che sembrano due borghesi innocenti.
Mio padre mi
guarda con odio.
“Tu non sei più
mia figlia.”
“Perfetto, e tu non sei più mio padre e sai una
cosa?
Ne sono felice!”
Gli urlo in
faccia, fuori di me.
“È già da un po’
che non sono più tua figlia, precisamente da quando ho
scoperto che hai
un’altra famiglia!”
“Smettila di
delirare!”
“Non deliro, sai
che è la verità.”
Lui mi lancia
un’occhiata carica d’occhio.
“Quando avrai
bisogno di noi, non ci saremo, piccola stupida!”
“Voi non ci siete
mai stati!
Non ci siete mai
stati per i miei guai a scuola, quando mi piaceva un ragazzo o quando
stavo
male e sognavo solo di andarmene.
Voi mi volevate a
Baltimora, nonostante fosse ovvio che non ci stessi bene.
Sapete una cosa?
Sono contenta che voi ve ne andiate dalla mia vita.”
Dopo questo ultimo scambio astioso di battute se ne vanno e io prendo
Alex per
mano e lo tito fuori dalla centrale.
“Li odio, non c’è
niente da fare. Non li sopporto.
Li vedi?
Così tronfi, così
convinti di sapere cosa sia giusto o no per me!”
Lui mi batte
gentilmente una mano sulla spalle, mostrandomi il suo miglior sorriso.
“Stai tranquilla,
non li vedrai mai più.
Adesso andiamo a
casa, vuoi?”
Io annuisco.
“Mi perdonerete
mai per tutti i guai in cui vi metto?”
Mia cugina alza
gli occhi al cielo.
“Holly, non c’è
niente da perdonare. Abbiamo solo aiutato un’amica e non
c’è niente di
vergognoso o sbagliato. Sono loro che sono venuti a random, non li hai chiamati
tu.”
“Hai ragione.”
Li saluto e li
abbraccio tutti, poi io e Alex andiamo verso
la sua macchina.
“Come ti senti?”
“Non lo so, da una parte sono sollevata, dall’altra
mi dispiace che sia finita
così. Speravo che questa notte in guardina li
avrebbe fatti riflettere un
po’, ma non è cambiato nulla.”
Entriamo e lui
mette in moto.
Los Angeles mi
passa davanti con le sue strade e
le sue
palme e per una volta non mi sembrano
magiche o speciali, sono solo uno scenario diverso per un
dolore antico.
“Holly?”
“Sì, Alex?”
“Non pensarci, è
inutile. Non si cambia il passato, pensa al presente e al
futuro.”
“Hai ragione, ma
è il passato che forma chi sei.”
“E il passato ha
formato una meravigliosa ragazza.”
Arriviamo a casa
e troviamo ad attenderci il manager dei ragazzi, Matt Flyzik,fuori dal
cancello.
“Si può sapere
cosa è successo?
Come siete finiti
in ospedale tu e Jack?
Pensavo ti fossi
calmato dopo Holly!”
Alex sbuffa.
“Calma i tuoi
nervi, Matt!
Sono conciato così perché i genitori della mia
ragazza mi hanno picchiato, ho
impedito che la rapissero.”
“Cosa?”
Questa volta rispondo io.
“I miei genitori
volevano portarmi a Baltimora contro la mia volontà, mi
hanno picchiato e mi
stavano per caricare in macchina quando i ragazzi sono intervenuti.
Mio padre li ha
picchiati, se c’è un colpevole sono io.”
Matt sembra
calmarsi.
“E adesso dove
sono questi pazzi?”
“Presumo diretti
verso Baltimora, hanno un ordine di restrizione nei nostri confronti,
non credo
ci disturberanno mai più.”
Matt sospira.
“Lo spero,non è
facile far rigare dritto queste teste calde.
Domani vedete di
esserci in studio!”
Sbuffando se ne va, io abbasso gli occhi.
“Scusa.”
“Non devi
scusarti, entriamo. Non so te, ma io sono affamato.”
Ci dirigiamo in
cucina e ci mangiamo due panini, solo ora con la pancia piena mi sento
davvero
meglio, come se un fardello fosse sceso dalla mia schiena.
Sospiro
involontariamente di sollievo, facendo sorridere il mio ragazzo.
“Vedo che
finalmente ti stai rilassando.”
“Qualcosa del genere,
mi sembra ancora incredibile che non li vedrò, mi devo
abituare all’idea e
penso che mi piacerà.”
“Penso anche io.
“È bello sentirsi
liberi, ti dà la sensazione di poter fare tutto e penso
proprio che mi metterò
seriamente all’opera sui miei quaderni, magari nessuno
pubblicherà mai la mia
storia, ma perché non provarci?
Cosa ho da
perderci?
Nulla, Wen non mi
licenzierà di certo.”
“Penso di no, il
negozio è suo quanto tuo.”
“Dopo mi metterò
al lavoro, che ne dici se ci facciamo una passeggiata in
spiaggia?”
Lui annuisce, mi
prende per mano e insieme usciamo da casa sua per recarci alla
spiaggia, quando
finalmente i miei piedi nudi toccano la sabbia calda mi sento bene.
Mi sento libera,
ma allo stesso tempo amata e protetta.
Mi sento come un
aquilone, potrò allontanarmi un po’, ma Alex
tirerà sempre il filo e mi
riporterà da lui.
“Alex?”
“Sì?”
“Ti amo.”
“Anche io.”
Insieme
camminiamo sulla spiaggia, è un momento perfetto, uno di
quelli che non
capitano tutti i giorni e che va
conservato come una gemma preziosa.
Grazie, Alex.
Angolo di Layla
Ringrazio Rainmaker e _redsky_ per
le recensioni.