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Autore: Michan_Valentine    30/06/2014    5 recensioni
A due anni dalla battaglia per la salvaguardia del Pianeta, Vincent Valentine si ritira nel villaggio di Kalm senza dire niente ai suoi amici. Ma Yuffie Kisaragi e le questioni irrisolte non tarderanno a fargli visita.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sephiroth, Un po' tutti, Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Contesto generale/vago
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Chiuse gli occhi e rilasciò il fiato. Bastò un attimo. Lei era lì, sotto l’albero nei pressi di Nibelheim. “Sei seduto sul mio posto.” disse. Sorrideva. Era felice. Non c’erano ombre sul suo viso. Né sul suo cuore. E i suoi occhi erano luminosi. Pieni di sentimento. Esattamente come li ricordava…

Sfoggiava il cestino da picnic con l’entusiasmo di una bambina, pur restando la donna bellissima e la brillante scienziata che tutti conoscevano. Anche lui si sentiva così quando lei gli era accanto, a dispetto dell’addestramento da Turk. Impacciato. Emozionato. Indifeso. Proprio come un bambino.

Sollevò il viso e arricciò le labbra di rimando, senza replicare. Il sole le baciava la pelle. La brezza le cullava i capelli. A volte preferiva perdersi a rimirarla, ad ascoltarla. Non c’era suono più bello della sua risata. E ogni volta che lei ricambiava i suoi sguardi e gli sorrideva, sentiva il cuore gonfiarsi e traboccare d’emozione. Una corrispondenza di sensi che non aveva bisogno di parole.

Allora desiderava baciarla. Desiderava sprofondare con le dita fra le chiome castane.  E sapeva, lo sentiva, che lei desiderava altrettanto. Lo leggeva negli occhi che indugiavano nei suoi o sulle labbra morbide che si schiudevano lentamente. In attesa; mentre le distanze e i vestiti divenivano superflui.  Ingombranti; come gli appellativi e i ruoli che ricoprivano rispettivamente ogni giorno. Dottoressa. Guardia del corpo. Ma sull’erba, all’ombra di quell’albero, erano soltanto un uomo e una donna.

Innamorati che vedevano unicamente la bellezza dell’amore. E che s’illudevano, confortati l’uno dalle braccia, dai sospiri dell’altro, che l’incantesimo sarebbe durato in eterno.

L’ululare del vento che sferzava le finestre e s’insinuava negli interstizi gli fece schiudere le palpebre. Nemmeno se n’era accorto, ma stringeva con la mano sulla stoffa, all’altezza del petto. Dove c’era quel buco che percepiva come incolmabile, ormai incapace di emozionarsi come un tempo. Di sentirsi vivo come un tempo. E le sole cose che spiccavano in quel mare di sensazioni sbiadite erano la rabbia, il risentimento e l’amarezza.

L’immagine di Yuffie in piedi sul muretto di Costa del Sol gli attraversò la mente come un lampo, riportando a galla quanto aveva sperimentato nell’istante in cui aveva percepito le lacrime di lei. Istintivamente posò lo sguardo sulla ninja, rannicchiata sulla sedia con le braccia strette alle ginocchia. Dondolava leggermente, forse per via dell’apprensione, e si mordicchiava le labbra. Si soffermò sull’ultimo dettaglio; un attimo soltanto, non visto. E si odiò per questo.

Serrò la mandibola e distolse lo sguardo, appuntandolo invece sulla porta della camera da letto. Dall’altra parte c’era lui. Sephiroth. Il figlio di lei. Al solo pensiero sentì il vuoto farsi più spazioso nel suo petto; e l’angoscia, il dolore inabissare quel piccolo, timido barlume di speranza che s’intravedeva fra le pieghe del sorriso di Yuffie. Un sollievo che non meritava, in ogni caso.

L’entrata s’aprì e la figura d’Abigail si stagliò sull’uscio. La ragazza guardò grevemente i presenti radunati attorno alla tavola, eccetto per lui che stava in piedi lungo la parete; poi richiuse la porta e li raggiunse. Doveva loro delle spiegazioni. E forse anche qualcosa di più…

“Come sta?” domandò Cait Sith, in piedi sulla sedia; le sue orecchie spuntavano di poco oltre il tavolo e si muovevano nervosamente.

Abigail gli riservò un’occhiata. Era tesa come tutti loro. Poi s’accomodò, scrollò le spalle e si concesse un sospiro.

“Riposa. È tranquillo.” commentò, asciutta; e il suo sguardo si fece lontano “A volte, di notte, si lamenta. Ha degli incubi… e suda freddo. Stringe i denti così forte che temo possa spezzarli.” fece una pausa e un tremito le percorse i lineamenti “Non me ne parla, dice di non ricordare. Eppure qualcosa lo tormenta in maniera così… vivida che mi si stringe lo stomaco.”

Ci fu un profondo attimo di silenzio. Perfino Yuffie trattenne il respiro, incapace di replicare. Dal canto suo poteva solo interrogarsi sull’entità di quel tormento, di quegli incubi. Ne aveva avuti anche lui. Molti. Infiniti. Angosciosi. Che fosse… Rimorso…? Quel pensiero faticava persino a concretizzarsi nella mente, tanto pareva irreale. Specie se riferito a colui che aveva tentato di distruggere l’intera umanità. Più probabile che a fargli male fossero la disfatta e le cicatrici lasciate da Cloud. Inconsciamente rafforzò la morsa delle braccia, rigorosamente incrociate al petto.

Tuttavia non poteva negare che l’espressione preoccupata di Abigail, la maniera in cui si stropicciava le mani e in cui parlava di quegli incubi raccontassero una storia diversa. Migliore.

“Abigail, devi dirci come sono andate le cose.” l’esortò Cait Sith; poi il robot si arruffò furiosamente la testa e balzò sul posto “Accidenti! Non ti rendi conto! Lui è…”

“Sephiroth. Il Generale dei Soldier.” concluse la diretta interessata; e accennò un sorriso “Lo sapevo. L’ho sempre saputo. Ma ho finto il contrario… sperando che questo giorno non arrivasse mai.” continuò, scuotendo il capo “Ricordo la prima volta che vidi la sua foto sul ritaglio di un giornale. Pensai che fosse solenne. E malinconico. Non avevo mai visto uno sguardo così… Il connubio lo rese ai miei occhi stranamente fragile.”

Quella descrizione lo colpì. Spesso aveva pensato lo stesso di lei. Bella, talentuosa, appassionata. Eppure altrettanto delicata; come un cristallo finissimo, pronto a infrangersi in mille, microscopici pezzettini alla minima sollecitazione sbagliata. Senza possibilità di riparare.

Yuffie saltò in piedi e assestò una manata sul tavolo. Di rimando Cait Sith emise un urletto stridulo e cadde giù dalla sedia. Abigail invece sussultò.

“Avevi detto di vivere con tuo nonno, porcaccia la miseriaccia!” strepitò la ninja “Ci hai mentito e preso allegramente per il culo! Ci hai tenuto nascosta una cosa così… così… importante! E mi hai fatto quasi venire un infarto! Guarda! Mi vengono le palpitazioni solo se ci ripenso –e credevo che ad avere problemi di cuore fosse Godo!”

La padrona di casa si accigliò.

“Non vi ho mentito. Mai.” precisò, ricambiando lo sguardo acceso dell’altra “Quando avevo quattro anni sono venuta qui per stare col nonno. È questo che vi ho detto. Ed è la verità. Ma lui è morto tre anni fa… e io sono rimasta sola al mondo.” esitò e abbassò le iridi sul piano “Almeno finché…”

“Finché?” incalzò, infrangendo il silenzio. E la sua voce risuonò quanto mai cupa.

Gli occhi di tutti gli si appuntarono addosso. Non si mosse, né mutò espressione. Semplicemente ricambiò lo sguardo di Abigail e attese le spiegazioni di cui necessitava. E che gli spettavano di diritto. La ragazza non sfuggì al contatto visivo.

Yuffie tornò invece a sedere e Cait Sith si arrampicò nuovamente sulla sedia.

“Circa due anni fa Fiocco s’allontanò dal gregge e si smarrì. Per cercarla mi spinsi abbastanza in alto.” cominciò quindi la padrona di casa “Quando la trovai, la capra stava masticando i capelli del Generale.” sorrise e s’illuminò brevemente “Era riverso nella neve ed era freddo come il ghiaccio. Pensai subito che fosse morto. Dietro di lui c’era una lunga scia d’orme. E le chiazze di sangue spiccavano tutt’attorno sulla neve, come fiori scarlatti.” scosse la testa “Non so per quanto abbia camminato. Non so che cosa lo abbia portato lì. Davvero. Sul momento non mi feci domande sul come e sul perché. Lo aiutai e basta. E quando scoprii che non ricordava chi era e che cosa era successo, pensai che non fosse così importante…”

Quell’ultima rivelazione gli fece schiudere le labbra dalla sorpresa. Dunque Sephiroth non ricordava. Si era aperto un varco per sé e si era fatto strada nel mondo lasciandosi dietro una scia di sangue; eppure per due, lunghi anni era rimasto quieto fra le montagne in compagnia di quella giovane donna. Ignaro di tutto. Una situazione che aveva dell’irreale e che lo frastornava con le possibili implicazioni.

Una morsa gli si strinse alla bocca dello stomaco. No, non poteva essere vero. Senza contare gli incubi che tormentavano l’altro durante l’incoscienza…

Tuttavia Abigail non mentiva. Il tono di voce, il linguaggio del corpo. Tutto di lei indicava un sincero coinvolgimento.  E una genuina preoccupazione. Dopotutto non faceva parte della Shinra e non aveva nulla da guadagnare da una possibile messinscena. Anzi, era fortunata a essere ancora viva.

“Davvero, non volevo ingannarvi.” riprese la ragazza “Solo…” poi esitò e si umettò le labbra, forse alla ricerca delle parole giuste “Noi stiamo bene qui. Abbiamo poco, ma ci basta.” scosse la testa “So che è sbagliato. So che lui è una persona importante, che ha delle responsabilità. So che dovrei dirgli la verità… Ma non voglio che gli uomini della Shinra, quei Turks, lo portino via.”

La voce le tremava…

Noi? Quindi è di questo che si tratta?!” sbottò ancora Yuffie, stavolta artigliando il tavolo “Non è abbastanza! Tu non ti rendi conto! C’è gente che ha sofferto! C’è gente che è morta! Compagni, amici, famigliari! E tu ti preoccupi solo di te stessa! Non l’accetto! Lui è… è… pericoloso! PE-RI-CO-LO-SO!”

“Pericoloso?!” ribatté Abigail, alzando di rimando il tono di voce “Pericoloso!” reiterò ancora, come se facesse fatica persino a concepire il termine “È un eroe! Ha combattuto per noi in molte battaglie! È ammirato da tutti e… E non è affatto pericoloso! Io lo conosco bene! È una brava persona!”

“Certo, come no! L’amante delle stelle candenti e della carne allo spiedo –e detta così sembra davvero una cosa innocua. Pure romantica! E invece NO! Ha corroborato la sua fama col sangue della mia gente! E non m’importa un cazzo se ha battuto il cocomero e si crede un kyaktus, l’imperatore di Wutai o l’allegro pastorello dell’ultim’ora!” ribatté la ninja “E sai cosa ti dico? Che tu non lo conosci affatto! Non sai come sono andate le cose… lui… lui…”

“Yuffie… adesso basta.” intervenne, cupo.

Prendersela con Abigail non serviva a niente. Dopotutto lei non poteva sapere come si erano svolti i fatti due anni prima. E sembrava già abbastanza sconvolta, oltre che determinata a proteggere l’uomo che… amava? A maggior ragione sbatterle la verità in faccia sarebbe stato crudele. E quel sentimento di per sé rendeva ciechi. E vulnerabili. Scosse la testa. La ninja invece tacque, affannata, ma continuò a fissare l’altra con rabbia. Con le unghie aveva quasi scavato dei solchi sul piano di legno, notò. Doveva essere dura anche per lei.

Cait Sith mandò freneticamente lo sguardo dall’una all’altra, forse aspettandosi ulteriori strilli. Tuttavia il silenzio si protrasse, teso.

“Che cosa avete intenzione di fare, adesso?” domandò infine Abigail.

“Innanzi tutto restiamo calmi. Calmi!” sottolineò il robot “Dobbiamo tenere d’occhio la Shinra. Di certo non possiamo permettere che lo scoprano. Poi bisognerà avvisare gli altri, decidere tutti assieme cosa fare… e, infine…” puntò Abigail “…vorrei parlare con Sephiroth, se non ti dispiace.”

La ragazza annuì per dirsi d’accordo.

“Buona morte. Fortuna che sei solo un gatto finto!” commentò Yuffie, caustica; poi incrociò le braccia al petto e soggiunse “Allora io e Vince andiamo a Edge. Lì saranno d’accordo con me. E poi voglio proprio vedere la faccia del chocobo quando apprenderà la notizia –e immortalarla adeguatamente sul cellulare, ovviamente. Non si sa mai che in seguito possa ricattarlo in qualche modo!”

“No.” ribatté, attirando nuovamente lo sguardo di tutti su di sé “Andrò io. Da solo.”

Era suo dovere, dopotutto. Com’era stato suo dovere dire a Lucrecia che Sephiroth era morto; anche se le aveva mentito. E mai come allora quel peccato gli gravò sulla coscienza. Cait Sith annuì.

“Avviserò Cid.” confermò. Yuffie invece balzò in piedi come punta da un ago arroventato.

“Vince! Noi siamo una squadra! Un magico duo –ok, lo ammetto, io sono quella magica e tu fai numero per raggiungere la quota. Ma nella stanza di fianco c’è Sephiroth. SEPHIROTH! L’amante delle stelle cadenti e della carne allo spiedo di cui sopra! Non puoi lasciarmi qui –e bada che NON ho affatto paura di lui! Chi, IO? Giammai! E poi insieme ce la caviamo alla grande, no?”

Le riservò una breve, intensa occhiata; e l’espressione speranzosa dell’altra quasi gli ferì gli occhi. Poi semplicemente si distaccò dalla parete e s’incamminò fuori. Aveva bisogno d’aria. E di tempo per riflettere.

Aprì la porta che Abigail e Cait Sith stavano mettendosi d’accordo. Un refolo s’insinuò nello spiraglio e portò con sé una spolverata di neve. Fuori era freddo e all’orizzonte, dietro le sagome delle montagne, il cielo appariva come una distesa uniforme e grigia. Si allontanò, muovendo i primi passi su un manto immacolato; mentre pigri fiocchi di neve scendevano dall’alto e gli si depositavano sulle spalle.

Sospirò; e nuvole di vapore gli sfumarono innanzi, disperdendosi nell’ambiente gelido. Alla fine i presentimenti e le congetture si erano rivelati giusti. Concreti; e stavolta non ci sarebbe stata nessuna comoda menzogna o eroe predestinato a rendere il tutto più semplice. Senza contare che in passato era stata dura comunque. Affiancare Cloud, affrontare Sephiroth e distruggere una parte di lei. Sapendo di commettere un altro peccato. Non aveva la forza di ripetere tutto daccapo…

Quando la voce di Yuffie lo raggiunse, di fatto aveva percorso solo pochi metri.

“Aspetta! Dove stai andando?”

Non rispose. Né si voltò. E continuò a camminare. Senza meta, senza scopo; eccetto per il bisogno d’allontanarsi. Da lei soprattutto.

“Fermati! Posso sentire quel tuo stupido cervello sfrigolare anche da qui, sai?” sbraitò l’altra; e a giudicare dal rumore attutito dei passi sulla neve stava anche inseguendolo “E dato che io sono quella che agisce scordati che possa restarmene qui con le mani in mano, ad annoiarmi sul cucuzzolo della montagna assieme ai pecoroni della megera -e solo perché tu hai le mestruazioni!”

“A Cait Sith servirà supporto.” si giustificò, spiccio.

Stronzate.” replicò l’altra “Immani, gigantesche, fetenti stronzate!”

“Fa freddo. Torna dentro, Yuffie.” perseverò, continuando per la propria strada.

“Sì, hai ragione. Sto congelando –e per la fretta ho dimenticato pure la mantella! Dovresti apprezzare lo sforzo e l’intraprendenza!” strillò la ninja alle sue spalle “Intanto potresti fermarti, porco Bahamuth, guardarmi in faccia e dirmi cosa diavolo ti passa per quel cervello fritto –possibilmente prima che muoia d’ipotermia! Mi hai sentito? Fermati! Brutto tirchio di un vampiro!”

Qualcosa gli colpì la schiena e si frantumò: una palla di neve. Si fermò; ma non si voltò. Poteva sentirla ansimare, dietro di lui; e se l’immaginò perfettamente, piegata in due con le mani sulle ginocchia a riprendere fiato. Con gli occhi accesi di determinazione. Accennò un sorriso. Era sempre così con lei: non riusciva a ignorarla. E lei non riusciva a ignorare lui, per qualche strano motivo che non comprendeva.

O che fingeva di non comprendere, realizzò d’improvviso; e il sorriso gli morì sulle labbra.

Perché quanto stava accadendo era sbagliato. Non c’era altro modo per descriverlo. Lei era ancora così giovane, così inconsapevole. Sarebbe stato troppo facile, troppo comodo assecondare le sue aspettative, voltarsi, guardarla… Il solo pensiero era un balsamo per l’anima. Forse si sarebbe perfino sentito vivo come un tempo, se le avesse permesso di avvicinarsi. Di capirlo. Ma a quale prezzo? Lui non aveva nulla da darle. Non era in divenire. E il buco nel suo petto era nero e incolmabile. E quando l’avrebbe prosciugata di ogni cosa, delle speranze, dell’allegria, della gioventù e di un futuro degno di definirsi tale sarebbe rimasto vuoto, profondo e nero. Per l’eternità.

Serrò gli occhi, la mandibola e scosse la testa.

“Non ho tempo da perdere con i capricci di una ragazzina.” sibilò, più duramente di quanto avrebbe voluto “Vattene, Yuffie.”

Il silenzio imperversò fra loro per lunghi istanti d’immobilità, interrotto unicamente dal fischio del vento. E seppe di averla ferita.

“Questo sì che è un colpo basso, Valentine.” replicò la ninja; e il tono di lei gli sembrò stranamente atono “Non me lo sarei aspettato dal bacchettone che snobba il tirassegno.” rise, nervosa “Del resto non pensavo nemmeno che saresti scappato.”

S’irrigidì.

“Perché non sei andato a parlare con lui?”

Sulle prime la domanda lo stordì, sferzante. Poi serrò anche i pugni e si costrinse a scendere a patti con se stesso. Aveva ceduto l’onere a Cait Sith, sì. E l’aveva fatto con sollievo; perché aveva avuto il timore di incontrare il nuovo Sephiroth e di scoprire che in realtà era identico a quello vecchio. Chinò il capo.

“È perché è il figlio di Lucrecia, vero?” soggiunse improvvisamente Yuffie; e il solo sentire quel nome gli provocò un senso di vertigine non indifferente “Perché si tratta sempre di lei, non è così? Lucrecia qui, Lucrecia lì. Su, giù. A destra e pure a sinistra! Ma Lucrecia è morta. È morta, porco Bahamuth e pure Leviathan! E tu sei…”

Non voleva ascoltare.

“Basta!” sentenziò; e fremette da capo a piedi, animato da un’ira che gli apparteneva solo in parte.

“Oh-ho! Wow, sono emozionata!” esclamò invece la ninja “Ho fatto incazzare l’impassibile Vincent Valentine! Avanti, non trattenerti! Mi va bene tutto, anche la rabbia. Sarebbe pur sempre qualcosa. Anzi, sai che ti dico? Che forse dovresti proprio sfogarti un po’. Ti farebbe bene.”

Invece doveva allontanarsi. E in fretta. Perché qualcosa dentro di lui s’agitava. Lo sentiva nelle viscere, nelle ossa, in ogni fascia muscolare o cellula del corpo. Ruggiva, graffiava e premeva per uscire, inebriato da ciò che gli macerava l’animo. L’ira di una vita spezzata che bruciava, consumava, anneriva come l’altra non poteva nemmeno immaginare. Impregnandosi d’odio. E non voleva che la vedesse.

Riprese la marcia senza nulla replicare e puntò lo sguardo dritto innanzi a sé, sulla distesa bianca e perfetta. Troppo bianca. Troppo perfetta. Di rimando una seconda palla di neve lo colpì in mezzo alla schiena. Compì un altro passo e una terza gli si schiantò sul capo, accompagnata dalle strilla di Yuffie.

“Andiamo! È tutto qui?” lo provocò la ninja “Nei tuoi panni sarei così incazzata, ma così incazzata… che butterei all’aria il mondo intero, altroché!” una quarta palla di neve gli colpì la spalla “Anzi, sai che ti dico. Che sono incazzata comunque anche nei MIEI di panni –che sono pure più fighi e alla moda! Perché sei davvero un vecchio barboso e pignolo col cervello fritto! E non capisci un cazzo! E vorrei proprio odiarti! Ma TANTO! E romperti la testa! E ficcarci dentro che se ti butti a volte puoi cadere sul morbido, invece di stare lì a preoccuparti per l’altezza! E invece niente! Mi hai sentito? Eeeeeeehi!”

Qualcosa atterrò poco dietro di lui con un lieve tonfo. Forse la quinta palla di neve. Non si fermò; né si voltò a controllare. L’ultimo suono che percepì fu inarticolato. Un urlo di frustrazione che si disperse fra le montagne, in lontananza. Poi il silenzio coprì ogni cosa assieme alla neve. E il freddo divenne più pungente.
 
... oo'' Ok, lo so. Vi aspettavate più Sephiroth! xD Ci sarà, non temete. Ciononostante ho voluto dedicare questo capitolo alle dovute spiegazioni. Alle motivazioni di Abigail, anche. E ovviamente alla reazione dei vari personaggi. Sono tutti sconvolti dal redivivo Seph, ognuno a modo suo. E Yuffie e Vincent litgano. oo' Diamogli tempo... e Cloud ancora ignora tutto. Lol. *immagina Cloud spensierato che saltella per i campi fioriti; poi inciampa su una pietra con su scritto "by Seph" e si spacca il cranio* Poverino. ;_; E non randellatemi. °A° Coooomunque. Spero che il risultato non sia troppo... caccapupù, ecco. ^^''
CompaH
   
 
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