Before going to sleep
Jen and I used to ask each other what the best and worst part of the
day was.
Usually the best part was something like, "When you walked by me and
ran
your fingers through my hair," or, "When we were at the hospital and
you held my hand." The day after we found out Jen's liver was failing
we
came home with Hospice Care and spent the evening with family and
friends. That
night, as we lay next to each other for possibly the last time, I asked
Jen
what she loved the most about that day. Jen thought for a minute then
turned
and, looking deeper into my eyes than ever before, Jen said, "I Loved
it
all."
Angelo Merendino
Erano passati anni dalla fine
della rivoluzione.
Il prato era rifiorito,
alimentato dalle anime delle persone che riposavano lì
sotto, le loro vite
spezzate all’improvviso, volate via, quasi di soppiatto. In
quel prato i
bambini di Peeta Mellark e Katniss Everdeen avevano giocato per anni,
rincorrendosi, non temendo ciò che li circondava, non
temendo il bosco che si
apriva davanti a loro.
Loro erano cresciuti
senza paura.
Li avevano protetti, avevano
salvato inconsapevolmente i loro figli e quelli di molte altre persone,
sconosciute, Peeta Mellark e Katniss Everdeen. E lei, quella ragazza
alla quale
era stato tolto tutto, quella ragazza con gli occhi del cielo in
tempesta e i
capelli scuri sempre stretti in una treccia, quella bambina che aveva
cantato
la canzone della Valle, giaceva lì, coperta con un plaid, a
guardare il prato
in cui i suoi bambini, i suoi nipoti, avevano giocato. Il prato dove
aveva
raccolto denti di leone con la sua sorellina, la sua paperella. Il
prato dove
lui le aveva chiesto di sposarla e lei aveva annuito, incapace di
parlare.
Aveva freddo, Katniss Everdeen,
ma non voleva svegliare l’uomo che dormiva nella poltrona
accanto al suo letto
d’ospedale, la mano stretta intorno alla sua, i riccioli
ormai bianchi che gli
ricadevano scomposti sulla fronte. L’ha amato tanto,
quell’uomo, la ragazza di
fuoco. Anche se, forse, non gliel’ha saputo dimostrare in
modo adeguato, anche
se forse non l’ha meritato sino in fondo. Perché,
un vecchio ubriacone che le
aveva fatto da padre per anni, le aveva detto che non avrebbe meritato
quel
ragazzo neanche se avesse vissuto cento vite. Però
l’ha amato ogni giorno dei
suoi settant’anni, tutti i loro cinquant’anni
passati insieme: ricorda tutto,
Katniss.
Ricorda le urla e le lacrime
provocate dagli incubi, dai ricordi degli amici morti perché
lei era stata
troppo sciocca, troppo lenta per poterli salvare. Quanto aveva sofferto
per
loro, quanto si era sentita in colpa. Ma poi, con
l’età l’aveva capito: era
solo una ragazzina. Era solo una
ragazzina e non aveva nessuna colpa, se non quella di aver fatto
soffrire il
suo Peeta. Il suo Peeta che è sempre tornato da lei,
lottando conto un
depistaggio che non si fa più sentire da anni, ormai. A
volte le manca il gioco
del Vero Falso, il gioco con cui
lei
gli aveva finalmente rivelato i suoi sentimenti, la prima volta che
avevano
fatto l’amore.
Peeta sospira e, poco dopo, apre
gli occhi azzurri, gli occhi che per lei sono sempre stati
un’ancora di
salvezza nei giorni in cui non riusciva ad alzarsi da letto: le
avrebbero
potuto portare via ogni cosa, persino lui. E lei non poteva
permetterselo. Lui le
sorride e un paio di rughe gli disegnano sulla bocca mentre le bacia la
mano.
-Come stai, Kat?-
La sua voce è più matura,
profonda rispetto a quella da ragazzo: eppure la ama ancora
così tanto, c’è una
straordinaria dolcezza in essa.
-Vorrei andare a casa oggi,
Peeta.- rispose lei, flebilmente. –Mi puoi portare a casa
nostra?-
Lui la guarda per un attimo e la
tristezza getta un velo sui suoi occhi blu: no, amore mio, non aver
paura. Non essere
triste. Lui inghiottisce il magone che non lo fa parlare, mormorando
“Ne sei
sicura, tesoro?”. Ha iniziato a chiamarla così
dopo la nascita di Dandelion. Lei
annuisce e gli stringe la mano, più forte che
può, con tutta la poca forza che
gli è rimasta.
-Chiamo i ragazzi.-
Sono sul letto che condividono da
sempre, scacciando uno gli incubi dell’altro. Il vecchio
ragazzo del pane bacia
la moglie sulla testa, respirando il suo profumo di foresta e vaniglia,
un
profumo naturale, che è sempre stato suo. Lei si stringe a
lui, la stanchezza
che prende il sopravvento su di lei: ma deve resistere,
perché gli deve dire
ancora tante cose e perché lui le deve porre la solita
domanda.
La casa è ancora piena delle
risate dei loro nipotini e Rye che stringe la piccola Primrose, appena
nata, è
una visione che la fa ancora sorridere, a distanza di ore. Daniel e
Lily, i
figli di Delion, sono sempre più furbi. E chiassosi. E
movimentati.
E’ stanca, Katniss Everdeen.
-Allora, Peeta?- gli dice lei,
sorridendo e stringendosi di più al marito.- Non mi fai la
domanda? Sono
stanca, vorrei dormire.-
Ma Peeta non parla e lei si alza
e soffre, vedendo delle lacrime che rigano il suo volto. Le asciuga con
dei
baci, come fa da anni e gli sorride, cercando di incoraggiarlo anche se
sa bene
che lui non è debole, non lo è mai stato.
-Allora te la faccio io la
domanda, oggi… che dici?- mormora lei, posandogli una
carezza sul viso mentre
lui annuisce. –Qual è stata la parte
più bella della giornata?-
L’uomo cerca di parlare ma un
suono strozzato gli esce dalle labbra e lei stringe ancora di
più la sua mano. Coraggio,
amore mio.
-Il tuo sguardo quando hai visto
arrivare Delion e Rye.- mormora lui, la voce che trema. Ma la
schiarisce, per
far forza alla moglie, accanto a lui. - Qual è stata la
parte più bella della
giornata?-
Katniss Everdeen sorride e, Peeta
Mellark non può fare a meno di pensare, a quanto sia bella,
come quando era una
ragazza. Come quando, dopo aver fatto l’amore, rimanevano a
letto per ore,
ridendo e giocando o solamente stando in silenzio, a guardarsi.
La Ghiandaia Imitatrice vorrebbe
chiudere gli occhi per pensare, per ripercorrere quella giornata,
quella vita
con il ragazzo del pane: ma non lo fa perché lui si potrebbe
spaventare. Ripensa
al giorno delle sue nozze o quando Peeta ha piantato le primule nel
loro
giardino. Ripensa a quando ha sentito per la prima volta sua figlia
muoversi
dentro di sé ed ha avuto il terrore, il terrore che gliela
portassero via, che
morisse. Ripensa al giorno in cui aveva capito di amare il ragazzo del
pane. Ripensa
alle lacrime e paure condivise con quell’uomo.
Ripensa alla vita
avuta con lui.
Lo guarda di nuovo, per un’ultima
volta, e sussurra, con le labbra dell’uomo che si posano
sulla sua fronte:
-Tutto. Ho amato tutto.-
Non so
perché l’ho fatto ma, a quanto pare, ho ucciso
Katniss Everdeen.
Ho letto la frase all’inizio del capitolo e ho pianto per
mezzora e la
mia mente ha partorito questa OS.
Vi prego, non
uccidetemi.
Con tanto amore,
V.