Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Black Iris    30/06/2014    1 recensioni
I Nephilim sono sia angeli che umani, sono tra le razze più ripudiate dal mondo, ma dalla loro esistenza dipende il destino del mondo. Il mondo è sull'orlo dell'apocalisse, l'inferno sta per riversarsi sulla terra, ma loro possono fermarlo, loro e gli angeli che si sono ribellati al paradiso.
Una famiglia stana e particolare: sei Nephilim fratelli, un padre angelo e una madre... magari meglio lasciare la sorpresa.
Buona lettura a tutti!
^_^
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Mia signora, ho fatto come mi ha detto- disse la ragazza bionda.
-e che cosa hai scoperto?- chiese lei seduta sulla sedia a leggere un giornale di gossip e sorseggiando un cappuccino.
-sono caduti, mia signora, erano circa una ventina e alcuni erano feriti-
-c’era anche lui?-  chiese alzando la testa.
-si, mia signora, sembrava ferito- . La donna apparve visibilmente preoccupata –vai avanti-.
-i sei fratelli ci sono tutti e sono in forma, avevano preso un cane, ma lo hanno riportato indietro e anche seguendo le tracce che avevo impresso alla bestia comunque non potevo avvicinarmi alla loro casa per via di tante trappole cosparse per la città e al canile, mi sono anche procurata le vittime per il sacrificio-
Mia signora, hanno recepito loro la vostra lettera- disse lentamente.
-cosa?! Hai sbagliato?- si alzò in piedi rovesciando la tazza.
-non è stata colpa mia, la donna incaricata lo ha dato ai fratelli…-
-è così eh?- la interruppe lei -tanto anche se ce l’hanno loro non riusciranno mai a tradurla- disse soddisfatta. Era alta e bionda, forse un po’ attempata, ma lo stesso molto carina, con gli occhi verdi e con un certo riflesso giallo.
-hai detto che sono scesi una ventina di angeli?-
-si, mia signora- rispose rimanendo inginocchiata.
-c’era anche Octavian tra di loro?-
-no, mia signora, probabilmente non è ancora sceso.- rispondeva sempre a voce bassa e con tono rispettoso.
-capisco. Quello è un dannato traditore, avrà fatto apposta a non tornare. Lo detesto- sentenziò
-com’è la situazione a Friburgo?- sembrava un interrogatorio.
-la città sarà inaccessibile a poco, mia signora, gli angeli la cospargeranno di trappole ovunque- disse delusa.
-meglio, così i demoni non potranno metterci piede…-
-ma noi, mia signora, siamo demoni!- la interruppe.
-Vivian, noi dobbiamo aiutarli, no rallentarli, anche se di nascosto. Non vorrai mica che il mio padrone mi scopra? Già è stato troppo dover dare ad Octavian quel sigillo delle maledizioni e se ora devo anche giustificarmi con il mio signore, sarebbe troppo umiliante- disse alzando gli occhi al cielo.
-mia signora, pensavo che volesse vederli- disse Vivian confusa.
-si, e lo voglio ancora, ma non si può fare, e poi vedrai ce la faranno anche senza la loro mamma! Hanno preso tutto dal papà-.
 
A casa dei fratelli c’era il delirio più totale. Una decina di angeli abitava a casa da loro e in quel momento erano tutti disperati e tra di loro si era diffuso il panico più totale.
Keiran salì sulla tavola per reclamare attenzione e calma, ma fu sgridato da Heather per esserci salito con le scarpe. Nessuno inoltre gli stava dando ascolto.
Diana era nella stanza di Heather sdraiata sul suo letto mentre un medico angelo tra quelli che erano caduti  cercava di medicarle la ferita. Era per lei che erano tutti in pensiero, non sapevano se ce l’avrebbe fatta. Era Keiran però quello più preoccupato di tutti, lui conosceva Diana da sempre ed erano cresciuti insieme come fratelli.
A casa di Aidan intanto si stavano tutti sistemando e aspettavano che qualcuno gli chiamasse per sapere di Diana. Nella piccola casetta si era sistemato il resto degli angeli, che non riuscivano a riposare.
Erano a Friburgo da meno di un ora.
Paride era invece a casa sua, cioè dei suoi figli sdraiato e ancora addormentato sul letto di Kaleb. Kevin era seduto vicino al suo letto, e stava aspettando il suo risveglio. Voleva che le sorelline lo vedessero, ma loro erano sotto che cercavano di calmare le acque e poi non era sicuro che lo avessero perdonato. Prese una decisione, aprì le finestre per far entrare il freddo e tolse le coperte al padre, poi mise via il secchio con acqua e buttò a terra gli stracci da mettergli sulla fronte.
Molti degli angeli non avevano mai conosciuto e tantomeno sentito parlar bene dei Nephilim eppure sembravano fidarsi ciecamente. Questa era un’altra opera di suo padre.
si fece forza e andò sotto per chiamare una delle due, consapevole che senza una soltanto là sotto si sarebbe da tempo scatenato un putiferio.
-Heather, andresti per favore da nostro padre? Se si sveglia avrà bisogno di qualcuno vicino, non credi?-
Heather obbedì e senza neanche rispondergli o fare un gesto per fargli capire che era d’accordo salì sopra, la primo piano. Suo padre era sdraiato sul letto di Kaleb, vicino alla finestra, “che idiota, ha lasciato le finestra aperta e non lo ha nemmeno coperto. Vuole forse farlo ammalare?”. Chiuse le finestre e gli rimboccò le coperte. “ma dove sarà il secchio?”; lo cercò nella stanza e lo trovò sotto al letto, gli stracci poco distanti e sporchi “capisco che non è un infermiere, ma almeno il minimo!”. Cambiò l’acqua nel bagno che dava sulla camera e cambiò anche gli stracci.
Dietro alla porta della stanza c’era Kevin che la spiava, “ben fatto sorellina” pensò “allora ci tieni a nostro padre!”
Heather si sedette sulla sedia affianco al letto. Guardò suo padre, era proprio come nella foto a casa di Aidan, moro, alto, chissà di che colore aveva gli occhi? Li teneva chiusi. Le sarebbe piaciuto che fossero come i suoi, ma non poteva saperlo. Poi si chiese della sua voce, non poteva essere come quella con aveva parlato poche settimane prima. Forse ce l’aveva calma, o rauca, o forse nessuna delle due. Magari essendo un angelo aveva la voce melodica, come quella di Keiran. E con che accento parlava? Italiano? Tedesco? Anche a lui piaceva leggere come a lei? Scherzava o era uno molto serio? Sapeva che cos’era un treno? E se lo sapeva come l’aveva scoperto? Non se le era mai poste tutte queste domanda prima, poi venne la domanda più importante “se mi chiedo tutte queste cose, vuol dire che infondo gli voglio bene?”.
 
Al piano terra intanto Keiran aveva calmato le acque e li aveva spronati a fare silenzio in modo che i due feriti gravi potessero riposare.
Solo allora si accorse che Octavian non c’era.
-ehi, qualcuno di voi ha visto Octavian?- chiese
-gli abbiamo dato un sigillo del teletrasporto per andarsene senza farsi trovare prima di iniziare la missione- rispose Claire.
Dalle scale scese l’angelo medico, ovvero, come lo chiamavano loro, il curatore.
-adesso possiamo solo aspettare- disse.
-si, ma come sono le sue condizioni?- chiese Keiran.
-ha perso molto sangue e la ferita è grave. Non sono riuscito a rimarginarla, è stata provocata da un’arma in adamantio e, come tutti voi sapete, quello è come un materiale mortale per noi. Tutto dipende da come reagisce in futuro. Mi dispiace, ma non ci sono vie di mezzo, o si sveglia presto e cioè entro domani, o non si sveglia proprio-.
 
Heather dal piano di sopra assaporava finalmente il silenzio. Teneva fra le mani la lettera indirizzata ad Aidan. Voleva tanto sapere che cosa c’era scritto. Dopo aver cambiato gli stracci, si mise gli occhiali e cominciò a leggere. Le poche cose che aveva capito non significavano niente.
-non sapevo che capissi anche quella lingua- Paride si era svegliato. Heather lo guardava con gli occhi sbarrati, -pa… pa… padre…-
-ha, ha, ha, padre… guarda che puoi chiamarmi anche solo ‘papà’- disse lui. La sua voce non era né calda, né rauca, ma sembrava una voce da doppiatore, non aveva alcunissimo accento, mentre gli occhi erano come i suoi, castani e grandi. Heather esplodeva di gioia nel vedere per la prima volta suo padre. Se lo era immaginato tante volte quel momento, ma in nessuna delle sue fantasie era così tanto entusiasta. Gli saltò al collo abbracciandolo forte e il padre ricambiò.
-vado a dirlo subito agli altri!- disse lei con una certa luce negli occhi.
Scese di corsa le scale e andò nel salotto.
-piccolina, che succede? Perché corri?- chiese Kaleb.
-papà si è svegliato! E non chiamarmi piccolina!- disse ritornando sopra.
Nel salotto gli angeli stavano morendo di gioia, almeno uno era in buone condizioni. Andarono tutti nella stanza di Kaleb e entrarono facendo rumore. Tutti tranne Keiran, che era nella stanza delle sorelline a badare a Diana.
-ti sei svegliato!- esultò uno.
-bentornato nel mondo dei vivi- disse un altro.
-ti sei fatto una bella dormita?- chiese un angelo donna.
-più o meno- rispose lui ridendo.
Heather teneva nella tasca della giacca la misteriosa lettera. Che cosa intendeva dire suo padre con “anche quella lingua”?
 
Vivian disegnò un cerchi con dei simboli simili a quelli della lettera che in quel momento si trovava nella tasca della giacca di Heather.
Al centro del cerchio c’era la sua signora.
-mia signora, ne siete sicura?- chiese col suo solito, basso tono.
-certo, procedi- ordinò.
Vivian prese la ciotola in cui c’era del sangue, ci versò sopra delle polveri e recitò una formula che non era né nella lingua, umana, né in quella degli angeli, era il modo con cui comunicavano i demoni, una lingua tutta loro, simile, ma diversa da quella che si usava in paradiso.
Nello stanzone buio, erano apparse tre luci violacee che volteggiavano intorno ad Adele. Più la demone recitava l’incantesimo, più luci apparivano. Sulla schiena di Adele apparvero le ali di pelle dei demoni e le sfere le colpirono, senza urtarle troppo forte.
Finito con le sfere Adele si alzò.
-come vi sentite, mia signora?- chiese Vivian.
-non saprei- rispose lei -mi sento uguale a prima, sei sicura che la forza negativa delle vittime sacrificali sia tutta qui?-
-si, mia signora, fino all’ultima goccia, ne sono certa-
-hai scritto bene l’incantesimo per terra?-
-controllate voi, se non vi fidate!-
-forse l’hai recitata male…-
-mettete in dubbio le mie capacità? Sapete anche voi che non c’è nessuno migliore di me!-
-hai ragione, Vivian, scusa, credo che debba andare a testarlo non trovi?-.
 
C’era poca luce e i lampadari non aiutavano a vedere meglio in una cittadina vicino a Friburgo. Per tutti quella era una notte comune e calma, se non fosse stato per il temporale di poco prima.
Adele e Vivian stavano camminando per strada cercando una vittima. C’era un vecchio, barbone che dormiva vicino a della spazzatura. Adele gli si avvicinò e gli diede un calcio allo stomaco svegliandolo.
-cosa succede? Cosa ho fatto? Non sono stato io- balbettò.
-svegliati, ho un lavoro per te- disse Adele.
Il vecchio si alzò in piedi. Non aveva idea di cosa volessero quelle due, sperava solo che lo pagassero per un qualche servigio di qualunque genere.
-adesso farai tutto quello che ti dirò- disse Adele fissandolo negli occhi.
-non lo so, se è illegale questa volta mi sbattono dentro- disse.
-non, non hai capito- sospirò Adele –tu adesso sei sotto il mio controllo- disse fissandolo ancora negli occhi.
-signora, si sente bene?- chiese lui.
-tu devi obbedirmi!- disse arrabbiata -Vivian, non funziona, qualcosa non va- la sgridò.
-sapevate che ero ricco?- chiese lui intromettendosi.
-sta zitto, umano!- disse Adele alzando la voce. -Vivian, non riesco a controllarlo, perché non ci riesco?-
-forse ci vuole un po’ di tempo…- disse insicura.
-ve lo giuro avevo uno yacht, e una villa a Rio- si intromise di nuovo il vecchietto.
-taci!- gli gridarono entrambe.
-possibile che ogni volta che qualcosa non va deve sempre essere colpa mia?- si lamentò Vivian.
-non l’ho fatto io l’incantesimo!-
-allora vuol dire che non siete abbastanza potente!- disse la donna.
-e avevo un casinò a Las Vegas, con tante luci…- disse di nuovo.
-chiudi la bocca, inferiore- gli dissero all’unisono.
-ma è vero, poi ho perso tutto con il gioco d’azzardo-
Adele, arrabbiatissima, allungò la mano verso lo il petto del vecchio per strappargli il cuore, invece, dai suoi polsi uscirono lame che si conficcarono nella gola dell’innocente. Cadde a terra cercando di dire qualcosa, non riuscendoci.
-mia signora- chiamò Vivian -i vostri occhi…-.
Adele non capiva. Prese lo specchi che aveva nella borsa e si guardò le pupille. Erano gialle, quasi dorate.
-effetti collaterali- concluse con stizza, -dobbiamo tornare al nascondiglio e tu devi spiegarmi cosa succede-
-si, mia signora- obbedì Vivan.
Adele aveva offerto un sacrificio al suo oscuro signore per avere un potere illimitato e tra le varie capacità scritte con i caratteri dei demoni c’era il controllo mentale, che in quel momento non era riuscita a imporre al vecchio. Un’altra cosa che aveva chiesto era un arma in adamantio, indistruttibile, infinita, per combattere gli angeli, non quelli che volevano uccidere Paride, ma i suoi nemici. Più si comportava da demone e più la sua natura emergeva e gli occhi dorati erano solo l’inizio. Ma lei non voleva diventare un demone senza pietà.   
  
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