Ventinove giugno: piove sul bagnato.
La pioggia uggiola tra uno scroscio
violento e un altro, ancora e ancora;
le foglie rabbrividiscono e sussultano come
accarezzate da una brezza dolce e fredda insieme
- fredda e dolce tanto quanto la notte
appena trascorsa tra sogni lucidi ed incubi irreali;
distinguere gli uni dagli altri è impossibile,
è nocivo, è sbagliato.
Si accettano le cose così come vengono;
è un ciclo che non si ferma né si fermerà mai;
noi stessi non siamo altro che un mero
movimento ipnotico di stelle e d’un universo
che ci ostiniamo ad ignorare.
E intanto avverto quest’odore stucchevole
tintinnare nelle narici; è odore di vecchio.
Di soffitta, di chiuso e di obsoleto – di ricordi;
il tomo pesa sul grembo e le pagine
sussurrano poemi romantici e decadenti.
Fuori piove; mi accoccolo meglio in me stessa;
c’è un tepore singolare ad abbracciarsi;
e m’immergo in altre epoche.
E leggo. E sbadiglio. E mi emoziono. E affondo.
*