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Autore: Layla    29/06/2014    2 recensioni
“È pericoloso per una ragazza far entrare quattro ragazzi sconosciuti in casa sua.”
“Noi siamo innocui.”
Mi risponde il secondo alto.
“Lo spero per voi e ricordatevi che vi faccio entrare solo per la birra.”
“Ce l’hai un nome, principessa di ghiaccio?”
Mi chiede il ragazzo con i capelli lunghi, mentre gli altri sono andati a prendere un paio di casse di birra.
“Sì, mi chiamo Holly.
Tu?”
“Vic, Vic Fuentes.”
“Piacere.”

{Tratto dal primo capitolo. Seguito di "Do it for Baltimore, do it for me"
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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20)I'm sick and tired of false devotion, devote yourself to moving on.


Dopo una settimana la situazione non cambia di una virgola.
Continuano a pedinarmi e io devo sempre uscire con qualcuno, anche se amo il fatto che si prendano cura di me, ma inizio a essere stanca di non poter fare quello che voglio, nemmeno uscire a prendermi qualcosa allo Starbucks qui vicino.
Guardo dalla finestra della camera mia e di Alex e sospiro: sono sempre lì.
“Molleranno prima o poi!”
Il mio ragazzo mi abbraccia da dietro, si vede che non li conosce, quelli molleranno solo quando mi avranno caricato in macchina e portata via.
“Merda.”
Esclamo sottovoce.
“Perché?”
“Perché non molleranno e ci stanno incasinando la vita, avresti dovuto rimanere con Lisa.”
“Ma io non ho mai amato Lisa, ho sempre amato te.
Tu non capisci, se anche non stessimo insieme io sarei qui per te, perché nessuno può farti del male senza prima vedersela con me.”
Io sorriso e gli bacio il collo.
“Grazie, Alex. Significa davvero tanto per me.”
Lui sorride.
“Ascolta, esco un attimo a prendere qualcosa allo Starbucks all’angolo, pensi che ci proveranno?”
“Non lo so, tu vai.”
“Sei sicura?”
Io sospiro.
“Non del tutto, ma non posso sempre essere un peso per te. Tu vai, vediamo che succede.”
“Va bene, inserirò l’antifurto, tu stai attenta.”
Annuisco e lui mi bacia.
“A dopo.”
Se ne va, pochi minuti dopo lo vedo uscire dal cancello, io controllo la macchina. Non appena hanno visto Alex andarsene entrano nel cancello, io mi chiudo a chiave in camera e metto una sedia sotto la porta.
Precauzioni inutili, ma qualcosa devo pur provare a fare, no?
Sento i loro passi lungo le scale e mi preparo a combattere, la maniglia inizia a muoversi freneticamente.
“Holly, esci!”
“NO!”
“Esci o butto giù la porta e poi ti insegno l’educazione!”
Urla mio padre.
“Non esco!”
Come promesso sento dei colpi, alla terza volta ce la fa, la porta cede e spinge via la sedia, lui inciampa, ma si rialza subito.
Io lo scanso ed esco dalla stanza dando uno spintone a mia madre che tenta di prendermi, scendo le scale come una forsennata, lui mi è dietro.
Devo scappare, sto per raggiungere la maniglia della porta d’entrata quando due braccia si stringono attorno a me: quelle di mia madre.
“Se ti scusi tuo padre sarà più clemente.”
“Scusarmi? Voi mi state rapendo contro la mia volontà, dovrei…”
Quello che dovrei fare si perde nel pugno che mio padre mi rifila in bocca, poi – non contento – mi prende a pugni su tutto il corpo e mi lascia cadere a terra.
Tento di nuovo di scattare verso la porta, ma questa volta mi prende lui per le spalle e mi mette una mano sulla bocca per impedirmi di urlare, mia madre mi afferra per i piedi.
Sono fottuta.
Mi trasportano lungo tutto il vialetto, io scalcio, ma non riesco a liberarmi.
Aprono il cancello e finalmente riesco ad assestare un calcio abbastanza forte a mia madre da buttarla a qualche metro da me. Punto i piedi e mordo mio padre che lascia libera la mia bocca.
“Aiuto! Aiutatemi!
Mi stano rapendo, aiuto!”
Urlo con quanto fiato ho in corpo, sperando che qualcuno faccia qualcosa o che Wen e Jack mi sentano.
“Aiuto!”
Urlo un’ultima volta, poi mia madre mi riprende la gambe e andiamo verso la macchina.
Sono strafottuta.
Le braccia di mio padre mi stanno per infilare nel veicolo, nonostante io mi ribelli, quando altre braccia mi afferrano e mi tirano fuori buttandomi nell’abbraccio di qualcuno che mi allontana rapidamente; con gli occhi offuscati dalle lacrime e mezzi gonfi per la botte ricevute vedo che è Sophie.
“Stai tranquilla, abbiamo chiamato la polizia.”
Mi sussurra in un orecchio, io la abbraccio convulsamente. Davanti a me si schierano Alex, Jack, Tony, Wen e Aileen.
“Ridatemi mia figlia, tossici!
Lei vuole venire con me!”
“NO!”
Urlo con tutte le mie forze.
“Non voglio venire con te, non voglio più vederti!”
“Tu devi venire con me, tu hai una vita a Baltimora!”
“No, non ce l’ho. La mia vita è qui e non lascerò mai che tu me la porti via!”
“Allora vuoi proprio che usi le maniere forti!”
Alza i pugni per combattere e lo stesso fanno i miei amici.
“Chiamerò la polizia se alzerai le mani su di loro!”
“Non me ne frega un cazzo della polizia! Saranno i tuoi amici a finire dentro, non io.
Sono un rispettabile padre di famiglia, io!”
“Sei solo un bigamo di merda!”
Urlo io con la voce piena di odio.
Lui comunque si fa avanti e inizia a picchiare Alex e poi Jack che cerca di dare una mano al suo amico.
Dio, fa che arrivi la polizia!
Alex e Jack sono a terra e ora se la sta prendendo con Tony, urlandogli di tutto.
“ALT, SI FERMI!”
Guardo con gratitudine l’uomo in divisa dietro di noi.
“Cosa vuole, agente?”
“Che la smetta di picchiare questi ragazzi. Deve seguirmi in centrale per essere entrato illegalmente  in una casa che non è la sua, tentato di rapire una ragazza e averla picchiata e per aver picchiato il legittimo proprietario di casa e i suoi amici.
Abbiamo ricevuto almeno tre chiamate e il segnale dell’allarme della villa del signor Gaskarth.”
“Io sono un onesto padre di famiglia che vuole riportare a casa sua figlia.”
“Tu sei solo un porco! Io non voglio venire con te e, agente, li vede i miei lividi?
Me li ha procurati mio padre.”
“Tu, puttana!”
Fa per scagliarsi contro di me, ma viene trattenuto da un paio di agenti, il terzo mi guarda attentamente e nota le lacrime, i lividi e come sia appiccicata a Sophie.
“Ti diseredo!”
L’agente si volta verso la bestia e lo guarda fermo negli occhi.
“Le ordino di tacere, sua figlia non sembra intenzionata a venire con lei, da come abbraccia la sua amica direi che la prospettiva la spaventa e non poco.
Trascorrerà una notte in guardiola insieme a sua moglie, poi decideremo cosa fare.”
I tre agenti caricano mio padre in macchina e lo portano via, io corro verso Alex per quanto me lo consentano i lividi. È tornato cosciente e sorride nonostante i lividi.
“Vedi? Ce ne siamo liberati.”
Il rumore acuto di una sirena mi fa voltare, è arrivata un’ambulanza, i paramedici corrono verso di noi  e verso Jack e Tony.
“Siete conciati male, ragazzi.
Meglio che veniate in ospedale per controllare che non ci siano traumi cranici o qualche osso rotto.”
Annuiamo tutti; io, Alex, Jack e Tony saliamo sull’ambulanza, Wen mi fa cenno che ci raggiungeranno dopo.
“Si può sapere cosa è successo?”
“Quello stronzo di mio padre ha provato a rapirmi.”
Sibilo io, poi cado in un sonno innaturale.
 

Mi risveglio in ospedale, attorno al mio letto ci sono Wen e Sophie .
“Dove sono?”
“In ospedale, hai avuto una reazione ritardata allo shock.”
“Per il resto?”
“Ti ha scheggiato tre denti e rotto quattro costole, per un po’ dovrai rimanere a riposo.
Fortunatamente non hai nessun trauma cranico.”
Io mi porto le mani alla bocca.
“Non preoccuparti, il dottore dice che si possono riparare.”
Io scoppio a piangere.
“Come stanno gli altri?”
“Tony ha solo qualche livido, Alex e Jack hanno qualche costola incrinata e un leggero trauma cranico. Il dottore li vuole tenere in ospedale in osservazione questa notte.”
Io scoppio a piangere, isterica.
“Io porto solo guai nella vita delle persone, dovrei andarmene!”
“NO! Non dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per tenerti qui!”
Mi risponde una voce maschile: Alex.
Si fa largo tra le mie amiche, io lo abbraccio con tutta la forza che ho in corpo.
“Grazie per avermi difeso, ti amo.”
“Ti amo anche io, nessuno può portarti via da me!”
Io annuisco tra le lacrime, lui me le asciuga paziente.
“Non pensarci nemmeno ad andartene, tu te ne andrai solo con me, hai capito?”
Io annuisco sorridendo.
“Mi hai salvato la vita.”
“È stato un piacere. Lo rifarei mille volte se necessario.”
Io sto per rispondere quando un urlo me lo impedisce.
“Signor Gaskarth!”
La voce appartiene a una corpulenta infermiera piuttosto furiosa.
“Le avevo detto di stare a letto!”
“E io che sarei andato a trovare la mia ragazza!”
Lei lo fulmina.
“Torni a letto o la porto là in braccio.”
Io scoppio a ridere, gli do un bacio sul naso e gli dico di tornare a letto, che ne ha bisogno.
Lui se ne va sbuffando, seguito dal donnone, io rido isterica poi scoppio di nuovo a piangere.
“Hai i nervi a pezzi. Sophie, potresti cercare il dottore per piacere?”
Lei annuisce e se ne va, lasciandomi sola con Wen.
“Perché l’hai mandata a cercare un dottore?”
“Perché hai bisogno di qualcosa che ti calmi o stanotte non dormirai.”
“Ho avuto paura, Wendy.”
“Lo so, anche quando sono arrivati i miei ho avuto paura, ma se ne sono andati.”
Io annuisco.
“Faremo emettere un ordine di restrizione per loro, ci sono le nostre testimonianze, il ricovero in ospedale e qualche vicino che testimonierà.
Loro non torneranno, stai tranquilla.”
io guardo fuori dalla finestra, pensando a cosa mi  ha detto mia cugina e al fatto che adesso sono in guardiola. Di nuovo comincio a ridere convulsamente, stringendo le coperte con tutte le mie forze, è così che mi trova il dottore.
Mi guarda e capisce al volo.
“Si, credo che un calmante le farebbe bene, lo shock si sta facendo sentire,.”
Parla con un’infermiera e lei annuisce.
“Tesoro, dopo cena ti inietterò un calmante. Ne hai bisogno dopo tutto quello che hai passato.”
“I miei amici come stanno?”
“Bene, domani sarete dimessi tutti, non ti devi preoccupare, andrà tutto bene.”
“Sì, grazie signora.”
“Di nulla, piccola.”
Wendy e Sophie mi sorridono.
“Avete lasciato May a casa da sola?”
“No, con lei c’è Aileen.”
Parliamo ancora un po’, poi arriva l’infermiera con la cena e poi con il calmante, per effetto della medicina inizio ad avere sonno.
“Adesso riposati. Loro non possono farti del male.”
“Sì, andate anche voi. Sarete stanche.”
“Va bene, sai dove trovarci,”
Io sorrido, poi il sonno ha la meglio su di me.
Vengo svegliata la mattina dopo da un certo caos, l’infermiera della sera prima sta cercando di trattenere Alex dal venire da me, per fortuna il dottore le dice di lasciar perdere e lui si siede sul mio letto.
“Ben svegliata, principessa. Tutto bene?”
“Uhm, sì. Tu?”
“Benissimo, tra poco potremo andare a casa, anzi prima dobbiamo passare dalla centrale e decidere cosa fare con i tuoi.”
“Voglio un ordine di restrizione come quello che ha il padre di Wen.”
“Va bene, parleremo con chi di dovere.”
Facciamo colazione insieme e poi finalmente veniamo dimessi tutti.
Wen è appiccicata a Jack, Sophie tiene discretamente d’occhio Aileen e Tony e May è sollevata che stiamo tutti bene.
La sua pancia mi sembra persino diventata più grande.
Andiamo tutti insieme alla centrale e dopo aver parlato con i poliziotti che ci hanno aiutati, riusciamo ad avere un ordine di restrizione abbastanza rapido da un giudice solerte, che sembra impressionato da quanti danni abbiano provocati quelli che sembrano due borghesi innocenti.
Mio padre mi guarda con odio.
“Tu non sei più mia figlia.”
“Perfetto, e tu non sei più mio padre e sai una cosa?
Ne sono felice!”
Gli urlo in faccia, fuori di me.
“È già da un po’ che non sono più tua figlia, precisamente da quando ho scoperto che hai un’altra famiglia!”
“Smettila di delirare!”
“Non deliro, sai che è la verità.”
Lui mi lancia un’occhiata carica d’occhio.
“Quando avrai bisogno di noi, non ci saremo, piccola stupida!”
“Voi non ci siete mai stati!
Non ci siete mai stati per i miei guai a scuola, quando mi piaceva un ragazzo o quando stavo male e sognavo solo di andarmene.
Voi mi volevate a Baltimora, nonostante fosse ovvio che non ci stessi bene.
Sapete una cosa? Sono contenta che voi ve ne andiate dalla mia vita.”
Dopo questo ultimo scambio astioso di battute se ne vanno e io prendo Alex per mano e lo tito fuori dalla centrale.
“Li odio, non c’è niente da fare. Non li sopporto.
Li vedi?
Così tronfi, così convinti di sapere cosa sia giusto o no per me!”
Lui mi batte gentilmente una mano sulla spalle, mostrandomi il suo miglior sorriso.
“Stai tranquilla, non li vedrai mai più.
Adesso andiamo a casa, vuoi?”
Io annuisco.
“Mi perdonerete mai per tutti i guai in cui vi metto?”
Mia cugina alza gli occhi al cielo.
“Holly, non c’è niente da perdonare. Abbiamo solo aiutato un’amica e non c’è niente di vergognoso o sbagliato. Sono loro che sono venuti a random,  non li hai chiamati tu.”
“Hai ragione.”
Li saluto e li abbraccio tutti, poi io e Alex andiamo verso  la sua macchina.
“Come ti senti?”
“Non lo so, da una parte sono sollevata, dall’altra mi dispiace che sia finita così. Speravo che questa notte in guardina li avrebbe fatti riflettere un po’, ma non è cambiato nulla.”
Entriamo e lui mette in moto.
Los Angeles mi passa davanti con le sue strade  e le sue palme e per una volta non mi sembrano  magiche o speciali, sono solo uno scenario diverso per un dolore antico.
“Holly?”
“Sì, Alex?”
“Non pensarci, è inutile. Non si cambia il passato, pensa al presente e al futuro.”
“Hai ragione, ma è il passato che forma chi sei.”
“E il passato ha formato una meravigliosa ragazza.”
Arriviamo a casa e troviamo ad attenderci il manager dei ragazzi, Matt Flyzik,fuori dal cancello.
“Si può sapere cosa è successo?
Come siete finiti in ospedale tu e Jack?
Pensavo ti fossi calmato dopo Holly!”
Alex sbuffa.
“Calma i tuoi nervi, Matt!
Sono conciato così perché i genitori della mia ragazza mi hanno picchiato, ho impedito che la rapissero.”
“Cosa?”
Questa volta rispondo io.
“I miei genitori volevano portarmi a Baltimora contro la mia volontà, mi hanno picchiato e mi stavano per caricare in macchina quando i ragazzi sono intervenuti.
Mio padre li ha picchiati, se c’è un colpevole sono io.”
Matt sembra calmarsi.
“E adesso dove sono questi pazzi?”
“Presumo diretti verso Baltimora, hanno un ordine di restrizione nei nostri confronti, non credo ci disturberanno mai più.”
Matt sospira.
“Lo spero,non è facile far rigare dritto queste teste calde.
Domani vedete di esserci in studio!”
Sbuffando se ne va, io abbasso gli occhi.
“Scusa.”
“Non devi scusarti, entriamo. Non so te, ma io sono affamato.”
Ci dirigiamo in cucina e ci mangiamo due panini, solo ora con la pancia piena mi sento davvero meglio, come se un fardello fosse sceso dalla mia schiena.
Sospiro involontariamente di sollievo, facendo sorridere il mio ragazzo.
“Vedo che finalmente ti stai rilassando.”
“Qualcosa del genere, mi sembra ancora incredibile che non li vedrò, mi devo abituare all’idea e penso che mi piacerà.”
“Penso anche io.
“È bello sentirsi liberi, ti dà la sensazione di poter fare tutto e penso proprio che mi metterò seriamente all’opera sui miei quaderni, magari nessuno pubblicherà mai la mia storia, ma perché non provarci?
Cosa ho da perderci?
Nulla, Wen non mi licenzierà di certo.”
“Penso di no, il negozio è suo quanto tuo.”
“Dopo mi metterò al lavoro, che ne dici se ci facciamo una passeggiata in spiaggia?”
Lui annuisce, mi prende per mano e insieme usciamo da casa sua per recarci alla spiaggia, quando finalmente i miei piedi nudi toccano la sabbia calda mi sento bene.
Mi sento libera, ma allo stesso tempo amata e protetta.
Mi sento come un aquilone, potrò allontanarmi un po’, ma Alex tirerà sempre il filo e mi riporterà da lui.
“Alex?”
“Sì?”
“Ti amo.”
“Anche io.”
Insieme camminiamo sulla spiaggia, è un momento perfetto, uno di quelli che non capitano tutti i giorni e che  va conservato come una gemma preziosa.
Grazie, Alex.

Angolo di Layla

Ringrazio Rainmaker e _redsky_ per le recensioni.

   
 
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